CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 agosto 2019, n. 21615
Licenziamento – Procedura di mobilità ex lege n. 223 del 1991 – Accertamento del trasferimento di azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c.
Fatti di causa
1. L.M.R., premesso di essere ex dipendente della società S. s.p.a., di essere stato licenziato a seguito di procedura di mobilità ex lege n. 223 del 1991, che il servizio regionale di emergenza “118” dapprima gestito da S. s.p.a. era stato assunto dalla società consortile Z. s.p.a., sul presupposto della configurabilità di un trasferimento di azienda ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., nel «passaggio>> tra le due società della gestione del detto servizio, ha chiesto dichiararsi la illegittimità, con le conseguenze di cui all’art. 18 Legge n. 300/1970, del licenziamento intimato dalla prima società con prosecuzione del rapporto di lavoro alle dipendenze della società Z.
2. Il giudice di prime cure ha accolto la domanda.
3. La statuizione è stata confermata dalla Corte di appello di Catania la quale, premesso in diritto che ai fini della configurabilità del trasferimento di azienda, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., secondo una lettura coerente con la giurisprudenza comunitaria, si richiedeva esclusivamente l’identità del complesso trasferito e la sostituzione di altro soggetto nella titolarità dello stesso e non anche una cessione diretta tra l’imprenditore uscente e quello subentrante, ha ritenuto che gli elementi in atti deponevano per l’identità del complesso trasferito alla seconda società necessario all’espletamento del servizio in questione.
4. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Z. s.p.a. sulla base di due motivi; L.M.R. ha resistito con tempestivo controricorso; S. s.p.a. e Assessorato Regionale della Salute -Regione Siciliana sono rimasti intimati; la società ricorrente e L.M.R. hanno entrambi depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod.proc. civ. .
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 2112 cod. civ. , all’art. 31 d. Igs n. 165/2001, alla Direttiva comunitaria 2001/23/CE ed all’art. 2697 cod. civ.. Censura la sentenza impugnata per avere confuso due concetti distinti quali quelli del passaggio del servizio e quello del trasferimento di azienda. In questa prospettiva, assume che la non applicabilità dell’art. 2112 cod. civ. sarebbe confermata dalla natura assolutamente innovativa ed originaria dell’organizzazione aziendale della società Z. e dalla circostanza che nessun elemento dell’organizzazione S. è stato trasferito alla società Z. la quale, anche in ragione della propria qualificata compagine sociale si è dotata di un’organizzazione aziendale ed originale del tutto autonoma rispetto a quella di S.. In questa prospettiva propone una differente lettura delle circostanze già prese in considerazione dal giudice di merito, destinata in sintesi ad escludere la configurabilità di un trasferimento di azienda.
Premesso, inoltre, che la cessione di azienda è un negozio giuridico evidenzia che la relativa verifica non può prescindere dalla necessità di ricostruzione dell’elemento volitivo e che questo risultava positivamente escluso. Insiste che la normativa comunitaria – direttiva 23/2001 – richiede due elementi pacificamente assenti nella fattispecie e cioè il passaggio di titolarità di un insieme di mezzi organizzati ai fini dell’erogazione del servizio ed il fatto che tale passaggio debba avvenire a seguito di cessione contrattuale. Sotto altro profilo assume che il R., nonostante abbia indotto a supporto delle sue tesi numerosa documentazione, non ha assolto gli oneri probatori su di esso gravanti in relazione alla tipologia delle domanda. Evidenzia che gli accordi collettivi stipulati con la finalità di preservare i livelli occupazionali introducono una clausola di salvaguardia sociale concettualmente assimilabile a quanto previsto da alcuni contratti collettivi nel caso di subentro di un nuovo imprenditore in altro contratto di appalto.
2. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2105 cod. civ. censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto utilizzabile la documentazione offerta dal R. concernente documenti aziendali del quale il detto dipendente non aveva la disponibilità.
3. Il primo motivo è fondato con effetto di assorbimento del secondo motivo.
3.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte in materia di trasferimento d’azienda, la disciplina dell’art. 2112 c.c. si applica ogni qualvolta, rimanendo immutata l’organizzazione aziendale, vi sia la sostituzione della persona del titolare del rapporto di lavoro e il suo subentro nella gestione del complesso dei beni ai fini dell’esercizio dell’impresa, indipendentemente dallo strumento tecnico giuridico adottato e dalla sussistenza di un vincolo contrattuale diretto tra cedente e cessionario (cfr., tra le più recenti, Cass. 23/10/2018 n. 26808).
3.2. E’ stato, inoltre, precisato che in caso di successione di un imprenditore ad un altro in un appalto di servizi, non esiste un diritto dei lavoratori licenziati dall’appaltatore cessato al trasferimento automatico all’impresa subentrante, ma occorre accertare in concreto che vi sia stato un trasferimento di azienda, ai sensi dell’art. 2112 c.c., mediante il passaggio di beni di non trascurabile entità, nella loro funzione unitaria e strumentale all’attività di impresa, o almeno del “know how” o di altri caratteri idonei a conferire autonomia operativa ad un gruppo di dipendenti, altrimenti ostandovi il disposto dell’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 276 del 2003, non in contrasto, sul punto, con la giurisprudenza eurounitaria che consente, ma non impone, di estendere l’ambito di protezione dei lavoratori di cui alla direttiva n. 2001/23/CE ad ipotesi ulteriori rispetto a quella del trasferimento di azienda ( Cass. 23/10/2018 n. 26808; Cass. 06/12/2016 n. 24972).
3.3. Alla luce di tali principi si ritiene che la ricostruzione fattuale della vicenda operata dalla sentenza impugnata sia inidonea a sorreggere l’assunto della esistenza di un trasferimento di azienda e che, pertanto, il giudice di appello sia incorso in un difetto di sussunzione nel ricondurre la fattispecie accertata all’ipotesi dì cui all’art. 2112 cod. civ..
3.4. Occorre infatti premettere che le intrinseche caratteristiche del servizio “118”, come riconosce il medesimo giudice di appello, postulano quale elemento imprescindibile dell’organizzazione aziendale l’utilizzo delle ambulanze. Secondo quanto ricostruito dalla sentenza impugnata la società Z. era stata autorizzata a rivolgersi al mercato per il reperimento di tali mezzi ed a tal fine aveva stipulato un contratto di leasing con la società L. già fornitrice di S..
3.5 L’approvvigionamento da parte di Z. s.p.a. di tali fondamentali strumenti di espletamento del servizio mediante la stipula dì un autonomo contratto di leasing dopo ” un informale sondaggio di mercato” costituisce elemento che di per sé solo vale a spezzare ogni continuità con il complesso organizzato da S. s.p.a., restando a tal fine indifferente il richiamo, valorizzato, invece, dal giudice di appello, al fatto che l’accordo integrativo con la società precedenza stipulato con la prima società (cfr., in senso sostanzialmente conforme, Cass. n. 9150 del 2017).
4. L’accoglimento del primo motivo comporta la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la sua decisione nel merito con rigetto della originaria domanda.
5. Le spese dell’intero giudizio sono compensate in ragione della obiettiva difficoltà di qualificazione giuridica degli elementi fattuali che connotano la fattispecie in esame.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la originaria domanda . Compensa le spese dell’Intero processo.
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