CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 agosto 2019, n. 21538
Rapporto di lavoro – Carattere antisindacale della condotta della società – Accertamento – Accordo integrativo aziendale
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Modena, in sede di opposizione proposta dalla Federazione Sindacale Provinciale di Modena FLAI – CGIL avverso il decreto ex art. 28 I. 300/70 – che aveva accertato solo in parte il carattere antisindacale della condotta ascritta alla s.p.a. I. – dichiarava l’antisindacalità della condotta di quest’ultima, consistita nel non avere dato applicazione alle pattuizioni di cui all’accordo collettivo aziendale 2004 – 2008, di cui era accertata l’ultrattività fino al 31.12.2009, in relazione al premio di produttività, ritenute l’inefficacia erga omnes dei risultati della consultazione referendaria del personale e la natura peggiorativa dell’accordo stipulato in data 20 maggio 2010 rispetto alle condizioni contrattuali pattuite con il contratto aziendale 2004/2008.
2. La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 22.1.2015, in riforma dell’appellata decisione, respingeva le domande proposte dalla Federazione Sindacale Provinciale suddetta, negando l’asserita natura antisindacale della condotta della società I. relativa alla mancata applicazione dell’accordo integrativo aziendale stipulato il 9.2.2005 ed alla stipula dell’accordo integrativo aziendale del 20.5.2010.
3. Per quanto in tale sede rileva, il giudice del gravame osservava che la censura proposta dall’I. in ordine all’erronea valutazione dell’accordo aziendale del 20.5.2010 alla stregua dell’art. 8, 3° co., I. 148/2011 (quarto motivo) risultava fondata, anche se tale profilo non risultava dirimente ai fini della decisione della controversia.
4. In particolare, riteneva che, a seguito dell’entrata in vigore della I. 148/2011, all’accordo collettivo aziendale del 20.5.2010 dovesse attribuirsi efficacia erga omnes, ma che ciò non escludeva che la condotta della I. potesse essere qualificata come antisindacale in quando l’accordo de quo, all’epoca dell’applicazione dello stesso in luogo dell’accordo aziendale 2004-2008, non aveva nei confronti della società I. tale efficacia e vincolatività, essenziali per ritenere integrata una violazione da parte del datore, con incidenza sull’esercizio delle prerogative sindacali aventi ad oggetto il rispetto di pattuizioni già perfezionate e come tale inderogabili.
5. Quanto all’asserita erroneità della qualificazione della natura normativa dell’art. 55, seconda nota a verbale, del CCNL di categoria del 22.9.2009, anche tale censura doveva, secondo la Corte, ritenersi fondata, ma la qualificazione della clausola de qua non rivestiva rilevanza alla luce della considerazione che I. aveva essa stessa riconosciuto nell’accordo siglato il 20.5.2010 l’ultrattività del contratto integrativo aziendale fino al 31.12.2009.
6. In ordine ai rapporti tra contratto aziendale del 20.5.2010 e quello nazionale del 22.9.2009, pur essendo in ipotesi fondato il rilievo della parte sindacale, in ragione della vicinanza ed attinenza delle previsioni della contrattazione aziendale alla questione dell’erogazione del premio di produttività, si osservava che la società aveva risolto la questione nel senso del riconoscimento dell’efficacia prevalente della contrattazione collettiva prevedente l’ultrattività di dodici mesi della contrattazione aziendale scaduta.
