CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 giugno 2019, n. 16697
Tributi – Domicilio fiscale – Soggetto diverso dalle persone fisiche – Sede legale in Olanda – Sede amministrativa in Italia – Notifica accertamenti – Validità
Fatti di causa
Con separati ricorsi F. Spa, F.I. B.V., F. R.E. B.V., F. A. N.V. e C.K. J. B.V. impugnavano gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate per l’omessa presentazione delle dichiarazioni per gli anni 1999-2002 ai fini Irpeg, Irap ed Iva, sull’assunto che, pur essendo la sede legale delle società in Olanda, la loro sede amministrativa era in Italia, sicché erano soggette all’imposizione fiscale italiana.
Le impugnazioni, previa riunione dei ricorsi, erano rigettate dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze; la sentenza era confermata dal giudice d’appello.
Le contribuenti ricorrono per cassazione con ventidue motivi; resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale con un motivo.
F. I. B.V. in proprio e quale incorporante di F. R.E. B.V. e di F. A. N.V. ha presentato istanza di definizione agevolata.
Le società e l’Agenzia delle entrate depositano altresì memoria.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente va dichiarata l’estinzione del giudizio con riguardo alle posizioni della società F. I. B.V. in proprio e quale incorporante di F. R.E. B.V. e di F.A. N.V. a seguito dell’intervenuta definizione agevolata delle relative pendenze ai sensi dell’art. 1 d.l. n. 148 del 2017, con correlata rinunzia al ricorso.
1.1. Con riguardo, invece, alla posizione delle altre società, la F. Spa e la W.B.V. quale incorporante di C.K. J. B.V., persiste l’interesse alla decisione.
Occorre precisare, sul punto, che l’esame dei complessivi motivi di ricorso (esteso alla totalità delle doglianze in ragione del loro contenuto al di là di quelle specificamente illustrate nella memoria depositata) resta limitato alle sole posizioni residue.
2. Il primo motivo denuncia insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia prospettato dalle parti in relazione all’invalidità delle notifiche, qualificate dalla CTR “certamente irregolari e teoricamente nulle” anziché inesistenti. In particolare, la notifica dell’avviso di accertamento è stata effettuata alla F. Spa presso un soggetto terzo (e non la sede legale) con consegna a persona estranea; parimenti quanto alla notifica alla società C.K. J. B.V., effettuata in un luogo diverso dalla sede legale della controllante e a mani di persona e luogo di cui era cessato ogni collegamento perché iscritto all’Aire e trasferito dal 2004.
2.1. Il secondo motivo denuncia, in relazione al medesimo profilo, violazione e falsa applicazione degli artt. 58, 59 e 60 d.P.R. n. 600 del 1973, nonché degli artt. 138, 140, 142 e 145 c.p.c.
Le ricorrenti chiedono altresì la rimessione in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia delle disposizioni di cui al d.P.R. n. 600 del 1973 ove consentano la notificazione degli atti tributari, prima dell’accertamento della residenza fiscale, in un luogo diverso dalla sede legale sita in altro Stato dell’Unione in quanto lesive del principio di discriminazione e delle libertà di circolazione e stabilimento.
2.2. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 156 e 160 c.p.c. per aver la CTR ritenuto la sanatoria della nullità della notifica degli avvisi di accertamento. Chiedono, sul punto, la rimessione della causa alle Sezioni Unite.
3 Il terzo motivo è infondato, restando assorbiti gli altri.
3.1. Va escluso, in primo luogo, in relazione agli asseriti vizi dedotti (luogo e persona incaricata della ricezione dell’atto), che sussista un vizio sussumibile nella nozione di inesistenza della notifica atteso che essa è configurabile «oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa», mentre il luogo «non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità)» (Sez. U, n. 14916 del 20/07/2016; v. anche, in termini specifici, Cass. n. 21865 del 28/10/2016; Cass. n. 5663 del 09/03/2018).
