CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 settembre 2021, n. 25401
Rapporto di lavoro – Integrazione per maternità obbligatoria prevista dal CCNL – Diritto – Riconoscimento
Fatti di causa
1. Con ricorso al Tribunale di Genova, S.F. agiva per il riconoscimento, da parte dell’INPS, dell’indennità di maternità, anticipata e obbligatoria, nonché dell’indennità di congedo parentale e chiedeva la condanna del datore di lavoro, D.B. spa, all’erogazione delle stesse; domandava, altresì, il riconoscimento, da parte del datore di lavoro, del diritto all’integrazione per maternità obbligatoria prevista dal contratto collettivo e chiedeva la condanna di D.B. spa al pagamento della stessa. In via subordinata, formulava la domanda per ciascuna delle prestazioni richieste, congiuntamente, in via principale, anche per periodi inferiori.
2. Il Tribunale, in accoglimento parziale del ricorso, ha dichiarato l’INPS tenuto al riconoscimento dell’indennità di maternità anticipata, dell’indennità di maternità obbligatoria e dell’indennità per congedo parentale, in relazione ai periodi specificati nel dispositivo, e ha condannato la parte datoriale all’erogazione dei benefici, con accessori sino al saldo; ha, inoltre, condannato D.B. spa al versamento di Euro 1469,57, a titolo di integrazione dell’indennità di maternità obbligatoria ai sensi della contrattazione collettiva, oltre interessi e rivalutazione.
3. La Corte di appello di Genova ha respinto il gravame dell’INPS e ha confermato la decisione di primo grado che aveva riconosciuto l’indennità di maternità a far data dalla cessazione di un periodo di aspettativa retribuita (9 ottobre 2013) nonostante che, al momento di inizio della maternità (25 giugno 2013) fossero decorsi più di sessanta giorni dall’inizio dell’aspettativa (9 aprile 2013).
4. Avverso la decisione, ha proposto ricorso l’INPS, affidato ad un unico ed articolato motivo.
5. Hanno resistito, con controricorso, S.F. e D.B. S.p.A.(di seguito, per brevità, anche Banca); la Banca ha proposto ricorso incidentale, cui ha resistito, con controricorso, l’INPS.
6. Il P.M. ha depositato conclusioni scritte ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.
7. L’Inps e S.F. hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Si dà preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 -bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, perché nessuno di essi ha chiesto la trattazione orale.
2. Con l’unico motivo del ricorso principale -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- l’Inps deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 24, commi 2 e 3, e dell’art. 32 del D.Lgs. 26 Marzo 2001 nr. 151, con riferimento all’art. 12 disp.prel. cod.civ., all’art. 2110, comma 1, cod.civ. e agli artt. 37 e 59, comma 1, del contratto collettivo nazionale lavoro per i quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti dalle imprese creditizie, finanziarie e strumentali del 19 gennaio 2012.
2.1. L’Inps critica la decisione della Corte d’appello di Genova che ha ritenuto di riconoscere alla lavoratrice il diritto all’indennità per congedo di maternità, in relazione al periodo 10 ottobre 2003/13 aprile 2014, nonché all’indennità per congedo parentale, per il periodo 14 aprile 2014/10 ottobre 2014, nonostante che ella, alla data del 25 giugno 2013, di inizio del congedo di maternità, fosse assente dal lavoro, perché in aspettativa non retribuita per motivi personali (dal 9 aprile 2013), da più di 60 giorni.
2.2. Osserva l’istituto come indennità di maternità per congedo di maternità richieda, quale requisito costitutivo del diritto, la sussistenza di un valido rapporto assicurativo ossia l’esistenza di un rapporto di lavoro in atto, con corresponsione della relativa retribuzione, al momento dell’inizio del periodo di astensione, come si ricava dall’inequivoca interpretazione dell’art. 24 del D.Lgs. nr.151 cit. Per l’INPS, i principi della Corte costituzionale, richiamati nella sentenza impugnata, non sarebbero riferibili al caso di specie, per la diversità delle fattispecie esaminate.
