CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 agosto 2018, n. 21036
Sanzione disciplinare – Insubordinazione – Disservizi all’organizzazione aziendale
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda con la quale V.V. aveva chiesto l’annullamento della sanzione disciplinare costituita dalla sospensione, per tre giorni, dall’attività lavorativa e dalla retribuzione, irrogatagli dalla datrice di lavoro, R.R.T.I. s.p.a.
1.1. Ha ritenuto il giudice di appello che dalla istruttoria espletata ed, in particolare, dalle dichiarazioni del teste V., emergeva che il V., inquadrato come documentatore di primo livello del c.c.n.l. applicabile, si era rifiutato di effettuare l’attività ordinatagli dal superiore e cioè reperimento e consegna di un CD musicale richiestogli da un giornalista; tale condotta integrava in sé un’insubordinazione, avvalorata dalla pretestuosità delle ragioni addotte dal dipendente il quale aveva sostenuto che la consegna del CD esulava dai compiti propri della sua qualifica rientrando in quelli di mera manovalanza; risultava, inoltre, provata la prospettazione al superiore L. di denunzia – querela per aggressione, prospettazione configurante minaccia di un male ingiusto, stante l’assenza di riscontri alla aggressione che il V. asseriva di avere subita; la negligente collaborazione del dipendente, il quale se si fosse diligentemente impregnato nella ricerca del CD musicale – impegno che rientrava nella sua attività di documentatore – lo avrebbe facilmente reperito e potuto consegnare al giornalista come avevano poi fatto i superiori – aveva sicuramente creato disservizi all’organizzazione aziendale di talchè le condotte addebitate risultavano riconducibili in via analogica alle ipotesi contemplate dalla disciplina collettiva; in particolare, il comportamento minaccioso travalicava i limiti della semplice scorrettezza ed era equiparabile al comportamento offensivo (sanzionabile con la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione da uno a tre giorni) se non ingiurioso (sanzionabile da sette a dieci giorni). Osservava infine il giudice di appello che l’eccezione di carenza di immediatezza del procedimento disciplinare era stata superata dal Tribunale e sul punto l’appellato non aveva mosso alcuna censura nel costituirsi.
2. Per la cassazione della decisione V.V. ha proposto ricorso sulla base di tre motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso.
2.1. Parte ricorrente ha depositato documentazione relativa alle notifica a controparte della comunicazione di avvenuto decesso, nelle more, del V. .
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, cod. proc. civ., dell’art. 2104, commi 1 e 2, cod. civ. e dell’art. 2106 cod. civ., censurando la configurazione quale insubordinazione del rifiuto a effettuare l’attività di ricerca e consegna del CD. Assume che tale affermazione è frutto della non corretta valutazione delle risultanze istruttorie, posto che tale richiesta non proveniva da un superiore e che il CD in oggetto non era stato reperito nell’ufficio del V. ma in quello dei consulenti musicali, settore nel quale il V. non avrebbe mai potuto andare a ricercarlo. Contesta, inoltre, la riconducibilità del compito richiesto alle mansioni di documentatore di primo livello riconosciute in altro giudizio. Censura, infine, la configurabilità di una condotta minacciosa nella prospettazione della denunzia -querela per aggressione ed a tal fine riferisce delle vicende relative al procedimento penale originato dalla querela, della lettera di scuse inviatagli dal L. e dell’assegno da questi corrisposto a titolo di risarcimento del danno, che assume attestati da documenti che riconosce come non prodotti, evidenziando che gli stessi sono comunque riconosciuti e menzionati negli atti difensivi della controparte. In merito all’aggressione richiama documentazione del pronto soccorso. Contesta, infine, la riconducibilità delle condotte alle ipotesi sanzionate dalla disciplina collettiva.
2. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 7 Legge 20/05/1970 n. 300, ribadendo la eccezione di tardività della contestazione pervenuta al V. solo in data 8.9.2009 a fronte di contestazioni relative a fatti verificatisi ben tre mesi prima; in questa prospettiva assume la violazione del principio di buona fede nell’esercizio del potere disciplinare.
3. Con il terzo motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 28 e 29 del c.c.n.l. 16.7.2007, censurando, in sintesi, la sentenza impugnata per avere ritenuto che la negligente collaborazione del V. nella ricerca del CD e l’avere negato la sua disponibilità alla consegna dello stesso, avevano determinato disagi e disservizi nell’organizzazione aziendale. Assume che dalle dichiarazioni dei testi escussi non risultava che il V. aveva tenuto un contegno offensivo nei confronti del V. e del L. e sostiene che comunque dall’istruttoria dibattimentale non erano emersi ritardi e disservizi. Evidenzia che la Corte d’appello, a proposito delle condotte ritenute giustificative, alla stregua delle previsioni collettive della sanzione applicata, aveva fatto riferimento ad un testo che non compariva né nell’art. 28 né nell’art. 29 delle norme disciplinari del c.c.n.I., e che asseriva essere semplicemente ripetitivo tout court delle deduzioni della R. formulate nell’atto di appello della società.