7. Con riferimento ai profili affrontati nel settimo, ottavo e nono motivo di gravame, la Corte territoriale riteneva che l’azienda avesse rispettato la procedura di cui all’art. 7 del contratto aziendale del 15 dicembre 2005 e che risultava acquisita positivamente la prova che vi furono tra le parti ripetuti incontri per l’esame e discussione inerenti alla produzione ed ai risultati economici anche in relazione all’incidenza delle innovazioni organizzative sulla misura della crescita produttiva ed al conseguente riverbero di tale incidenza sulla quantificazione del premio di produttività spettante ai singoli lavoratori. Riteneva che gli elementi contabili indicati dall’I., la valutazione integrata degli elementi probatori e la considerazione che il premio produttivo, in base ai criteri stabiliti nel contratto aziendale del 2004, sarebbe stato di euro 385,00 per i lavoratori del reparto hamburger che aveva ottenuto il miglior risultato produttivo, a fronte di un conteggio prodotto dall’altra parte svincolato da riscontri obiettivi, inducevano a concludere nel senso che l’accordo perfezionato con UILA-UIL in data 20.5.2010 fosse di carattere migliorativo rispetto a quello del 15.12.2004, in quanto consentiva a tutti i lavoratori di ottenere un premio di produttività superiore a quanto al massimo astrattamente spettante, per i lavoratori di ciascun settore produttivo, sulla base del precedente accordo aziendale: € 100,00, al lordo delle ritenute, esente da contribuzione e tassazione – a fronte di un premio massimo dei € 385,00 al lordo delle ritenute, assoggettato a contribuzione e tassazione – integrato da un’erogazione liberale netta da parte dell’I. spa pari ad € 516,00 in buoni carburante in due tranches ripartite su due anni civili, con possibilità per i beneficiari di beneficiare della detassazione e decontribuzione delle liberalità.
8. Di tale decisione domanda la cassazione la Federazione sindacale, affidando l’impugnazione a quattro motivi, di cui il terzo variamente articolato, cui resiste, con controricorso, la I. spa.
9. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, la FLAI – CGIL denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367, 1368 c.c. e dell’art. 8, 3° comma, I. 14.9.2011 n. 148, per avere la Corte di Bologna ritenuto il contratto collettivo aziendale in data 20.5.2010 vigente al momento della entrata in vigore del D. L. 13.8.2011 n. 138, conv. dalla I. 148/2011, quando invece quel contratto collettivo aziendale non era più in vigore in quanto scaduto il 30.11.2010. Sostiene che, riferendosi l’art. 8 ai contratti collettivi aziendali vigenti, tale vigenza non poteva riconoscersi al CCNL del 2010, che era scaduto il 30.11.2010, prima dell’entrata in vigore della normativa che ne riconosceva l’efficacia erga omnes.
2. con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 -1369 c.c. e dell’art. 55, seconda nota a verbale, del contratto per i dipendenti Industria Alimentare in data 22.9.2009, per avere la Corte di Bologna interpretato l’art. 55 come norma contenente una clausola obbligatoria e non normativa, destinata ad avere effetti solo tra le OO.SS. e non nei rapporti di lavoro individuali.
3. Con il terzo motivo, si sostiene che la decisione impugnata sia il frutto dell’applicazione di un ragionamento presuntivo e si deducono:
3.1. violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 c.c., degli artt. 113, 115 e 116, 132, n. 4, c.p.c. e della clausola n. 7 del contratto collettivo aziendale del 15.12.2004, con conseguente inesistenza della motivazione o presenza di una motivazione solo apparente, per avere negato il carattere antisindacale del comportamento posto in essere dall’I. sulla base del fatto che la stessa avrebbe effettuato gli incontri previsti nell’art. 7 del contratto collettivo aziendale in data 15.12.2004;
3.2. violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., degli artt. 113, 115 116, 132, n. 4, c.p.c., adducendosi inesistenza di motivazione e comunque solo apparenza della stessa, per avere la Corte del merito negato il carattere antisindacale del comportamento della I. sulla base del fatto che il giudice di prima istanza non avrebbe valutato l’impatto sul premio di produttività di asserite modificazioni organizzative effettuate all’interno dello stabilimento di Modena;
3.3. violazione degli artt. 2727 e 2729 c. c. e di tutti gli articoli indicati nei precedenti motivi, per avere la Corte di Bologna negato il carattere antisindacale del comportamento posto in essere dalla società, sulla base della ritenuta natura migliorativa del contratto separato in data 20.5.2010, concluso tra la I. e la UILA – Uil, rispetto alle condizioni di cui al contratto collettivo aziendale in data 15.12.2004-31.12.2008, prorogato al 31.12.2009.
