CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 aprile 2021, n. 15047
Reati tributari – Omesso versamento IVA – Sequestro preventivo finalizzato alla confisca – Somme di denaro rinvenibili su conti correnti di un soggetto terzo estraneo al reato – Illegittimità – Ipotesi di collegamento – Ruolo di legale rappresentante – Disponibilità delle somme – Esclusione
Ritenuto in fatto
1. Il tribunale di Ravenna, adito ex art. 322 cod. proc. pen. nell’interesse di C.M. quale legale rappresentante della società A. s.r.l. avverso il decreto con cui il Gip del tribunale di Ravenna, in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 10 ter del Dlgs. 74/2000 aveva ordinato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta delle somme di denaro rinvenibili “nel sistema bancario” e rientranti a qualsiasi titolo nella disponibilità di C.M. e della AP A.S. s.r.l., nonché in subordine – “in assenza di disponibilità di somme congrue rispetto a quelle indicate” – il sequestro per equivalente dei beni immobili e mobili registrati di pertinenza del C. fino a concorrenza del medesimo importo, rigettava l’istanza.
2. Avverso la pronuncia sopra indicata del tribunale, propone ricorso la società A. s.r.l. mediante il proprio difensore, deducendo due motivi di impugnazione.
1. Con il primo rappresenta il vizio ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 321 comma 2 cod. proc. pen. e 12 bis Dlgs. 74/2000.
1.1. Si premette che la polizia giudiziaria avrebbe eseguito il citato decreto sequestrando in via “diretta” la somma di euro 236.344,90 giacente su conto corrente della A. s.r.l., sul rilievo per cui il C. ne aveva la disponibilità in quanto delegato ad operare; inoltre, il sequestro sarebbe stato eseguito in due diversi momenti, il 3 e l’8 settembre 2020, su denaro confluito sul citato conto corrente dopo la commissione del reato ipotizzato e anche dopo l’adozione della misura ablativa contestata. Con l’istanza di riesame la società ricorrente, quale terzo avente diritto alla restituzione, avrebbe obiettato che l’eseguito sequestro finalizzato alla confisca diretta sarebbe illegittimo, atteso che le somme vincolate non costituirebbero il profitto del reato, trattandosi di denaro confluito sui conti dopo la consumazione della fattispecie ipotizzata e che, in ogni caso, quand’anche venissero qualificate come profitto, si tratterebbe di beni riferibili in via esclusiva ad una società estranea al reato e distinta dalla AP A.S. s.r.l. oltre che rispetto alla persona fisica del C.. Così emergendo un soggetto giuridico estraneo alla commissione del reato e privo di utilità da esso derivanti, come tale qualificabile quale soggetto estraneo al reato, nei confronti del quale non può operare la cd. “confisca diretta”. Si sarebbe altresì osservato come trattandosi di soggetto diverso e distinto nei termini suesposti, neppure sarebbe stato configurabile il sequestro per equivalente nei confronti dell’A. s.r.l. Né osterebbe a tali considerazioni il dato per cui il C. disponesse di una delega ad operare sui conti interessati dal vincolo reale imposto, essendo quest’ultimo un dato di per sé insufficiente a far rientrare nella disponibilità del C. i predetti conti correnti. Né risulta che la A. s.r.l. sia una mera società schermo del C..
1.2. Tanto precisato, la ricorrente ha dedotto l’intervenuta violazione di legge per avere il tribunale ritenuto configurabile il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente pur essendo l’A. s.r. I. una società terza ed estranea al reato e distinta dalla persona del C., di cui non costituisce mero schermo giuridico. Decisione peraltro fondata sul mero quanto irrilevante dato della titolarità, in capo al C., della delega ad operare sul conto corrente della A. s.r.l., interessato dal sequestro.
In proposito, si osserva come la giurisprudenza di legittimità, a partire dal suo più elevato consesso, abbia precisato che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente non possa mai riguardare beni dell’ente il cui legale rappresentante abbia commesso un illecito tributario, salvo il caso in cui la società costituisca un mero schermo e che nel caso in esame, ancor più paradossalmente, il sequestro avrebbe avuto riguardo ad una società, l’A. s.r.l., del tutto estranea al reato ipotizzato, non essendo ente beneficiario del risparmio fiscale derivante dalla condotta contestata al C..
Il tribunale, oltre ad avere trascurato i principi sopra esposti avrebbe anche richiamato indirizzi di legittimità inconferenti rispetto al caso in esame, avendo, da una parte, richiamato il pericolo di protrazione del reato o di aggravamento delle sue conseguenze – non inerente al tipo di sequestro in esame bensì a quello impeditivo – dall’altra, citato la giurisprudenza formatasi in ordine al sequestro per equivalente eseguito su conto corrente dell’indagato che risulti cointestato con terzo estraneo: laddove la fattispecie in esame non si connota, come quelle di cui alla citata giurisprudenza, per la libera disponibilità in capo all’indagato della somma depositata sul conto corrente, atteso che il conto corrente oggetto del presente sequestro appartiene piuttosto alla A. s.r.l. di cui l’indagato è solo amministratore. Come tale, delegato ad operare sul conto corrente ma senza che si possa confondere il concetto di “piena disponibilità” di cui alle sentenze di legittimità considerate dal tribunale con il mero rapporto organico che caratterizza la figura dell’amministratore e legale rappresentante. In tal caso, la delega ad operare sul conto corrente non è priva di vincoli, ma opera nei limiti dello scopo sociale e nel solo interesse dell’ente.
