CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 febbraio 2022, n. 5692
Tributi – Sospensione giudiziale della pretesa tributaria – Applicazione di interessi al periodo di sospensione
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 6368/13/2016 depositata in data 01/12/2016 la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 8161/23/15 della Commissione tributaria provinciale di Milano, la quale, a sua volta, aveva accolto il ricorso proposto dalla società M. S.p.a. avente ad oggetto la cartella di pagamento.
2. In particolare, la ripresa era dovuta a titolo di interessi calcolati a seguito della revoca della sospensione giudiziale della pretesa tributaria riconosciuta dalla CTP con ordinanza n.16/24/2012 del 18 gennaio 2012 e venuta meno per effetto della sentenza della CTP n. 644/42/2012 in data 16.12.2013-22.2.2014, che aveva parzialmente accolto il ricorso relativo a precedente cartella di pagamento IRAP 2005.
3. La CTR confermava la decisione di primo grado, facendo applicazione dell’art.29 comma 2 del d.P.R. n.602 del 1973 nel senso che solo per effetto della novella, entrata in vigore il 1 gennaio 2016, introdotta al comma 8 bis dell’art. 47 d.lgs. n.546 del 1992, veniva estesa alla sospensione giudiziale l’applicabilità degli interessi al tasso previsto per la sospensione amministrativa.
Il giudice d’appello traeva argomento per la propria determinazione dal fatto che siffatta previsione di legge non aveva valore di interpretazione autentica e non era interpretabile analogicamente, e così concludeva nel senso che sino al 31 dicembre 2015 era illegittimo applicare al periodo di sospensione giudiziale gli interessi richiesti dall’Agenzia.
5. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidato ad un unico motivo, mentre la contribuente e l’agente della riscossione sono rimasti intimati.
Ragioni della decisione
6. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia – ex art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. – deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1282 cod. civ., 39 comma 2 del d.P.R. n.602 del 1973, 47 comma 1, 7 e 8 bis del d.lgs. n.546 del 1992, per aver erroneamente il giudice d’appello negato il diritto all’applicazione degli interessi sulle somme dovute dalla contribuente al caso della sospensione della pretesa tributaria disposta giudizialmente.
7. Il motivo è fondato, nei termini che seguono. Il tema, risolto negativamente dalla CTP, riguarda l’applicabilità o meno dell’art.29 comma 2 del d.P.R. n.602 del 1973 – secondo cui sulle somme il cui pagamento è sospeso e che risultano dovute a seguito della sentenza della CTP si applicano gli interessi al tasso del 4,5% annuo – anche al caso della sospensione della pretesa tributaria disposta dall’autorità giudiziaria tributaria. Il giudice d’appello ha tratto argomento dall’entrata in vigore il 1 gennaio 2016 del comma 8 bis dell’art. 47 d. lgs. n.546 del 1992 e dal suo valore di interpretazione autentica e non interpretabile analogicamente per escludere l’applicazione di interessi al periodo di sospensione cautelare disposta dal giudice tributario.
8. Per risolvere la questione è necessario brevemente ricostruire il quadro normativa e giurisprudenziale rilevante. Innanzitutto, va rammentato che l’art. 47, comma 7, summenzionato dispone che «gli effetti della sospensione cessano dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado» e, nell’interpretare la previsione, questa Corte ha già statuito più volte l’infondatezza della tesi «secondo cui tale cessazione di efficacia non può comunque comportare il recupero degli interessi decorsi durante il periodo di sospensione», in quanto la stessa « muove dall’implicito assunto che tale sospensione abbia comunque di per sé determinato la sterilizzazione della pretesa, con riferimento ai suoi accessori, e ciò indipendentemente dal successivo esito del giudizio di merito e dunque da ogni definitiva valutazione sulla sua fondatezza» (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 23548 del 2020).
