CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 luglio 2021, n. 20770
Tributi – Imposta di registro – Licenza amministrativa per l’esercizio del servizio taxi – Trasferimento per successione – Voltura a favore di uno dei coeredi – Obbligo di registrazione
Fatti di causa
A.P. impugnava l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni n. 2531 del 2007, notificato per la mancata registrazione del contratto di cessione della licenza per l’esercizio del servizio taxi, trasferita con disposizione dirigenziale del Comune di Napoli n. 722 del 2004, eccependo che il trasferimento era avvenuto per successione e che l’atto impugnato era carente nella motivazione circa la determinazione del valore dell’azienda.
La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con sentenza n. 369/07/2009, accoglieva il ricorso in ragione della illegittimità dei criteri adottati circa il calcolo del valore dell’azienda. L’Agenzia delle entrate appellava la pronuncia dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania che, con sentenza n. 245/51/11, accoglieva il gravame. A.P. ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo quattro motivi. L’Agenzia delle entrate si è costituiva al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, comma 1, c.p.c.
La Procura Generale della Corte di Cassazione ha concluso, con memorie scritte depositate in data 21.4.2021, chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Il ricorso, fissato all’udienza pubblica del 4 giugno 2021, è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal sopravvenuto art. 23, comma 8 bis, del d.l. n. 137 del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 41, 42 e 61 del d.P.R. n. 600 del 1973, in quanto la sentenza impugnata, in contrasto con le richiamate disposizioni, stabilirebbe erroneamente che “il trasferimento della licenza di taxi si configura alla stregua di una cessione di azienda…”. Secondo la ricorrente, tale asserzione sarebbe in contrasto con il regime delle presunzioni negli accertamenti, poiché l’Ufficio è obbligato ad esporre sulla base di quali “dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza” ha formulato tale presunzione. Se l’unico elemento conosciuto dall’Ufficio è l’atto di trasferimento emesso dal Comune di Napoli, non si potrebbe prescindere dall’istanza degli eredi di P.R. che lo ha generato, e tale istanza sarebbe una dichiarazione di responsabilità che l’Ufficio disconoscerebbe senza il supporto di alcun elemento.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 58 d.P.R. n. 917 del 1986 in quanto la disposizione dirigenziale n. 722 del 2004 evidenzierebbe che, a seguito della successione di P.R., aperta il 28.8.2003, gli eredi avevano chiesto, in data 10.2.2004, l’intestazione della licenza taxi a P.P.
Ai fini delle imposte sui redditi, il semplice trasferimento mortis causa dell’azienda non farebbe sorgere, di per sé, alcun presupposto impositivo di plusvalenze in capo agli eredi. Il presupposto della tassazione ricorrerebbe solo per cessione successiva, e non anche per l’utilizzo personale dei beni dell’azienda da parte degli eredi, atteso che nel settore delle imposte sui redditi non sarebbe possibile attribuire rilevanza alla destinazione extra impresa del bene, per mancanza nei confronti degli eredi di una “doppia soggettività tributaria” (di imprenditore e di contribuente comune).
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 52 d.P.R. n. 131 del 1986, atteso che la sentenza impugnata sarebbe carente di motivazione, in quanto l’Ufficio ha emesso l’avviso di liquidazione citando solo una pubblicazione del “S.O.” ed uno studio redatto da un ente non meglio precisato, entrambi non allegati all’atto di accertamento e non presenti in alcun fascicolo processuale. Non sarebbe, pertanto, comprensibile il motivo per il quale la Commissione Tributaria Regionale abbia deciso che una licenza taxi ha un valore di avviamento maggiore a Napoli, pari ad euro 150.000,00, rispetto a Roma dove tale valore sarebbe di euro 120.000,00.
4. Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 118 disp.att. c.p.c. e art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. atteso che la decisione impugnata, laddove respinge in toto le doglianze della contribuente, non fornirebbe la minima motivazione, nonostante la stesso avesse presentato idonea documentazione a supporto delle proprie censure. Al contrario, emergerebbe dagli atti di causa che A.P., in qualità di erede di R.P., intestatario della licenza taxi n. 2531, ha agito a tutela degli interessi personali e patrimoniali dell’asse ereditario, a mezzo dell’istanza, presentata al Comune di Napoli, del trasferimento della licenza al coerede P.P., come si evincerebbe dalla richiesta del 10.2.2004, prot. 721, allegata al ricorso per cassazione. Pertanto, la fattispecie sarebbe soggetta alla disciplina delle successioni e non a quella dell’imposta di registro.
