CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 gennaio 2020, n. 1289
Tributi – Accertamento – Contraddittorio endoprocedimentale – Emissione dell’avviso prima del termine dilatorio – Condizioni – Legittimità
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 23 gennaio 2015, che, in accoglimento degli appelli proposti dalla N.S. s.p.a. a socio unico (oggi, N.S. s.r.l. a socio unico in amministrazione straordinaria) e da A.G., ha annullato l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio aveva recuperato, nei confronti della N. a socio unico s.r.l. e del suo socio, il predetto A.G., la maggiore i.v.a. asseritamente dovuta per l’anno 2009, con gli interessi maturati, e irrogato la relativa sanzione.
2. Il giudice di appello ha dato atto che il giudizio di primo grado, in cui era intervenuta la N.S. s.p.a. a socio unico, società capogruppo nell’interesse della quale era stata posta in essere la contestata attività della N. s.r.l., si era concluso con il rigetto del ricorso del liquidatore A..
2.1. Ha, poi, ritenuto che i gravami interposti da quest’ultimo e dalla N.S. s.p.a. a socio unico fossero fondati in quanto non era stato rispettato il termine dilatorio di sessanta giorni di cui all’art. 12, settimo comma, I. 27 luglio 2000, n. 212, non ricorrendo le ragioni di urgenza indicate dall’Amministrazione finanziaria (solo) nel corso del giudizio.
3. Il ricorso è affidato a due motivi.
4. Resistono i contribuenti con controricorsi separati, ma dal contenuto sostanzialmente identico.
Ragioni della decisione
1. Occorre preliminarmente evidenziare che l’intervenuto sottoposizione della N.S. s.r.l. alla procedura di amministrazione straordinaria, occorsa successivamente alla notifica del ricorso per cassazione, resa nota dai difensori della procedura medesima con atto di riassunzione, non ha rilevanza alcuna nel presente giudizio di legittimità, in quanto l’affidamento della gestione dell’impresa al commissario giudiziale non costituisce una causa di interruzione del giudizio in corso in sede di legittimità posto che in quest’ultimo, che è dominato dall’impulso d’ufficio, non trovano applicazione le comuni cause di interruzione del processo previste in via generale dalla legge (Cass., ord., 15 novembre 2017, n. 27143; Cass. 23 marzo 2017, n. 7477).
1.1. Ciò posto, con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la sentenza impugnata omesso di pronunciarsi sulla sussistenza della dedotta particolare ragione di urgenza consistente «nell’alto profilo di pericolosità fiscale [della N. s.r.l.] sottostante i meccanismi fraudolenti poste in essere».
1.2. Il motivo è infondato.
Il giudice di appello ha ritenuto, sul punto, che «non possono ritenersi sussistenti le ragioni di urgenza specificate solo in questo grado dall’Agenzia … poiché … la Società N. s.r.l. a socio unico fu cancellata dal registro delle imprese in data 25/1/2011 ossia ben prima che intervenisse l’accertamento», per cui «non si spiega perché abbia atteso tanto tempo prima di agire, o quanto meno, avrebbe dovuto spiegare perché solo diciotto mesi dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese abbia posto in essere l’accertamento».
Risulta, dunque, essersi pronunciato sulla questione controversa del rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 12, settimo comma, l. n. 212 del 2000, e sulla sussistenza delle ragioni di urgenza allegate dall’Ufficio, con motivazione che, sia pure implicitamente, nega rilevanza determinante alle circostanze fattuali indicate dall’Amministrazione finanziaria, considerando decisive le (riferite) argomentazioni logiche-giuridiche poste a fondamento della sua decisione.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, settimo comma, l. n. 212 del 2000, per aver la Commissione regionale escluso la sussistenza delle ragioni di urgenza per l’emissione dell’avviso di accertamento senza il rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni pur in presenza di una situazione di «alto profilo di pericolosità fiscale sottostante i meccanismi fraudolenti poste in essere» dalla N. s.r.l. e della repentina cancellazione della società dal registro delle imprese.
2.1. Il motivo è fondato.
In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, settimo comma, l. n. 212 del 2000, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale (così, Cass., sez. un., 29 luglio 2013, n. 18184).
Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito, la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio.
2.2. E’ stato chiarito che la disposizione normativa in esame sanziona con la nullità l’atto impositivo emesso ante tempus, senza che, ai fini della relativa declaratoria, debba essere effettuata la prova di resistenza, salvo che, limitatamente ai soli tributi armonizzati, la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa, ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione ex post sul rispetto del contraddittorio (cfr. Cass., sez. un., 9 dicembre 2015, n. 24823; vedi, successivamente, Cass. 15 gennaio 2019, n. 701).
2.3. Con specifico riferimento alle ragioni che possono consentire l’anticipazione della notifica dell’atto impositivo, questa Corte ha ritenuto che può essere sufficiente, se specificamente riferita al contribuente e al rapporto tributario controverso, l’allegazione della sua partecipazione ad una frode perpetrata ai danni dell’Erario (cfr. Cass. 7 settembre 2018, n. 21815; Cass., ord., 2 luglio 2018, n. 17211; Cass., ord., 24 giugno 2014, n. 14287; Cass. 5 febbraio 2014, n. 2587).
Tale circostanza, infatti, se dimostrata, potrebbe richiedere un’anticipata notifica dell’atto impositivo, al fine di evitare il pericolo di una perdita fiscale per l’erario o, comunque, di circoscrivere gli effetti pregiudizievoli di tale perdita, ovvero di evitare la protrazione di una condotta in essere o, comunque, la reiterazione della stessa che presenti carattere gravemente illecito, anche in considerazione dell’entità dell’importo oggetto del recupero fiscale fatto valere con l’atto notificato.
2.4. Il giudice di appello, nel ritenere insussistenti le ragioni di urgenza dedotte dall’Amministrazione finanziaria in ragione del fatto che la notifica dell’avviso di accertamento fosse intervenuta dopo la cancellazione della società contribuente dal registro delle imprese, non ha fatto corretta applicazione dei riferiti principio di diritto, omettendo di valutare se un’anticipata notifica dell’avviso di accertamento avrebbe potuto eliminare o circoscrivere il pericolo della compromissione degli interessi sottesi alle ragioni esplicitate dall’Erario, in relazione al dedotto e non smentito profilo di pericolosità fiscale derivante dai meccanismi fraudolenti asseritamente posti in essere dalla N. s.r.l.
3. La sentenza impugnata va, dunque, cassata, con riferimento al motivo accolto e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.
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