CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 ottobre 2020, n. 22905
Tributi – Accertamento su movimenti bancari – Professionista – Presunzione compensi non dichiarati – Prelevamenti – Esclusione – Illegittimità costituzionale – Versamenti per liberalità dei genitori – Attribuzione al reddito professionale – Esclusione
Fatti di causa
1. La contribuente D. A., di professione avvocato, riceveva tre avvisi di accertamento, rispettivamente per l’anno 2003, 2004 e 2005, con cui, a seguito di un processo verbale della Guardia di Finanza basato sull’analisi dei conti correnti, le venivano attribuiti maggiori redditi ai fini Irpef ed Irap e maggior volume di affari ai fini Iva, oltre sanzioni.
2. Impugnava i tre avvisi separatamente davanti alla CTP di Messina, la quale accoglieva i ricorsi solo limitatamente alle sanzioni, applicando una sanzione unica ai sensi dell’art. 12, comma 5, del d. Igs 472 del 1997, confermando nel resto gli accertamenti.
3. La contribuente proponeva appelli, e l’ufficio, a sua volta, appelli incidentali sulla parte di decisione della CTP riguardante le sanzioni, e la CTR della Sicilia, previa riunione, disponeva consulenza tecnica per distinguere i movimenti bancari riconducibili all’attività professionale da quelli personali, riducendo, infine, i maggiori redditi per i tre anni a euro 767.839,00, ed accogliendo l’appello incidentale dell’ufficio quanto alle sanzioni.
4. Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre la contribuente sulla base di sette motivi. Resiste l’ufficio con controricorso.
Successivamente, la contribuente ha formulato istanza di prelievo e fissazione di udienza di discussione, alla luce degli sviluppi dell’esecuzione forzata condotta dall’ufficio. In vista dell’udienza odierna, ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. La causa viene chiamata all’udienza odierna a seguito dell’accoglimento delle due istanze di prelievo, in cui la contribuente ha fatto presente: nella prima del 15.11.2017, che le sono state notificate nel novembre 2017 intimazioni di pagamento per 1.900.000 euro; nella seconda, che a seguito della sentenza di primo grado, la contribuente ha ricevuto una serie di cartelle seguite da intimazioni di pagamento; le ha impugnate, ottenendo in vari casi o l’annullamento o la sospensiva.
2. Con il primo motivo la contribuente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. 600 del 1973, dell’art. 3, commi 1 e 2, dello Statuto del contribuente (legge 212 del 2000), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 5, c.p.c. Si sostiene che la nuova formulazione dell’art. 32, di cui alla legge n. 311 del 2004, che ha permesso, anche per i professionisti, che ai fini fiscali l’ufficio potesse considerare i prelievi bancari come indicativi di compensi non dichiarati, non era applicabile ai periodi di imposta 2003 e 2004.
Con il secondo motivo deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. 600 del 1973 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 5, c.p.c. La consulenza tecnica disposta dalla CTR avrebbe evidenziato che i conti correnti utilizzati ai fini dell’accertamento erano ad uso promiscuo, cioè anche ad uso personale, e la CTR non ne avrebbe tenuto conto, quanto meno per gli anni 2003 e 2004.
Con il terzo motivo deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. 600 del 1973 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 5, c.p.c. La CTR avrebbe erroneamente valutato la prova contraria offerta dalla contribuente, atteso che dall’istruttoria del giudizio di secondo grado era emerso che i maggiori compensi erano limitati alla somma di euro 201.122.
3. I primi tre motivi possono essere trattati congiuntamente, atteso che riguardano l’analisi dei conti correnti bancari e l’applicazione nel caso concreto della presunzione secondo cui i prelievi bancari possono essere considerati indicativi di compensi non dichiarati, e quindi di redditi, a carico dei professionisti.
3.1. Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo e del terzo.
La sentenza impugnata afferma chiaramente che l’accertamento si fonda anche sui prelevamenti bancari per ciascun anno, ed applica espressamente l’art. 32 nella nuova formulazione del 2004 (cioè quello che permette di qualificare i prelievi come “compensi”, e quindi reddito, per i professionisti), anche retroattivamente.
3.2. Sul punto, tuttavia, è intervenuta, successivamente alla formazione del ricorso e controricorso del presente procedimento, la sentenza n. 228 del 2014 della Corte costituzionale, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), come modificato dall’art. 1, comma 402, lettera a), numero 1), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), limitatamente alle parole «o compensi», perché si fonda su una presunzione che «è lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito».
Oggi, quindi, non solo è illegittima l’applicazione retroattiva di tale norma, ma la norma stessa – in tale specifica formulazione – è stata eliminata dal nostro ordinamento a seguito della sentenza della Corte costituzionale.
Questo dato, sopravvenuto agli atti della presente causa, fa quindi venire meno uno degli elementi portanti dell’accertamento in questione, che deve, pertanto, essere interamente rivisto alla luce della situazione determinata dalla suddetta sentenza.
4. Con il quarto motivo deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. 600 del 1973 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 5, c.p.c. La CTR avrebbe errato, e non avrebbe motivato adeguatamente nell’escludere l’importo di euro 566.717 dalle liberalità corrisposte alla contribuente dai genitori, in quanto non plausibile rispetto alle entrate degli stessi, sommando così tale importo a quello di euro 210.122 e considerando l’intera somma reddito non dichiarato.