5. Le critiche, da esaminarsi congiuntamente per connessione logica, non sono fondate per i principi di seguito enunciati.
a) La Commissione Tributaria Regionale, con la sentenza impugnata, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ha rigettato il ricorso proposto da A.P. avverso l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni, notificato il 15.5.2007, relativo alla mancata registrazione del contratto (verbale) di cessione della licenza per l’esercizio del servizio taxi, trasferita con disposizione dirigenziale del Comune di Napoli n. 722 del 2004.
Secondo l’indirizzo espresso da questo giudice di legittimità, a cui si intende dare continuità (non essendoci ragioni per discostarsene), la licenza per l’esercizio del servizio di taxi costituisce il bene essenziale e primario nell’ambito del complesso dei beni organizzati per l’esercizio dell’attività individuale di trasporto di persone (costituito dalla licenza e dall’autoveicolo avente i requisiti di legge), ed avente valore commerciale di mercato, essendo legalmente consentita la trasferibilità della licenza. Il trasferimento della licenza taxi è equiparabile a una cessione d’azienda e, pertanto, sconta l’imposta di registro alla stessa stregua dei contratti verbali di trasferimento di aziende.
Essa rientra tra i beni relativi all’impresa, diversi dai beni- ricavi, la cui cessione a titolo oneroso realizza una plusvalenza che concorre alla formazione del reddito a norma dell’art. 86, comma 1, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
La licenza amministrativa del servizio di taxi è soggetta ad una disciplina speciale stabilita dall’art. 9 della legge 15.1.1992, n. 21, che ne consente e regola la trasferibilità. Fermo restando la regola generale secondo cui una licenza amministrativa non può essere ceduta in virtù di un semplice accordo tra le parti, la norma in oggetto consente al titolare della specifica licenza di taxi di richiedere alla competente autorità comunale il trasferimento della licenza a persona, in possesso dei requisiti prescritti, da lui stesso designata (cosiddetta volturazione), qualora il titolare si trovi in una delle condizioni previste dalla norma.
Dal tenore della disposizione si evince che, verificandosi le situazioni oggettivamente accertabili descritte dalla legge, l’ente pubblico munito della potestà del rilascio della licenza è tenuto ad operare il trasferimento richiesto con la domanda di volturazione (Cass. 17476 del 2017; v. anche Cass. n. 23143 del 2017, Cass. n. 30029 del 2018).
b) Ne consegue che, ai fini del trattamento fiscale derivante dalla cessione della licenza taxi, va tenuto conto del fatto che l’attività esercitata dal tassista, in relazione al dato testuale di cui all’art. 2195, n. 3, c.c., che qualifica imprese commerciali le attività di trasporto, è di natura imprenditoriale (basata quindi sul principio di economicità).
Il tassista viene qualificato specificamente come piccolo imprenditore ai sensi dell’art. 2083 c.c. (v. Cass. n. 21123 del 2010), specificamente imprenditore artigiano, ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett.a) della l. n. 21 del 1992 (Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea l. 21 del 1992).
Questa Corte ha, altresì, precisato che la licenza taxi è un bene strumentale di natura immateriale, che finisce col cartolarizzare l’azienda, diventando presupposto strutturale ed elemento qualificante dell’esercizio dell’attività (Cass. n. 23134 del 2017).
L’esercizio del servizio di taxi costituisce un bene primario nell’ambito dei beni organizzati per lo svolgimento dell’attività individuale di trasporto di persone ed il suo trasferimento, previsto dall’art. 9 della l. n. 21 del 1993, che come si è detto consente al titolare di ottenere la c.d. volturazione da parte del Comune, a determinate condizioni ed a favore di un terzo avente i requisiti di legge, concorre alla formazione del reddito (Cass. n. 4944 del 2018, Cass. n. 24315 del 2020).
