CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 giugno 2018, n. 16201
Tributi – IVA – Accertamento per fatture relative ad operazioni inesistenti – Prova a carico dell’Amministrazione finanziaria – Ricorso a presunzioni semplici, purchè gravi precise e concordanti – Legittimità – Onere di prova contraria a carico del contribuente
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 305/06/2010, depositata il 19 novembre 2010 e non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Calabria (nel prosieguo CTR) accoglieva l’appello proposto dalla società P. S.r.l. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 245/02/2006 della Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza, compensando le spese di lite tra le parti.
Il giudice di appello, in punto di fatto, rilevava che la controversia aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento per IVA, Irpeg e Irap relativa all’anno di imposta 2003; che la società aveva esibito la documentazione contabile ed i relativi registri; che nell’avviso di accertamento non erano state contestate violazioni formali, bensì la regolarità di diverse fatture, ritenute relative ad operazioni fittizie.
La CTR, in punto di diritto, affermava che dagli atti ed in modo specifico dall’accertamento “non emergono prove certe a supporto dell’operato dell’Ufficio” e che “appare evidente che esistono sospetti che le affermazioni dei verbalizzanti possano essere forse parzialmente vere in qualche rilievo”, aggiungendo, però, che “in presenza di regolarità formale della contabilità era onere del verificatore indagare approfonditamente con raccolta accurata di prove oggettive da contestare al contribuente”. In particolare, “quanto rilevato in verbale consiste in una serie di sospetti che potevano desumersi dai documenti contestati, ma non si riscontrano prove oggettive”.
2. Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
3. La società P. S.r.l. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale affidato a due motivi.
Ragioni della decisione
1. Con il controricorso, la società contribuente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per cassazione per la mancata individuazione della parte ricorrente, di cui non è stata indicata la sede legale ed il codice fiscale e perché risulta indicata in modo errato la sentenza impugnata ed il numero dell’avviso di accertamento.
2. L’eccezione di inammissibilità non ha pregio e deve essere rigettata.
Nel ricorso per cassazione dell’Agenzia delle entrate la denominazione della società ed il suo numero di partita Iva sono indicati correttamente. Sono altresì indicate correttamente sia l’annualità delle imposte, sia il numero dell’avviso di accertamento, “il riportato solo nella parte relativa all’anno in modo errato nella sentenza della CTR. In un simile contesto, l’omessa indicazione del nome del legale rappresentante e della sede legale non incide sulla validità dell’atto, perché non si traduce nell’assoluta incertezza sulla sua parte, che peraltro, nel caso in esame, ha ricevuto regolare notificazione del ricorso (cfr. Cass. Sez. 1, n. 24441 del 01/12/2015, ancorché relativa alla citazione in appello di una persona giuridica).
3. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate ha denunciato – in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. in tema di riparto dell’onere della prova nell’ambito delle controversie aventi ad oggetto il recupero dell’Iva detratta in base a fatture relative ad operazioni delle quali è contestata l’esistenza, pur in presenza di contabilità regolare. Al riguardo, l’onere di fornire la prova che l’operazione rappresentata dalla fattura non è mai stata posta in essere incombe sull’amministrazione finanziaria la quale adduca la falsità del documento, potendo anche ricorrere a presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti. In tal caso, il contribuente è tenuto a dimostrare l’effettività delle operazioni effettuate, senza che sia sufficiente invocare l’apparente regolarità delle annotazioni contabili.
4. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate ha denunciato – in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 e n. 5 cod. proc. civ. – la nullità della sentenza per l’apparenza della sua motivazione e l’omessa e/o insufficiente motivazione della stessa. Al riguardo, i giudici d’appello non avrebbero spiegato perché gli elementi esposti nel processo verbale di contestazione, a riprova dell’inesistenza di attività economiche da parte delle società venditrici, non fossero idonei ad integrare i caratteri tipici delle presunzioni qualificate di cui all’art. 2729 cod. civ. In particolare, la CTR avrebbe omesso di vagliare lo stato di abbandono in cui versava l’edificio in cui avrebbe dovuto operare una di queste società venditrici (G. S.r.l.), l’inesistenza di altra società presso i locali dell’indirizzo (L.R. S.r.l.), la sottrazione al controllo delle scritture contabili da parte di alcune società (G. S.r.l., L.R. S.r.l., L. S.r.l., M. S.r.l., M.R. S.r.l., M.N. S.r.l., V. S.r.l.), l’antieconomicità della gestione nel rapporto tra i ricavi della P. S.r.l. e degli acquisti presso talune società (V. S.r.l.), la mancanza di sedi operative da parte di alcune delle società venditrici (M.R. S.r.l., M. S.r.l., M.N. S.r.l.).
5. Con il terzo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate ha denunciato – in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ. e degli artt. 32, comma 3, e 39, comma 2, lett. d-bis, del d.P.R. n. 600 del 1973, perché la CTR non si sarebbe accorta che il legale rappresentante della P. S.r.l. non ha ottemperato all’invito formale a rendere informazioni, dati e notizie inerenti all’attività. Tale inerzia del contribuente legittima l’amministrazione ad avvalersi di presunzioni che non si presentano gravi, precise e concordanti.