4. Il quarto motivo ascrive alla decisile impugnata l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Corte d’appello considerato che la I. aveva concluso un nuovo contratto aziendale in data 20.5.10, quando era ancora in vigore, con riferimento al premio di produttività relativo al 2009, il contratto collettivo aziendale in data 15.12.2004.
5. Il primo motivo è inammissibile non solo perché non risulta trascritto per le parti di interesse (cfr. Cass. nr. 25728 del 2013; Cass. nr. 2560 del 2007; Cass. nr. 24461 del 2005 ) e neanche allegato al presente ricorso il contratto, (né ne è indicata la sede di rinvenimento nei fascicoli di parte dei gradi di merito), ma anche in ragione del fatto che il giudice del gravame ha comunque ritenuto che l’efficacia erga omnes del contratto collettivo aziendale del 20.5.2010 non era stata ancora acquisita dal contratto del 2010, all’epoca in cui si sarebbe dovuto sostituire al contratto aziendale del 2004, del quale era stata prevista l’ultrattività, sicché non può la ricorrente ritenersi soccombente sul punto.
6. Va poi considerato che l’interpretazione delle disposizioni di un contratto collettivo aziendale, in ragione della sua efficacia limitata
(diversa da quella propria degli accordi e contratti collettivi nazionali, oggetto di esegesi diretta da parte della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nr. 3, cod. proc. civ., come modificato dal D.Lgs. nr. 40 del 2006), è riservata all’esclusiva competenza del giudice di merito, le cui valutazioni soggiacciono, in sede di legittimità, ad un sindacato limitato al controllo della motivazione, nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, nr. 5 cod. proc. civ., tempo per tempo vigente, nonché alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale; in tale ultima ipotesi, con l’onere per il ricorrente della specifica indicazione del modo attraverso il quale si sarebbe realizzata la violazione degli stessi (id est: dei canoni ermeneutici). La parte che censuri il significato attribuito dal giudice di merito deve dedurre la specifica violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., la cui portata è generale, o il vizio di motivazione sulla loro applicazione, indicando altresì nel ricorso, a pena d’inammissibilità, le considerazioni del giudice in contrasto con i criteri ermeneutici ed il testo dell’atto oggetto di erronea interpretazione (Cass. 2.8.2016 n.16057 Cass. 18.3.2014 n. 6226). Ciò non è dato riscontrare nel presente ricorso.
7. Anche il secondo motivo è inammissibile, in quanto neanche il CCNL per i Dipendenti Industria alimentare del 22.9.2009 è depositato né allegato al ricorso ed, in ogni caso, la censura si limita a contrapporre a quella contenuta nella sentenza impugnata una diversa interpretazione della norma contrattuale, senza indicare in qual modo i canoni ermeneutici siano stati violati e, prima ancora, la ragione di inammissibilità risiede nella mancanza di soccombenza anche sulla specifica questione, per avere la Corte del merito affermato che la qualificazione della clausola de qua non rivestisse rilevanza e non fosse dirimente, alla luce della considerazione che I. aveva riconosciuto nell’accordo siglato il 20.5.2010 l’ultrattività del contratto integrativo aziendale fino al 31.12.2009.
8. La doglianza prospettata con il primo dei rilievi del terzo motivo attinge nella sostanza il merito, perché la decisione impugnata si è fondata sulla ritenuta acquisizione positiva della prova che vi furono tra le parti ripetuti incontri per l’esame e discussione inerenti alla produzione dei risultati economici anche in relazione all’incidenza delle modificazioni organizzative sulla misura della crescita produttiva ed al conseguente riverbero di tale incidenza sulla quantificazione del premio di produttività spettante ai singoli lavoratori: la doglianza confonde la valutazione delle prove necessarie per valutare il rispetto della norma contrattuale di riferimento con l’applicazione di un procedimento basato su presunzioni semplici che vorrebbe costituito il fatto noto dall’effettuazione degli incontri preparatori di cui alla clausola 7 del contrato aziendale 2004 – 2008 ed il fatto ignoto dalla antisindacalità dell’applicazione del successivo contratto del 2010 in luogo di quello sostenuto come applicabile.
