CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 marzo 2019, n. 7946
Accertamento fiscale – Violazioni in materia di II.DD. e Iva
Fatti di causa
La vicenda deriva dalla notifica a carico del sig. C.G., alla società C.G. & f.lli s.a.s. e ai soci della ridetta società, in data 22.12.2008, di un avviso di accertamento riferito a violazioni in materia di II.DD. e Iva per l’anno 2005.
I recuperi contestati derivano da una operazione di trasformazione della C.G. & F.lli s.n.c. nell’omonima s.a.s. (avvenuta il 9.8.2004) cui ha fatto seguito (in data 19.05.2005) la cessione delle quote della ridetta società al sig. C.G. e la conseguente modificazione della ragione sociale in A. s.a.s. di G.C.. Successivamente, tal società – in data 27.05.2005 e in data 1.6.2005 – cedeva alla società A. s.p.a. gli svariati immobili costituenti il patrimonio societario, per euro 6.800.000,00 più IVA e per euro 1.360.0, 00 più Iva. Quindi, in data 27.7.2005, la A. s.a.s. era posta in liquidazione e cancellata dal registro imprese in data 27.03.2007. Secondo l’Agenzia delle Entrate, la A. s.a.s. di C.G. è soggetto interposto ai sensi dell’art. 37 bis c. 3 d.P.R. n. 600 del 1973 dalla società C.G. e f.lli s.a.s. e gli atti di cessione vengono quindi riferiti alla società interponente, in capo alla quale sono recuperate le imposte.
L’Amministrazione Finanziaria infatti, sostiene che l’interponente ha ricevuto da A. s.p.a., acquirente degli immobili ceduti, la somma di euro 790.000 come caparra per la cessione di tali beni (in data 11. 2.2005, prima della cessione delle quote al sig. C.); tal somma – alla quale sono stati aggiunti euro 390.000 dalla società C.G. & f. Ili s.a.s. in pari data – è stata utilizzata per definire senza che fosse disposta la vendita agli incanti una procedura di esecuzione immobiliare.
Dalle indagini finanziarie eseguite, secondo l’Amministrazione Finanziaria, emerge poi che A. s.p.a. avrebbe estinto debiti per complessivi euro 5.819.880,00 come segue:
– le somme di cui ai pagamenti nei confronti dalla A. s.a.s. di C.G. operati da A. s.p.a. per complessivi euro 890.624,0, effettuati con bonifici sul conto della stessa società, siano state trasferite, tramite prelievi operati lo stesso giorno di esecuzione delle operazioni di bonifico, dal sig. C.G.;
– il residuo di euro 4.905.256,00 con emissione di obbligazioni; tal somma non risulta alla data del 12.03.2008 ancora rimborsata, e dalle indagini ulteriori eseguite il sig. C.G. ha dichiarato di non essere in possesso di alcuna obbligazione;
– in data 7.6.2007 A. s.p.a. ha rimborsato obbligazioni per complessivi euro 12.000 al sig. C.G.;
– in data 6..6.2007 A. liquidata al sig. C.G. interessi su obbligazioni per euro 129.487,05; da tal somma sono prelevate in data 7.6.2007 le somme di euro 12.000 (di cui si è detto sopra) e in data 11.06.2007 di euro 110.000,00.
L’Erario invitava poi i soci della C.G. & f.lli s.a.s. a dare giustificazioni di una serie di movimentazioni finanziarie; da tale indagine emergeva tra l’altro che la somma di euro 468.000 riguardante il rimborso anticipato di obbligazioni emesse da A. s.p.a. date in pagamento al soggetto interposto era versata al sig. F.G., marito di C.M.T., una delle socie della società C.G. & f.lli s.a.s.
A corredo di tali indagini, l’Agenzia delle Entrate riportava anche svariate dichiarazioni del sig. C.G. il quale – richiesto di fornire chiarimenti in ordine alle operazioni finanziarie e imprenditoriali svolte – dichiarava in sostanza avere sempre agito su ordine di terzi oltre che in occasione dei prelievi di denaro, anche in occasione dei rapporti e dei contatti con A. s.p.a. e per quanto riguarda la tenuta della contabilità della A. s.a.s.; dichiarava inoltre di non essere a conoscenza dei dettagli delle operazioni oggetto della verifica, e di non avere alcuna competenza in materia fiscale, societaria e civilistica. In particolare, formalmente richiesto dall’Agenzia delle Entrate di fornire tutta la documentazione contabile e fiscale relativa all’anno di imposta 2005, ex art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973, non ottemperava all’invito e successivamente si presentava all’Ufficio finanziario dichiarando quanto sopra.
In forza di tutto ciò, l’Agenzia delle Entrate riteneva la A. s.a.s. mero soggetto interposto dalla società ricorrente, e considerava l’importo tratto dalle cessioni di immobili solo formalmente eseguite da A. s.a.s., in realtà realizzate dalla ricorrente, la quale o i quali soci ebbero poi a incassarne il prezzo, quale componente positivo di reddito d’impresa ai fini delle II.DD. e quale operazione imponibile a fini Iva. Tal importo, pari a euro 6.800.000,00, era quindi oggetto di analogo recupero a tassazione e imputazione ai soci della società C.G. & c. s.a.s. ai fini IRPEF in proporzione alle rispettive quote di partecipazione alla società.