Costituisce poi principio consolidato che l’istituto processuale della sanatoria si estende alla notifica invalida degli avvisi di accertamento (Cass. n. 7498 del 12/04/2005; Cass. n. 8374 del 24/04/2015) «ove detto vizio non abbia pregiudicato il diritto di difesa del contribuente, situazione che» – come nella specie accertato dalla CTR ed in alcun modo censurato dalle ricorrenti – «si realizza nell’ipotesi in cui il medesimo, in sede di ricorso giurisdizionale contro l’atto, ne abbia diffusamente contestato il contenuto» (da ultimo v. Cass. n. 11043 del 09/05/2018; Cass. n. 6678 del 15/03/2017; Cass. n. 18480 del 21/09/2016).
3.2. Vanno conseguentemente disattese, altresì, la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, priva di rilevanza, e di rimessione alle Sezioni Unite, carente dei presupposti di legge.
4. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 31 d.P.R. n. 600 del 1973 per aver la CTR ritenuto tardiva l’eccezione di incompetenza territoriale dell’Agenzia delle entrate – Ufficio di Firenze 3, che aveva operato l’accertamento.
4.1. Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 31 d.P.R. n. 600 del 1973 e 41 d.P.R. n. 287 del 1992 per aver la CTR comunque ritenuto infondata l’eccezione di incompetenza territoriale.
4.2. Il quinto motivo – in disparte le ragioni di inammissibilità per carenza di autosufficienza – è infondato, restando assorbito il quarto.
4.3. Di nessun rilievo, in primo luogo, è l’art. 41 d.P.R. n. 287 del 1992, trattandosi di norma abrogata dall’art. 23, comma 1, lett. mm, n. 7, d.P.R. n. 107 del 2001 a decorrere dal 25 aprile 2001 e, dunque, in epoca di gran lunga anteriore alla emissione degli avvisi di accertamento.
4.4. L’art. 31, secondo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, inoltre, prevede che «La competenza spetta all’ufficio distrettuale nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto obbligato alla dichiarazione alla data in cui questa è stata o avrebbe dovuto essere presentata».
Ne deriva che la competenza apparteneva all’Ufficio distrettuale di Firenze, risolvendosi l’ulteriore ripartizione in Firenze 1, Firenze 2 e Firenze 3 in una mera suddivisione interna, ininfluente ai fini della determinazione della competenza.
Giova peraltro osservare che ai sensi dell’art. 58, terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 «I soggetti diversi dalle persone fisiche hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si trova la loro sede legale o, in mancanza, la sede amministrativa; se anche questa manchi, essi hanno il domicilio fiscale nel comune ove è stabilita una sede secondaria o una stabile organizzazione e in mancanza nel comune in cui esercitano prevalentemente la loro attività», derivandone la corrispondenza tra domicilio fiscale, sede legale della capogruppo e competenza ad emanare gli avvisi.
5. Il sesto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 73, comma 3, tuir per aver la CTR ritenuto che la sede dell’amministrazione delle società olandesi del gruppo F. coincidesse con la nozione convenzionale di sede della direzione effettiva e, dunque, in Italia.
5.1. Il settimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della I. n. 306 del 1993, di ratifica ed esecuzione della Convenzione Italia-Paesi Bassi contro le doppie imposizioni, nonché degli artt. 4 e 26 della medesima convenzione in relazione all’art. 117, primo comma, Cost. per aver la CTR collocato in Italia la sede della direzione effettiva delle società olandesi.
5.2. L’ottavo motivo denuncia, in relazione al medesimo profilo, violazione e falsa applicazione degli artt. 49 e ss TFUE e 11 Cost. Il motivo è accompagnato dalla richiesta di rinvio alla Corte di Giustizia in ordine alla compatibilità dell’art. 73, comma 3, tuir con gli artt. 49 e 54 TFUE.
5.3. Il nono motivo denuncia, sulla medesima questione, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
6. I motivi, da esaminare unitariamente per connessione logica, sono infondati.
6.1. La questione in giudizio, invero, va ricondotta alla cd. esterovestizione, termine con cui si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società all’estero, in particolare in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, ed ha costituito oggetto di ampia disamina da parte di questa Corte con la sentenza n. 2869 del 07/02/2013 e, da ultimo, con la sentenza n. 33234 del 21/12/2018.