8.1. Ciò contravviene ai principi che regolano lo specifico istituto e peraltro, in termini generali, ove si fosse trattato effettivamente di presunzioni di cui all’art. 2729 c.c., la denunciata mancata applicazione di un ragionamento presuntivo che si sarebbe potuto e dovuto fare, ove il giudice di merito non abbia motivato alcunché al riguardo (e non si verta nella diversa ipotesi in cui la medesima denuncia sia stata oggetto di un motivo di appello contro la sentenza di primo grado, nel qual caso il silenzio del giudice può essere dedotto come omissione di pronuncia su motivo di appello), non è deducibile come vizio di violazione di norma di diritto, bensì solo ai sensi e nei limiti dell’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., cioè come omesso esame di un fatto secondario (dedotto come giustificativo dell’inferenza di un fatto ignoto principale), purché decisivo (Cfr. Cass. del 06/07/2018 n. 17720).
9. Per analoghe considerazioni deve essere disattesa anche la seconda censura prospettata con il terzo motivo, laddove il fatto ignoto (esistenza o meno di condotta antisindacale) viene considerato mal collegato al fatto noto asseritamente costituito dalla ritenuta esistenza di modifiche organizzative, in assenza di ogni prova della esistenza e soprattutto dell’impatto delle asserite modifiche sulla produttività aziendale. La sussistenza di modifiche organizzative era stata ritenuta circostanza non contestata e la censura sulla mancanza di riflessi di tali modifiche sulla produttività aziendale ai fini del riconoscimento del premio di produttività è del tutto generica e si traduce in una non consentita critica sulla valutazione dei fatti e delle emergenze probatorie insindacabili in sede di legittimità, ove il giudice di merito, come nella specie, abbia adottato una motivazione adeguata ed esente da vizi logici.
10. La terza doglianza di cui allo stesso motivo di ricorso è ugualmente viziata nella sua prospettazione, laddove si presuppone come effettuato un ragionamento ricostruttivo fondato su presunzioni, attribuendo alla Corte del merito l’individuazione di un fatto noto, costituente la base del ragionamento presuntivo, in un fatto invece inesistente, ovvero la spettanza ai lavoratori, in base al precedente contratto, di un premio di produttività di euro 385,00, calcolato in ragione dell’esclusione degli incrementi produttivi determinati da innovazioni organizzative e produttive e del dato concreto della produttività complessiva, che non poteva ritenersi inferiore a quello che I. avrebbe corrisposto in base al contratto del 20.5.2010, ritenuto erroneamente migliorativo. A ciò, secondo la ricorrente, dovrebbe conseguire l’individuazione di un vizio del ragionamento presuntivo che asseritamente avrebbe condotto ad affermare in modo erroneo la natura non antisindacale del comportamento della società, pur essendo il procedimento stesso viziato per la evidenziata insussistenza del fatto noto.
10.1. La sentenza impugnata non si fonda su alcun ragionamento presuntivo, ma su una articolata disamina dell’accordo del 20.5.2010 a fronte dell’esito del confronto imposto dall’art. 7 del contratto aziendale del 15.12.2004, che aveva posto in luce l’incidenza delle innovazioni organizzative sulla misura della crescita produttiva ed il conseguente riverbero di tale incidenza sulla quantificazione del premio di produttività: rispetto a questa che costituisce la ragione fondante della decisione, non si evidenziano i criteri di interpretazione che sarebbero stati violati e, peraltro, l’accordo del 2010, come evidenziato nella stessa sentenza, risulta essere stato approvato dal sessanta per cento dei lavoratori operanti in azienda. Altro è il referendum di cui all’art. 21 dello Statuto, richiamato impropriamente, e disciplinato, peraltro, solo in funzione della previsione dei doveri del datore di lavoro, che deve consentirne l’espletamento se richiesto da tutte le rappresentanze sindacali.
