CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 novembre 2018, n. 29790
Lavoro – Docente – Revoca della speciale idoneità diocesana – Procedimento penale – Reintegrazione – Procedura di mobilità
Fatti di causa
1. L.C., già docente di religione nei cui confronti era stata revocata la speciale idoneità diocesana a causa di fatti oggetto anche di un procedimento penale, agiva nei confronti del M.I.U.R. per la reintegrazione nel ruolo di docente o la fruizione della mobilità professionale nel comparto della scuola o in altri comparti. Riteneva che, trovandosi nell’impossibilità di insegnare la religione cattolica, stante la predetta revoca, ben avrebbe potuto partecipare alle procedure di mobilità della Pubblica Amministrazione.
2. La domanda veniva rigettata dal Giudice del lavoro del Tribunale di Savona, secondo cui l’attivazione delle procedure di mobilità ha natura meramente discrezionale, spettando alla P.A. l’accertamento dell’esistenza di un’eccedenza di personale.
3. La Corte d’appello di Genova rigettava il gravame del C., osservando che, per quanto attiene alla mobilità professionale nel comparto della scuola, l’appellante non aveva neppure allegato l’esistenza di un suo titolo abilitante, diverso da quello – revocato – per l’insegnamento della religione cattolica, sicché si era resa impossibile la sua diversa collocazione professionale, mentre, quanto alla mobilità collettiva ai sensi dell’art. 33 d.lgs. 165/01, nella formulazione ratione temporis applicabile, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla legge n. 183/2011, è richiesto che la pubblica amministrazione faccia ricorso a tali procedure nel caso in cui rilevi un’eccedenza di personale, ma non può qualificarsi come eccedenza, utile all’apertura della procedura di mobilità, la situazione di chi resti privo di incarico per situazioni personali inerenti – come nella specie – alla perdita della legittimazione all’insegnamento.
3.1. Rilevava che non era pertinente il richiamo dell’appellante art. 4, comma 3, e all’art. 3, comma 9, legge n. 183 del 2003 circa la possibilità degli insegnanti di religione che abbiano perduto l’abilitazione di partecipare alle prove di diversa utilizzazione e di mobilità collettiva di cui all’articolo 33 d.lgs. n. 165/01, poiché tale previsione richiede pur sempre che le procedure risultino aperte nella ricorrenza dei relativi presupposti, consistenti – come si è detto – nella determinazione dell’eccedenza di personale e l’apprezzamento di merito circa il verificarsi dell’eccedenza risale a valutazione discrezionale dell’Amministrazione in ordine al rapporto fra fabbisogno e docenti.
4. Per la cassazione di tale sentenza il C. propone ricorso affidato a tre motivi. Resiste il MIUR con controricorso. In prossimità dell’udienza il ricorrente altresì depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 3, legge n. 186/2003, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.. Deduce che la norma prevede due ipotesi alternative, ossia la revoca dell’idoneità e l’esubero a seguito di contrazione dei posti di insegnamento, prevedendo così la possibilità per l’insegnante di religione cattolica cui sia stata revocata l’idoneità di partecipare alla mobilità professionale nel comparto del personale della scuola e il suo diritto a partecipare alle procedure di diverso utilizzo nella mobilità collettiva. Sostiene che la revoca, pur impedendo l’insegnamento della religione, non può determinare la caducazione dello stato giuridico di docente assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato, al quale la legge n. 186/03 estende le garanzie previste per il comparto del pubblico impiego e in particolare l’estensione delle procedure di mobilità.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 33 d.lgs. n. 165/01, in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., per avere la sentenza ritenuto che l’apprezzamento in merito al verificarsi dell’eccedenza di personale rimandi a valutazioni discrezionali della Pubblica Amministrazione nel rapporto tra fabbisogno e docenti, omettendo di considerare che la P.A. è tenuta ad osservare le procedure previste dall’art. 33 cit. e qualora non adempia alla ricognizione annuale prevista non può procedere all’assunzione di personale con qualunque tipologia di contratto, pena la nullità degli atti posti in essere, ed è altresì prevista la responsabilità disciplinare del dirigente responsabile in caso di mancata attivazione della procedura.
3. Con il terzo motivo il C. si duole dell’omessa considerazione di un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale escluso che possa configurare una situazione di eccedenza, che dà luogo all’attivazione della procedura di diversa utilizzazione e/o di mobilità, quella in cui versa il docente di religione cui sia stata revocata l’idoneità all’insegnamento.
4. I tre motivi, involgendo questioni tra loro connesse, possono essere trattati congiuntamente. Essi sono infondati.
5. Va premesso che, a seguito della revoca dell’idoneità all’insegnamento della religione cattolica adottato nei confronti dell’attuale ricorrente dal Vescovo diocesano di Acqui Terme in data 20 giugno 2006, il Direttore regionale dell’ufficio Scolastico, con provvedimento del 14 luglio 2006, ha disposto la risoluzione del rapporto di lavoro dell’attuale ricorrente in applicazione della legge 18 luglio 2003, n. 186 (Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado) che, all’art. 3, comma 9, prevede che “Ai motivi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dalle disposizioni vigenti si aggiunge la revoca dell’idoneità da parte dell’ordinario diocesano competente per territorio divenuta esecutiva a norma dell’ordinamento canonico, purché non si fruisca della mobilità professionale o della diversa utilizzazione o mobilità collettiva, di cui all’articolo 4, comma 3”.
