CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 giugno 2019, n. 16750

Professionisti – Avvocato – Obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense e del versamento dei contributi – Cartelle esattoriali

Fatti di causa

1. Il Tribunale di Napoli in funzione di giudice del lavoro, con sentenze del 3 marzo 2008 e del 3 novembre 2011, rigettava le opposizioni proposte da A. C. a due cartelle esattoriali con le quali la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, tramite Equitalia Polis s.p.a., aveva chiesto il pagamento delle somme di euro 1.812,64 e 1.879,36 a titolo di contributi previdenziali relativi all’anno 2004 ed all’anno 2006-2007, oltre somme aggiuntive.

2. Entrambe le decisioni erano impugnate dal C. e la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 23 luglio 2013, riuniti i gravami, li rigettava.

3. Ad avviso della Corte territoriale e per quello ancora di rilievo in questa sede: a) la censura relativa alla nullità della sentenza resa all’udienza del 19 ottobre 2011 (depositata il 3 novembre 2011 e concernente l’opposizione alla cartella n. 07120090161990918) era infondata in quanto la motivazione della stessa era esaustiva e basata su puntuali richiami a pronunce di questa Corte sufficienti e renderle conoscibili; b) del tutto immotivata era la qualificazione data dall’appellante all’azione intrapresa quale opposizione all’esecuzione laddove il primo giudice, sul rilievo che il ricorrente stesso aveva indicato quale verosimile data di notifica della predetta cartella il 12 dicembre 2009, aveva ritenuto precluso l’esame dei motivi di opposizione trattandosi di opposizione agli atti esecutivi e, in quanto tale, proposta tardivamente con ricorso depositato solo il 15 gennaio 2010; c) comunque, la detta cartella era stata generata dal sistema informatico e recava l’indicazione del responsabile del procedimento, l’indicazione del titolo ed il contenuto della pretesa creditoria; d) nonostante la privatizzazione della Cassa permaneva il carattere pubblicistico dell’attività dalla medesima svolta e l’obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione come previsto dall’art. 1, comma 3, del d.Lgs 30 giugno 1994 n. 509 e, quindi, la possibilità di riscossione mediante ruoli; e) l’obbligatorietà della contribuzione trovava fondamento anche nell’art. 22 della legge 20 settembre 1980 n 576 e nel carattere solidaristico della previdenza forense che giustificava anche la norma di cui all’art. 4 del Regolamento (come modificato dalla delibera 28 febbraio 2004 adottata dal Comitato dei Delegati ai sensi dell’art. 2, commi 25 e 26 della L. 8 agosto 1995 n. 335 ed approvato dai Ministeri vigilanti) secondo cui non era possibile ripetere i contributi versati non utilizzabili a fini pensionistici evidenziando come la mancata erogazione della pensione, di cui si doleva il ricorrente, non escludeva la possibilità per l’iscritto di beneficiare di altre prestazioni a carico dell’ente nel corso della sua vita professionale; f) rientrava nella discrezionalità insindacabile del giudice il disporre la compensazione delle spese in luogo dell’applicazione della regola generale della soccombenza.

4. Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il C. affidato a cinque motivi cui resistono con separati controricorsi la Cassa ed Equitalia Polis s.p.a.; il C. e la Cassa hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

Ragioni della decisione

5. Con i cinque motivi di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione:

1) dell’art. 132 cod. proc. civ., avendo la Corte territoriale ritenuto legittime e valide le decisioni del Tribunale sebbene supportate da pronunce giurisprudenziali e non da dati normativi;

2) degli artt. 3 e 38 Cost., in quanto la Corte di merito aveva affermato la legittimità della pretesa creditoria della Cassa richiamando l’art. 4 del Regolamento della medesima il quale prevedeva, per gli iscritti che avessero compiuto il 65° anno di età e maturato più di cinque anni ma meno di trent’anni di contribuzione, l’erogazione di una pensione idonea a supportare le minime esigenze di vita, motivazione smentita dai fatti non avendo il ricorrente ricevuto alcunché dalla Cassa che gli aveva solo comunicato l’ammontare della pensione cui avrebbe potuto aver diritto, pari ad euro 176,47 lordi mensili;

3) degli artt. 26 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 e 7, comma 2, della L. 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto del Contribuente) essendo state entrambe le cartelle opposte spedite direttamente dal concessionario e non tramite i soggetti indicati dal citato d.P.R. n. 602/1973 ed essendo prive dell’indicazione del titolo azionato, dell’organo giurisdizionale al quale eventualmente ricorrere, dell’indicazione del termine entro cui ricorrere e delle forme di proposizione del ricorso;

4) degli artt. 17, 21 e 24 del d.Lgs 17 gennaio 1994 n.46 non potendo la Cassa, ente ormai privatizzato, formare unilateralmente senza il previo contraddittorio con l’interessato un titolo e trasmetterlo al concessionario per la riscossione;

5) degli artt. 92 cod. proc. civ., 152 disp. Att. cod. proc. civ. e del D.M. n. 127/2004 avendo la Corte d’appello erroneamente confermato la condanna alle spese di cui alla sentenza del Tribunale del 19 gennaio 2011 nonostante la omessa applicazione del tariffario Forense (essendo stata effettuata la liquidazione senza distinguere tra onorari, diritti e spese) ed in misura superiore al valore della causa.