2. Con il secondo motivo deduce i vizi ex art. 606 comma 1 lett. b) e c) cod. proc. pen. per inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 321 comma 2 cod. proc. pen. e 240 cod. pen. nonché degli artt. 125 comma 3 e 322 comma 1 cod. proc. pen. in relazione all’eseguito sequestro finalizzato alla confisca diretta nei confronti della A. s.r.l. Si ribadisce come, sebbene il provvedimento del Gip non abbia citato la società A. s.r.l., il sequestro finalizzato alla confisca diretta sia stato disposto sulle “somme di danaro appostate nel sistema bancario a qualsiasi titolo nella disponibilità della società AP A.S. s.r.l. dell’indagato C.M.” e sia stato eseguito in tali termini dalla polizia giudiziaria nei confronti della A. s.r.l. (come da verbale di sequestro), anche considerato che il sequestro per equivalente è stato disposto in via subordinata solo “sui beni immobili e mobili registrati di pertinenza dell’indagato”. Nulla emergerebbe quindi dagli atti disponibili per giustificare la tesi del tribunale secondo cui il provvedimento genetico avrebbe previsto e disposto il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente di conti correnti della A. s.r.l. Così eludendo le doglianze difensive circa l’impossibilità di assoggettare a confisca diretta le somme vincolate. Laddove alla luce di tali censure andrebbe osservato che le somme sequestrate sono prive di una relazione di qualificata pertinenzialità rispetto al delitto contestato ,e quindi, non costituiscono profitto del reato, trattandosi di danaro affluito sui conti dopo la consumazione degli illeciti fiscali (come illustrato in premessa del primo motivo e come anche desumibile dal fatto che l’A. s.r.l. è stata costituita solo nel 2018), e comunque si tratterebbe di beni ascrivibili ad un ente estraneo alla commissione dell’illecito e distinto dalla AP A.S. s.r.l. oltre che dalla persona fisica del C..
Si ribadisce peraltro che il conto corrente interessato dal sequestro attiene ad una società distinta dalla AP A.S. s.r.l. e dall’indagato C.M.” e come tale “persona estranea al reato”, così da doversi derogare alla possibilità di confiscare il profitto o prezzo del reato.
Considerato in diritto
1. I motivi dedotti, riguardando entrambi la corretta qualificazione giuridica della misura reale eseguita, devono essere esaminati congiuntamente. Dalla lettura dell’ordinanza impugnata emerge che il tribunale ha qualificato il ricorso disposto dal Gip ed eseguito dalla polizia giudiziaria come ricorso finalizzato alla confisca per equivalente. In tal modo, ha implicitamente ritenuto infondata la tesi difensiva della sua qualificazione in termini di misura reale finalizzata alla confisca diretta, attraverso l’esercizio, legittimo, della facoltà del tribunale del riesame di procedere alla autonoma qualificazione dell’intervenuto sequestro preventivo di somme di denaro, a fronte della duplice tipologia di misure reali (“diretta” e in via subordinata “per “equivalente”) richieste dal P.M. e disposte dal gip e del contraddittorio in tal modo assicurato in favore dell’istante. Ed invero, quand’anche il sequestro disposto dal gip ed eseguito dagli operanti avesse dovuto intendersi come sequestro finalizzato alla confisca “diretta”, questa corte, con decisione che in questa sede si condivide, seppure con riferimento ad un’ipotesi diversa (qualificazione da sequestro per equivalente a sequestro diretto), ha rilevato come, in tema di misure cautelari reali il tribunale del riesame può procedere alla riqualificazione del sequestro preventivo di somme di denaro, trattandosi di misure aventi la medesima finalità di rendere indisponibile il bene destinato a definitiva ablazione in caso di condanna, sempreché l’interessato abbia avuto, come nel caso in esame, la concreta possibilità di interloquire su tale aspetto (Sez. 4 – , n. 20862 del 16/04/2019 Rv. 275876 – 01).
In tal modo viene in rilievo, innanzitutto, l’analisi dei motivi inerenti la sussistenza dei presupposti legittimanti la predetta qualificazione giuridica, in termini di sequestro per equivalente. Essi sono fondati.
