CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 ottobre 2018, n. 26375

Agevolazioni fiscali – Credito d’imposta – Convenzioni contro le doppie imposizioni Italia e Regno Unito – Società non residenti

Fatti di causa

1. La società A.L.A.C. Limited, con sede in Bournemouth (Regno Unito), impugnava il provvedimento del 3 dicembre 2007 con il quale il Centro operativo di Pescara aveva rigettato le proprie istanze di rimborso del credito di imposta sui dividendi su titoli azionari emessi da società italiane avanzate ai sensi dell’art. 10 – comma 4 – della Convenzione per evitare le doppie imposizioni fra Italia e Regno Unito, ratificata con l. 5 novembre 1990, n. 329, ed aveva altresì richiesto la restituzione delle somme già ottenute a titolo di rimborso, sostanzialmente fondato sul rilievo del mancato assoggettamento nel Regno Unito dei dividendi percepiti dai Fondi Pensione.

2. Con sentenza depositata il 26 marzo 2009 la CTP di Pescara rigettava il ricorso proposto da detta società, con il quale si era sostenuta la fondatezza delle istanze di rimborso, nonché la decadenza dell’Ufficio ai sensi dell’art. 43, c.1. del d.P.R. n. 600 del 1973.

3. Con la decisione indicata in epigrafe la CTR di L’Aquila, sez. dist. di Pescara, ha ritenuto sussistente la legittimazione della società assicuratrice rilevando che dalla documentazione acquisita risultava che essa era l’effettiva beneficiaria delle azioni italiane, in quanto il Fondo pensioni che ad essa faceva capo costituiva un patrimonio di destinazione privo di soggettività giuridica.

4. Nel merito della questione, ha ritenuto la fondatezza del diritto al rimborso vantato dalla società, sulla base della sentenza della Corte di giustizia UE del 19 novembre 2009, resa nella causa n. C-540/07, secondo cui la Repubblica italiana, avendo assoggettato i dividendi distribuiti a società stabilite in altri Stati membri ad un regime fiscale meno favorevole di quello applicato ai dividendi distribuiti alle società residenti, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 56, n. 1, CE. In considerazione della prevalenza dell’ordinamento comunitario su quello statuale interno, ha quindi disapplicato l’art. 27 del dpr n. 600 del 1973 ed altresì precisato che per le stesse ragioni non si poneva un problema circa i limiti di efficacia della legge introdotta dall’art. 1 comma 67 della legge finanziaria dell’anno 2008, con la quale detta norma era stata modificata alla luce della citata pronuncia della Corte di giustizia.

E’ stato quindi osservato che, venendo in rilievo un’ipotesi di illegittima trattenuta fiscale su dividendi, non aveva pregio l’eccezione di improcedibilità delle istanze di rimborso in difetto di doppia imposizione, richiamandosi, in ogni caso, l’orientamento di legittimità secondo cui in materia di doppia imposizione rileverebbe il mero assoggettamento del dividendo alla potestà impositiva dell’altro Stato, indipendentemente dall’effettivo pagamento dell’imposta.

Per la cassazione di tale decisione propone l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, affidato a cinque motivi, cui resiste la società, che propone ricorso incidentale, con unico motivo, illustrato da memoria.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 112 cod. proc. civ. ed all’articolo 18, comma 2, lettera e, del decreto legislativo 546/92. Sostiene che la CTR è incorsa nel vizio di extra petizione, posto che la questione della discriminazione tra soggetti residenti e non esulava dal thema decidendum della controversia, incentrato sull’interpretazione della normativa convenzionale tra Italia e Regno unito sulle doppie imposizioni.

2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 27, comma 3 ter, del d.p.r. numero 600/73 ed all’articolo 1, comma 68, della legge 244/2007. Sostiene che la CTR ha fatto erroneo ed inconferente richiamo della normativa sulla riduzione della ritenuta sui dividendi percepiti dalle società non residenti relativamente a partecipazioni in enti stabiliti nel territorio dello Stato italiano, posto che oggetto della controversia era il rimborso di un credito d’imposta a favore delle società non residenti in misura pari a quello concesso ai residenti al fine di evitare che il reddito già tassato in capo alla società distributrice dei dividendi fosse tassato una seconda volta a carico della società beneficiaria.

3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 101, comma 2, della Costituzione. Sostiene che il richiamo ai principi comunitari in materia di non discriminazione e di libera circolazione dei capitali effettuato dalla CTR è inconferente poiché si tratta di principi non immediatamente applicabili e che richiedono adeguate norme di recepimento.

4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 56 del trattato UE e motivazione insufficiente ed illogica su fatti controversi decisivi della causa, ai sensi  dell’articolo 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Sostiene che la CTR ha fatto un riferimento indebito ed irrilevante ai principi comunitari in tema di non discriminazione e di libera circolazione dei capitali poiché la problematica dell’assoggettamento a ritenuta di imposta sui dividendi non è riconducibile a quello della spettanza di un credito d’imposta a un fondo pensione gestito dalla società assicuratrice di diritto britannico attraverso il proprio patrimonio separato.