6.2. Occorre prendere le mosse, invero dalla sentenza della Corte di Giustizia 12 settembre 2006, C-196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, che, con riferimento al fenomeno della localizzazione all’estero della residenza fiscale di una società, ha affermato, in tema di libertà di stabilimento, che la circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa non costituisce per se stessa un abuso di tale libertà; tuttavia, una misura nazionale che restringe la liberta di stabilimento è ammessa se concerne specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad escludere la normativa dello Stato membro interessato.
L’obiettivo della liberta di stabilimento è quello di permettere a un cittadino di uno Stato membro di creare uno stabilimento secondario in un altro Stato membro per esercitarvi le sue attività e di partecipare così, in maniera stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine e di trarne vantaggio. La nozione di stabilimento implica, quindi, l’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata, merce l’insediamento in pianta stabile in un altro Stato membro; presuppone, pertanto, un insediamento effettivo della società interessata nello Stato membro ospite e l’esercizio quivi di un’attività economica reale.
Una restrizione alla libertà di stabilimento deve dunque avere lo scopo specifico di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale.
I concetti esposti sono stati ribaditi dalla sentenza della Corte di Giustizia, 28 giugno 2007, C-73/06, Planzer Luxembourg Sàrl, la quale, nell’interpretare l’ottava e la tredicesima direttiva in materia di Iva (rispettivamente, 6 dicembre 1979, 79/1072/CEE, in tema di rimborso dell’imposta ai soggetti passivi non residenti all’interno del paese, e 17 novembre 1986, 86/560/CEE, in tema di rimborso ai soggetti passivi non residenti all’interno della Comunità), premesso che gli interessati, per costante giurisprudenza, non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente del diritto comunitario, ha affermato che ciò accadrebbe se un soggetto passivo intendesse fruire del sistema di rimborso alle condizioni enunciate dalle citate direttive, quando l’indirizzo dell’impresa non corrisponde ad alcuna realtà economica, né alla sede dell’attività economica del soggetto, né ad un centro di attività stabile dal quale quest’ultimo svolge le sue operazioni.
Perché questo meccanismo risponda alla nozione di pratica abusiva occorre che esso abbia come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito dalle norme e, inoltre, che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale dell’operazione si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale (Corte di Giustizia, sentenza 17 dicembre 2015, in C-419/14, WebMindLicenses Kft), occorrendo, a tal fine, una disamina della singola operazione (v. anche Corte di Giustizia, sentenza 7 settembre 2017, in C-6/16, Equiom e Enka).
6.3. La fattispecie in giudizio è regolata dall’art. 87, comma 3, tuir (ora art. 73, comma 3), ai sensi del quale «ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio della Stato».
Viene in rilievo, peraltro, anche la Convenzione tra Italia ed il Regno dei Paesi Bassi per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire l’evasione fiscale dell’8 maggio 1990, ratificata e resa esecutiva con la I. 26 luglio 1993, n. 305. L’art. 4, in particolare, prevede, al comma 1, come criterio principale, che, ai fini della Convenzione, «L’espressione “residente di uno degli Stati” designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nella stesso Stato a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga»; e, al comma 3, come criterio sussidiario per le persone giuridiche, che, «quando, in base alle disposizioni del paragrafo 1, una persona diversa da una persona fisica e considerata residente di entrambi gli Stati, si ritiene che essa e residente della Stato contraente in cui si trova la sede della sua direzione effettiva».
Le due discipline, quella interna e quella pattizia, a ben vedere, sono sostanzialmente equivalenti, perché la seconda rinvia, come criterio generale, alla legislazione interna ed assume, poi, come criterio sussidiario nel caso di accertata doppia residenza, quello della sede “effettiva” della società, che non è altro che il criterio decisivo anche per la norma interna, secondo la consolidata interpretazione dottrinale e giurisprudenziale di questa.
La nozione di “sede dell’amministrazione”, infatti, in quanto contrapposta alla “sede legale”, deve ritenersi coincidente con quella di “sede effettiva” (di matrice civilistica), intesa come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento – nei rapporti interni e con i terzi – degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente (ex aliis, Cass. nn. 3604 del 1984, 5359 del 1988, 497 del 1997, 7037 del 2004, 6021 del 2009; da ultimo v. Cass. n. 1813 del 28/01/2014). Analogo principio è stato affermato, con specifico riferimento al vigente art. 73, comma 3, tuir, dalle sentenze della terza sezione penale di questa Corte nn. 7080 del 2012 e 32091 del 2013 e, più recentemente, dalla n. 50151 del 7/11/2018.