5.1. L’art. 4 (mobilità) della stessa legge, a sua volta, prevede:
al primo comma che “agli insegnanti di religione cattolica inseriti nei ruoli di cui all’articolo 1, comma 1, si applicano le disposizioni vigenti in materia di mobilità professionale nel comparto del personale della scuola limitatamente ai passaggi, per il medesimo insegnamento, da un ciclo ad altro di scuola. Tale mobilità professionale è subordinata all’inclusione nell’elenco di cui all’articolo 3, comma 7, relativo al ciclo di scuola richiesto, al riconoscimento di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano competente per territorio ed all’intesa con il medesimo ordinario”;
al secondo comma che “La mobilità territoriale degli insegnanti di religione cattolica è subordinata al possesso del riconoscimento di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano competente per territorio e all’intesa con il medesimo ordinario”;
al terzo comma che “L’insegnante di religione cattolica con contratto di lavoro a tempo indeterminato, al quale sia stata revocata l’idoneità, ovvero che si trovi in situazione di esubero a seguito di contrazione dei posti di insegnamento, può fruire della mobilità professionale nel comparto del personale della scuola, con le modalità previste dalle disposizioni vigenti e subordinatamente al possesso dei requisiti prescritti per l’insegnamento richiesto, ed ha altresì titolo a partecipare alle procedure di diversa utilizzazione e di mobilità collettiva previste dall’articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
6. I primi due commi della norma regolano la mobilità territoriale degli insegnanti-di religione cattolica relativamente ai passaggi per il medesimo insegnamento. Tale mobilità presuppone il riconoscimento della idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano competente e dunque il possesso di un requisito che l’odierno ricorrente non possedeva a seguito di revoca da parte del Vescovo diocesano di Acqui Terme.
7. La domanda giudiziale del C. ha ad oggetto le procedure di mobilità di cui al terzo comma dell’art. 4, le quali riguardano due ipotesi distinte: la mobilità professionale nel comparto del personale della scuola e le procedure di diversa utilizzazione e di mobilità collettiva di cui all’art. 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
7.1. Quanto all’ipotesi di cui alla prima parte del terzo comma dell’art. 4, ossia la mobilità professionale all’interno del comparto del personale della scuola, la possibilità di parteciparvi – prevista per il docente cui sia stata revocata l’idoneità all’insegnamento della religione cattolica
– presuppone il possesso dei requisiti prescritti per l’insegnamento richiesto. Nella specie, come evidenziato dalla Corte di appello, l’appellante non aveva neppure allegato di possedere un titolo abilitante diverso da quello – revocato – per l’insegnamento della religione cattolica, sicché si era resa impossibile la sua collocazione per insegnamenti diversi. L’accertamento di fatto ha carattere assorbente di ogni altro rilievo, essendo di immediata evidenza che requisito minimo indefettibile per altro insegnamento è il possesso di un titolo idoneo a tal fine.
7.2. Quanto alle procedure di diversa utilizzazione e mobilità collettiva ex art. 33 d.lgs. 165/01, va premesso che tale norma, nella versione vigente all’epoca del fatti (la risoluzione del rapporto risale al 14 luglio 2006), nel suo incipit, si riferisce alle Pubbliche Amministrazioni che “rilevino eccedenze di personale…”, rimandando all’art. 6, primo comma, secondo cui nelle amministrazioni pubbliche “… la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione delle finalità indicate all’articolo 1, comma 1, previa verifica degli effettivi fabbisogni….”. Il d.l. 4 del 2006, conv. in legge n. 80 del 2006 ha modificato il primo comma dell’art. 6 prevedendo che “ai fini della mobilità collettiva le amministrazioni effettuano annualmente rilevazioni delle eccedenze di personale su base territoriale per categoria o area, qualifica e profilo professionale”.
7.3. Alla luce di un’interpretazione sistematica della sopra riferita disciplina, le disposizioni di cui al terzo comma dell’art. 4 legge 186 del 2003 vanno lette nel senso che ha titolo a partecipare alle procedure di diversa utilizzazione e di mobilità collettiva previste dall’articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 l’insegnante della religione cattolica con contratto di lavoro a tempo indeterminato che si trovi in situazione di esubero a seguito di contrazione dei posti di insegnamento, mentre l’insegnante della religione cattolica con contratto di lavoro a tempo indeterminato al quale sia stata revocata l’idoneità può fruire della mobilità professionale nel comparto del personale della scuola, con le modalità previste dalle disposizioni vigenti, subordinatamente al possesso dei requisiti prescritti per l’insegnamento richiesto.
8. Correttamente la Corte territoriale ha escluso qualsiasi diritto del ricorrente, non potendo egli partecipare alla procedura di mobilità professionale del personale della scuola per carenza dei titoli prescritti per insegnamenti diversi e non applicandosi nei suoi confronti la possibilità di partecipare alle procedure di diversa utilizzazione e di mobilità collettiva di cui all’art. 33 d.lgs. n. 165/01, in quanto previsione che riguarda l’insegnante della religione cattolica che si trovi in situazione di esubero a seguito di contrazione dei posti di insegnamento.
8.1. La fattispecie ricade, dunque, nell’alveo applicativo della prima parte dell’art. 3, comma 9, legge n. 186 del 2003 per cui è legittima la risoluzione del rapporto di lavoro in caso di revoca dell’idoneità da parte dell’ordinario diocesano competente per territorio divenuta esecutiva a norma dell’ordinamento canonico.
9. Il ricorso va dunque rigettato, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
10. Sussistono i presupposti processuali (nella specie, rigetto del ricorso) per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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