6. Il primo motivo è infondato. Correttamente la Corte territoriale ha rilevato come le sentenze appellate fossero motivate anche con puntuali richiami a precedenti di questa Corte e ciò perché tale motivazione “per relationem” esime il giudice dallo sviluppare proprie argomentazioni giuridiche consentendo il mero richiamo al precedente specificamente individuato, anche se non ritrascritto nelle sue parti significative, di enucleare, attraverso la sua lettura in quanto conoscibile, il percorso logico giuridico seguito per pervenire alla decisione (Cass. n. 17403 del 03/07/2018; Cass. n. 11508 del 03/06/2016; Cass. n. 13708 del 03/07/2015, tra le varie).

7. Destituito di fondamento è anche il secondo motivo. L’obbligatorietà della iscrizione alla Cassa e del versamento dei contributi è stabilito dall’art. 22 della legge 20 settembre 1980 n. 576 che prevede l’iscrizione alla Cassa Nazionale soltanto a titolo “pieno”, cioè sia ai fini assistenziali che previdenziali, e tale iscrizione (facoltativa per i praticanti procuratori) riguarda tutti coloro che esercitino la professione con carattere di continuità ai sensi dell’art. 2 della legge 22 luglio 1975 n. 319, mentre restano da essa esclusi (pur avendo diritto all’assistenza) gli iscritti negli albi speciali che svolgano la professione nell’ambito di un rapporto d’impiego (Cass. ss.uu. nn. 124 e 125 del 12 gennaio 1988 seguite da numerose altre). Questa normativa che evidenzia il carattere solidaristico del sistema della previdenza forense la cui caratteristica strutturale è la mancanza di correlazione per i singoli iscritti tra oneri e vantaggi o la non sinallagmaticità dell’obbligazione contributiva con quella previdenziale che trovano il loro unico titolo nella legge ha superato il vaglio di costituzionalità (vedi Corte Cost. sentenze nn. 132 e 133 del 1984 e 167 del 1986). E’ appena il caso di osservare come del tutto inconferenti sono i rilievi contenuti nel motivo sull’ammontare della pensione che la Cassa aveva comunicato di poter erogare al ricorrente.

8. Il terzo motivo è inammissibile perché non intercetta la motivazione dell’impugnata sentenza che ha ritenuto non censurata nell’appello la statuizione del Tribunale che aveva dichiarato inammissibili le doglianze riproposte nel motivo all’esame perché integranti un’opposizione agli atti esecutivi inammissibile in quanto proposta tardivamente.

9. Il quarto motivo è del pari inammissibile limitandosi a riproporre le censure mosse nell’appello e non muovendo alcuna critica specifica alla motivazione – riportata nello storico di lite – con la quale la Corte di merito aveva rigettato, sul punto, il gravame. E, comunque, è anche infondato perché, come questa Corte ha avuto modo di chiarire << Ai sensi dell’art. 18 co.6° legge n. 576/80 la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, pur dopo essere stata privatizzata in forza del d.lgs. n. 509/94, ha il potere di riscuotere i contributi insoluti a mezzo ruoli da essa compilati secondo le norme previste per la riscossione delle imposte dirette, atteso che l’art. 17 co. 3° d.lgs. n. 46/99 stabilisce che continua ad effettuarsi mediante ruolo la riscossione delle entrate già riscosse con tale sistema in base alle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore dello stesso d.lgs.Cass. n. 21735 del 26 ottobre 2015, che ha confermato l’indirizzo consolidato sin da Cass. n. 14191 del 14/11/2001).

10. Infine, anche il quinto motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile. E’ infondato laddove denuncia la violazione dell’art. 92 cod. proc. civ. in quanto, come correttamente rilevato dalla Corte di merito, rientra nel potere discrezionale del giudice la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite in deroga al principio della soccombenza. E’ inammissibile nella parte in cui lamenta errata conferma da parte del giudice del gravame della liquidazione globale delle spese operata dal Tribunale perché non vengono specificati gli errori commessi dal giudice né” sono precisate le voci di tabella degli onorari, dei diritti di procuratore che si ritengono violate e fermo restando la discrezionalità del giudice di provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti. E’, altresì, inammissibile con riferimento alla violazione dell’art. 152 disp. Att. cod. proc. civ. in quanto ripropone il motivo di appello già rigettato dalla Corte territoriale senza muovere alcuna censura alle ragioni poste a fondamento di tale rigetto.

11. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo.

12. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%, in favore di ciascuno dei controricorrenti.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto del sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.