3. Con il ricorso incidentale, la Banca deduce – ai sensi dell’art. 360 nr.4 cod.proc.civ. – la violazione e la falsa applicazione dell’art.102 cod. proc.civ. e dell’art. 331 cod.proc.civ. con nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza impugnata.
3.1. D.B. S.p.A. deduce che l’atto di appello non veniva notificato alla Banca, né la Corte d’appello provvedeva a disporre l’integrazione del contradditorio, nei suoi confronti.
4. Deve essere esaminato in via prioritaria il ricorso incidentale, perché logicamente e giuridicamente preliminare rispetto a quello principale.
5. Il ricorso, con il quale si deduce la nullità della sentenza impugnata per difetto di integrità del contraddittorio in grado di appello, è fondato.
5.1. Dalla copia dell’atto di appello, corredato dalle relative relate di notifica, anche riprodotto nel controricorso, in adempimento degli oneri di completezza e specificità imposti dall’art. 366 cod.proc.civ., non risulta la notifica, da parte dell’Inps, del ricorso introduttivo relativo alla fase d’appello a D.B. S.p.A.
5.2. Va aggiunto che anche l’intestazione della sentenza di appello non reca l’indicazione, come parte, di D.B. S.p.A. ma riporta unicamente l’INPS e S.F.
6. Ciò premesso, la Banca ha partecipato al giudizio di primo grado, oltre che come titolare in proprio dell’obbligo previsto dal CCNL di versare alla lavoratrice in maternità la quota integrativa dell’indennità di maternità erogata dall’Inps, anche in qualità di adiectus solutionis causa dell’obbligo di pagamento dell’indennità di maternità a carico dell’Inps ed è stata condannata, nei confronti della lavoratrice controricorrente, per entrambi i titoli.
7. Tra le cause promosse in primo grado dalla lavoratrice, nei confronti dell’Inps e di D.B. S.p.A., sussiste un vincolo di dipendenza giacché l’obbligo di anticipazione a carico del datore di lavoro (art. 1 della legge nr.663 del 1979) presuppone l’esistenza dell’obbligo dell’Inps al riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale.
8. Peraltro, in argomento, questa Corte già ha espresso il principio secondo cui «La domanda della lavoratrice dipendente volta al riconoscimento dell’indennità di maternità […] va proposta non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche dell’INPS, ricorrendo nei loro confronti un’ipotesi di litisconsorzio necessario ex art. 102 cod. proc. civ., in quanto, ai sensi dell’art. 1 del d.l. 30 dicembre 1979, n. 663, convertito nella legge 29 febbraio 1980, n. 33, l’INPS è l’unico soggetto obbligato ad erogare le indennità di malattia e maternità ex art. 74 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, mentre il datore di lavoro ha solo il dovere di anticiparne l’importo, salvo conguaglio con i contributi e le altre somme da corrispondere all’Istituto, sempreché la prestazione sia effettivamente dovuta dall’Istituto previdenziale» (Cass. nr. 1172 del 2015).
9. In ogni caso, una volta che il giudizio di primo grado era stato instaurato nei confronti di entrambi, esso aveva dato luogo ad un litisconsorzio processuale, divenuto necessario nel giudizio d’impugnazione, avente ad oggetto temi comuni ad ambedue le parti, sicché il giudice d’appello avrebbe comunque dovuto integrare il contraddittorio nei confronti della parte pretermessa, a norma dell’art. 331 cod.proc.civ. (sia pure in fattispecie diversa, v., ex plurimis, Cass. nr. 16669 del 2012).
10. In conclusione, il ricorso incidentale deve essere accolto, con assorbimento di quello principale. La sentenza impugnata è cassata, e la causa va rimessa, per un nuovo esame, previa regolare instaurazione del contraddittorio, alla medesima corte d’appello, in altra composizione.
11. Al giudice del rinvio è rimessa, altresì, la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso incidentale, assorbito quello principale.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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