CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 aprile 2022, n. 12618
Opposizione a verbale di accertamento – Efficacia probatoria dei verbali ispettivi – Parametro per il calcolo dei contributi – Contratto leader – Superiore inquadramento dei lavoratori
Fatti di causa
1. La Corte di appello di L’Aquila, con la sentenza impugnata, ha respinto il gravame proposto dalla odierna parte ricorrente avverso la decisione di primo grado che aveva rigettato l’opposizione al verbale di accertamento avente ad oggetto il pagamento della complessiva somma di euro 49.480,00 a titolo di contributi.
2. Per quanto solo rileva in questa sede, a fondamento del decisum, la Corte di appello ha ritenuto di poter utilizzare le dichiarazioni acquisite in sede ispettiva; le stesse, univoche e circostanziate e non superabili dalle prove contrarie articolate dall’appellante, in quanto generiche e indeterminate in ordine alle circostanze da provare, avevano indubbia valenza probatoria. Le risultanze escludevano la trasferta dei lavoratori, con ogni conseguenza in termini di diversa contribuzione dovuta.
3. La Corte territoriale ha, inoltre, osservato come, per verificare l’esatto calcolo dei contributi, secondo la regola del minimale contributivo, occorresse far riferimento, quale parametro retributivo, al complessivo importo delle voci retributive indicate nel contratto leader e procedere al raffronto tra l’ammontare dei contributi che ne risulta e quelli complessivamente versati.
4. Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società in epigrafe, con due motivi, successivamente illustrati con memoria.
5. L’Inps ha conferito delega in calce alla copia notificata del ricorso.
Ragioni della decisione
6. Con il primo motivo- ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 2697 e 2700 cod.civ. nonché -ai sensi dell’art. 360 nr.4 cod. proc.civ. – la nullità della sentenza e/o del procedimento e infine – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod. proc.civ.- l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
7. Nello specifico, si imputa alla sentenza di aver ritenuto non necessario che le dichiarazioni acquisite in sede ispettiva trovassero conferma, in giudizio, da parte dei soggetti che le avessero rese; si contesta, altresì, che le dichiarazioni rese dei lavoratori, in sede ispettiva, fossero circostanziate e specifiche; si critica, infine, l’affermazione secondo cui le circostanze fattuali, oggetto delle prove articolate, fossero generiche e inidonee a contrastare i rilievi dell’Istituto.
8. L’articolato motivo è, complessivamente, da respingere.
9. La Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto di questa Corte in ordine all’efficacia probatoria dei verbali ispettivi.
10. Con orientamento costante, si afferma che «l’esclusione di un’efficacia diretta fino a querela di falso del contenuto intrinseco delle dichiarazioni rese agli ispettori dai lavoratori non implica che le stesse siano priva di qualsivoglia efficacia probatoria in difetto di una loro conferma in giudizio; ove le dichiarazioni dei lavoratori siano univoche infatti, il giudice può ben ritenere superflua l’escussione dei lavoratori in giudizio mediante prova testimoniale, tanto più se il datore di lavoro non alleghi e dimostri eventuali contraddizioni delle dichiarazioni rese agli ispettori in grado di inficiarne l’attendibilità» (v., in motiv., ex plurimis, Cass. nr. 20019 del 2018).
11. La Corte di merito ha, dunque, valorizzato le dichiarazioni rese in sede ispettiva, conformandosi anche al principio per cui «i verbali ispettivi fanno piena prova fino a querela di falso, dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ivi compresa l’esistenza e provenienza delle dichiarazioni raccolte a verbale, mentre, per le altre circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato, il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, il quale può anche considerarlo prova sufficiente delle circostanze riferite al pubblico ufficiale, qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso d’altri elementi renda superfluo l’espletamento di ulteriori mezzi istruttori» (v., fra le tante, Cass. nr.4182 del 2021; Cass. nr. 11934 del 2019).
12. Per il resto, le censure, nonostante il formale richiamo a violazioni di legge, tendono a contrastare l’accertamento di merito, in modo qui non consentito.
13. Come in più occasioni affermato dalla Corte, la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito.
14. E’ principio costante quello per cui «spetta al giudice di merito, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, assumere e valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata» (ex multis, tra le più recente, v., in motiv., Cass. nr. 22935 del 2020).
