CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 luglio 2018, n. 19360
Agevolazioni fiscali – Prima casa – Immobile con destinazione a ville – Abitazione di lusso
Fatti di causa
In data 15 marzo 2007 l’Ufficio notificava a P.M. un avviso di liquidazione relativo all’anno d’imposta 2002, con il quale revocava le agevolazioni fiscali “prima casa” richieste in sede di acquisto di una abitazione sita nel comune di Sutri (Viterbo) in quanto l’immobile era edificato in una zona con destinazione a ville e quindi lo stesso, ai sensi dell’art. 1 del D.M. 2 agosto 1969 non poteva godere delle agevolazioni fiscali richieste.
Avverso l’avviso di liquidazione la contribuente presentava ricorso avanti la Commissione Tributaria Provinciale di Viterbo, la quale accoglieva il ricorso della contribuente, ravvisando sia la tardività dell’atto sia non provato che l’abitazione fosse di lusso.
Proponeva appello l’Agenzia delle entrate e la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza 68/38/10 del 22 marzo 2010, rigettava tale ricorso, pur ritenendo l’atto tempestivo in quanto eseguito nell’ambito della proroga dei termini prevista dalla nuova formulazione dell’art. 11 della legge n. 289 del 2002; nel merito, tuttavia, ravvisava un contrasto tra le previsioni del Regolamento Edilizio (zona destinata a ville) sulla quale l’Ufficio fonda le proprie ragioni e quelle del P.R.G. (zona residenziale) che invece invoca la parte, ritenendo determinante la verifica in fatto delle caratteristiche dell’abitazione venduta, al fine di stabilire se la stessa possa qualificarsi villa (ossia abitazione di lusso) oppure abitazione non di lusso. In mancanza di elementi probatori forniti dall’Ufficio, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio si fonda sulla perizia giurata di parte, secondo la quale “l’immobile, porzione di un fabbricato bifamiliare, ha una superficie utile di mq 95 disposta su due piani, con caratteristiche costruttive e finiture di media qualità e detta tipologia costruttiva non rientra, anche a livello di concettualità generale, nella più raffinata, particolare ed elegante immagine di costruzione a villa.
Pertanto l’accertamento dell’Ufficio si ritiene infondato. Le spese di giudizio si compensano tra le parti attesa la reciproca soccombenza. P.Q.M. La Commissione accoglie parzialmente l’appello dell’Ufficio. Spese compensate.”
L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso affidato a due motivi e il contribuente si costituiva con controricorso chiedendo l’inammissibilità o comunque il rigetto del ricorso e proponendo altresì appello incidentale condizionato.
In prossimità dell’udienza la contribuente presentava memoria insistendo sulle richieste di cui sopra.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, la ricorrente Agenzia delle entrate assume che la sentenza impugnata avrebbe violato l’art. 1 del D.M. 2 agosto 1969 in combinato disposto con l’art. 1, nota 2 bis, della Tariffa prima parte allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, norme secondo cui sono considerate di lusso le abitazioni realizzate su aree destinate a ville dagli strumenti urbanistici.
Con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, la ricorrente Agenzia delle entrate deduce omessa motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio in quanto la sentenza parte dal presupposto di un contrasto tra gli strumenti urbanistici vigenti, mentre il regolamento edilizio non potrebbe avere la funzione di prevedere una destinazione di una determinata area non essendo uno strumento di pianificazione urbanistica ma solo di completamento e specificazione degli strumenti della pianificazione urbanistica stessa, ai quali soli spetta stabilire le destinazione d’uso delle varie zone; inoltre in giudizio, fin al primo grado l’Ufficio avrebbe provato che il Comune di Sutri aveva destinato la zona alla costruzione di ville.
Con il primo motivo di ricorso incidentale condizionato la contribuente deduce, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 32 in relazione all’art. 58 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio non avrebbe disposto lo stralcio della documentazione presentata dall’Agenzia delle entrate perché prodotta tardivamente in appello.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale condizionato la contribuente deduce, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 4, nullità della sentenza in quanto questa non avrebbe disposto lo stralcio della documentazione prodotta dall’Agenzia delle entrate, in quanto prodotta tardivamente in appello.
