CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 marzo 2019, n. 8017
Lavoro – Professionista – Importi riconosciuti a titolo d’incentivo per attività svolte in costanza di rapporto di lavoro subordinato – Elemento aggiuntivo della retribuzione – Trattenute fiscali e previdenziali
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Bologna con sentenza n. 172/16, pubblicata il sei giugno 29016, rigettava il gravame interposto da ANAS S.p.a. avverso la pronuncia del locale giudice del lavoro, che nel revocare il decreto ingiuntivo n. 3947/13, opposto dalla società, aveva però condannato quest’ultima al pagamento, in favore dell’ing. L.S., della minor somma 5675,14 euro, oltre accessori di legge anche sull’importo euro 3.301,66 euro, saldato da ANAS nelle more del procedimento monitorio, a febbraio 2014, rispetto all’intimazione di complessivi 8706,83 euro vantata dal creditore istante a titolo di differenze retributive.
La Corte bolognese, quindi, disattendeva l’impugnazione di ANAS, secondo cui la somma di danaro per il cui pagamento era stata condannata era al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali, asseritamente quindi non dovute per intero al lavoratore, all’uopo richiamando giurisprudenza varia.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione ANAS S.p.a., con un solo articolato motivo, notificato a mezzo p.e.c. in data sei dicembre 2016, in seguito illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c.
L’ing. L.S. è rimasto intimato.
Ragioni della decisione
La ricorrente ha denunciato violazione falsa e applicazione dell’art. 92 del DI. vo n. 163/2006, dell’art. 46 TUIR (DPR n. 917/1986), dell’art. 2, comma 9, della L. n. 335/1995, dell’art. 6 DI. vo n. 314/1997, nonché dell’art. 19 L. n. 218/1952, in reazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., lamentando il riconoscimento, in favore del lavoratore, del diritto a percepire l’intero importo portato dal decreto ingiuntivo a suo tempo opposto, nella misura lorda ivi intimata, sebbene poi ridotto, in parte, per effetto di quanto nelle more pagato dalla società, dunque al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali, laddove in particolare il succitato art. 92, nel prevedere l’attribuzione di un incentivo ai professionisti interni della medesima azienda appaltante, aveva elevato l’aliquota massima dell’incentivo dall’1,5% al 2%, comprendendo in tale aumento anche gli oneri previdenziali e assistenziali a carico del prestatore d’opera e del datore di lavoro (co. 5 dell’art. 92: <<… una somma non superiore al 2% dell’importo di gara di un’i’era o di un lavoro, comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’amministrazione>>).
L’impugnata sentenza di appello, tuttavia, non avrebbe considerato i doveri di sostituto d’imposta, gravanti su di essa parte ricorrente nella corresponsione delle somme a titolo d’incentivo ex cit. art. 92, assimilate ai crediti di lavoro, trattandosi di incarichi conferiti ed eseguiti in costanza di rapporto di lavoro dipendente, sicché il pagamento delle spettanze doveva considerarsi disciplinato dal testo unico sulle imposte sui redditi.
Dunque, gli importi riconosciuti a titolo d’incentivo per attività svolte in costanza di rapporto di lavoro subordinato, in quanto elemento aggiuntivo della retribuzione, andavano sottoposti alle trattenute fiscali e previdenziali.
Né assumeva rilevanza, a dire della ricorrente, il fatto che nella specie il pagamento non fosse avvenuto tempestivamente, dovendo comunque l’ANAS versare i dovuti contributi, in quanto non esonerata da ciò in base all’art. 19 della L. n. 218/52, norma che invece la Corte d’Appello aveva male interpretato ed applicato, richiamando alcuni precedenti giurisprudenza di legittimità. Il fatto che il pagamento del dovuto era avvenuto oltre la scadenza prevista non incideva sui doveri di “sostituto”, sia ai fini fiscali che previdenziali, posti a carico di parte datoriale in base alla richiamata normativa.
Le anzidette censure non appaiono fondate.