6.4. Sullo specifico punto, la sopra citata sentenza della Corte di Giustizia del 28 giugno 2007, Planzer Luxembourg Sàrl, ha ribadito che la nozione di sede dell’attività economica «indica il luogo in cui vengono adottate le decisioni essenziali concernenti la direzione generale della società e in cui sono svolte le funzioni di amministrazione centrale di quest’ultima (punto 60)». Inoltre, la determinazione del luogo della sede dell’attività economica di una società implica «la presa in considerazione di un complesso di fattori, al primo posto dei quali figurano la sede statutaria, il luogo dell’amministrazione centrale, il luogo di riunione dei dirigenti societari e quello, abitualmente identico, in cui si adotta la politica generate di tale società Possono essere presi in considerazione anche altri elementi, quali il domicilio dei principali dirigenti, il luogo di riunione delle assemblee generali, di tenuta dei documenti amministrativi e contabili e di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie, in particolare bancarie (punto 61)».
6.5. Orbene, la sentenza impugnata si è attenuta ai principi sopra esposti
L’ampia disamina, compiuta dalla CTR, della normativa – fiscale civilistica e pattizia – in tema di residenza fiscale delle società e della relativa interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, nonché degli orientamenti della stessa Corte di Giustizia, è invero corretta laddove, in sintesi, giunge alla conclusione della assimilazione del concetto (fiscale) di “sede dell’amministrazione” (qualificato come uno dei criteri “alternativi” indicati nell’art. 73, comma 3, tuir) a quello (civilistico) di “sede effettiva” della società ed intende quest’ultima, in sostanziale conformità ai principi sopra enunciati, come il luogo in cui si svolge in concreto la direzione e la gestione dell’attività d’impresa e dal quale promanano le relative decisioni. La CTR, nel precisare che «ricorrevano le condizioni necessarie e sufficienti per ottenere la sede legale in Olanda; ma questa non era certamente la sede abituale in cui veniva svolta l’attività direttiva e decisionale delle società […] il luogo concreto di formazione ed espressione della volontà e degli atti di direzione era l’Italia» ha inteso affermare che la sede effettiva (“amministrativa”) della società coincide con quella legale italiana (oltre che con il luogo dell’oggetto principale dell’attività), con ciò escludendosi la configurabilità in concreto della residenza fiscale in Olanda («da quanto sopra deriva che la sede di amministrazione delle quattro società olandesi deve ritenersi ubicata in Italia con tutte le conseguenze ai fini fiscali») in base alla norma interna citata – e quindi l’ipotesi della esterovestizione -, restando assorbita ogni altra indagine.
Il giudice d’appello, inoltre, ha correttamente evidenziato che risultava che «la direzione, le decisioni, le strategie, le autorizzazioni di investimento e di spese relative alle quattro il società olandesi provenivano dall’Italia, dai vertici della spa F. […] responsabili delle quattro società olandesi e tutti residenti ed operanti in Italia» e che, dall’intera documentazione «non vi è nulla che provi che le decisioni, le deliberazioni e le direttive venissero prese in Olanda».
Infatti, «gran parte della corrispondenza, con l’intestazione delle società olandesi […] era di fatto firmata in Italia» su carta intestata delle società olandesi come rinvenuto dalle «lettere di trasmissione dall’Italia all’Olanda», e gli amministratori italiani «non erano tutti presenti di persona ma solo per delega in dette riunioni non c’era nulla da discutere e decidere […] le decisioni importanti venivano prese in Italia e quindi inviate in Olanda per essere inserite a verbale alla presenza del solo amministratore olandese, per essere conservate agli atti per scopi esclusivamente fiscali».
E da ciò emerge anche la considerazione da parte della CTR sull’altro requisito, ossia che l’ufficio esistente ad Amsterdam fosse, in realtà, una realizzazione meramente artificiosa, finalizzata a scopi «esclusivamente fiscali».
