CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 ottobre 2021, n. 29691
Tributi – IRPEF – Accertamento sintetico – Indici di maggiore capacità contributiva – Prova contraria – Mancata esibizione, in fase procedimentale, nella risposta al questionario – Produzione in sede contenziosa – Legittimità
Fatti di causa
1. La Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Lombardia ha rigettato l’appello del contribuente avverso due sentenze della Commissione tributaria provinciale di Milano che, a loro volta, avevano rigettato i ricorsi di G.C. contro altrettanti avvisi di accertamento che ricostruivano con metodo sintetico, ai fini dell’Irpef, i redditi del contribuente, rispettivamente per il 2007 e per il 2008, sulla base della disponibilità di un immobile e di un’autovettura BMW, e degli incrementi patrimoniali del periodo 2006/2011.
2. La C.T.R., riunite le cause connesse, ha rigettato la doglianza del contribuente secondo cui l’ufficio non aveva considerato la rilevanza dei redditi del coniuge e le donazioni e i finanziamenti (di euro 16.000,00 e di euro 2.000,00) dei familiari che avevano consentito gli incrementi patrimoniali, sul rilievo che, in fase procedimentale, nella risposta al questionario inviatogli dall’Amministrazione finanziaria (“A.F.”), egli aveva dichiarato di non usufruire di altri redditi e di beni provenienti da atti di liberalità. Ha attribuito valenza sintomatica al possesso della BMW malgrado il modesto utilizzo che il contribuente asseriva di averne fatto; ha reputato sufficientemente motivati i tre avvisi (compreso quello per il 2006, anch’esso separatamente opposto, ma a differenza degli altri due annullato dalla Commissione provinciale), notificati contestualmente al contribuente, che davano atto dello scostamento tra reddito accertato e reddito dichiarato per più di un quarto per ciascuna delle tre annualità (2006, 2007, 2008). Ha ritenuto inammissibile, perché nuovo, il motivo relativo al mancato apprezzamento, da parte del fisco, dell’evoluzione normativa in tema di accertamento sintetico, a prescindere dalla circostanza che, comunque, le modifiche apportate dall’art. 22, del d.l. n. 78 del 2010, all’accertamento sintetico non valevano per le annualità 2007 e 2008.
3. Il contribuente ricorre con quattro motivi, illustrati con una memoria, e l’Agenzia resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso [«1. Violazione art. 360 co. 1 n. 3 e n. 5 con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 38 d.p.r. n. 600/73 e ss.mm.11. e agli artt. 24 e 58 dlgs 546/1992 e ss.mm.ii. – Sull’errore di giudizio inerente la corretta interpretazione del regime di decadenza ex art. 32 dpr 600/73 e ss.mm.ii. – Sulla violazione degli artt. 3, 24, 97, 101, 111, 113 Cost. – Sullo omesso esame di atti e/o fatti di giudizio controversi e rilevanti ai fini del decidere.»], il ricorrente censura l’errore di diritto della C.T.R. che ha escluso che egli potesse giustificare, in sede contenziosa, la provenienza dei propri redditi, senza considerare che una simile preclusione si verifica nell’ipotesi di mancata risposta al questionario o in presenza di uno specifico comportamento dell’interessato che si “sottrae alla prova” ossia all’esibizione di atti e documenti in risposta all’invito dell’ufficio. Evenienza, questa, nella specie non verificatasi in quanto il ricorrente aveva puntualmente compilato e trasmesso il questionario ricevuto dall’A.F. Da una diversa angolazione giuridica, si critica l’omesso esame, da parte della C.T.R., del riscontro che egli aveva fornito all’ufficio inoltrando il questionario correttamente compilato. In via subordinata, ove si reputi corretta la rigorosa interpretazione delle disposizione del quarto e del quinto comma dell’art. 32, d.P.R. n. 600 del 1973, adottata dal giudice di merito, il contribuente prospetta, sotto vari profili, questione di legittimità costituzionale delle stesse norme a causa dell’irragionevolezza della preclusione in punto di utilizzo, in sede processuale, di atti non esibiti in fase precontenziosa sebbene il giudizio tributario consenta la produzione di nuovi documenti.
1.1. Il primo motivo è fondato nei seguenti termini.
È fondata la prima delle tre critiche, con assorbimento delle altre.
