CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 novembre 2019, n. 29975

Tributi – Imposta di registro – Benefici fiscali per l’acquisto della prima casa – Immobile sito in zona qualificata dallo strumento urbanistico comunale come destinata a “ville con giardino” – Abitazione di lusso – Decadenza benefici fiscali

Ritenuto in fatto

1. Con rogito del Notaio V.V. del 6.3.2009 (Rep. N. 57/709, Racc. 17/545), gli odierni ricorrenti acquistavano un immobile sito nel Comune di Livorno, frazione Quercianella, Via (…), posto in un edificio bifamiliare sul quale venivano applicate le agevolazioni prima casa.

2. Con avviso di liquidazione n. 2009/1T/002732000 l’Agenzia dell’entrate, Ufficio di Livorno, ritenuta la suddetta unità immobiliare di lusso (porzione di villetta a schiera), notificava agli acquirenti la decadenza delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa ex art. 1 d.m. 2 agosto 1969 e procedeva al recupero delle imposte di registro, ipotecaria e catastale secondo le aliquote ordinarie.

3. I contribuenti impugnavano l’avviso.

4. La CTR di Firenze con sentenza n. 30/10/13, depositata il 4/4/2013, in riforma della sentenza di primo grado, riconosceva la natura di “abitazione di lusso alla data in cui era avvenuto il trasferimento e, dunque, a quella in cui l’Ufficio provvedeva a sottoporre a tassazione il relativo atto di compravendita, nonché la perizia predisposta dall’Agenzia del Territorio.

5. Avverso tale sentenza A.S. e C.F. propongono ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.

6. L’Agenzia dell’entrate ha depositato controricorso.

7. In prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno depositato memoria.

Considerato in diritto

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3) e 5), c.p.c. in riferimento all’art. 1 d.m. 2 agosto 1969, avendo la CTR erroneamente applicato tale disposizione e, per l’effetto, ritenuto l’immobile da essi acquistato “abitazione di lusso”, seppure quest’ultimo era porzione di un edificio plurifamiliare (villetta a schiera).

2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3) e 5), c.p.c. in riferimento all’art. 1 d.m. 2 agosto 1969, per avere la CTR applicato tale disposizione sulla base di una errata interpretazione dell’art. 15 N.T.A. del Comune di Livorno, ritenendo quest’ultima idonea a identificare la zona in cui si trova l’immobile dei ricorrenti come di lusso e, comunque, non motivando sulla sua reale portata.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3) e 5), c.p.c. in riferimento all’art. 1 d.m. 2 agosto 1969, per avere la CTR posto a fondamento della propria decisione la relazione depositata dall’Agenzia del Territorio che ha riconosciuto la natura di lusso all’immobile dei ricorrenti.

4. Con il quarto motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3) e 5), c.p.c. in riferimento all’art. 1 d.m. 2 agosto 1969, per avere la CTR ritenuto sussistere la natura di immobile di lusso sulla base dello strumento urbanistico in vigore al momento della sua compravendita e non della sua costruzione, operando solo in quest’ultimo caso la presunzione di cui al summenzionato art. 1.

5. Con il quinto motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3) e 5), c.p.c. in riferimento all’art. 1 d.m. 2 agosto 1969, per avere la CTR erroneamente ricavato la nozione di “abitazione di lusso” dal combinato disposto di cui all’indicato art. 1 e dall’art. 15 N.T.A. del Comune di Livorno, laddove tale ultima disposizione prende in considerazione diverse tipologie di edifici posti in differenti zone e, quindi, non può valere ai fini della individuazione sopra indicata.

5. Il ricorso non è fondato in quanto i quattro motivi, da trattarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione, non meritano accoglimento.

6. Le censure poste dai ricorrenti si fondano, sostanzialmente, da un lato, sul fatto che l’immobile da loro acquistato non ha i caratteri dell’abitazione di lusso tenuto conto della sua natura e dell’area in cui esso è ricompreso ex art. 15 delle N.T.A. del Comune di Livorno e, dall’altro, sulla circostanza che ai fini della suddetta qualificazione rileva lo strumento urbanistico in vigore al momento della costruzione dell’immobile e non quello in vigore al momento della sua compravendita.

7. Prima di passare allo scrutinio delle questioni proposte dai ricorrenti deve essere, preliminarmente, rilevato che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. n. 24155 del 2017). Da tale principio consegue che non possono essere esaminate le censure sollevate dai ricorrenti che involgono accertamenti in fatto, quali la dedotta errata valutazione dell’immobile operata dai giudici di merito, preclusi in tale sede.

