CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 giugno 2018, n. 16538
Tributi – IRPEF – Cessione di terreno edificabile – Plusvalenza – Determinazione valore imponibile – Deducibilità di costi ed oneri – Condizioni – Requisito di inerenza ed effetto incrementativo
Fatti di causa
1. L.M.G. e L.M. ricorrono con sei motivi avverso l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 70/11/10, emessa il 22/10/2010 dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione 11, depositata il 17/12/2010 e non notificata, che, in controversia concernente l’impugnativa degli avvisi di accertamento n. 885011000989/07 e n. 885011000984/07, relativi alla determinazione dell’ammontare della plusvalenza, per la quota di spettanza di ciascuno, realizzata in data 15/5/2000 con la vendita di un terreno edificatorio sito in agro di Ruvo di Puglia ed assoggettata a tassazione separata Irpef con l’aliquota 26,60%, ha accolto parzialmente l’appello dell’Ufficio, rigettando quello incidentale dei contribuenti sulle spese, avverso la sentenza della C.T.P. di Bari che, a sua volta, aveva accolto i ricorsi introduttivi dei contribuenti.
2. Con gli avvisi di accertamento impugnati dai contribuenti l’Amministrazione finanziaria aveva accertato il valore dell’imponibile, senza dedurre dalla plusvalenza i costi sostenuti e documentati e quelli non documentabili, come richiesto dai contribuenti in sede di contraddittorio nella procedura, conclusasi con esito negativo, di accertamento con adesione.
3. La C.T.P. di Bari aveva accolto i ricorsi dei contribuenti, ritenendo “inerenti ed incrementative le spese sostenute dai ricorrenti “, relative agli oneri di custodia, ai contributi versati al Consorzio di bonifica, a migliorie varie (sgombero dai rifiuti, attrezzatura a verde, recinzione, ingresso carrabile, sistemazione e cura alberi di ulivo).
4. Con la sentenza impugnata, la C.T.R. della Puglia, invece, ha escluso che la gran parte delle spese fosse deducibile, perché priva del requisito dell’inerenza e dell’effetto incrementativo del valore del bene, tanto più che il notevole importo conseguito con la vendita del fondo era da ascriversi al mutamento della destinazione, da agricola ad edificatoria.
4. A seguito del ricorso dei contribuenti, l’Agenzia delle Entrate si costituisce e resiste con controricorso.
5. I ricorrenti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1.1. Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 57 d.lgs. n.546/92, che prevede il divieto di nuove eccezioni in appello, nonché all’art. 13 D.P.R. n. 643/72, dettato in tema di INVIM e, secondo i ricorrenti, impropriamente applicato alla fattispecie in esame.
1.2. Il motivo è infondato.
1.3. Invero, non si rinviene la proposizione di nuove eccezioni nel giudizio di appello, poiché il tema dell’inerenza e della deducibilità dei costi era l’oggetto dell’impugnativa dei contribuenti avverso gli avvisi di accertamento, con cui l’Amministrazione aveva contestato specificamente il requisito dell’inerenza dei costi; sul punto l’Agenzia delle entrate fin dal primo grado aveva sostenuto l’infondatezza dell’impugnativa del contribuente, richiamando l’art. 13 D.P.R. n. 643/72, a cui, secondo l’Amministrazione, aveva fatto riferimento anche la motivazione dell’avviso di accertamento.
2.1. Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione del principio di non contestazione in relazione all’art. 115 c.p.c. e l’insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla non contestazione dei costi sostenuti dai contribuenti.
2.2. Il motivo è inammissibile.
2.3. I ricorrenti, infatti, sostengono che il giudice di appello non poteva prescindere dalla considerazione che l’Amministrazione avrebbe omesso di contestare le spese sostenute dai contribuenti.
La censura (tra l’altro chiaramente infondata, come emerge dalla semplice lettura del ricorso) non coglie la ratio della decisione, che non si basa sulla negazione del fatto che i ricorrenti abbiano sostenuto i costi di manutenzione e custodia del bene, ma sulla considerazione che tali costi, per la loro natura, non costituiscono spese incrementative deducibili ex art.68 T.u.i.r. Quel che i giudici di appello hanno negato, non è la sussistenza dei costi, ma la loro inerenza e la deducibilità ai fini della quantificazione della plusvalenza.
