CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 novembre 2019, n. 30220
Ricalcolo dell’assegno sociale – Arretrati per indennità di accompagnamento – Compensazione – Limiti del quinto
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Palermo, in riforma della sentenza del Tribunale di Termini Imerese, ha dichiarato illegittima, in applicazione dell’art. 69 L. n. 153/1969, la compensazione in misura eccedente il quinto operata dall’Inps tra il credito vantato dall’Istituto nei confronti di G.C. per ricalcolo dell’assegno sociale di cui il C. era titolare , ed il debito dell’Inps verso il pensionato a titolo di arretrati per indennità di accompagnamento (per il periodo 1/10/2012-30/11/2013).
Secondo la Corte l’Inps, salvo il diritto di avvalersi dell’azione di ripetizione ex art. 2033 c.c., poteva recuperare l’indebito anche mediante trattenute sulla pensione in via di compensazione sulla prestazione dovuta, fatto salvo, comunque, il trattamento minimo della pensione, nel limite del quinto in quanto tale limite operava anche sugli arretrati di pensione.
Secondo la Corte l’Inps illegittimamente aveva trattenuto l’intero importo dell’indebito (pari ad Euro 5.056,96)in unica soluzione e non invece come dovuto entro i limiti del quinto.
2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps. Il C. è rimasto intimato.
Ragioni della decisione
3. Inps denuncia violazione dell’art. 69 L. n. 153/1969. Rileva che nella specie la compensazione traeva origine da prestazioni assistenziali non dovute e prestazioni assistenziali dovute con la conseguenza che all’indebito assistenziale non erano applicabili i limiti posti alla ripetibilità dell’indebito previdenziale, stante la diversità delle norme che disciplinano l’uno e l’altro e l’impossibilità di una loro applicazione in via analogica.
4. Pur essendo condivisibile quanto denunciato dall’Inps, il ricorso, con la diversa motivazione che di seguito si va ad esporre ai sensi dell’art. 384 cpc, deve essere rigettato.
5. Risulta accertato che il C. era tenuto a restituire all’Inps Euro 5.056,96 a seguito di un indebito formatosi sull’assegno sociale di cui era titolare e che, tuttavia, il ricorrente, a seguito della sentenza del Tribunale di Palermo, aveva ottenuto il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento con i relativi arretrati.
L’Inps ha proceduto alla compensazione in unica soluzione dell’indebito di Euro 5.056,96 sull’importo di Euro 6.970,88, dovuto per arretrati di indennità di accompagnamento. Il C. si duole che la compensazione non sia avvenuta solo nei limiti del quinto.
5. Ciò premesso va rilevato che secondo la Corte è applicabile la limitazione del quinto alla compensabilità in applicazione dell’art. 69 della L. n. 153/1969, ritenendo che tale limitazione ad un quinto della pensione pignorabile riguardasse anche i ratei arretrati.
6. L’art. 69 L. n. 153/1969 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale) dispone al primo comma che le pensioni, gli assegni e le indennità spettanti in forza del regio decreto-legge 4 ottobre 1935 n. 1827, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché gli assegni di cui all’art. 11 della legge 5 novembre 1968, n. 1115 spettanti a carico dell’INPS “possono essere ceduti, sequestrati e pignorati, nei limiti di un quinto del loro ammontare, per debiti verso l’Istituto nazionale della previdenza sociale derivanti da indebite prestazioni percepite a carico di forme di previdenza gestite dall’Istituto stesso, ovvero da omissioni contributive, escluse, in questo caso, le somme dovute per interessi e sanzioni amministrative”.
Il secondo comma fa comunque salvo, per le pensioni ordinarie, l’importo corrispondente al trattamento minimo.
Il significato delle disposizioni è chiaro: l’INPS, salvo il diritto di avvalersi, come ogni creditore, dell’azione di ripetizione di cui all’art. 2033 c.c., può recuperare gli indebiti o le omissioni contributive anche mediante trattenute sulla pensione, in via di compensazione, col duplice limite che la somma oggetto di cessione, sequestro, pignoramento o trattenuta non superi la misura di un quinto della pensione, assegno o indennità e che sia fatto, comunque, salvo il trattamento minimo della pensione (Cass., 4 aprile 1978 n.1532; 23 gennaio 1989 n. 383).
7. La disposizione citata ed applicata dalla Corte territoriale riguarda,come risulta evidente dal tenore letterale ,le prestazioni previdenziali prevedendo, in sostanza ,il necessario recupero rateale e nei limiti del quinto.
Nessun riferimento contenuto nella norma autorizza un’estensione alle ipotesi di prestazioni assistenziali (cfr Cass. 27 luglio 2011, n. 16448, che ha rimarcato l’inapplicabilità, alle prestazioni assistenziali, del diverso principio fissato, per le prestazioni pensionistiche, dall’art. 1, comma 262, legge 23 dicembre 1996, n. 662, secondo il quale il recupero è necessariamente rateale e opera sulla medesima pensione cui l’indebito si riferisce).
8. Nella fattispecie in esame , invece, sia l’indebito sia gli arretrati si sono formati con riferimento a prestazioni di natura assistenziale ( assegno sociale e indennità di accompagnamento ) e dunque , la questione deve trovare la sua disciplina normativa nelle norme generali sulla compensazione.
9. L’istituto della compensazione di cui agli art. 1241 c.c. e seg. presuppone l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, mentre è configurabile la cd. compensazione impropria, allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere e a ciò il giudice può procedere senza incontrare ostacolo nelle limitazioni vigenti per la compensazione in senso tecnico-giuridico.
10. Le conseguenze applicative della qualificazione del fenomeno in termini di compensazione impropria si sostanziano nell’esclusione dell’applicazione dell’intera disciplina della compensazione e, in particolare, per quanto in questa sede rileva, del divieto previsto dal n. 3 dell’art. 1246 cod.civ. con la conseguente deducibilità, per intero, del controcredito dal credito impignorabile (cfr., fra le altre, Cass. 20 giugno 2003, n. 9904, in motivazione);
11. Ritiene il collegio che nella fattispecie in esame non ricorra il requisito dell’identità di titolo tra le somme dovute dall’istituto per indennità di accompagnamento e quelle dovute dal ricorrente sull’assegno sociale non avendo origine, i rispettivi crediti e debiti, dal medesimo rapporto (in generale, sulla natura dell’assegno sociale, quale provvidenza avulsa dallo stato di invalidità che non investe la tutela di condizioni minimi di salute o gravi situazioni di urgenza, si rinvia a Cass. n. 22261 del 2015). L’identità del titolo non può essere affermato sul generico presupposto che entrambe le prestazioni di cui è causa hanno natura assistenziale dovendosi sottolineare l’assoluta diversità dei presupposti che giustificano l’erogazione dell’assegno.
12. La sentenza impugnata, pur con la diversa motivazione di cui sopra deve essere, pertanto, confermata. Non deve pronunciarsi sulle spese essendo il C. rimasto intimato.
Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art 13 , comma 1 quater, dpr n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
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