CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 luglio 2022, n. 22845
Società cooperativa – Soci lavoratori – Iscrizione alla Gestione INPS per lavoratori dipendenti – Omesso versamento dell’aliquota dello 0,50% ex art. 3 L. n.92/2012 – Avviso di addebito – Legittimità
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 489 de 2019 confermava la sentenza del giudice di primo grado che aveva rigettato l’opposizione, proposta dalla U. soc. cooperativa nei confronti dell’INPS, avverso avviso di addebito relativo al pagamento di contributi, sanzioni e interessi, inerenti al versamento dell’aliquota aggiuntiva dello 0,50 per cento prevista dall’art. 3 legge n.92 del 2012, finalizzata al finanziamento del Fondo di solidarietà residuale per i lavoratori dipendenti, per i periodi ottobre-novembre 2014 e gennaio-febbraio 2015.
2. La Corte di merito, premesso che la forma di tutela previdenziale in concreto applicata (iscrizione dei soci alla gestione INPS lavoratori dipendenti) non incideva sulla qualificazione dei rapporti di lavoro ed era sottratta alla disponibilità delle parti, riteneva che non potesse gravare che sulla cooperativa, che aveva iscritto nella Gestione INPS per lavoratori dipendenti i rapporti di lavoro in questione, l’onere, nella specie non assolto, di dimostrare l’erroneità di tale iniziale iscrizione per andare assolta dalla pretesa contributiva dell’INPS, coerentemente seguita all’opzione effettuata dalla società.
3. La Corte territoriale riteneva, pertanto, pacifico in causa che i soci avessero svolto, in via continuativa, prestazioni di pulizia, facchinaggio e movimentazione merci nell’ambito degli appalti acquisiti dalla cooperativa, ponendo energie lavorative a disposizione della società che se ne avvaleva nell’ambito della propria organizzazione aziendale, ricompensando, in proporzione alla durata, le prestazioni svolte, connotate da elementarità, ripetitività e predeterminazione; escludeva, inoltre, rilevanza decisiva agli elementi addotti dalla cooperativa, a dimostrazione della prospettata autonomia delle prestazioni svolte dai soci (quali la facoltà di svolgere anche attività in proprio o in favore di terzi e di rifiutare le occasioni di lavoro loro offerte dalla cooperativa), in difetto di prova scritta di altre, eventuali e specifiche tipologie contrattuali intercorse (come rapporti di lavoro intermittenti o a chiamata),
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la U. società cooperativa, affidato a undici motivi, illustrati con memoria; l’Inps ha resistito con controricorso; il ricorso risulta notificato anche all’INPS quale procuratore speciale della SC.CI. s.p.a. ma non vi è delega conferita all’ente previdenziale anche in tale qualità ne’ il concessionario è stato litisconsorte nei gradi di merito.
Motivi della decisione
5. Con i motivi di ricorso si deduce, in sintesi, violazione o falsa applicazione dell’art. 2094 cod.civ., in ordine ai criteri distintivi della subordinazione, per avere !a Corte di merito omesso l’indagine, in concreto, dei tratti tipici della subordinazione, in aggiunta alla valutazione del contratto di lavoro, (primo motivo); violazione dell’art. 2094 cod.civ, quanto alla determinazione dei criteri generali e astratti da applicare al caso concreto al fine di qualificare i rapporto di lavoro, per essersi la Corte del gravame discostata dagli elementi identificativi del rapporto subordinato come delineati dalla giurisprudenza di legittimità (secondo motivo); violazione dell’art. 2697 cod.civ., quanto all’errata distribuzione dell’onere della prova in relazione ai fatti costitutivi dei credito previdenziale preteso dall’INPS, attore in senso sostanziale nel giudizio di opposizione ad avviso di addebito (terzo motivo): violazione dell’art. 115 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, n. 4 cod.proc.civ., per avere la Corte di merito posto a fondamento della decisione e tratto gli indici della subordinazione da un verbale ispettivo inconferente per il periodo contributivo al quale era riferito e per i soci ivi indicati, trattandosi di errore di percezione