CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 marzo 2018, n. 7010
Tributi – Dichiarazione dei redditi – Accertamento – Istanza di rimborso- Dichiarazione integrativa – Termini
Fatti di causa
Nella controversia scaturita dall’impugnazione da parte della A. s.p.a. (oggi W.G.I. s.p.a.) del silenzio rifiuto opposto ad istanze di rimborso delle maggiori Irpeg ed Irap versate negli anni 2001, 2002 e 2003 (e fondate su un’asserita duplicazione di imposta per non avere la Società effettuato nelle relative dichiarazioni dei redditi le corrette variazioni in diminuzione), la Commissione tributaria regionale del Veneto, con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento dell’appello della Società e in riforma della decisione di primo grado, riteneva l’illegittimità del silenzio rifiuto opposto a tutte le istanze di rimborso.
In particolare, il Giudice di appello, argomentava che, qualora (come accaduto nella specie) non fosse stata presentata, nei termini, la dichiarazione integrativa ex art. 2, comma 8 bis, del d.P.R. n. 322/1998, il contribuente, potesse recuperare l’eventuale imposta versata in eccesso mediante istanza di rimborso ex art. 38 d.p.r. 602/73. Nel merito, la C.T.R. riteneva che, dalla documentazione in atti, risultasse la correttezza dell’importo chiesto a rimborso, mentre, con riguardo all’anno 2003, affermava che l’attività di accertamento, conclusasi con una conciliazione giudiziale, riguardava altri rilievi che non influivano sull’entità della somma chiesta a rimborso.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso su quattro motivi.
La Società resiste con controricorso ulteriormente illustrato a mezzo memorie depositate ex art. 378 cod.proc.civ.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 8 bis d.p.r. 22.7.1998 n. 322 e dell’art. 38 d.p.r. n. 602/1973 laddove la Commissione regionale aveva posto a base della decisione la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte (n. 15603/2002), mentre i principi ivi affermati in materia di emendabilità della dichiarazione dei redditi, non erano applicabili al caso in esame. Secondo la prospettazione difensiva la fattispecie, comportante una modifica che incideva sull’originaria base imponibile, avrebbe dovuto essere portata a conoscenza dell’Amministrazione solo attraverso la dichiarazione emendativa ex art. 2 d.p.r. n. 322/98, nei termini previsti dal comma 8 bis e non attraverso un’istanza di rimborso.
1.1. Il contrasto giurisprudenziale creatosi in materia è stato composto dalle Sezioni Unite di questa Corte le quali con la sentenza n. 13378 del 30/06/2016 hanno statuito i seguenti principi: <<in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria>>. In particolare le Sezioni Unite, con la pronuncia citata, hanno specificato che <<l’introduzione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, non è stata accompagnata da alcuna modifica dello specifico regime dei rimborsi e la stessa lettera della norma non è per nulla incompatibile con l’autonomia del suddetto regime. L’ultimo periodo del comma 8 bis, nell’affermare che “L’eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 11), evidenzia la specificità funzionale della dichiarazione integrativa confortando, nel contempo, l’esclusiva incidenza su di essa e sui relativi effetti del termine di decadenza per essa predisposto. Ne consegue che ove il contribuente opti per la presentazione della istanza di rimborso di cui all’art. 38 cit., verrà introdotto un autonomo procedimento amministrativo (in cui la istanza di parte costituisce l’atto di impulso della fase iniziale) del tutto distinto dalla attività di controllo automatizzato – formale ed in rettifica – originato dalla mera presentazione della dichiarazione fiscale>>.
1.2. La sentenza impugnata, nel riconoscere la piena validità dell’istanza del rimborso richiesto dal contribuente con istanza ai sensi dell’art.38 d.p.r. 602/73 ha fatto, pertanto, corretta applicazione della normativa di riferimento, come interpretata dalle Sezioni Unite di questa Corte, con conseguente infondatezza della censura.
2. Con il secondo motivo la ricorrente, qualora si volesse ritenere l’istanza di rimborso equipollente ad una rituale e tempestiva dichiarazione integrativa, deduce, in subordine, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 cod.civ. e dell’art.38 d.p.r. n.602/1973 laddove la Commissione regionale aveva dichiarato la sussistenza del diritto al rimborso malgrado non fosse stata fornita prova dalla contribuente.
3. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, 1 comma, n. 5 cod.proc.civ., la sentenza impugnata di omessa o insufficiente motivazione, laddove il Giudice di appello non aveva illustrato compiutamente, a fronte delle contestazioni svolte dall’Ufficio, le ragioni per le quali aveva ritenuto provata la correttezza dell’importo chiesto a rimborso.
4.1 motivi possono trattarsi congiuntamente siccome vertenti sulla medesima questione e risolversi con il rigetto del secondo e l’accoglimento del terzo. Non sussiste, invero, la dedotta violazione di legge laddove la Commissione regionale ha, in linea con il disposto normativo, ritenuto che dalla documentazione in atti, versata dalla contribuente, risultasse ampiamente provata la correttezza dell’importo chiesto a rimborso; ma detta motivazione, apodittica, risulta affetta dai vizi denunciati con il terzo motivo, non avendo il Giudice di appello esplicitato, a fronte delle specifiche contestazioni mosse dall’Ufficio, le ragioni del suo convincimento (cfr. tra le altre, di recente, Cass. Ordinanza n.9105 del 07/04/2017).
5. Con il quarto motivo si deduce, ai sensi del n. 4, 1 comma, dell’art. 360 c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 48 e 46 d.lgs. n. 546/92 laddove, relativamente all’anno di imposta 2003, la C.T.R. aveva escluso la rilevanza della conciliazione giudiziale intervenuta tra le parti malgrado questa fosse stata totale e, quindi, ricomprendesse anche la contestazione inerente alla richiesta di rimborso.
6. La censura è inammissibile per difetto di specificità laddove con il mezzo non si riproduce, neppure per stralci, la conciliazione intervenuta tra le parti, al fine di contrastare efficacemente l’accertamento operato dal Giudice di appello il quale, al contrario, ha espressamente ritenuto la conciliazione “parziale”.
7. In conclusione, in accoglimento del solo terzo motivo, rigettati gli altri, la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, ed al regolamento delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
In accoglimento del solo terzo motivo di ricorso, respinti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.