In proposito, occorre evidenziare taluni principi cardine. La giurisprudenza di legittimità ha ormai costantemente confermato che se da una parte è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto rimasto nella disponibilità di una persona giuridica, derivante dal reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, non potendo considerarsi l’ente una persona estranea al detto reato, dall’altra in tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può essere disposto sui beni dell’ente, ad eccezione del caso in cui questo sia privo di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso il quale il reo agisca come effettivo titolare dei beni (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014 Cc. (dep. 05/03/2014) Rv. 258646 – 01 Gubert). Quest’ultimo principio deve ritenersi operante sia allorquando l’ente coinvolto nel sequestro benefici direttamente della commissione dei reati tributari di riferimento, essendo essi stati commessi dal corrispondente rappresentante legale, sia nel caso in cui esso non presenti alcuna correlazione con tali reati. Come nel caso di specie, in cui le fattispecie di cui all’art. 2 D.lgs. 74/2000, in relazione alle quali è stato disposto il sequestro in esame, sarebbero state consumate da C.M. nella qualità di rappresentante legale della AP A.S. s.r.l. e non nella qualità, pur contemporaneamente rivestita, di rappresentante legale della A. s.r.l.
Ebbene, nessuna motivazione emerge su tale ultimo profilo a sostegno della legittimità del sequestro per equivalente disposto nei confronti della A. s.r.l. Né risulta congruo, a sostegno della misura in contestazione, il richiamo, operato dal tribunale, alla circostanza per cui il denaro sequestrato rientrerebbe nella piena disponibilità del C., autore della fattispecie di reato ipotizzata, in ragione della delega di cui sarebbe titolare nella qualità di rappresentante legale della società ricorrente. In proposito, appare incongruo il richiamo all’indirizzo giurisprudenziale che consente il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, della somma di denaro depositata su un conto corrente bancario intestato ad un soggetto estraneo al reato, sul rilievo della valorizzazione della delega ad operare senza limitazioni sull’intera provvista delle somme e dei valori depositati sul conto corrente stesso (in tal senso da ultimo Sez. 3 – , n. 23046 del 09/07/2020 Rv. 279821 – 01). Ciò perché tale assunto presuppone che ai fini della confisca disposta ai sensi dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 (e, in precedenza, dell’art. 1, comma 143, I. 24 dicembre 2007, n. 244, che rinvia, in quanto applicabili, alle disposizioni di cui all’articolo 322-ter cod. pen.), essa è sempre ordinata con riferimento ai «beni, di cui il reo ha la disponibilità» per un valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato. Con la conseguenza per cui in relazione alla confisca in esame – e, di conseguenza, al sequestro, essendo prodromico e funzionale alla confisca medesima – rileva la disponibilità del bene intesa come relazione effettuale del condannato col bene, connotata dall’esercizio di poteri di fatto, corrispondenti al contenuto del diritto di proprietà, in forza dei quali egli può determinare autonomamente la destinazione, l’impiego e il godimento del bene stesso. La disponibilità coincide, cioè, con la signoria di fatto sulla res, indipendentemente e al di fuori delle categorie delineate dal diritto privato: e se ad una di tale categorie vuoi farsi proprio riferimento, il richiamo più appropriato risulta essere quello riferito al possesso nella definizione che ne dà l’art. 1140 cod. civ.” (Sez. 1, n. 11732 del 09/03/2005 – dep. 24/03/2005, De Masi ed altro, Rv. 231390).
In altri termini la nozione di “disponibilità” coincide non con la nozione civilistica di “proprietà” ma con quella del “possesso”: essa in tal modo ricomprende tutte quelle situazioni nelle quali i beni stessi ricadano nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi (Sez. 3, n. 15210 del 08/03/2012 – dep. 20/04/2012, Costagliola e altri, Rv. 252378), e si estrinseca in una relazione effettuale con il bene, connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà (Sez. 2, n. 22153 del 22/02/2013 – dep. 23/05/2013, Ucci e altri, Rv. 255950).
Tale ricostruzione di principio non appare compatibile con il caso in cui la delega sia, piuttosto, espressione esclusivamente di funzioni amministrative per conto terzi, cosicché non emerga alcuna riconducibilità, quand’anche parziale, dei beni, agli interessi economici, personali, del titolare della delega, al contrario del tutto irrilevanti, così da escludere ogni esercizio di poteri per conto proprio e corrispondenti di fatto al diritto di proprietà.
Tale allo stato appare il caso in esame, in cui la delega ad operare sul conto sembra corrispondere, in assenza di migliori e diverse indicazioni da parte del giudici della cautela, anche in ordine all’eventuale funzione di “schermo” della società, alla titolarità delle delimitate funzioni gestorie ricoperte dal rappresentante legale della A. s.r.l., come tali esercitate entro i limiti degli interessi esclusivi della stessa.
Consegue la sussistenza dei vizi di cui al secondo motivo di ricorso, la cui fondatezza assorbe le ulteriori censure proposte.
2. Consegue l’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio, alla luce dei principi sopra esposti, al tribunale di Ravenna competente ai sensi dell’art. 324 co. 5 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al tribunale di Ravenna competente ai sensi dell’art. 324 co. 5 cod. proc. pen.