3.1. Con il terzo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 57 d.lgs. n.546/92, che prevede il divieto di nuove eccezioni in appello, per la contestazione dei costi sostenuti dai contribuenti.
3.2. Il motivo, per quanto non assorbito dal precedente, è inammissibile per gli stessi motivi, già esposti al punto 2.3. ed è, comunque, infondato, avendo l’Amministrazione, fin dal primo grado di giudizio, contestato la fondatezza dell’impugnativa dei ricorrenti, avverso gli avvisi di accertamento che avevano valutato come non inerenti i costi documentati dai contribuenti.
4.1. Con il quarto motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione di norme, in relazione all’art. 68 T.U.I.R. (il motivo è suddiviso in tre paragrafi, 4a, 4b e 4c, in cui i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 23 Cost. 12 preleggi e 13 D.P.R. m. 643/72).
1.2. Il motivo è complessivamente infondato.
1.3. Gli artt.67 e 68, menzionati dal giudice di appello, sono stati preceduti dai similari artt. 81 ed 82 D.P.R. n. 917/86 di analogo contenuto, per quanto di interesse. L’art. 82, comma 1, nel testo vigente all’epoca dell’atto, stabilisce: “Le plusvalenze di cui all’art. 81, comma 1, lett. a) e b) sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta, al netto dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili, e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo”. Il comma 2, inoltre, specifica che “il costo dei terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria di cui alla lettera b) del comma 1 dell’art. 81 è costituito dal prezzo di acquisto aumentato di ogni altro costo inerente”, mentre, per la diversa ipotesi di terreni acquistati per effetto di successione o donazione, il “prezzo di acquisto” è dato dal valore dichiarato o liquidato, “aumentato di ogni altro costo successivo inerente”.
Con l’ordinanza n. 17595/2011, questa Corte ha avuto modo di chiarire che, “premesso che il prezzo di acquisto od il costo di costruzione deve essere incrementato dei soli costi inerenti al bene, (…) sono a tal fine rilevanti le spese incrementative. Per spese incrementative, in giurisprudenza, s’intendono “quelle spese che determinano un aumento della consistenza economica del bene o che incidono sul suo valore, nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo”. Non possono, quindi, essere incluse tra le spese incrementative quelle che non apportano maggior consistenza o maggior valore all’immobile, perché attengono solo alla manutenzione e/o alla buona gestione del bene”.
In base alla normativa vigente all’epoca dell’atto ed alla citata giurisprudenza di questa Corte, dalla quale il Collegio non ritiene di doversi discostare, sono costi inerenti al bene, in quanto tali deducibili ai fini della determinazione della plusvalenza tassabile, solo quelli che attengono al costo di acquisto (spese notarili, di mediazione, imposte di registro, ipotecarie e catastali, cioè i costi inerenti al prezzo di acquisto, ex art.82 comma 2 T.u.i.r.) o che si risolvono in aumento di valore del bene, perdurante al momento in cui si verifica il presupposto impositivo (ad esempio, le spese sostenute per liberare l’immobile da oneri, servitù ed altri vincoli, oppure le spese che abbiano determinato un aumento della consistenza economica del bene).
D’altro canto, non rientrano negli oneri deducibili le spese che attengono alla normale gestione del bene e che non ne abbiano determinato un aumento di valore, perdurante al momento in cui viene realizzata l’operazione imponibile.
L’onere della prova della deducibilità del costo grava sul contribuente, che deve dimostrare, non solo di aver sostenuto le spese, ma anche la loro inerenza ed il carattere incrementativo del valore del bene.
La sentenza impugnata risulta aver fatto corretta applicazione di tali principii senza aver violato le norme del Tuir (artt. 67 e 68, rectius 81 ed 82), né l’art.13 D.P.R. n. 643/72, dettato in tema di INVIM.
