CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 giugno 2019, n. 16709
Tributi – TARSU / TIA – Rimborso dell’IVA addebitata
Fatti rilevanti e ragioni della decisione
Par. 1. Il Comune di Trezzo sull’Adda (MI) propone sette motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 04/19/13 del 9 gennaio 2013, con la quale la commissione tributaria regionale della Lombardia, a conferma in parte qua della prima decisione, ha ritenuto illegittimo il silenzio-rifiuto opposto dal Comune sull’istanza con la quale D. B. S. chiedeva il rimborso dell’Iva da lui pagata sulla Tarsu/Tia negli anni dal 2000 al 2005.
La commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora rileva, ha in particolare ritenuto che: – inammissibili, perché nuove, fossero le eccezioni dedotte dal Comune appellante in ordine alla affermata genericità del ricorso introduttivo del contribuente; alla non configurabilità, in materia, della fattispecie di silenzio-rifiuto impugnabile; all’intervenuta prescrizione del credito di rimborso; – l’iva in questione non fosse dovuta, come già affermato dal primo giudice, per tutte le annualità dedotte; – in conseguenza di ciò, il Comune dovesse venire condannato alla restituzione della somma di euro 8,32 ascrivibile alla annualità 2005, per la quale i relativi versamenti risultavano documentati.
Nessuna attività difensiva è stata posta in essere in questa sede dal contribuente.
Par. 2. Con il primo motivo di ricorso il Comune lamenta – ex art.360, 1A co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione degli articoli 18, 22 e 57 d.lgs. 546/92. Per avere la Commissione Tributaria Regionale omesso di accertare la genericità del ricorso introduttivo del contribuente, nonostante che tale questione (rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio) fosse stata ritualmente dedotta con l’atto di appello.
Con il secondo motivo di ricorso il Comune lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 19, 21, 22 e 57 d.lgs. 546/92. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che la richiesta di rimborso Iva concretava questione privatistica in ordine alla quale non era configurabile una fattispecie di silenzio-rifiuto autonomamente impugnabile (questione, anche questa, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado).
Con il terzo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360, 1A co. n. 4 cod.proc.civ. – nullità della sentenza per omessa pronuncia sulle eccezioni di cui ai motivi che precedono, erroneamente ritenute inammissibili dal giudice regionale.
Con il quarto motivo di ricorso il Comune deduce – ex art. 360, 1A co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione dell’articolo 57 d.lgs. 546/92. Per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto inammissibile, perché nuova, l’eccezione di prescrizione (biennale) del diritto al rimborso del contribuente, nonostante che tale eccezione dovesse essere rilevata anche d’ufficio.
Con il quinto motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360, 1° co. n. 5 cod.proc.civ. – “omessa ed insufficiente motivazione” circa un fatto decisivo per il giudizio, consistente nella sussistenza o meno del diritto al rimborso per gli anni dal 2000 al 2005. Per avere la Commissione Tributaria Regionale affermato tale diritto in maniera apodittica, senza indicarne le ragioni.
Con il sesto motivo di ricorso si deduce parimenti “omessa o insufficiente motivazione” sul fatto decisivo costituito dal difetto di giurisdizione del giudice tributario, dal momento che il diritto al rimborso – concernendo un’azione di indebito oggettivo di diritto privato – doveva essere accertato dal giudice ordinario (questione già proposta nei precedenti gradi di giudizio).
Con il settimo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 codice civile. Per avere la Commissione Tributaria Regionale affermato il diritto del contribuente al rimborso per tutte le annualità dedotte, nonostante che questi non avesse provato – salvo che per l’annualità 2005 – l’effettivo versamento dell’Iva.
Par. 3. Il sesto motivo di ricorso, di natura preliminare, non può trovare accoglimento.
Va intanto considerato che esso non è stato proposto ex art.360, 1° co. n. 1) c.p.c., bensì sotto il profilo (per più versi erroneo) della “omessa o insufficiente motivazione” sul “fatto decisivo”, erroneamente individuato non in un elemento della fattispecie, ma nella giurisdizione stessa.
In ogni caso, correttamente la commissione regionale ha ritenuto la giurisdizione tributaria, dal momento che il presente giudizio è stato proposto nei confronti dell’ente pubblico impositore e per l’impugnazione del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso proposta dal contribuente. La fattispecie, pur concretandosi in domanda di ripetizione di indebito, non può dunque ricondursi a quelle per le quali le SSUU di questa corte di legittimità hanno effettivamente affermato (sempre in tema di ripetizione dell’Iva sulla “tassa rifiuti”, ormai ritenuta pacificamente non dovuta: SSUU n.5078/16) la giurisdizione del giudice ordinario (2064/11; 27437/17 ed altre); caratterizzate dalla proposizione della domanda nei confronti direttamente dell’ente fornitore o del concessionario, ed al di fuori di un rapporto di supremazia impositiva diretto con l’ente e confluito in un provvedimento di natura amministrativa.