La CTR dà atto che «l’ufficio di Amsterdam rappresentava il luogo di disbrigo degli affari correnti», era situato in un locale di modeste dimensioni ed aveva due dipendenti, in realtà meri esecutori d’ordini; sottolinea, peraltro, non solo che «le delibere prodotte, se pure formalmente stilate in Olanda, sono espressione di scelte maturate e concordate in Italia» ma anche che «dall’Italia partivano verso l’Olanda autorizzazioni di ogni genere, dalle più rilevanti in materia statutaria e contabile, alle più modeste, come l’autorizzazione a partecipare a un corso d’inglese, al pagamento di spese mediche, addirittura al pagamento di spese per cancelleria minuta».
In altri termini, l’accertamento della CTR pone in risalto la sostanziale carenza di effettività e contenuti della sede olandese.
6.6. La dedotta mancata considerazione della documentazione invocata dai ricorrenti è, poi, in primo luogo carente in punto di autosufficienza avendo omesso la parte di riprodurre, o indicare specificamente la sede di produzione tanto in primo grado che in appello, la documentazione rilevante, di cui è del tutto generica l’individuazione. La censura, in ogni caso, non coglie nel segno poiché la CTR ha dato atto di aver considerato la totalità della documentazione versata in atti, che ha permesso di comprendere «la situazione effettiva della società».
Per come formulata, dunque, la doglianza mira, in parte qua, ad una rivalutazione degli elementi probatori e documentali acquisiti in giudizio in vista di una rivisitazione dell’accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito, non consentita nel giudizio di legittimità.
6.7. Va correlativamente disattesa, infine, l’istanza di rinvio pregiudiziale che è priva di ogni rilevanza, ponendosi la soluzione in linea con i ripetuti arresti della Corte di Giustizia.
7. Il decimo motivo denuncia violazione degli artt. 122 e 123 c.p.c. per aver la sentenza dichiarato inutilizzabile in quanto in lingua straniera la documentazione prodotta in giudizio.
7.1. Il decimo motivo è inammissibile sia per difetto di autosufficienza, attesa l’omessa riproduzione della invocata documentazione, sia per carenza di interesse: la CTR, al di là dell’enunciata inutilizzabilità, ha, in concreto, proceduto all’esame della documentazione, ritenendone la sua inidoneità ai fini della prova.
8. L’undicesimo motivo ,denuncia motivazione contraddittoria per aver ritenuto inutilizzabile la documentazione in lingua straniera non tradotta prodotta dalle contribuenti e, invece, attendibile quella, pure non tradotta, prodotta dall’Ufficio.
8.1. Il motivo è infondato. La CTR ha esaminato tutta la documentazione prodotta dalle parti, valutandone – senza alcuna contraddizione rispetto all’omologa produzione dell’Ufficio – la rilevanza e il contenuto.
9. Il dodicesimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 39, secondo comma, e 41 d.P.R. n. 600 del 1973, 53 Cost. per non aver la CTR riconosciuto la deducibilità delle perdite riportate dalla società olandesi nel 1997 e nel 1998.
9.1. Il motivo è infondato.
L’Amministrazione finanziaria ha proceduto, attesa l’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscale, ad accertamento induttivo cd. puro ai sensi degli artt. 41 e 39, secondo comma, d.P.R. n. 600 del 1973. Ne deriva che se incombe sull’Amministrazione calcolare, sia pure in via forfetaria, i costi di produzione nella ricostruzione del reddito, ciò peraltro non comporta che debbano essere computate le asserite perdite degli esercizi pregressi, che non attengono all’esercizio in corso e, dunque, sono deducibili nei limiti previsti dall’art. 75 (ora 109) tuir, nel testo applicabile ratione temporis, e, pertanto, solo in presenza di dichiarazioni validamente presentate dal contribuente.
10. Il tredicesimo motivo denuncia nuovamente violazione e falsa applicazione di legge con riguardo alla mancata deducibilità delle perdite per gli anni 1999 e 2000.