Per tali ragioni, la cessione di licenza di autoservizio pubblico non di linea si presume onerosa ed idonea a determinare una ricchezza tassabile anche ai fini dell’imposta di registro, atteso che, come si è detto tale cessione, inserita in un contesto caratterizzato dal limitato numero di licenze rilasciate dai Comuni e riguardando un bene essenziale all’esercizio dell’attività imprenditoriale, rientra tra i beni relativi all’impresa.
c) Nella fattispecie, a seguito della morte di R.P., gli eredi hanno effettuato la volturazione della licenza e favore di P.P., così trasferendo, si presume a titolo oneroso, una quota dell’impresa nell’ambito dei beni organizzati per lo svolgimento dell’attività individuale di trasporto di persone.
Ne consegue che, avendo la contribuente, mediante volturazione, ceduto la licenza da uno dei coeredi, è tenuta a pagare l’imposta di registro nella misura determinata dall’Ufficio con l’atto impositivo oggetto di impugnazione, non potendosi condividere l’assunto difensivo secondo cui il trasferimento della licenza taxi sia avvenuto mortis causa, essendo invece avvenuto successivamente ed a seguito di accordo dei coeredi, in quanto titolari prò quota iure successionis dell’azienda. Come evidenziato da questa Corte, con sentenza n. 2053 del 2017 in analoga controversia proposta da un altro coerede (P.P.): “nel caso di specie, la tassazione ad imposta di registro riguarda l’atto di trasferimento della licenza taxi, comportante, per la natura dell’attività esercitata, essendo il tassista un artigiano, cessione di azienda, ancorché avvenuta nell’ambito della successione ereditaria di P.R., a favore del coerede P.P. per rinuncia da parte degli altri coeredi. La presunzione di ordine logico — ritenuta ammissibile ex art. 41 del d.P.R, 600/73 in mancanza di elementi contrastanti il cui onere probatorio incombe sul contribuente (v. tra le tante Sez 5, sentenza n. 20708 del 3.10.2007, Rv. 600927), che nel caso di specie si è limitata a fare riferimento all’istanza di trasferimento della licenza presentata al Comune di Napoli — su cui si è basato l’accertamento dell’Ufficio, e che tale rinuncia, formalmente atto a titolo gratuito, era da qualificare negozio indiretto, attraverso il quale è stata ceduta la licenza a titolo oneroso, essendo inverosimile che tutti i coeredi abbiano rinuciato a favore di uno solo senza percepire alcunché “.
c) Va rigettato anche il terzo motivo di ricorso, dovendosi condividere le argomentazioni già espresse da questa Corte, con la pronuncia n. 2053 del 2017 sopra citata, relativa alla medesima fattispecie, secondo cui, con riferimento agli elementi di valutazione valorizzati dall’Ufficio, ossia la pubblicazione del “S.O.” e lo studio dell’Osservatorio di categoria: “trattasi, dunque, di elementi di valutazione, costituiti da specifici documenti e luoghi di informazione, che sono stati valorizzati per paragone; elementi che non hanno precluso alla parte contribuente di potersene avvalere ai fini difensivi, ben potendo consultarli e contrastarli con altri elementi di prova “(Cass. n. 2053 del 2017; conf. Cass. n. 8769 del 2017).
Quanto alle contestazioni relative alla non corretta determinazione della base imponibile con riferimento all’avviamento determinato dall’Ufficio in euro 150.000,00, le stesse non solo difettano di decisività -atteso che non risulta dalla motivazione della sentenza impugnata quali critiche alla determinazione proposta dall’Ufficio siano state prospettate dalla ricorrente nel corso del giudizio di merito (né è stato riportato in ricorso con quale atto difensivo)- ma le censure, per quanto argomentato con riferimento ai primi tre motivi di ricorso, risultano infondate, atteso che: “il merito della valutatone dell’avviamento commerciale della azienda ceduta è una questione di mero fatto e come tale sottratta al vaglio di legittimità” (v. in conformità Cass. n. 2053 del 2017).
6. In definitiva il ricorso va rigettato, atteso che la Commissione Tributaria Regionale ha fatto buon governo dei principi espressi.
Nulla va disposto per le spese di lite, in ragione del mancato utile esercizio di attività difensiva da parte intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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