E’ anzi proprio sulla base di questa giurisprudenza che va qui ritenuto dirimente – a conferma della giurisdizione tributaria – la circostanza che il rapporto dedotto non avesse natura privatistica, in quanto direttamente intercorso tra l’ente pubblico ed il contribuente secondo un tipico schema di potestà-soggezione, ed infine confluito nella formazione di una volontà autoritativa (silenzio-rifiuto) suscettibile di essere rimossa ex artt.2 e 19 d.lgs. 546/92.
Le stesse considerazioni fin qui svolte denotano l’infondatezza altresì del secondo motivo dì ricorso, stante l’interesse del contribuente a rimuovere, attraverso l’esperito rimedio impugnatorio, gli effetti del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso.
Par. 4. Il primo ed il terzo motivo di ricorso sono inammissibili.
Per quanto concerne il primo motivo, va considerato che esso deduce la violazione di norme processuali (e non sostanziali, come l’improprio richiamo al n.3 dell’art. 360, 1° co. cpc farebbe pensare) la cui corretta applicazione avrebbe invece asseritamente consentito di rilevare la genericità del ricorso introduttivo. La doglianza, così come formulata, non consente tuttavia di apprezzare l’effettivo e sostanziale pregiudizio subito dal Comune per effetto della dedotta violazione, non essendo riportato, né specificamente localizzato – nell’ambito dei fascicoli di parte dei precedenti gradi del giudizio – l’atto asseritamente inammissibile per genericità; e neppure sono stati dedotti elementi specifici (obliterati dalla corte regionale) volti alla dimostrazione che tale genericità avrebbe impedito al Comune il pieno esercizio del diritto di difesa, a sua volta riconducibile alla piena ed immediata comprensione dei termini essenziali dell’istanza di rimborso Iva indebitamente versata sulla tassa rifiuti. Il che si risolve nel difetto di specificità ed autosufficienza del motivo stesso.
Per quanto concerne il terzo motivo, basterà osservare come l’assunto della “omessa pronuncia” (effettivamente deducibile ex art. 360 1° co. n.4 c.p.c.) trovi smentita in sé stesso; là dove si assume che l’errore della commissione tributaria regionale non sarebbe affatto consistito nella mancata decisione sulle istanze dedotte, bensì nella decisione (dunque non omessa) di inammissibilità per asserita ‘novità’. Profilo, quest’ultimo, per il quale vale però quanto poc’anzi osservato.
Par. 5. Il quarto motivo è infondato.
Va infatti considerato che esso è riferito ad un’eccezione di prescrizione nell’ambito di un indebito oggettivo. Come tale, questa eccezione non era rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, tra l’altro dipendendo da elementi di ordine fattuale (quali l’esecuzione del pagamento ed il formarsi dei presupposti della ripetizione) che solo la parte poteva e doveva ritualmente introdurre in giudizio: “L’eccezione di prescrizione deve sempre fondarsi su fatti allegati dalla parte ed il debitore che la solleva ha l’onere di allegare e provare il fatto che, permettendo l’esercizio del diritto, determina l’inizio della decorrenza del termine, ai sensi dell’art. 2935 c.c., restando escluso che il giudice possa accogliere l’eccezione sulla base di un fatto diverso. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inammissibile un’eccezione di prescrizione sollevata genericamente in appello senza nulla specificare in ordine al tipo di prescrizione invocata, ai fatti che ne costituivano il momento iniziale di decorrenza in base alla disciplina del tipo contrattuale e con un mero ed apodittico richiamo alle considerazioni svolte nel giudizio di primo grado)” (Cass.n. 15991/18 ed altre).
Par. 6. Parimenti infondati sono il quinto ed il settimo motivo di ricorso.
Il quinto motivo fa erroneo richiamo al vizio di “omessa o insufficiente motivazione”, nonostante l’assoggettabilità della fattispecie al diverso e più rigoroso parametro dell’”omesso esame” di cui alla formulazione dell’art. 360, l° co.n.5) c.p.c. di cui alla riforma del d.l. 83/12 conv. in l. 134/12.
In ogni caso, deve rilevarsi che la CTR – pur avendo dichiarato in via di principio l’illegittimità del silenzio rifiuto con riguardo a tutte le annualità – ha però poi limitato la condanna di restituzione, conformemente alla valutazione del quadro probatorio, alla sola annualità (2005) per la quale l’effettivo pagamento dell’Iva era stato provato dal contribuente, il quale aveva corrisposto “la somma di euro 8,32 versata in due rate rispettivamente in data 31.10.05 ed in data 29.12.05”. Non può dunque ravvisarsi né l’omesso esame di fatto decisivo, né la dedotta violazione delle regole sull’onere e sulla valutazione della prova.
Par. 7. Ne segue il rigetto del ricorso.
Nulla si provvede sulle spese, stante il mancato svolgimento di difese da parte del contribuente intimato.
P.Q.M.
– rigetta il ricorso;
– v.to l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
– dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.
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