10.2. Vi è, pertanto, una doppia ratio decidendi riferita all’esito di una votazione assunta a maggioranza, non impugnata, che rende inammissibile la censura, in ragione di quanto reiteratamente affermato da questa Corte, secondo cui è sufficiente che anche una sola delle ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (cfr., in tal senso, tra le altre, Cass. 8.8.2005 n. 16602; Cass. 8.2.2006 n. 2811; Cass. 18.5.2006 n. 11660; Cass. 8.5.2007 n. 10374; Cass. 14.6.2007 n. 13906, conf. a Cass., sez. un. 16602/2005).
9. Infine, deve essere disatteso il quarto motivo, posto che il fatto del quale si assume l’omesso esame è stato considerato, laddove è stato ritenuto che il contratto 2010 è stato approvato dal 60% dei lavoratori operanti in azienda, i quali avevano in tale modo valutato che tale nuovo accordo comportava per essi un beneficio superiore a quello loro spettante in forza di quanto previsto dal contratto aziendale 2004 – 2008. A tale conclusione la Corte è pervenuta non negando l’applicabilità di tale ultimo contratto, ma proprio in ragione della necessità, in presenza dei relativi presupposti, di renderne applicabile anche la previsione di cui all’art. 7, relativa alla attuazione della procedura che ha portato alla riconsiderazione del premio di produttività. Tutto a ciò a prescindere da ogni considerazione relativa all’essere l’oggetto della censura – riferito alla vigenza di un contratto – un fatto idoneo a sostanziare il vizio omissivo dedotto, rientrante nel paradigma devolutivo e deduttivo del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053).
10. In conclusione, tutti i rilievi formulati nei motivi di ricorso non sono idonei a scalfire l’iter argomentativo della decisione impugnata e le censure in diritto o sono inammissibili, per essere la questione che ne costituisce l’oggetto irrilevante in quanto non ritenuta dirimente dal giudice del gravame, o sono mal prospettate, in quanto non colgono la ratio della decisione e si richiamano a principi di diritto asseritamente disattesi, diversi da quelli posti a fondamento della decisione impugnata, o anche infondate come per il quarto motivo.
11. Il ricorso va, pertanto, respinto.
12. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
13. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 5000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1bis, del citato D.P.R.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- TRIBUNALE DI BOLOGNA - Decreto 13 maggio 2022 - Va distinto la condotta di fatto antisindacale da quella sanzionabile ex art. 28 St. Lav.. In particolare, non è stata ritenuta antisindacale la mancata partecipazione al tavolo delle trattative laddove…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 marzo 2020, n. 6101 - Non costituisce condotta antisindacale la comunicazione di invalidità della procedura di elezione delle R.S.U. per il mancato raggiungimento del quorum statuito dall'accordo Interconfederale 20/12/1993
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 04 ottobre 2019, n. 24877 - Il rifiuto del datore di lavoro di effettuare tali versamenti, qualora sia ingiustificato, configura un inadempimento che, oltre a rilevare sul piano civilistico, costituisce anche condotta…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 novembre 2022, n. 33982 - Assume rilevanza ai fini della condotta antisindacale della "illegittimità della disdetta unilaterale del contratto applicato da parte del datore prima della sua scadenza ed inoltre quanto al…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 marzo 2020, n. 7340 - Il versamento dell'acconto del prezzo finale, al momento della stipula del contratto preliminare, costituisce un autonomo fatto generatore del pagamento dell'Iva, distinto da quello ulteriore che…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 maggio 2019, n. 13860 - In tema di repressione della condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 della legge n. 300 del 1970, il solo esaurirsi della singola azione lesiva del datore di lavoro non può precludere…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…