Con il terzo motivo di ricorso incidentale condizionato la contribuente deduce, in relazione all’art. 36d cod. proc. civ., comma 1, n. 5, violazione o falsa applicazione dell’art. 1 del D.M. 2 agosto 1969 e insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in quanto la sentenza impugnata avrebbe ritenuto che il Regolamento Edilizio potesse contenere previsioni riguardo alla destinazione del territorio, perché il regolamento edilizio non può avere la funzione di prevedere una destinazione di una determinata area, non essendo uno strumento di pianificazione urbanistica.
I motivi, che per la loro stretta connessione possono essere affrontati congiuntamente, sono infondati.
Il primo motivo di ricorso, nel sostenere la necessità di rifarsi agli strumenti di pianificazione urbanistica per valutare se un’abitazione possa o meno essere considerata di lusso, presuppone necessariamente infatti una valutazione nel merito dello piano regolatore del comune di Sutri e del regolamento edilizio, valutazione che è interdetta in sede di legittimità, non operando, con riguardo a tali norme giuridiche secondarie, il principio “iura novit curia” e non rientrando, pertanto, la conoscenza dei regolamenti comunali tra i doveri del giudice che, solo ove disponga di poteri istruttori, può acquisirne diretta conoscenza, indipendentemente dall’attività svolta dalle parti (Cass. 10 ottobre 2008, n. 24922; Cass. 29 maggio 2006, n. 12786). Pertanto, qualora con il ricorso per cassazione si sollevino censure che comportino l’esame di un regolamento comunale, è necessario – in virtù del principio di autosufficienza del ricorso stesso – che le norme del regolamento invocate siano interamente trascritte o allegate, non operando, con riguardo alle norme giuridiche secondarie (rispetto alle quali va tenuto distinto il caso delle fonti paraprimarie o subprimarie, quale lo statuto comunale), il principio “iura novit curia”, e non rientrando, pertanto, la conoscenza dei regolamenti comunali (così come di quelli provinciali) tra i doveri del giudice, che, solo ove ‘disponga di poteri istruttori, può acquisirne diretta conoscenza, indipendentemente dall’attività svolta dalle parti (Cass. 29 agosto 2006, n. 18861).
Occorre aggiungere che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155); inoltre nel giudizio di cassazione non si possono prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini ed ,accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, nemmeno se si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass. 25 ottobre 2017, n. 25319).
Peraltro, per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dall’agevolazione per l’acquisto della “prima casa” di cui all’art. 1, comma 3, tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, occorre avere riguardo alla nozione di superficie utile complessiva di cui all’art. 6 del d.m. 2 agosto 1969, pari a quella che residua una volta detratta, dall’estensione globale riportata nell’atto di acquisto, la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posto macchina, in maniera tale che la superficie superi i 240 mq (Cass. 31 marzo 2017, n. 8421): nel caso di specie invece l’abitazione è di soli 95 mq.
Quanto al secondo motivo, anche a volere escludere valore al Regolamento Edilizio ai fini della qualificabilità di un’abitazione come di lusso, il suo eventuale accoglimento rafforzerebbe le motivazioni della sentenza impugnata (tanto è vero che questa stessa doglianza è oggetto anche del terzo motivo del ricorso incidentale condizionato) perché la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale afferma che è il regolamento edilizio a considerare zona adibita a ville quella in cui insiste l’abitazione oggetto della presente controversia.
In effetti, la sentenza impugnata, con motivazione sintetica ma chiara, di fronte a degli strumenti urbanistici non univoci quanto alla attribuzione o meno della qualifica di abitazione di lusso, ha svolto un ragionamento in fatto ragionevole che ha condotto i Giudici a negare tale qualifica in presenza di una perizia prodotta dalla parte che negava tale qualifica e in assenza di prove contrarie dell’Ufficio: la valutazione effettuata dalla sentenza impugnata è una tipica valutazione di merito e, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità (Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940). Pertanto, poiché i motivi del ricorso principale sono infondati, il ricorso incidentale condizionato della contribuente deve ritenersi assorbito; il ricorso va respinto e le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso dell’Agenzia delle entrate e la condanna alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 5.000, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% e ad accessori di legge.
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