decisivo come tale censurabile in cassazione (quarto motivo); violazione degli artt. 2094 e 2697 cod.civ., in ordine alla materiale individuazione analitica, e al relativo accertamento, dei singoli rapporti di lavoro e alla prova della natura subordinata (quinto motivo): violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 e 2697 cod.civ. in punto di presunzioni semplici e onere della prova, per avere i giudici del gravarne fatto un uso vietato della presumptio presumptionis esentando l’INPS dall’onere della prova (sesto motivo); falsa applicazione dell’art. 115 cod.proc.civ. e comunque nullità processuale, violazione del diritto di difesa e manifesta illogicità della motivazione, scaturenti dalla scelta della Corte di merito di rigettare le istanze istruttorie formulate dalla cooperativa ricorrente, per poi dichiarare non provata la domanda, in violazione del diritto di difesa (settimo motivo); vizio di motivazione per la mancata ammissione delle istanze istruttorie orali dedotte su fatti decisivi ai fini del carattere autonomo dei rapporti di lavoro dei soci (ottavo motivo);
violazione dell’art. 1, secondo gomma, legge n. 142 del 2001, in ordine all’assunzione dei rischio d’impresa da parte dei soci di U. per non essersi la Corte di merito avveduta della peculiarità del rapporto di lavoro in cooperativa che, pur in aggiunta al rapporto associativo, implica, per il socio, la partecipazione alla gestione dell’impresa con assunzione del relativo rischio (nono motivo); violazione dell’art. 1, secondo comma, della legge n. 142 del 2001 cit., in tema di contratto di lavoro e attività svolta dai soci di U., per avere la Corte di merito disatteso la disposizione normativa che demanda alle parti la libertà di stabilire la sussunzione di una determinata attività al di là della semplicità o ripetitività, nell’ambito di un rapporto autonomo, subordinato o altra forma (decimo motivo);
violazione o falsa applicazione dell’art. 2094 cod.civ., per illogica utilizzazione dei parametri normativi di riferimento, per avere ipotizzato una nuova forma di subordinazione tramite l’associazione di aspetti formali (gestione amministrativa e previdenziale del rapporto) ed elementi estrinseci della prestazione consistenti nei tratti sussidiari della subordinazione, peraltro non presenti nella specie (undicesimo motivo).
6. Il ricorso è da rigettare.
7. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché invoca la violazione del principio di diritto secondo cui quando le parti, nel regolare i loro reciproci interessi, abbiano dichiarato di voler escludere l’elemento della subordinazione, non è possibile pervenire ad una diversa qualificazione del rapporto se non si dimostra che in concreto detto elemento si sia realizzato nello svolgimento dei rapporto medesimo, trascurando di considerare, tuttavia, che la Corte d’appello ha concluso per la natura subordinata dei rapporti di lavoro controversi proprio in base al contenuto e alle concrete modalità di svolgimento dei rapporti (cfr. pag. 7, primo capoverso, e ss. della sentenza), in aggiunta all’elemento presuntivo rappresentato dall’inquadramento previdenziale come «dipendenti» dei lavoratori della cooperativi per effetto dell’esercizio dell’opzione effettuata per il regime contributivo proprio del lavoro dipendente tanto comportando, alla stregua della ratio decidendi della sentenza gravata, l’onere probatorio del datore di lavoro di dimostrare la sussistenza dei presupposti di fatto dimostrativi dell’erroneità dell’iniziale opzione previdenziale.
8. E inammissibile anche il secondo motivo, con il quale si invoca la violazione di regole ai diritto ma in realtà si tende a contrastare le valutazioni di fatto del giudice di merito quanto alla natura delle prestazioni svolte dai lavoratori, alle modalità di svolgimento e di retribuzione, alla proprietà degli strumenti e de! materiale necessario alla svolgimento del lavoro, tutti elementi sui quali, come da costante giurisprudenza di questa Corte; può fondarsi a presunzione di etero-direzione e, perciò, di subordinazione della prestazione lavorativa.