9. Inoltre, in una fattispecie non identica, ma analoga alla presente, la Sezione ha pure affermato (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1312 del 2018) con una decisione cui merita essere data continuità – mutatis mutandis – che «Non può condurre a diversa conclusione l’introduzione nel d.lgs. n. 546 del 1992, art. 47, ad opera del d.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, comma 1, lett. r), n. 4), (Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario), di un comma 8-bis a mente del quale “durante il periodo di sospensione cautelare si applicano gli interessi al tasso previsto per la sospensione amministrativa”. Tale novella, oltre a non essere applicabile alla fattispecie ratione temporis (la stessa infatti trova applicazione a decorrere dal 1 gennaio 2016, ai sensi di quanto disposto dall’art. 12, comma 1, del medesimo decreto legislativo), non può nemmeno costituire argomento per una ricostruzione della disciplina previgente nei sensi proposti dal ricorrente. L’innovazione introdotta da tale disposizione non consiste infatti nell’aver essa previsto l’applicazione, durante il periodo di sospensione cautelare, di interessi che prima, in mancanza di espressa previsione, andavano esclusi, ma solo nell’aver parificato – per evidenti esigenze di razionalità e parità di trattamento – il tasso di interesse applicabile nel detto periodo a quello che sarebbe stato da applicare laddove, anziché di sospensione giudiziale, si fosse trattato di sospensione amministrativa, ossia disposta, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 39.».
10. In altri termini, in caso di impugnazione di cartella di pagamento per interessi dovuti per il periodo di sospensione cautelare della pretesa fiscale disposta dall’autorità giudiziaria tributaria, l’applicabilità degli interessi maturati durante il periodo di sospensione cautelare discende dall’interpretazione dell’art.47 del d. lgs. n. 546 del 1992 (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 20361 de1 28/09/2020), indipendentemente dalla novella del comma 8 bis, che ha inciso solo sulla misura dell’interesse.
Si deve ritenere infatti che la pretesa di interessi da parte dell’Amministrazione finanziaria poggia sul principio generale di cui all’art. 1282, primo comma, cod. civ. secondo cui i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi d i pieno diritto in misura del tasso legale, salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente, come già condivisibilmente affermato Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15970 del 2014, senza che la sospensione giudiziale ne impedisca la maturazione.
II. Questa lettura ha trovato progressivamente consenso all’interno della Sezione, ove è stato anche affermato che la sospensione dell’esecutività della cartella esattoriale non rileva ai fini del calcolo degli interessi, i quali comunque decorrono dalla notifica della cartella, come disposto dall’articolo 30 d.P.R. n. 602 del 1973 che non è derogato nel caso di sospensione provvisoria dell’esecutività della cartella stessa (Cass. n.31786/2019).
Coerentemente con questa interpretazione è stato inoltre recentemente affermato anche che, in tema di riscossione delle cartelle di pagamento, la sospensione giudiziale ex art. 47 del d.lgs, n. 546 del 1992 non determina la necessità di una nuova iscrizione a ruolo per gli interessi nel frattempo maturati sull’importo della imposta dovuta, fondandosi tale pretesa sul principio generale di cui all’art. 1282, comma 1, cod. civ., secondo cui i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto in misura del tasso legale, salvo che la legge o il titolo disponga no diversamente (Cass. Sez. 5- , Ordinanza n. 27209 del 06/10/2021).
12. Alla luce di quanto sopra ricostruito, dev’essere dunque affermato il seguente principio di diritto: «In tema di impugnazione di cartella di pagamento per interessi dovuti per il periodo di sospensione cautelare della pretesa fiscale disposta dall’autorità giudiziaria tributaria, l’applicabilità degli interessi maturati durante il periodo di sospensione cautelare discende dall’interpretazione dell’art.47 del d. lgs. n. 546 del 1992, indipendentemente dalla novella del comma 13 bis ad opera del d.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, comma 1, lett. r), n. 4), il quale ha inciso solo sulla misura dell’interesse, in quanto la pretesa di interessi da parte dell’Amministrazione finanziaria si fonda sul principio generale di cui all’art. 1282, primo comma, cod. civ. secondo cui i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto in misura del tasso legale, salvo che la legge o il titolo dispongano diversamente.».
13. In ultima analisi la decisione assunta dal giudice d’appello non è conforme al principio di diritto che preceda e, in accoglimento del ricorso, la sentenza dev’essere cassata con rinvio alla CTR Lombardia, in diversa composizione, in relazione al profilo, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, in relazione al profilo, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.