CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 giugno 2018, n. 16444
Eccesso di ricorso al lavoro straordinario oltre il limite annuale e superamento della durata massima settimanale di 48 ore – Mancata concessione ai lavoratori dei riposi giornalieri e settimanali – Sanzione amministrativa individuata con riferimento ad ogni mancata concessione di riposo, giornaliero o settimanale per ciascun lavoratore – Art. 18-bis, commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 66/2003 dichiarato costituzionalmente illegittimo – Impianto sanzionatorio ex art. 9 del R.D.L. n. 692/1923 e art. 27 della L. n. 370/1934
Fatti di causa
Con sentenza n. 1635/2012 la Corte d’Appello di Torino ha rigettato l’appello proposto da A. S.r.l. (in seguito incorporata mediante fusione da R. srl) avverso la sentenza di primo grado che rigettava l’opposizione all’ordinanza ingiunzione emessa dalla Direzione Provinciale del lavoro di Vercelli allo scopo di ottenere il pagamento della somma complessiva di € 196.778,51 per le violazioni relative alla mancata concessione ai propri lavoratori dei riposi giornalieri e settimanali prescritti, con eccesso di ricorso al lavoro straordinario oltre il limite annuale di 270 ore consentito e superamento della durata massima settimanale di 48 ore; con violazione degli articoli 7, primo comma, 9 primo comma, 5, terzo comma, 4 secondo, terzo e quarto comma decreto legislativo 66/2003.
A fondamento della pronuncia la Corte d’appello, per quanto qui di interesse, sosteneva che in materia di ammontare delle sanzioni l’articolo 18 bis, 4° comma del decreto legislativo 66/2003 applicabile ratione temporis, benché testualmente diverso dal punto di vista letterale dal 3° comma dello stesso articolo 18 bis, dovesse essere parimenti inteso nel senso che la sanzione amministrativa ivi contemplata andasse individuata con riferimento ad ogni mancata concessione di riposo, giornaliero o settimanale per ciascun lavoratore, essendo tale interpretazione giustificata dal riconoscimento del diritto al riposo quale diritto soggettivo di ogni lavoratore e pertanto a titolo strettamente personale.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione R. srl (incorporante A. Srl) con un motivo di ricorso.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la Direzione Provinciale del Lavoro di Vercelli si sono costituiti a mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 comma 1 cpc.
Ragioni della decisione
1.- Con l’unico motivo del ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 della legge numero 689/81 e 12 delle disposizioni sulla legge in generale, allegandosi che l’interpretazione dei giudici di merito circa il criterio da applicare per determinare la sanzione amministrativa di cui al quarto comma dell’articolo 18 bis violava il principio di legalità in materia di illecito amministrativo, nonché i principi in tema di interpretazione della legge (letterale, logico e storico) atteso che in base al dato letterale della norma era del tutto evidente che la disposizione non prevedeva in alcun modo che la sanzione ivi contemplata potesse essere applicata per ogni violazione e per ogni lavoratore; tanto più se confrontata sul piano sistematico con la diversa disposizione sanzionatoria prevista al terzo comma dello stesso articolo 18 bis nel quale invece – a differenza che nel quarto comma – la sanzione amministrativa ivi prevista per la violazione in materia di orario di lavoro andava applicata per espressa disposizione del legislatore “per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisca la violazione”; inoltre il criterio del cumulo materiale adottato dall’ordinanza ingiunzione e condiviso dai giudici del merito violava l’articolo 8 della legge 689/81 il quale a fronte di una pluralità di violazioni prevede come regola generale il meccanismo del cumulo giuridico.
2. Preliminarmente va dato atto che l’impianto sanzionatorio dettato, in materia di orario di lavoro e di riposi, dall’art. 18-bis, commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 66/2003 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro) è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale, con sentenza del 4 giugno 2014 n. 153, per contrarietà all’art. 76 della Costituzione, per aver, cioè, violato i criteri direttivi imposti a riguardo dalla legge delega.
3.- Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, con ordinanza n. 26603/2017 e con sentenza n. 24/2018, a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione di legge, abrogativa di altra legge precedente, ridiventa operante la norma abrogata dalla disposizione dichiarata illegittima. Nel caso di specie deve quindi trovare applicazione la precedente disciplina ricavabile dal Regio decreto-legge numero 692/1923, art. 9 e dalla legge numero 370/1934, art.27.
4.- Pertanto, la Corte, provvedendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al nuovo giudice indicato in dispositivo per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato da parte del ricorrente ai sensi degli artt. 10 e 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115\02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228.
P.Q.M.
Provvedendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione. Ai sensi dell’art. 13,comma 1-quater D.P.R. n.115 del 2002 si da atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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