Ed invero non si discute che le somme di cui è processo, ancorché dovute a titolo di incentivo al dipendente professionista, però nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato intrattenuto con lo stesso, rivestano natura retributiva, ciò che tuttavia non assume carattere dirimente, in senso favorevole alle tesi sostenute da parte ricorrente.
Infatti, correttamente l’impugnata sentenza, che pure in modo espresso ha considerato le somme de quibus dovute a titolo di differenze retributive, ha ritenuto applicabile il principio secondo cui l’accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo sia delle ritenute fiscali, sia di quella parte delle ritenute previdenziali gravanti sul lavoratore, atteso che la determinazione delle prime attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello tributario tra contribuente ed erario, e devono essere pagate dal lavoratore soltanto dopo che il lavoratore abbia effettivamente percepito il pagamento delle differenze retributive dovutegli, mentre, quanto alle seconde, il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 19 della I. n. 218 del 1952, può procedere alle ritenute previdenziali a carico del lavoratore solo nel caso di tempestivo pagamento del relativo contributo (Cass. lav. n. 18044 del 14/09/2015. V., parimenti, Cass. lav. n. 21010 del 26/06 – 13/09/2013, secondo cui l’accertamento e la liquidazione dei crediti pecuniari del lavoratore per differenze retributive debbono essere effettuati al lordo delle ritenute fiscali, atteso che il meccanismo di queste ultime si pone in relazione al distinto rapporto d’imposta, sul quale il giudice chiamato all’accertamento ed alla liquidazione delle spettanze retributive – come pure all’assegnazione delle relative somme in sede di esecuzione forzata- non ha il potere d’interferire, restando le dette somme assoggettate a tassazione, secondo il criterio c.d. di cassa e non di competenza, soltanto una volta che saranno dal lavoratore effettivamente percepite. Cosi precisandosi, poi, in motivazione: <<Questa Corte ha, anche di recente, affermato il principio secondo cui l’accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo sia delle ritenute fiscali, sia di quella parte delle ritenute previdenziali gravanti sul lavoratore. Ed infatti, quanto a queste ultime, al datore di lavoro è consentito procedere alle ritenute previdenziali a carico del lavoratore solo nel caso di tempestivo pagamento del relativo contributo (ai sensi dell’art. 19 della legge 4 aprile 1952, n. 218); per quanto concerne, invece, le ritenute fiscali, esse non possono essere detratte dal debito per differenze retributive, giacché la determinazione di esse attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello tributario tra contribuente ed erario, e dovranno essere pagate dal lavoratore soltanto dopo che il lavoratore abbia effettivamente percepito il pagamento delle differenze retributive dovutegli Cass. n. 19790 del 28/09/2011, da ultimo sulla stessa linea cfr. Cass. n. 3525 del 13/02/2013). In motivazione, si precisa che, quanto alle ritenute fiscali, il meccanismo di queste inerisce ad un momento successivo a quello dell’accertamento e della liquidazione delle spettanze retributive e si pone in relazione al distinto rapporto d’imposta, sul quale il giudice chiamato all’accertamento ed alla liquidazione predetti non ha il potere d’interferire (Cass. 7 luglio 2008, n. 18584; Cass. 11 febbraio 2011, n. 3375); del resto, il lavoratore le vedrà assoggettate, secondo il criterio c.d. di cassa e non di competenza, a tassazione soltanto una volta che le avrà percepite, facultato oltretutto a scegliere modalità di applicazione di aliquote più favorevoli in rapporto al carattere eccezionale della fonte di reddito nel caso concreto.
Pertanto, il ricorso va respinto, peraltro senza provvedimenti in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio, visto che l’ing. S. è rimasto intimato e non ha svolto comunque alcuna difesa nel proprio interesse.
Tuttavia, avuto riguardo all’esito completamente negativo dell’impugnazione de qua, ricorrono i presupposti di cui all’art. 13, coma 1 quater, d.P.R. n. 115/02, nella specie ratione temporis applicabile.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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