La società contribuente e i soci ricorrevano alla CTP, che rigettava i ricorsi. Gli appelli dei contribuenti erano parimenti respinti dalla CTR; entrambi i giudici di merito ritenevano in sostanza che la A. s.a.s., amministrata dal sig. C.G., era stata costituita e utilizzata quale soggetto interposto a favore della C.G. & F.lli s.a.s. nell’operazione di cessione degli immobili in oggetto.
Ricorre a questa Corte il sig. C.G., sia in proprio sia quale socio accomandatario e legale rappresentante della C.G. & F. Ili s.a.s., unitamente ai sigg. ri C.M.T., C.E., C.I., soci della società ridetta, i quali censurano la sentenza impugnata con ricorso affidato a 8 motivi. Resiste l’Amministrazione Finanziaria con controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso si denuncia l’inesistenza e/o la nullità della notifica dell’avviso di accertamento alla società C.G. & F. Ili s.a.s. per violazione e falsa applicazione dell’art. 145 c. 2 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 e n. 5 in quanto erroneamente, oltre che senza fornire motivazione sul punto, la CTR ha ritenuto corretta la notifica dell’avviso di accertamento nei confronti della società ricorrente in persona dell’ultimo suo legale rappresentante in carica peraltro all’epoca della notifica già cancellata dal registro imprese, in quanto la stessa erroneamente è stata qualificata come interponente e pertanto titolare effettiva dei maggiori redditi accertati, mentre detta notifica andava invece eseguita nei confronti della A. s.a.s. (che l’Amministrazione finanziaria riteneva soggetto interposto).
Il motivo può esaminarsi congiuntamente con I’ ottavo motivo in cui si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 19, 55 d.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 per avere la CTR erroneamente ritenuto nulla la dichiarazione del soggetto interposto A. s.a.s., dichiarando inesistenti gli acquisti risultanti dalla dichiarazione IVA e disconoscendo il credito maturato, che in realtà non risulta essere soggetto autonomo rispetto alla società C.G. & c. s.a.s. dal momento che la cessione delle quote non costituisce causa di estinzione della società.
I motivi ridetti sono fondati per le ragioni che si diranno nel prosieguo e il loro accoglimento comporta l’assorbimento dei restanti motivi in quanto divenuti irrilevanti al fine del decidere.
Risulta chiaramente dalle risultanze degli accertamenti della GdF debitamente trascritte in ricorso, oltre che dagli atti di cessione di quote, come non si sia verificato alcun venir meno della continuità della vita della società, non potendo il mero mutamento di ragione sociale e la cessione delle quote produrre alcun effetto estintivo sulla società. Pertanto, sussiste l’evidente errore prima logico e poi giuridico denunciato dai ricorrenti riferito all’errata individuazione del soggetto giuridico destinatario della pretesa, che non può essere la società C.G. & c. s.a.s. in quanto interponente, non sussistendo alcun fenomeno di interposizione (che presuppone almeno formalmente la diversità soggettiva tra interponente e interposto) dal momento che sussiste continuità tra la società C.G. & c. s.a.s. e la società A. s.a.s.
Questa ultima società, che era ed è rimasta soggetto di diritto e soggetto passivo di imposta anche dopo il mutamento di ragione sociale, come comprova anche il mantenimento da parte della stessa dello stesso numero di p. iva.
Come questa Corte ha da tempo chiarito, (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9402 del 06/05/2005) il fenomeno di interposizione è connesso all’esistenza di un negozio fiduciario che si realizza mediante il collegamento di due negozi, l’uno di carattere esterno, realmente voluto e con efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno – pure effettivamente voluto – ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del primo negozio per cui il fiduciario è tenuto a ritrasferire il bene al fiduciante o ad un terzo, l’intestazione fiduciaria di titoli azionari (o di quote di partecipazione societaria); esso integra gli estremi dell’ interposizione reale di persona, per effetto della quale l’interposto acquista (a differenza che nel caso d’ interposizione fittizia o simulata) la titolarità delle azioni o delle quote, pur essendo, in virtù di un rapporto interno con l’interponente di natura obbligatoria, tenuto ad osservare un certo comportamento, convenuto in precedenza con il fiduciante, nonché a ritrasferire i titoli a quest’ultimo ad una scadenza convenuta, ovvero al verificarsi di una situazione che determini il venir meno del rapporto fiduciario.
Vera pre-condizione logica e giuridica è, in ogni caso, la (anche solo formale ma pur sempre necessaria) autonomia tra i due soggetti, che nel presente caso non sussiste stante l’irrilevanza da un lato della cessione delle quote – che non comporta estinzione della società – e d’altro canto il mantenimento della p. iva che – che conferma ulteriormente la permanenza dell’esistenza dello stesso soggetto societario.
P.Q.M.
Accoglie il primo e l’ottavo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara assorbiti gli altri motivi; decidendo nel merito accoglie il ricorso originario del contribuente; liquida le spese in euro 5.000 oltre al 15% per spese generali, CPA ed IVA come per legge.
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