CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 maggio 2018, n. 12450
Indebita fruizione degli sgravi contributivi – Verbale di accertamento INPS – Superamento della soglia per gli aiuti de minimis
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del 24 ottobre 2012, confermava la sentenza di primo grado, che aveva respinto la domanda di accertamento negativo proposta dalla D.O.R.E. s.r.l. avverso il verbale di accertamento con il quale l’INPS aveva contestato la fruizione di sgravi contributivi, nel triennio dicembre 2002-novembre 2005, per l’importo totale di euro 112.543,00, così superando la soglia per gli aiuti de minimis prevista dall’art. 2 del Regolamento CEE 12 gennaio 2001; e aveva altresì rigettato l’opposizione a cartella esattoriale, per la somma di euro 198.310,13, comprensiva delle sanzioni.
2. A fondamento della decisione la Corte territoriale sosteneva che, superato il limite del massimale indicato dal regolamento comunitario, non era consentito far luogo a detrazioni, ritenere lecito lo sgravio della minor somma di euro 100.000, indicata come limite e recuperare solo l’eccedenza, venendo diversamente meno la ratio dell’esenzione; quanto al regime sanzionatorio, che le decisioni della Corte di Giustizia e della Commissione CE facevano riferimento alla legittimità dell’applicazione degli interessi nel recupero ma non escludevano che, sulla base della normativa interna, potessero applicarsi le sanzioni, nella specie previste dall’art. 116, comma 8, lett. a) della legge n. 388 del 2000; infine, che era superfluo rilevare l’obbligo dell’INPS di richiedere il pagamento della somma indicata nel verbale, con detrazione della somma di euro 13.256,50 già versata, e documentata, dalla società.
3. Avverse detta sentenza propone ricorso D.O.R.E. s.r.I., con tre motivi; l’INPS ha resistito con controricorso; Equitalia Pragma è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
4. Con il primo motivo, deducendo violazione degli artt. 87, 88, 234 del Trattato di Roma e vizio di motivazione, la parte ricorrente si duole che la Corte di merito abbia omesso di valutare la ricorrenza, nella specie, delle condizioni per la frazionabilità del recupero, omettendo di motivare sulla questione, sollevata con il motivo di gravame, dell’autonomia dei singoli aiuti di cui la società aveva goduto nel triennio.
5. Con il secondo motivo le medesime violazioni sono reiterate sotto altri profili, assumendo che gli aiuti illegittimi debbano essere restituiti maggiorati dei soli interessi e che l’erronea applicazione di un aiuto comunitario non sia sanzionabile, trattandosi di condotta non correlata ad alcun comportamento, doloso o colposo, del datore di lavoro.
6. Con il terzo motivo, deducendo violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., la parte ricorrente si duole che sull’eccezione di pagamento della somma di euro 13.256,50 la Corte di merito si sia limitata ad argomentare in ordine al superfluo rilievo dell’obbligo di richiedere il pagamento del dovuto, detratta la predetta somma.
7. I primi due motivi del ricorso sono infondati, avendo questa Corte già avuto modo di statuire, in riferimento al regime proprio degli aiuti de minimis, che questi in tanto possono costituire una deroga al divieto degli aiuti di Stato previsto dall’art. 87 Trattato CE (ora art. 107 TFUE) in quanto siano contenuti entro la soglia fissata dall’art. 2, comma 2, Regolamento (CE) n. 69/2001 e che non si tratta di una franchigia, di cui si possa comunque beneficiare, sibbene di una soglia al di sotto della quale si presume che l’aiuto di Stato non possa comportare alcuna alterazione della concorrenza, per modo che, superata detta soglia, riacquista pieno vigore la disciplina del divieto che investe, di necessità, l’intera somma e non soltanto la parte eccedente la soglia di tolleranza a prescindere dalla circostanza che l’aiuto sia stato erogato in epoca precedente al Regolamento n. 2001/69/CE (cfr., fra le tante, Cass. 20 luglio 2017, n. 17910 e Cass. 10 luglio 2017, n. 16999).
8. Del tutto correttamente, dunque, la Corte di merito ha concluso che gli sgravi contributivi fruiti per sette lavoratori nel triennio 2002-2005 dovevano essere rifusi per intero e che il superamento della soglia aveva mutato la natura dello sgravio, non più considerabile come aiuto di importanza minore ai fini dell’applicazione della disciplina concernente gli aiuti de minimis.
9. Quanto alla questione della pluralità di aiuti, scaglionati nel tempo, concernenti ognuno singoli lavoratori, che la parte ricorrente assume di avere sottoposto al giudice del gravame, a prescindere dall’inidonea deduzione dell’error in pro cendo è assorbente il rilievo, a fronte della pretesa e reclamata autonomia di singoli aiuti fruiti, che per consolidata giurisprudenza di questa Corte il triennio comprende ogni altro aiuto pubblico accordato quale aiuto de minimis, (v., per tutte, Cass. 22 giugno 2017, n. 15491) con onere a carico del beneficiario di provare il rispetto del predetto limite in riferimento al periodo triennale decorrente dal momento del primo aiuto e comprensivo di ogni altro aiuto pubblico giacché in materia di divieti a tutela della concorrenza nell’ordinamento comunitario, l’esenzione degli aiuti di Stato d’importanza minore, il cui importo complessivo non può superare la soglia di centomila euro su un periodo di tre anni, soglia raddoppiata dall’art. 2 del regolamento (CE) n. 1998 del 2006, costituisce un’eccezione al divieto generale degli aiuti di Stato, (cfr., fra le altre, Cass. 3 maggio 2012, n. 6671).
10. Sulla sanzionabilità dell’erronea applicazione di aiuti di stato, questa Corte, con la sentenza 4 maggio 2012, n.6756, agli effetti del regime prescrizionale e delle questioni poste in quell’impugnazione di legittimità, ha rimarcato le differenze tra azione di recupero degli aiuti di stato incompatibili con il mercato comune e azione diretta al pagamento dei contributi omessi o evasi, evocando le conseguenze sanzionatorie specifiche per la seconda e il pagamento degli interessi, nei termini stabiliti dalla Commissione, sugli aiuti già ritenuti illegittimi.
11. Tuttavia, la delibazione diretta della questione posta con il ricorso ora all’esame, induce al diverso esito della sanzionalità, al fine di rimarcare l’effettività del recupero dell’aiuto illegittimo sulla base di una decisione della Commissione europea, con relativa procedura che, per quanto non disciplinata da regolamenti del Consiglio, rimane attratta dalla normativa nazionale, soggetta alla verifica della Commissione in ordine alla idoneità ed effettività della stessa, dovendo le dette sanzioni ritenersi in linea con la normativa dell’Unione, proprio perché volte a rendere effettivo il recupero in oggetto (cfr., per la sanzionabilità di aiuti di stato illegittimi in materia fiscale, Cass. 27 ottobre 2017, n. 25583).
12. L’ultimo mezzo, con la dedotta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., è meritevole di accoglimento per non avere la Corte di merito detratto quanto già versato dalla società, pur dando atto, in motivazione, dell’incontestato e documentato versamento della predetta somma, conseguendone l’accoglimento, in parte qua, del ricorso per cassazione.
13. La sentenza impugnata, che si sottrae alle censure svolte con i primi due mezzi d’impugnazione, va pertanto cassata, in parte qua, in accoglimento del terzo motivo, e per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Ancona, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso, rigettati il primo e il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Ancona.
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