Con il quinto motivo deduce omessa o comunque insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. Il calcolo effettuato dalla CTR per determinare il maggior reddito, e cioè l’aver sommato l’importo riconosciuto dalla consulenza tecnica quale relativa all’attività professionale (euro 201.122) con quello non riconosciuta come liberalità dei genitori (euro 566.717,60) sarebbe concettualmente errato perché la prima somma è già ricompresa nella seconda. Inoltre la sentenza non avrebbe chiarito come tale somma vada distribuita nei tre anni oggetto di accertamento.
4.1. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente atteso il tema comune, sono fondati.
In corso di causa è emerso che la stessa CTU disposta dal giudice aveva rilevato, analizzando i movimenti bancari della contribuente, che l’importo complessivo di euro 979.717,60, nell’accertamento imputato a reddito della stessa, derivava in realtà da versamenti effettuati ad essa dai genitori negli anni 2003-2005. La CTR, a fronte di questo dato, ha ritenuto che, poiché l’unica fonte di entrata dei genitori della contribuente sarebbe stato, in quegli anni, il provento della cessione di una partecipazione societaria per euro 413.000, gli stessi non avrebbero potuto versare alla figlia l’importo di euro 979.717,60 individuato dalla stessa CTU.
Ha, pertanto, considerato come liberalità dei genitori, escludendolo dal reddito della contribuente, solo l’importo di euro 413.000 ed ha considerato la differenza, pari ad euro 566.717,60, sempre quale maggior reddito, sommandola all’importo di euro 210.122 già verificato dalla CTU.
4.2. Tale ragionamento non appare corretto in primo luogo da un punto di vista logico, atteso che se la stessa CTR riconosce, come da perizia, che l’importo di euro 979.717,60 era frutto di versamenti alla contribuente da parte dei genitori, e ne riconosce quindi la fonte in un’attività non professionale o di altro tipo idonea ad essere generatrice di reddito da parte della contribuente, trattandosi infatti di una mera liberalità da terzi, non può poi, per contro, continuare a considerare un’ampia parte di tale importo come idoneo a fondare una presunzione di maggior reddito non dichiarato da parte della contribuente.
Il tutto, anche perché ritenere che i genitori della contribuente abbiano effettuato i versamenti esclusivamente con il reddito ottenuto dalla cessione di una partecipazione societaria appare riduttivo, ben potendo gli stessi avere anche provveduto con un eventuale patrimonio.
5. Con il sesto motivo deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. La sentenza sarebbe nulla perché avrebbe determinato i maggiori redditi unitariamente per i tre anni, mentre avrebbe dovuto distinguere per ciascun periodo di imposta.
Il motivo è fondato.
La CTR, a conclusione dei propri ragionamenti, determina il reddito complessivo in euro 767.839,60 (frutto della somma tra l’importo di euro 201.122, che secondo la perizia non ha trovato giustificazione dall’esame dei conti correnti, e l’importo di euro 566.717,60, rappresentante l’importo che la CTR considera non derivante dalla liberalità dei genitori perché non compatibile con il loro reddito). Tale somma, però, viene considerata cumulativamente per tutti gli anni oggetto dell’accertamento (2003, 2004 e 2005) senza distinguere in relazione a ciascuno di essi, in spregio al principio di autonomia dei periodi di imposta, ed omettendo quindi un elemento essenziale della motivazione.
6. Con il settimo motivo deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 d. Igs. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 5, c.p.c. Il motivo, attendendo alle sanzioni, è assorbito dall’accoglimento del precedente che riguarda la determinazione del reddito.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata per l’accoglimento del primo, quarto, quinto e sesto motivo, come da motivazione, e la causa deve essere rinviata alla CTR della Sicilia per il merito e la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo, quarto, quinto e sesto motivo, assorbiti il secondo, terzo e settimo.
Cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla CTR della Sicilia, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 ottobre 2020, n. 22905 - Illegittimità dell'accertamento su prelevamenti bancari nei confronti di un professionista
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 settembre 2021, n. 24152 - In tema di accertamento delle imposte sui redditi e dell'IVA, tutti i movimenti sui conti bancari del contribuente, siano essi accrediti che addebiti, si presumono, ai sensi dell'art.32,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 agosto 2020, n. 17326 - Accertamento nei confronti di un professionista fondato su movimenti bancari. In tema di accertamento tributario, rientra nel potere dell'Amministrazione finanziaria, nell'ambito della…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 dicembre 2020, n. 28157 - Con l'accertamento dei redditi con metodo sintetico, ai sensi del d.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, quarto comma la prova documentale richiesta dalla norma in grado di superare la presunzione…
- Commissione Tributaria Regionale per la Calabria sezione 3 sentenza n. 3559 depositata l' 8 ottobre 2019 - In tema di accertamento tributario tramite indagini bancarie l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto attraverso i dati e gli…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 luglio 2021, n. 19441 - Avverso l'accertamento con metodo sintetico il contribuente può produrre la prova documentale richiesta dalla norma in grado di superare la presunzione di maggiore reddito ben può essere…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…