9. Del pari inammissibile è il terzo motivo perché sebbene evocativo del vizio per violazione di legge contesta, in realtà, la valutazione del giudice di merito in ordine ai valore indiziario assegnato ragionevolmente, alla stregua dell’id quod plerumque accidit al fatto che la Cooperativa avesse inquadrato i propri lavoratori come «dipendenti» dal punto di vista previdenziale,
10. Il quarto, con i quale si deduce un errore percettivo decisivo, in riferimento ad un verbale di accertamenti ispettivo inconferente, quanto ai periodo contributivo e ai soci evocati ; oltre ad impingere nell’errore di fatto revocatorio rimane comunque inadeguatamente devoluto allo scrutinio di illegittimità non essendo dimostrata la decisività del verbale ispettivo asseritamente erroneo nel compendio probatorio oggetto di apprezzamento della Corte di merito.
11. Il quinto motivo compendia e medesime doglianze già proposte con i motivi precedenti a; quarto ed è pertanto inammissibile per le ragioni dianzi esposte.
12. Inammissibile è anche il sesto motivo, da un canto, perché la violazione della regola di diritto invocata (art.2729 cod.civ.) è fondata sulla contestazione dell’insindacabile accertamento di fatto del giudice di merito in ordine a durata e continuità dei rapporto, natura elementare, ripetitiva e predeterminata delle prestazioni rese dai lavoratori e orario di lavoro; dall’altro, perché si risolve in una generica contestazione al rilievo presuntivo assegnato dai giudice merito alle modalità di erogazione della retribuzione in conformità, peraltro, al consolidato orientamento della Corte,
13. Invero, la critica alla sentenza impugnata per violazione dell’art. 2729 cod. civ. non può svolgere argomentazioni dirette puramente e semplicemente a infirmare la plausibilità del ragionamento presuntivo condotto dal giudice di merito, criticando la ricostruzione del fatto che questi abbia operato ed evocando, magari, altri fatti che non risultino dalla motivazione, dal momento che ciò implicherebbe lo sconfinamento della censura dal paradigma della violazione dell’art. 2729 cod.civ. e il suo approdo nell’alveo della violazione dell’art. 360, primo comma, n.5, cod.proc.civ., nei limiti del controllo della motivazione sulla quaestio facti, siccome chiariti da Casse Sez.Un. n. 8053 del 2014 (fra tante, Cass. n. 18611 del 2021).
14. Inammissibile è anche il settimo motivo atteso che, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod.proc. civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa, fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza con la quale, per avversare la valutazione delle prove proposte dalle parti, la parte si dolga della maggior forza di convincimento attribuita ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod.proc.civ. (Cass. Sez.Un. n. 20867 del 2020).
15. Il motivo, in realtà, tende a sindacare, ancora una volta, le valutazioni in fatto dei giudice di merito e la decisione di non ammettere i capitolo di prova per irrilevanza (tacendo, peraltro, del carattere meramente valutativo).
16. Del pari inammissibile è anche l’ottavo motivo in quanto le circostanze dedotte nei capitoli di prova, oltre che in buona parte generiche e valutative non presentano, né singolarmente né complessivamente valutate, le caratteristiche dei fatto storico «decisivo» nei senso comunemente inteso da questa Corte di legittimità.
17. Nondimeno è inammissibile il nono motivo, non solo perché contesta la valutazione di fatto dei giudice di merito, in ordine all’impiego, da parte dei lavoratori, di attrezzature e materiali della Cooperativa ed il fatto che la Cooperativa li retribuisse in proporzione alla durata della prestazione, ma soprattutto per il rilievo assorbente per cui l’assunzione del rischio di impresa del socio della cooperativa non esclude il rapporto di lavoro dipendente con la società (art. 1 legge n. 142 del 2001).
18. Inammissibili sono, infine, gli ultimi due motivi (decimo e undicesimo) che si risolvono in una generica contestazione alla valutazione del giudice di merito circa la natura subordinata dei rapporti per cui è causa, senza prospettare alcun vizio di sussunzione della fattispecie concreta nell’art. 2094 cod.civ. come interpretato dalla giurisprudenza della Corte.
19. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento.
Ai sensi dell’art.13, co.1-quater d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art.13, co. 1, se dovuto.
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