In relazione a tale ultimo articolo, deve rilevarsi che l’Amministrazione (già nelle controdeduzioni di primo grado) ha fatto riferimento alla normativa in materia di INVIM; tale riferimento è stato ripreso dai giudici di appello, con una funzione esplicativa del concetto di inerenza a favore dei contribuenti e di cui i ricorrenti non hanno alcuna ragione di dolersi.
Come rilevato dai giudici di appello, i ricorrenti non hanno alcun interesse a dolersi del richiamo all’art.13 D.P.R. n. 643/72, poiché “la sua funzione meramente esplicativa del concetto di spesa incrementativa comporta il sostanziale allargamento della sfera di deducibilità dei costi nella determinazione della plusvalenza, fino a ricomprendervi anche le spese indicate nella precitata disposizione normativa”.
5.1. Con il quinto motivo, i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 68 T.U.I.R. e l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’indeducibilità di spese documentate ed inerenti, quali le spese di custodia, i costi di contribuzione al Consorzio di bonifica e i costi per le migliorie apportate al fondo con opere permanenti.
5.2. Il motivo è infondato.
5.3. Sulla violazione di legge vale quanto già detto esaminando il precedente motivo di ricorso.
Per quanto riguarda la censura ex art.360, comma 1, n.5 c.p.c., la C.T.R. della Puglia risulta aver sufficientemente e coerentemente motivato su tutti i costi analiticamente dedotti dal contribuente, escludendone la deducibilità, ritenendo che alcuni di essi attenevano a spese di manutenzione ordinaria e normale gestione del fondo (spese di custodia e costi di contribuzione al consorzio) ed altri non erano indicativi di un incremento di valore del fondo, perdurante al momento della vendita (spese per le opere indicate nell’atto di transazione sindacale intervenuta con tale C.G., di cui la C.T.R. ha escluso la deducibilità per la genericità ed indeterminatezza, nonché la mancanza di idonea documentazione di supporto).
Il ragionamento della C.T.R. è sicuramente sufficiente a palesare l’iter logico seguito dai giudici e non evidenzia contraddizioni censurabili in sede di legittimità.
6.1. Infine, con il sesto motivo, i ricorrenti deducono l’insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della causa, nonchè la violazione del principio di eguaglianza dell’onere contributivo e del principio delle spese inerenti non documentabili.
6.2. Il motivo non è fondato.
6.3. Preliminarmente si rileva l’inconferenza del richiamo all’accertamento dell’Agenzia delle Entrate di Trani nei confronti di un’altra comproprietaria del fondo, sorella dei ricorrenti, per la quale la stessa Agenzia avrebbe riconosciuto la deducibilità di 4 milioni di vecchie lire, a titolo di spese incrementative non documentabili, sostenute durante il periodo di possesso del fondo. Tale accertamento fa riferimento ad una diversa contribuente, per una diversa porzione di fondo, e non può ritenersi estensibile ai ricorrenti.
Inoltre, il giudice di appello, proprio per garantire una sostanziale parità di trattamento tra i comproprietari, ha riconosciuto applicabile anche nei confronti dei ricorrenti l’art. 18, comma 4, D.P.R. n.643/72, sulla deducibilità delle spese non documentabili (applicato per analogia dall’Agenzia delle Entrate di Trani nell’accertamento nei confronti della sorella R., estranea al presente giudizio), consentendo la deduzione dei costi non documentati, sostenuti dai contribuenti entro il 1 gennaio 1973, come previsto dal suddetto art.18.
I ricorrenti, quindi, non possono dolersi della suddetta limitazione, derivante dall’applicazione della norma da essi stessi invocata al fine di ottenere il riconoscimento della deducibilità dei costi inerenti al bene e non documentabili.
7.1. Atteso il rigetto del ricorso, i ricorrenti devono essere condannati in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle Entrate controricorrente, secondo la liquidazione effettuata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle Entrate, spese che liquida in euro 4.100,00 oltre eventuali spese prenotate a debito.
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