10.1. Il mezzo è inammissibile sia per difetto di autosufficienza, essendo omessa la riproduzione, anche solo in via indiretta, della documentazione asseritamente rilevante ai fini delle dedotte perdite, sia per novità della questione, che non risulta trattata in alcun modo nella sentenza impugnata – che si occupa solo delle perdite pregresse, ossia degli anni precedenti a quelli oggetto di accertamento – né indicata nelle conclusioni ivi in epigrafe, avendo il ricorrente, in tale evenienza, l’onere, a pena di inammissibilità, «non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa» (Cass. n. 8206 del 22/04/2016);
11. Il quattordicesimo motivo denuncia omessa pronuncia in ordine all’eccepita erronea determinazione del reddito accertato in relazione al valore d’ingresso delle partecipazioni cedute.
11.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza atteso che, ove la parte deduca un error in procedendo per omessa pronuncia su una domanda «è necessario, ai fini del rispetto del principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, che nel ricorso stesso siano riportati, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, i passi del ricorso introduttivo con i quali la questione controversa è stata dedotta in giudizio e quelli dell’atto d’appello con cui le censure ritenute inammissibili per la loro novità sono state formulate» (Cass. n. 11738 del 08/06/2016; Cass. n. 19410 del 30/09/2015); né rileva l’esistenza, in relazione al vizio lamentato, del potere di diretto esame degli atti da parte della Corte che «presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso» (Cass. n. 22880 del 29/09/2017).
12. Il quindicesimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 56 tuir, della Convenzione firmata a l’Aja l’8 maggio 1990, ratificata con I. n. 305 del 1993, della direttiva 90/435/CE e dell’art. 53 Cost. per non aver la CTR riconosciuto alla F. Spa alcun credito d’imposta in ordine agli utili distribuiti dalla controllata F. I. B.V.
12.1. Il motivo è infondato.
La CTR ha escluso la riconoscibilità del credito d’imposta per essere la contribuente decaduta per l’omessa presentazione della richiesta – prevista dall’art. 14, comma 5, tuir, ratione temporis applicabile – «nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui gli utili sono stati percepiti».
Tale accertamento in fatto operato dal giudice di merito è stato solo inammissibilmente contestato dalla contribuente e, comunque, in totale carenza di autosufficienza attesa la mancata riproduzione dell’asserita tempestiva istanza.
L’ulteriore deduzione articolata nella memoria depositata in relazione al pagamento di quanto dovuto dalla F. I. B.V. in sede di definizione agevolata è inammissibile trattandosi di questione nuova, posta per la prima volta e neppure riconducibile alle pregresse doglianze.
13. Il sedicesimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 7 d.P.R. n. 633 del 1972 per aver la CTR ritenuto che i criteri di determinazione della residenza ai fini delle imposte dirette rilevassero anche ai fini delle operazioni attive e passive Iva.
13.1. Il motivo è inammissibile, non cogliendo la ratio della decisione che si fonda non solo e non tanto sul fatto che la sede delle società era in Italia ma, specificamente, sul rilievo che «non è stata reperita alcuna documentazione» per cui non era possibile stabilire se le prestazioni fossero state effettuate da residenti o meno, restando comunque omessi tutti i conseguenti adempimenti (regolarizzazione delle fatture non assoggettate dal tributo da parte del prestatore; integrazione e doppia registrazione) e derivandone, quindi, una situazione di totale indeterminatezza. Va comunque considerato – fermo rimanendo che la censura è in ogni caso difettosa per autosufficienza in ordine alla natura delle prestazioni – che, trattandosi di operazioni passive, rileva, ai sensi dell’art. 7, terzo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, la sede del prestatore dei servizi e non quella del committente.
14. Il diciassettesimo motivo denuncia omessa pronuncia sull’eccepita non debenza dell’Iva per le operazioni attive effettuate da CK J. NV (C 265.699,00) (cessata ogni questione quanto alla F. R.E. BW) negli anni dal 1999 al 2002.
14.1. Il diciottesimo motivo denuncia, in relazione alla medesima questione, vizio di motivazione.
14.2. Il diciassettesimo motivo è fondato, restando assorbito quello successivo: la CTR, infatti, ha statuito con riguardo alle operazioni passive, mentre ha omesso qualsiasi decisione sulla doglianza – riprodotta in ricorso – relativa alle operazioni attive.
15. Il diciannovesimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 7, quarto comma, e 21 d.P.R. n. 633 del 1972 e 38, comma 2, d.l. n. 331 del 1993 per aver la CTR ritenuto legittimo l’operato dell’Ufficio in ordine al rilievo Iva per le operazioni passive.