15. Consegue che la statuizione con cui la Corte di appello ha giudicato circostanziate e puntuali le dichiarazioni rese dai lavoratori agli ispettori e, viceversa, generiche e indeterminate quelle oggetto dei mezzi di prova articolati dalla parte datoriale configura un tipico giudizio di merito, in questa sede non censurato secondo gli enunciati di Cass. nn. 8053 e 8054 del 2014 di Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014 (principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici) ovvero illustrando il «fatto storico», non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo.
16. I limiti di sindacabilità della quaestio facti, come segnati dal nuovo testo dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. escludono, infatti, che la parte ricorrente possa semplicemente sostenere una diversa combinazione dei dati fattuali ovvero l’attribuzione a ciascuno di essi di un diverso peso specifico (cfr. Cass. nr. 18715 del 2016), con una censura generica e meramente contrappositiva rispetto al giudizio operato in sede di merito.
17. Nella specie, la censura per omesso esame di un fatto decisivo si colloca, in modo evidente, al di fuori del perimetro segnato dall’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ, perché denuncia l’omesso esame di elementi fattuali plurimi, come tali privi singolarmente di decisività (Cass. nr. 29365 del 2021, in motiv.).
18. Con il secondo motivo- ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la violazione degli artt. 2697 e 2700 cod.civ. e dell’art. 1 del D.L. nr. 338 del 1989 conv. in legge nr 389 del 1989.
19. Per la ricorrente, la Corte di appello, erroneamente interpretando i motivi di appello, avrebbe ritenuto corretta la contribuzione richiesta, nonostante l’INPS avesse utilizzato il contratto cd. leader, non solo quale parametro per determinare il montante retributivo ai fini della misura del minimale contributivo, ma anche per stabilire il livello di inquadramento dei lavoratori.
20. Il motivo, formulato in modo poco perspicuo, è inammissibile.
21. Ciò che appare in discussione è l’utilizzazione del contratto collettivo leader non solo per la determinazione della retribuzione parametro, ai fini del cd. «minimale contributivo», ma anche per l’accertamento del superiore inquadramento in relazione alle posizioni professionali controverse.
22. Per la ricorrente, la disciplina di riferimento, in relazione al sistema di classificazione del personale, non doveva essere quella stabilita dal CCNL leader (nella specie, il CCNL Metalmeccanica) ma piuttosto quella delineata dal CCNL Metalmeccanica-Piccola Media Industria, fonte di regolamentazione dei rapporti in contestazione.
23. I rilievi, a ben vedere, oltre ai limiti connessi alla carente trascrizione e produzione delle fonti collettive (v. Cass. sez. un. nr . 20075 del 2010; tra le successive, ex multis, Cass. nr. 4350 del 2015), come le precedenti censure tendono a contestare, complessivamente, il giudizio di merito circa lo svolgimento di mansioni superiori, così schermando, sempre, una deduzione di vizio della motivazione.
24. Tuttavia, l’accertamento reso al riguardo dai giudici di merito, non censurato adeguatamente, non è più rivedibile in questa sede.
25. Ne consegue che non sono ravvisabili errori di diritto, avendo la Corte di appello parametrato, in relazione ai lavoratori per i quali ha riconosciuto un diverso inquadramento, il debito contributivo alla retribuzione stabilita dal CCNL leader in corretta applicazione del principio secondo cui «ai fini della verifica dell’esatto versamento dei contributi nella misura prevista dal s minimale contributivo>, secondo quanto prescritto dall’art. 1 del d.l. n.338 del 1989, conv., con modif., dalla I. n. 389 del 1989, occorre far riferimento, quale retribuzione da assumere a base per il calcolo dei contributi, al complessivo importo delle voci retributive indicate nel cd. contratto leader (al netto delle voci esentate da contribuzione)» (in ultimo, v. Cass. nr. 17993 del 2021).
26. Sulla base delle esposte considerazioni, il ricorso va pertanto rigettato.
27. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, in favore dell’INPS, come da dispositivo, tenuto conto della sola partecipazione alla discussione orale.
28. Sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.000,00, per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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