6. I primi due motivi, che possono essere valutati congiuntamente, sono fondati e devo essere accolti.
In tema di detrazioni ai fini IVA, qualora l’amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazioni di fatture in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione anche in merito alla conoscenza ovvero alla conoscibilità della fittizietà delle operazioni da parte del cessionario – committente che richiede la detrazione; la prova può essere fornita anche mediante presunzioni semplici; in tal caso è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili e la sua mancanza di consapevolezza di partecipare ad un’operazione fraudolenta, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili (cfr. da ultimo, Cass. Sez. 6-5, Ord. n. 29002 del 05/12/2017; in precedenza, tra le altre, Cass. Sez. 5, n. 25775 del 05/12/2014).
Nel caso di specie, nell’avviso di accertamento, riportato ai fini dell’autosufficienza nel ricorso per cassazione, sono esposti una serie di elementi a riprova dell’inesistenza delle operazioni cui si riferiscono le fatture emesse nei confronti della P. S.r.l. Questi elementi integrano i caratteri tipici delle presunzioni gravi precise e concordanti di cui all’art. 2729 cod. civ., consistendo nello stato di abbandono in cui versava l’edificio in cui avrebbe dovuto operare una di queste società venditrici (G. S.r.l.), nell’inesistenza di altra società presso i locali dell’indirizzo, in cui era allocata una diversa impresa (L.R. S.r.l.), nella sottrazione al controllo delle scritture contabili da parte di alcune società (G. S.r.l., L.R. S.r.l., L. S.r.l., M. S.r.l., M.R. S.r.l., M.N. s.r.l., V. S.r.l.), nell’anti-economicità della gestione nel rapporto tra i ricavi della P. S.r.l. e degli acquisti presso talune società (V. S.r.l.), la mancanza di sedi operative da parte di alcune delle società venditrici (M.R. s.r.l., M. S.r.l., M.N. s.r.l.).
La CTR, senza valutarli specificamente, ha degradato questi elementi, precisamente contenuti nel processo verbale di accertamento, a meri sospetti, escludendo che costituissero dati oggettivi anche quando consistevano nel degrado della struttura produttrice della supposta venditrice o nell’assenza della sede legale nel domicilio che risultava dai documenti contabili.
Il giudice d’appello, in particolare, non confrontandosi con gli elementi contenuti nell’atto impositivo, ha fatto riferimento alla regolarità formale della contabilità, affermando che, in tal caso, “era onere del verificatore indagare approfonditamente con raccolta accurata di prove oggettive da contestare al contribuente”. La regolarità formale della contabilità, invece, non preclude l’accertamento dell’inesistenza delle operazioni, né il ricorso a presunzioni per dimostrare che quanto annotato non corrisponde al vero (cfr. tra le altre, Cass. Sez. 5, n. 23550 del 5/11/2014; Cass. Sez. 5, n. 14068 del 20/06/2014). Non è sufficiente, dunque, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti a provare la correttezza dell’agire del contribuente, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili; anzi, l’apparente regolarità delle annotazioni contabili è un elemento da valutare con attenzione e sulla base degli altri elementi emersi, perché essa ricorre nel caso di documenti emessi per operazioni inesistenti. Ne consegue che, non avendo fatto corretta applicazione delle regole in tema di riparto dell’onere della prova, i primi due motivi di ricorso devono essere accolti e la decisione della CTR deve essere cassata.
Dall’accoglimento dei primi due motivi deriva che il terzo motivo deve ritenersi assorbito.
7. Con il primo motivo incidentale, la società P. S.r.l. ha denunciato – in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 e 53 del d.lgs. n. 546 del 1992 per aver ritenuto non “specifico” il motivo di appello concernente il rigetto dell’eccezione di difetto di notifica del pvc e del verbale di accertamento che, nel caso di specie, sarebbe avvenuta illegittimamente ai sensi dell’art. 140 e 145 cod. proc. civ. Con lo stesso motivo, sotto altro profilo, è stata dedotta l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza.
8. Il motivo è infondato e deve essere rigettato.
La sentenza della CTR, infatti, ha dichiarato inammissibile quella che ha definito “la prima parte dell’appello” non per la carenza di specificità dei motivi di appello, ma perché ha ritenuto che “le argomentazioni sono ripetitive e senza sostanziali censure”. Trattasi di motivazione apodittica e certamente minima, ma che non consiste nel rilievo di aspecificità dei motivi di appello denunciata dalla società contribuente, rispetto alla quale, al limite avrebbe dovuto essere formulato un diverso vizio rilevante nel grado di legittimità.
9. Con il secondo motivo incidentale, la società P. S.r.l. ha denunciato – in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, n. 4 e n. 5 cod. proc. civ. – la statuizione della sentenza della CTR nella parte in cui ha compensato le spese ricorrendo “giusti motivi”. Detto provvedimento, dopo la riforma dell’art. 92 avvenuta nel 2005, non sarebbe più possibile.
10. Il motivo, relativo al regime delle spese processuali operato nella sentenza della CTR, deve ritenersi assorbito dal giudizio di accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale, cui consegue la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.
Sulla base della motivazione illustrata, pertanto, la sentenza della Commissione tributaria regionale impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Calabria in diversa composizione, cui deve essere demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso principale, assorbito il terzo; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo motivo di ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Calabria in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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