8. Quanto all’individuazione del concetto di “abitazione di lusso” l’art. 1 del d.m. 2 agosto 1969 prevede che tali sono «le abitazioni realizzate su aree destinate dagli strumenti urbanistici, adottati od approvati, a ville, «parco privato» ovvero a costruzioni qualificate dai predetti strumenti come di lusso», stabilendo i successivi articoli ulteriori criteri per individuare tali abitazioni, tra i quali quello afferente alle loro dimensioni.

Dalla lettura della norma si evince che ciò che rileva ai fini della qualificazione in esame non sono le caratteristiche di lusso intrinseche all’edificio qualificato come “villa”, bensì la sua collocazione urbanistica considerata, ove destinata a “ville”, come indice di particolare prestigio e, quindi, come caratteristica idonea di per sé a qualificare l’immobile come “di lusso”. In sostanza, in base alla lettera ed alla ratio dell’art. 1 cit. è dirimente l’inserimento dell’immobile nell’area così qualificata, essendo per il resto ininfluenti tanto le caratteristiche intrinseche dell’immobile quanto la sua eventuale diversa classificazione catastale conseguente a tali caratteristiche (Cass. n. 2595 del 1988).

Sul punto assume rilievo quanto disposto dall’art. 15 delle N.T.A. del Comune di Livorno, rubricato (Area a ville con giardino), che definisce tali aree, nelle quali è ricompreso l’immobile dei ricorrenti, al Punto A, come «le aree caratterizzate dalla presenza di edifici mono-bifamiliari circondati da verde privato pertinenziale», risultando esplicito il riferimento anche ad edifici, come quello in esame, bifamiliare.

Questa Corte ha già affermato, in fattispecie del tutto identica a quella oggetto del presente giudizio (Cass. n. 2755 del 2012), che la destinazione «secondo lo strumento urbanistico, dell’area nella quale l’edificio è ubicato “ville con giardino” (definizione letterale al punto A dell’art. 15 cit.) realizza in modo testuale il requisito di legge, rimanendo superflua e priva di rilievo una valutazione a tal fine delle caratteristiche intrinseche costruttive dell’immobile» è ciò in ragione del principio secondo cui «in tema di benefici fiscali per l’acquisto della prima casa, l’immobile sito in zona qualificata dallo strumento urbanistico comunale come destinata a “ville con giardino” deve essere ritenuto abitazione di lusso, ai sensi dell’art. 1 del d.m. Lavori pubblici 2 agosto 1969, indipendentemente da una valutazione delle sue caratteristiche intrinseche costruttive, rilevando, a tal uopo, la collocazione urbanistica, la quale costituisce indice di particolare prestigio, e risulta, quindi, caratteristica idonea, di per sé, a qualificare l’immobile come “di lusso”» (Cass. n. 15553 del 2017).

9. Quanto alla individuazione del momento rilevante al fine di stabilire la spettanza o meno dell’agevolazione, va ribadito che, in ragione dei principi di ragionevolezza ed equità contributiva, occorre far riferimento alla nozione di abitazione non di lusso vigente al momento dell’acquisto e non a quello della costruzione (ex plurimis Cass. n. 12853 del 2016; Cass n. 17600 del 2010; Cass. n 21791 del 2012; contra Cass. n. 3080 del 2014).

In particolare, il Collegio ritiene, conformemente a quanto affermato dalla sentenza n. 13312 del 2016 di questa Corte, che qualora si seguisse la tesi prospettata dai ricorrenti si creerebbe una irragionevole disparità di trattamento ai fini fiscali tra «due unità immobiliari – entrambe collocate in area urbanistica destinata a “ville con giardino” secondo le previsioni di piano» ove si attribuissero le «caratteristiche di lusso solo a quella che sia stata costruita dopo l’approvazione dello strumento urbanistico, e non anche a quella già costruita in precedenza ma insistente sulla stessa zona, pur godendo entrambe dei medesimi vantaggi di “arricchimento” per “accrescimento di valore” derivanti dalla collocazione delle stesse in “zona di pregio”. Tanto più che la (sola) collocazione di zona (e non anche specifiche caratteristiche costruttive) è secondo la norma la ragione dell’inclusione dell’abitazione tra quelle classificabili “di lusso”».

Sul punto assume, poi, rilievo la circostanza che l’agevolazione per l’acquisto della “prima casa” è riferita alle riduzioni che il contribuente ottiene, in presenza di certi requisiti, sul pagamento delle imposte dovute sull’atto di acquisto di un’abitazione, di talché è con riferimento al momento in cui viene stipulato quest’ultimo che occorre valutare la sussistenza dei suddetti requisiti.

10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, condanna i ricorrenti A.S. e C.F. al pagamento, in solido tra loro, delle spese del giudizio di legittimità in favore di Agenzia delle Entrate che si liquidano in €.3.000,00, complessivamente oltre spese accessorie come per legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.