5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 10 della convenzione stipulata tra Italia e Regno Unito contro le doppie imposizioni, resa esecutiva con legge  numero 329 del 1990. Sostiene che la CTR non ha tenuto conto che mancavano i requisiti per il diritto al rimborso previsto dalla norma convenzionale, ossia quello soggettivo, consistente nell’essere la richiedente un soggetto contemplato dalla convenzione italo britannica contro le doppie imposizioni, e quello oggettivo, consistente nell’aver subito una doppia imposizione sui dividendi percepiti. In particolare sostiene che, al fine di una corretta applicazione della convenzione, il contribuente deve dimostrare di aver subito una doppia imposizione sul cespite per il quale intende far valere il credito d’imposta e la società istante deve dimostrare con documentazione attendibile di aver incluso nella base imponibile dell’imposta inglese sulle società l’ammontare lordo dei dividendi per i quali chiede il rimborso del credito d’imposta nonché di aver subito su di essi un’effettiva imposizione. E la circostanza che il fondo pensione non costituisse un soggetto autonomo di diritto ma un semplice patrimonio di destinazione interno, separato ed autonomo, della società ricorrente, non escludeva che ad esso si rendesse comunque applicabile la disciplina dei fondi pensioni inglesi ispirata al regime di esenzione.

Sostiene, poi, che dal 6 aprile 1999 il sistema tributario sulle doppie imposizioni è stato modificato nel Regno Unito nel senso che il credito d’imposta non spetta più ai soci residenti in Italia che ricevono i dividendi nel Regno Unito in quanto tale credito di imposta non spetta più neppure ai soci colà residenti. E’ venuto meno, dunque, il requisito della reciprocità che giustificava il diniego del credito d’imposta sui dividendi riscossi in Italia ai sensi dell’articolo 10, comma 4, della convenzione tra Italia e Regno Unito contro le doppie imposizioni.

6. Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato, la società costituita deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 2946 cod. civ. ed all’articolo 43 del d.p.r. 602/73. Sostiene che ha errato la CTR nell’affermare che, in assenza di alcuna assimilazione del provvedimento di diniego dell’istanza di rimborso ad un avviso di accertamento, i termini per l’esercizio dell’azione non potevano che essere decennali. Invero doveva applicarsi anche alla richiesta di restituzione degli importi erogati alle società controricorrenti il termine di cui al combinato disposto degli artt. 43 del d.p.r. 600/73 e 43 del d.p.r. 602/73.

7. Preliminarmente osserva la Corte che l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza è infondata, posto che la questione di diritto fatta oggetto dei motivi di ricorso e la esposizione dei fatti di causa è esaustiva.

8. I primi quattro motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica. Essi sono infondati. In ossequio al principio per cui l’interpretazione del diritto comunitario fornita dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee è immediatamente applicabile nell’ordinamento interno ed impone al giudice nazionale di disapplicare le disposizioni di tale ordinamento che, sia pure all’esito di una corretta interpretazione, risultino in contrasto o incompatibili con essa, legittimamente la CTR ha ritenuto che la decisione resa il 19 novembre 2009 nella causa C-540/07 dalla Corte di Giustizia UE fosse applicabile nel caso di specie benché la questione non fosse stata dedotta dalle parti. Si trattava, invero, di qualificazione giuridica della fattispecie sulla base di sentenza che consentiva di addivenire alla decisione della causa in senso favorevole alla contribuente in quanto la Corte di Giustizia UE aveva statuito che la Repubblica Italiana aveva violato l’art. 56 del Trattato e l’art. 40 dell’Accordo SEE in materia di libera circolazione dei capitali tra gli stati membri e fra quelli aderenti all’Accordo SEE avendo mantenuto in vigore un regime fiscale più oneroso per i dividendi distribuiti a società residenti negli altri stati membri e negli stati aderenti all’Accordo SEE rispetto a quello applicato ai dividendi distribuiti a società residenti. Ciò in quanto la legislazione italiana esentava dalla imposizione fino al 95% i dividendi distribuiti a società residenti mentre i dividendi distribuiti a società stabilite in altri stati membri erano assoggettati a ritenuta alla fonte nella  misura del 27%. In forza di tale sentenza, dunque, lo Stato italiano non aveva titolo per assoggettare ad imposta i dividendi percepiti in Gran Bretagna poiché l’imposizione tributaria era avvenuta sulla base di una norma illegittima. Ne conseguiva che l’istanza di rimborso presentata dalla contribuente avrebbe dovuto essere accolta per tale ragione.

9. Il quinto motivo di ricorso principale ed il motivo di ricorso incidentale rimangono assorbiti.

10. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna l’agenzia delle entrate a rifondere alla contribuente le spese processuali che liquida in euro 8.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.