CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 marzo 2019, n. 7950
Imposte dirette – IRPEF – Reddito di impresa – Operazioni non fatturate – Riscossione – Dichiarazioni fiscali
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate, dopo verifica fiscale, accertava nei confronti della società e dei soci ai sensi dell’art. 41 bis d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 c. 5 d.P.R. n. 633 del 1972 un reddito di impresa quanto alla società di euro 186.225,00, con conseguente rideterminazione del reddito ai fini IRPEF dei soci, per effetto di recupero di maggiori ricavi derivanti da operazioni non fatturate, per costi non giustificati, e per contributi POR 2000/2006 non contabilizzati, questi ultimi in dettaglio, poiché qui di interesse, per euro 128.701,00.
Quanto al recupero appena citato, l’Agenzia delle Entrate accertava che la società I. aveva richiesto e ottenuto un contributo POR per gli anni 2000-2006 per euro 129.415,00; tal contributo non era stato indicato nella dichiarazione dell’anno di riferimento. Inoltre, dopo solo quattro giorni dall’incasso, l’importo era fuoriuscito dalla società con l’emissione di quattro assegni circolari per il suo intero ammontare. La seguente verifica della GdF accertava poi che la società aveva acquistato attrezzature per euro 126.000,00 dalla società M.; acquisto ritenuto fittizio in quanto la fattura emessa dal fornitore era stata poi stornata tre giorni dopo l’emissione di quella relativa all’acquisto.
Per quanto qui di interesse, l’Ufficio contestava l’omessa imputazione e imposizione per cassa del contributo in parola, erogato in sostanza in conto capitale; la società infatti non aveva indicato in dichiarazione se non modestissimi ricavi e nessun altro componente positivo di reddito.
La contribuente impugnava l’avviso di accertamento, sostenendo che il contributo in questione era stato erogato come finanziamento a fondo perduto, quindi come tale era stato regolarmente contabilizzato, e non andava di conseguenza indicato e dichiarato tra i ricavi.
La CTP di Bari respingeva il ricorso riconoscendo al contributo in oggetto la natura di ricavo concorrente a formare il reddito secondo il principio di competenza se contributo in conto impianti, o secondo il principio di cassa se contributo in conto capitale; in ogni caso riteneva fondata la pretesa dell’Agenzia delle Entrate in quanto esso non era stato in alcun modo indicato in dichiarazione.
Appellavano i contribuenti, e la CTR Puglia riformava la sentenza di primo grado, statuendo che il contributo in .oggetto era stato correttamente indicato unicamente nello stato patrimoniale e non doveva quindi essere indicato nel conto economico; di qui la sua irrilevanza e corretta non indicazione in dichiarazione.
Ricorre l’Agenzia delle entrate con atto affidato a due motivi.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 55 TUIR (oggi art. 88 c.3 lett. B TUIR) e dell’art. 53 c. a lett. F (oggi art. 85 TUIR) nonché insufficiente ed illogica motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 e n. 5 c.p.c. per avere la CTR ritenuto illegittimamente che i contributi oggetto di contestazione dell’Agenzia delle Entrate (vale a dire il contributo in conto impianti per euro 24.584,90 e il finanziamento per euro 102.590,10) dovevano esser indicati quali poste dello stato patrimoniale e non del conto economico della società contribuente.
Il motivo è fondato; va premesso come debba distinguersi, nel vigente sistema delle imposte sul reddito d’impresa, tra contributi in conto impianti e contributi in conto esercizio, ferma in ogni caso restando la natura in capo ad entrambi di elementi positivi di reddito e – prima ancora – la natura di componenti del conto economico, che alla sez. A (valore della produzione) sub n. 5 prevede gli “altri ricavi e proventi, con separata indicazione del contributi in conto esercizio” secondo il disposto di cui all’art. 2435 bis c. 2 c.c.
I contributi in conto impianti sono contributi finalizzati all’acquisizione di beni materiali o immateriali ammortizzabili ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 102 e 103 (ex artt. 67 e 68), qualunque sia la modalità di erogazione degli stessi: attribuzione di somme in denaro, riconoscimenti di crediti di imposta o altro. Tali componenti positivi di reddito costituiscono sottospecie dei contributi in conto capitale (Cass. Civile Sent. Sez. 5 Num. 30811 Anno 2017); essi sono contributi erogati per aumentare i mezzi patrimoniali dei soggetti beneficiari, senza perciò che la loro concessione si correli all’onere dell’effettuazione di uno specifico investimento. Come già evidenziato da questa Corte (Cass. 781/2011) “la scienza economica ha individuato la ulteriore categoria del contributi misti, cioè concessi al fine generico di potenziare l’apparato produttivo, che in genere vengono qualificati quali contributi in conto capitale, in quanto mancherebbe una specifica correlazione con l’acquisto di beni ammortizzabili” e pertanto di fronte a “contributi concessi in relazione a plani di investimento complessi che comprendono sia spese di acquisizione di beni strumentali ammortizzabili, sia spese di diversa natura, sempreché non ci siano dei criteri oggettivi che consentano la ripartizione del contributo tra le varie voci, l’intero importo del contributo stesso dovrebbe essere assoggettato alla disciplina del contributi in conto capitale”. Il collegamento dei contributi ai costi (che rende operativo il criterio di competenza) emerge dalla circostanza che la norma suindicata prevede che il contributo in conto impianti debba essere necessariamente collegato all’ “acquisto di beni ammortizzabili“.