La C.T.R. ha escluso tout court la facoltà del ricorrente di provare con produzioni documentali in giudizio l’irrilevanza fiscale delle fonti dei propri redditi per avere omesso di farlo, tempestivamente, in fase procedimentale, nella risposta al questionario. Una simile esegesi dell’art. 32, d.P.R. n. 600 del 1973, non è condivisibile alla luce della giurisprudenza sezionale, cui va data continuità, che ha reiteratamente affermato che «In tema di accertamento, l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa solo ove l’amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale richiesta degli stessi, accompagnata dall’avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, e che il contribuente ne aveva rifiutato l’esibizione, dichiarando di non possederli, o comunque sottraendoli al controllo, con uno specifico comportamento doloso volto ad eludere la verifica.» (Cass. 21/03/2018, n. 7011). Si è infatti chiarito (cfr. Cass. 12/04/2017, n. 9487, in motivazione) che il divieto di utilizzo in sede giudiziaria di documenti non esibiti in sede amministrativa costituisce un limite all’esercizio dei diritti di difesa e dunque si giustifica solo in presenza del rifiuto di una documentazione specificamente richiesta dagli agenti accertatori. Si ammette bensì che il divieto di utilizzare documenti scatti «non solo nell’ipotesi di rifiuto (per definizione doloso) dell’esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga all’ispezione i documenti in suo possesso, ancorché non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto (dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative ecc.) e, quindi, per colpa» (Cass. 26/03/2009, n. 7269). Sempre secondo Cass. n. 9487/2017 «La detta sanzione però, in conformità alla lettera della legge, esige che sussista una specifica richiesta degli agenti accertatori, non potendo costituire «rifiuto» la mancata esibizione di un qualcosa che non venga richiesto (Cass. 14/10/2009, n. 21768; Cass. 19/04/2006, n. 9127).». Nel caso di specie, non risulta che vi sia stata una specifica richiesta degli accertatori, alla quale il contribuente abbia opposto un rifiuto. Quest’ultimo non si è sottratto alle richieste dell’ufficio, esplicitate tramite l’invio del questionario, ma piuttosto, nella compilazione del questionario (in parte riprodotto nel ricorso), ha omesso di indicare la provenienza di beni da atti di liberalità e non ha fornito, secondo le testuali parole del questionario, «Altre giustificazioni suscettibili di apprezzamento da parte dell’Ufficio». Le risposte al questionario, generiche e tutto sommato imprecise, tuttavia, non integrano il rifiuto d’esibizione di documentazione specificamente richiesta dall’ufficio e quindi non sono di ostacolo a che il contribuente esplichi compiutamente tutte quante le proprie difese nel giudizio tributario, mediante la produzione dei documenti dei quali egli ravvisi la rilevanza sul piano fiscale.
2. Con il secondo motivo [«2. Violazione art. 360 co. 1 n. 5 con riferimento allo omesso esame di atti e/o fatti di giudizio controversi e rilevanti ai fini del decidere – Omessa corretta valutazione delle risposte del contribuente al questionario inviato dall’Agenzia delle entrate.»], il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere fatto applicazione del regime decadenziale dell’articolo 32, senza valutare che il contribuente, rispondendo al questionario, aveva dimostrato un comportamento del tutto collaborativo, che preclude la sanzione della inutilizzabilità della documentazione prodotta in fase contenziosa.
2.1. Il motivo è assorbito dall’accoglimento del motivo precedente.
3. Con il terzo motivo [«3. Violazione art. 360 co. 1 n. 3 e n. 5 con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e art. 23, 25, 27, 28 e 29 d.p.r. 663 del 1972 – Violazione art. 38 d.p.r. 600/73 – Sulla erroneamente ritenuta legittimità dell’accertamento circa il bene “automobile B.T.”.»], il ricorrente si duole della sentenza impugnata che, nella parte in cui ha stimato irrilevante l’esiguo costo del carburante dell’autovettura, ha disatteso le disposizioni in tema di apprezzamento delle presunzioni semplici che, nella specie, erano state vinte dal contribuente tramite l’allegazione di spese di mantenimento inferiori rispetto a quanto presunto dalle tabelle contenute nell’avviso di accertamento.
3.1. Il complesso motivo è inammissibile.
Le doglianze in esso contenute, a causa del generico, cumulativo riferimento alla violazione e falsa applicazione di norme di diritto e al vizio motivazionale, risultano «coacervate» ben oltre i limiti stabiliti dalle Sezioni unite (Cass. Sez. U. 06/05/2015, n. 9100).
4. Con il quarto motivo [«4. Violazione art. 360 n. 3 con riferimento all’art. 38 dpr 600/73, all’art. 7 legge 212/2000 e all’art. 3 legge 241/90 e ss.mm.ii. – Sull’erroneità della statuizione di rigetto della censura di difetto di motivazione degli avvisi di accertamento.»], il ricorrente ascrive alla sentenza impugnata di non avere rilevato il difetto di motivazione degli avvisi, i quali recano tutti la medesima ed erronea motivazione circa un presunto scostamento per i periodi d’imposta 2006-2008, ma non contengono alcun specifico riferimento al (presunto) scostamento relativo a ciascuna delle tre distinte annualità, 2006, 2007 e 2008, che vengono considerate, illegittimamente, in maniera unitaria e non autonoma.
4.1. Il motivo è inammissibile.
Il rilievo critico pecca d’autosufficienza, per il mancato assolvimento, da parte del contribuente, dell’onere di trascrivere, nel ricorso per cassazione, sia pure sinteticamente, nelle loro parti essenziali, ovvero di localizzare, rispetto alle produzioni dei gradi di merito, o altrimenti allegare, ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., gli avvisi di cui si assume il difetto di motivazione, sicché la Corte non è posta nella condizione di verificare ex actis la medesima doglianza esclusivamente mediante l’esame del ricorso.
5. In definitiva, accolto il primo motivo, assorbito il secondo, ed inammissibili il terzo e il quarto motivo, la sentenza è cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo motivo, dichiara inammissibili il terzo e il quarto motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio.
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