CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 agosto 2019, n. 21531

Sgravi contributivi in favore dei datori di lavoro agricolo – Territori montani – Diritto – Accertamento

Fatti di causa

1. La Corte d’Appello di Firenze dichiarava inammissibile ai sensi degli artt. 348 bis e ter c.p.c. l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto che aveva accertato il diritto della Società Agricola B. s.r.I., operante in territorio classificato come montano ex I. n. 991 del 1952, all’esenzione dal pagamento dei contributi relativamente alla quota parte a carico del datore di lavoro, prevista dall’art. 8 della legge 25 luglio 1952 n. 991 e contestualmente il diritto alla ripetizione delle somme versate all’INPS a decorrere dall’anno 2000 e sino al 15 dicembre 2010, e per l’effetto condannava l’INPS alla restituzione alla società della complessiva somma di € 144.402,10, oltre accessori.

2. Per la cassazione della sentenza del Tribunale l’INPS ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui la Società Agricola B. s.r.I., ha resistito con controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c.

Ragioni della decisione

3. L’Inps deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale e, in connessione con questo, dell’art. 8 della I. 25 luglio 1952 n. 991, dell’art. 9 della I. n. 67 del 1988 e successive modificazioni e integrazioni, nonché del d.lgs n. 179 del 2009.

Argomenta che il sistema degli sgravi contributivi in favore dei datori di lavoro agricolo sarebbe stato compiutamente ed innovativamente disciplinato dal legislatore con l’articolo 9 della legge 11 marzo 1988 n. 67, conseguendone l’abrogazione tacita della precedente legislazione previdenziale sul tema.

4. Il ricorso è fondato.

Questa Corte ha già avuto occasione di esprimersi in merito alla questione che esso pone con le sentenze n. 19420 del 22/8/2013 e n. 26488 del 19/10/2018, in cui ha statuito che «In tema di agevolazioni e benefici contributivi previsti per le imprese e i datori di lavoro aventi sede ed operanti nei comuni montani, l’art. 8 della legge 25 luglio 1952, n. 991 – già implicitamente abrogato per la parte relativa alle agevolazioni fiscali prima dagli artt. 58 e 68 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 e, poi, dall’art. 9 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, e non più richiamato dal legislatore, per quel che riguarda i benefici contributivi in favore delle zone montane, a partire dalla legge 11 marzo 1988, n. 67, che ha fatto riferimento solo alla definizione di territori montani contenuta nell’art. 9 del d.P.R. 601 del 1973 – deve considerarsi implicitamente abrogato, tanto più che la previsione di un regime generalizzato di totale esenzione contributiva è stato abbandonato dal legislatore a partire dalla citata legge n. 67 del 1988. Ne consegue che, in conformità all’art. 1, comma 3, lett. d), del d.lgs. 1 dicembre 2009, n. 179, il suddetto art. 8 non poteva essere incluso, atteso il carattere meramente ricognitivo dell’intervento legislativo, fra le norme “salvate” dal d.lgs. 179 e la ricomprensione nell’Allegato 1 – voce n. 1266 della legge n. 991 del 1952 tra le disposizioni specificamente indicate da “mantenere in vigore” si deve considerare “tamquam non esset” sulla base di una interpretazione rispettosa dell’art. 15 preleggi e costituzionalmente orientata, nel senso della coerenza e ragionevolezza dell’ordinamento (art. 3 Cost.), del rispetto dei principi e criteri direttivi della legge delega (art. 76 Cost.), e alla luce anche dell’art. 44, secondo comma, Cost.».

5. La questione è stata definitivamente risolta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 182 del 4/10/2018, nella quale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 1 del d.lgs. 1° dicembre 2009, n. 179, per violazione dell’art. 76 Cost., nella parte in cui dichiara, alla voce n. 1266 dell’Allegato 1, l’indispensabile permanenza in vigore dell’art. 8 della legge 25 luglio 1952, n. 991, per quanto riguarda l’esenzione dal pagamento dei contributi unificati in agricoltura relativamente ai territori montani, poiché, al momento dell’adozione da parte del Governo del decreto legislativo “salva-leggi”, l’art. 8 della legge n. 991 del 1952 era già stato oggetto di abrogazione implicita, attraverso la previsione di sgravi contributivi, ossia della fissazione in misura ridotta rispetto a quella ordinaria, sicché la norma impugnata si pone in contrasto con l’art. 14, comma 14, lett. a), della legge delega, che escludeva dal novero delle disposizioni passibili di salvezza quelle già oggetto di abrogazione tacita o implicita, ed è viziata, conseguentemente, per eccesso di delega.

6. Nella memoria ex art. 378 c.p.c. la difesa della parte controricorrente ha eccepito che la retroattività della sentenza della Corte Costituzionale violerebbe nel caso l’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU, il quale recita: «Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei propri beni. Nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblica utilità e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende». Si determinerebbe infatti una lesione del “possesso” rappresentato dal diritto di credito (diritto all’esenzione e alla restituzione delle somme) esistente sulla base della legislazione vigente al momento dell’inizio del giudizio, sulla base della normativa allora vigente.

7. Questa Corte è consapevole che la Corte europea, nella sentenza del 7 giugno 2011 – Ricorsi nn. 43549/08, 6107/09 e 5087/09 – Agrati ed altri c. ITALIA, ha affermato che la titolarità sulla base della normativa di un interesse economico che costituisca “legittimo affidamento” di ottenere il pagamento di importi contestati può assumere il carattere di “bene” ai sensi della prima frase dell’articolo 1 del Protocollo n. I (v., anche Lecaipentier e altri c. Francia, n. 67847/01, § 38, 14 febbraio 2006, e SA. Dangeville c. Francia, n. 36.677/9 7, § 48, CEDU 2002-111).

8. Una lesione di tal fatta è tuttavia da escludersi nel caso in esame, considerato che la fondatezza del diritto vantato in causa era già opinabile sulla base della stessa normativa richiamata ed era stata negata dalla giurisprudenza, anche di questa Corte, sin da epoca ben anteriore all’intervento della Corte Costituzionale (come risulta anche da quanto riferito al superiore punto 5), sicché non si è verificata alcuna ingerenza nell’ aspettativa di un diritto di proprietà assicurato alla ricorrente in virtù della legislazione e della giurisprudenza.

9. Segue l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza gravata in relazione al ricorso accolto ed il rinvio ex art. 383 u.c. c.p.c., anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, che dovrà rivalutare la causa alla luce del principio di diritto come sopra individuato.

10. Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente vittorioso, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

P.Q.M.

accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolamentazione della spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.