CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 marzo 2022, n. 9159
Infortunio sul lavoro – Responsabilità penale del committente – Azione di regresso dell’INAIL – Presupposto
Fatti di causa
1. Il giudice di primo grado, pronunziando sul ricorso con il quale l’INAIL aveva esercitato l’azione di regresso contro F.N.i e la G.P. s.p.a. per ottenere il rimborso delle somme corrisposte ai superstiti di S.K., deceduto in conseguenza di infortunio sul lavoro, condannò il N. a rimborsare all’INAIL la somma complessiva di € 275.378,99, comprensiva degli interessi legali maturati fino al 29 aprile 2016 sui ratei di rendita e sull’assegno funerario già corrisposti dall’INAIL, oltre agli interessi maturandi dal 30.4.2016 al saldo; respinse la domanda contro la G.P. s.p.a. la quale aveva chiamato in causa A. -Le Assicurazioni di Italia s.p.a. per essere tenuta indenne dalle somme che in ipotesi fosse stata condannata a pagare all’esito del giudizio.
2. La decisione è stata confermata dalla Corte di appello di Perugia che ha respinto la impugnazione dell’INAIL intesa a censurare la decisione di primo grado per avere ritenuto non più sottoponibile a verifica giudiziale l’apporto causale della G. P. s.p.a., committente dei lavori alla ditta A. del N., datore di lavoro del K., in considerazione del definitivo accertamento in sede penale della responsabilità del solo N. nella produzione dell’evento. La Corte distrettuale ha, infatti, ritenuto che in virtù dell’art. 651 cod. proc. pen. la esclusione di ogni responsabilità penale in capo all’ ing. S., incaricato per la sicurezza del cantiere dalla società committente dei lavori appaltati al N. non consentiva di accogliere la domanda di regresso dell’istituto assicuratore nei confronti della società; ha inoltre evidenziato, in sintonia con il primo giudice, che nel ricorso introduttivo l’istituto assicuratore non aveva neppure chiaramente enunciato gli elementi da cui sarebbe dovuta emergere la responsabilità penale del legale rappresentante per il verificarsi dell’infortunio, << una lacuna di per sé ostativa all’accoglimento della domanda»;
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’INAIL sulla base di due motivi; G. P. s.p.a. ha resistito con tempestivo controricorso; F.N. non ha svolto attività difensiva Generali Assicurazioni s.p.a. non ha svolto attività difensiva.
L’INAIL e G.P. s.p.a. hanno ciascuno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso l’INAIL, deducendo violazione degli artt. 10 e 11 d. P.R. n. 1124/1965 nonché dell’art. 652 cod. proc. pen. censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che la sentenza definitiva di assoluzione in sede penale dell’ing. S., responsabile per la sicurezza nominato dalla società committente, precludeva al giudice civile di procedere all’accertamento incidenter tantum della responsabilità di quest’ultima nella produzione dell’infortunio in oggetto; la Corte di merito non aveva infatti considerato che l’assoluzione concerneva non il legale rappresentante della società o il responsabile dei lavori da essa nominato bensì un soggetto diverso dal committente e che questi era stato assolto in sintesi per difetto di causalità tra la condotta e il verificarsi dell’evento lesivo; il committente non poteva opporre all’istituto né la sentenza penale di assoluzione, «per non avere commesso il fatto», sentenza che produce i suoi effetti solo nei confronti dell’imputato, né la sentenza di assoluzione «perché il fatto non sussiste» poiché la stessa riguardava una contestazione che nulla aveva a che fare con le omissioni poste in essere dalla committente ed allegate nel ricorso per azione di regresso dall’INAIL.
2. Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 6 d.lgs n. 494/1996 nonché dell’art. 7 d.lgs n. 626 del1994, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso, nonostante le allegazioni dell’INAIL e le prove acquisite nel processo, che l’infortunio nel quale aveva preso la vita S.K. fosse causalmente ascrivibile anche alla violazione della normativa antiinfortunistica da parte della società committente.
3. Il secondo motivo di ricorso, che in ragione del rilievo dirimente collegato al suo mancato accoglimento viene esaminato con priorità, non è formulato in termini idonei alla valida censura della (autonoma) rado decidendi rappresentata dall’affermazione della Corte di merito in ordine alla mancanza di chiara allegazione da parte dell’INAIL degli elementi idonei a configurare la responsabilità penale della società, mancanza ritenuta << lacuna di per sé ostativa all’accoglimento della domanda».
3.1. Parte ricorrente, infatti, in violazione del principio di specificità del ricorso per cassazione, che risulta ora tradotto nelle puntuali e definitive disposizioni contenute negli artt. 366, comma 1, n.6 e 369, co. 2, n. 4 cod. proc. civ., ha omesso di trascrivere o esporre per riassunto il contenuto del ricorso introduttivo dell’INAIL al fine di consentire al Collegio, sulla base del solo esame del ricorso per cassazione, la verifica della congruità e logicità della motivazione resa dalla Corte di merito circa la adeguatezza ed idoneità del compendio allegatorio di primo grado a fondare l’affermazione della responsabilità penale della società quale presupposto per l’azione di regresso. La tecnica redazionale utilizzata nella illustrazione del motivo, connotata dalla trascrizione solo parziale di alcuni brani, verosimilmente riferiti all’originario ricorso, alternata a considerazioni deduttive dell’istituto ( delle quali non è dato comprendere se ed in che misura fossero state trasfuse nell’originario ricorso), non consente di verificare la completezza ed idoneità delle allegazioni in fatto e deduzioni in diritto formulate dall’INAIL nell’originario ricorso riguardo all’azione di regresso esercitata nei confronti della G.P. s.p.a.; in particolare, non sono specificate le condizioni alle quali nella originaria domanda era stata ancorata la responsabilità penale della società quale soggetto committente; neppure è chiarito se ai sensi dell’art. 7 d. lgs n. 626/1994, ricorresse un’ipotesi di appalto endoaziendale oppure vi fosse stata solo ingerenza della committente nella concreta esecuzione dei lavori appaltati (Cass. n. 11131 del 2017, Cass. n. 19132 del 2011).
4. In base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese di lite liquidate secondo soccombenza.
5. Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il a norma del comma 1 bis dell’art.13 d. P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 7.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge, con distrazione in favore dell’avv. G.R. dichiaratosi antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
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