15.1. Il motivo è inammissibile.
La censura ripropone, sotto un diverso versante, le medesime doglianze già dedotte con il sedicesimo motivo sicché valgono le medesime considerazioni prima esposte.
Il mezzo, del resto, trascura che la sentenza, a fronte delle rilevate e contestate operazioni passive soggette a tributo, ha ritenuto decisiva la carenza di ogni documentazione idonea ad inficiare il rilievo e da giustificare l’omesso versamento dell’Iva.
Infine, la doglianza è inammissibile anche ove contesta la genericità del rilievo e dei fatti posti a fondamento della violazione contestata, neppure riproducendo l’avviso di accertamento ovvero le fatture asseritamente non imponibili.
16. Il ventesimo motivo denuncia insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia in relazione al carattere straordinario – e alla conseguente non assoggettabilità all’Irap – delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate come immobilizzazioni finanziarie.
16.1. Il ventunesimo reitera la doglianza quale violazione degli artt. 5 e 6, comma 1 bis, d.lgs. n. 446 del 1997.
16.2. I motivi sono inammissibili per difetto di autosufficienza.
Le ricorrenti contestano l’accertamento in fatto operato dalla CTR in ordine al carattere “tipico ed ordinario” delle operazioni – e, dunque, alla loro sussunzione nelle previsioni di cui all’art. 6, comma 1 bis, d.lgs. n. 447 del 1997 – contrapponendo a tale valutazione una qualificazione di “straordinarietà”, asseritamente desumibile dalle «circostanze obbiettive acquisite agli atti di causa» non considerate dal giudice d’appello, circostanze che, tuttavia, sono indicate in termini generici, omettendo ogni trascrizione dei relativi decisivi documenti e neppure curando di specificare il luogo e la sede in cui gli stessi sono stati prodotti nel corso del giudizio.
17. Il ventiduesimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 8 d.lgs. n. 546 del 1992, 6 d.lgs. n. 471 del 1992, 10 I. n. 210 del 2000 e 6 CEDU per non aver la CTR ritenuto inapplicabili le sanzioni per l’omessa dichiarazione.
18.1. Anche tale mezzo è inammissibile, non cogliendo la ratio della decisione che ha ritenuto l’insussistenza di ogni incertezza normativa e la carenza di buona fede delle società atteso che esse «sapevano che la loro residenza effettiva, ai fini fiscali, era l’Italia e non l’Olanda» e, dunque, sulla loro effettiva consapevolezza in dipendenza di specifiche scelte operative, da cui l’irrilevanza delle asserite certificazioni di residenza (comunque dedotte in difetto di autosufficienza) e della procedura amministrativa olandese.
19. Passando al ricorso incidentale, l’Agenzia delle entrate contesta, con un unico motivo, la violazione degli artt. 2697 c.c., 139, secondo comma c.p.c. e 60 d.P.R. n. 600 del 1973 quanto alla ritenuta irregolarità e nullità delle notifiche degli avvisi.
19.1. Il motivo resta assorbito dal rigetto del terzo motivo del ricorso principale.
20. In conclusione, con riguardo alle società F. Spa e W. B.V. quale incorporante di C.K. J. B.V. il ricorso principale va accolto limitatamente al diciassettesimo motivo, assorbito il diciottesimo, e rigettato per il resto, mentre il ricorso incidentale resta assorbito.
In relazione al motivo accolto, dunque, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione.
Quanto, invece, alla F. I. B.V. in proprio e quale incorporante di F. R.E. B.V. e di F. A. N.V., il giudizio va dichiarato estinto per rinuncia, con spese compensate.
P.Q.M.
dichiara estinto il giudizio quanto al ricorso proposto da F. I. B.V. in proprio e quale incorporante di F. R.E. B.V. e di F. A. N.V. per rinuncia.
Spese compensate.
Accoglie il diciassettesimo motivo, assorbito il diciottesimo, del ricorso proposto da F. Spa e W.B.V. quale incorporante di C.K. J.B.V., che rigetta per il resto, assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata nei limiti delle doglianze accolte e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Toscana in diversa composizione.
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