I contributi che non hanno tale caratteristica (per es. perché relativi all’acquisto di beni non ammortizzabili o per interventi su beni già ammortizzati ecc.) sono considerati plusvalenze, tassabili col criterio di cassa, e ciò è conforme alla ratio economica che ne esclude il diretto collegamento con i costi.
L’altro elementi rilevante, quale componente positivo di reddito, è costituito dai contributi in conto esercizio i quali, normalmente, sono soggetti a tassazione come componenti positivi del reddito (art. 85 TUIR, già art. 53). Non vi è dubbio che le misura che dispongono la non rilevanza di tali contributi ai fini irpeg rappresenti una agevolazione, e limitarne l’operatività al solo importo corrispondente alla copertura della perdita appare in linea con la natura delle disposizioni che prevedono agevolazioni fiscali, norme eccezionali, di stretta interpretazione e non suscettibili di estensione. Laddove, pertanto, la legge prevede tali contributi come connaturati alla copertura delle perdite ed assegna loro tale specifica finalità, appare corretto interpretare la agevolazione nel senso che la stessa opera solo nei limiti dell’ammontare della perdita stessa.
Il principio contabile OIC 12, sul punto, ora prevede che essi hanno natura integrativa dei ricavi o di riduzione dei costi, confermandone l’iscrizione nella sottosezione della voce A5 del conto economico. Analoga funzione assumono i finanziamenti a fondo perduto, per i quali non è prevista, dopo l’erogazione, alcuna obbligazione restitutoria a carico dell’impresa beneficiaria. Essi quindi consistono in erogazioni del tutto analoghe ai contributi in conto esercizio.
Quali contributi di natura finanziaria, che possono direttamente ridurre l’onere degli interessi passivi o comunque delle operazioni di finanziamento, essi vanno portati in detrazione alla voce C17 “interessi e altri oneri finanziari” o alla voce C16 “altri proventi finanziari” se rilevati in esercizi successivi a quelli di contabilizzazione degli interessi passivi.
Sia i contributi in conto capitale (e ovviamente anche il loro sottoinsieme costituito dai contributi in conto impianti) sia i contributi in conto esercizio, anche nella forma di finanziamenti a fondo perduto, quindi, sono apporti destinati generalmente a integrare i ricavi e/o a ridurre i costi della gestione caratteristica dell’impresa, o delle gestioni accessorie differenti da quella finanziaria. La loro funzione, secondo la ratio insita nella loro stessa natura e riconosciuta sia nel TUIR che nei principi contabili, è quella di ridurre i costi o incrementare i ricavi dell’esercizio.
Conseguentemente, in tal caso debbono iscriversi alla voce A5 del conto economico, quali altri ricavi e proventi, previo inserimento in una voce ad hoc.
Da ciò discende quindi con chiarezza l’erroneità della statuizione della CTR, secondo la quale si tratta di voci da appostare nello stato patrimoniale.
Questa Corte ha infatti deciso nel senso che qui si condivide (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13734 del 06/07/2016; precedentemente vedasi anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 23555 del 18/11/2015), sancendo esattamente come in tema di determinazione del reddito di impresa, sono contributi in conto capitale, e, quindi, sopravvenienze attive, quelli erogati per incrementare i mezzi patrimoniali del beneficiario, senza che la loro concessione si correli all’onere di uno specifico investimento in beni strumentali, mentre sono contributi in conto impianti, che confluiscono nel reddito sotto forma di quote di ammortamento deducibile, quelli destinati all’acquisto di beni (materiali o immateriali) strumentali.
La sentenza impugnata, quindi, ha commesso errore di diritto e deve conseguentemente essere cassata. Dalla sentenza stessa, poi, si evince come la ripresa a tassazione dell’Amministrazione finanziaria si fondasse unicamente sulla questione ora risolta, in quanto non vi sono contestazioni di sorta relative alla sottoposizione a imposizione di tali elementi secondo il principio di cassa o quello di competenza.
Pertanto, la causa può decidersi nel merito con il rigetto dei ricorsi originari dei contribuenti.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta i ricorsi originari dei contribuenti; condanna le parti soccombenti in solido tra loro a rifondere le spese che liquida in euro 7.290,00 oltre a spese prenotate a debito; compensa le spese dei gradi di merito.