4. Il primo motivo di ricorso è infondato. Secondo il condivisibile orientamento di questa Corte una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. 27/12/2016 n. 27000). Le censure articolate con il motivo in esame, incentrate sulla prospettazione, mediante richiamo alle emergenze della prova orale, di una possibile diversa ricostruzione del fatto, esulano, quindi, dall’ambito della violazione di norme di diritto, pur formalmente denunziata, e si sostanziano, in realtà, nella denunzia di un vizio di motivazione, inammissibile in quanto articolato con modalità non conformi al testo attualmente vigente dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. risultante dalla modifica introdotta dall’art. 54, primo comma, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83 convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, per essere la sentenza impugnata stata pubblicata in epoca successiva al 10 settembre 2012. A riguardo è sufficiente osservare, come, nel caso in esame, difetti la stessa indicazione del fatto storico, il cui esame è stato omesso, oggetto di discussione tra le parti, di rilievo decisivo al fine della diversa ricostruzione in fatto degli accadimenti sostenuta dal ricorrente (Cass. Sez. Un. 07/04/2014 n.8053). Le circostanze tratte dalle deposizioni testimoniali, valorizzate dal ricorrente al fine di una diversa ricostruzione del fatto, sono state implicitamente prese in considerazioni dal giudice di appello che a tali testimonianze ha fatto espresso rifermento; infine, le circostanze evocate mediante rinvio agli esiti del giudizio penale non valgono ad inficiare la ricostruzione fattuale degli accadimenti alla base della sentenza impugnata per la dirimente considerazione che, secondo quanto ammesso dal ricorrente medesimo, la documentazione relativa non è stata prodotta nel giudizio di merito, restando del tutto ininfluente, stante il divieto di novum di cui all’art. 437 cod. proc. civ., l’asserita conoscenza di tali atti da parte della società datrice. Infine, privo di rilievo è l’assunto della inconfigurabilità della insubordinazione nell’ipotesi di rifiuto ad adempiere compiti che si assumono estranei alla qualifica attribuita, alla luce del costante insegnamento di questa Corte secondo il quale l’eventuale adibizione a mansioni non rispondenti alla qualifica rivestita può consentire al lavoratore di richiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell’ambito della qualifica di appartenenza, ma non autorizza lo stesso a rifiutarsi aprioristicamente, e senza un eventuale avallo giudiziario, di eseguire la prestazione lavorativa richiestagli, in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartito dall’imprenditore, ex artt. 2086 e 2104 cod.civ., da applicarsi alla stregua del principio sancito dall’art. 41 Cost. e può legittimamente invocare l’art. 1460 del cod.civ., rendendosi inadempiente, solo in caso di totale inadempimento dell’altra parte (Cass. 16/01/2018 n. 834; Cass. 20/07/2012 n. 12696; Cass. 19/12/2008 n. 29832; Cass. 05/12/2007 n. 25313).
5. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. Le censure articolate risultano, infatti, inconferenti rispetto alla effettiva ragione, di natura processuale, alla base della statuizione del giudice di secondo grado che ha ritenuto precluso l’esame nel merito della questione relativa al difetto di immediatezza della contestazione non avendo l’interessato reiterato in seconde cure la relativa eccezione. Parte ricorrente prescinde del tutto da tale affermazione avendo incentrato le proprie doglianze esclusivamente su profili attinenti al merito.
6. Il terzo motivo di ricorso, laddove denunzia violazione e falsa applicazione del contratto collettivo, risulta inammissibile in quanto articolato con modalità non coerenti con la prescrizione dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. la quale esige che il ricorrente per cassazione, che intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha, nel rispetto delle norme previste dall’art. 366 cod. proc. civ.,comma 1, n. 6, (a pena di inammissibilità) e dall’art. 369 cod. proc. civ. ,comma 2, n. 4 (a pena di improcedibilità del ricorso), il duplice onere, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o di parte. (v. tra le altre, Cass. 12/12/2014, n. 26174). E’ stato altresì precisato con specifico riguardo al motivo di ricorso fondato sugli accordi e contratti collettivi che nel giudizio di cassazione, l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella formulazione di cui al d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – può dirsi soddisfatto solo con la produzione del testo integrale del contratto collettivo, adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 cod. civ.; né, a tal fine, può considerarsi sufficiente il mero richiamo, in calce al ricorso, all’intero fascicolo di parte del giudizio di merito, ove manchi una puntuale indicazione del documento nell’elenco degli atti (v. tra le altre, Cass. 04/03/2015 n. 4350). Parte ricorrente si è sottratta a tali oneri posto che non ha allegato l’avvenuto deposito del testo del contratto collettivo in relazione alle norme pattizie di riferimento nelle fasi di merito; tantomeno ha precisato di avere depositato il testo integrale del detto contratto, non soccorrendo, al fine di ritenere assolti gli oneri surrichiamati, il mero riferimento alla produzione di controparte (v. pag. 5 ricorso per cassazione), in assenza di specificazioni relative al fatto che si trattava del testo integrale del contratto collettivo e che le norme ivi riportate corrispondevano a quelle effettivamente concordate tra le parti collettive, precisazione quest’ultima necessaria alla luce della prospettata difformità ascritta alla sentenza impugnata tra il contenuto delle previsioni considerate dal giudice di appello- artt. 28 e 29 c.c.n.1.- in ordine alle condotte disciplinarmente rilevanti e quelle effettivamente corrispondenti al testo del contratto collettivo applicabile (v. pag. 30 ricorso per cassazione).
6.1. Parimenti inammissibili le ulteriori deduzioni sviluppate con il motivo in esame in quanto sostanzialmente intese a sollecitare direttamente un diverso apprezzamento di fatto del materiale probatorio, apprezzamento precluso al giudice di legittimità (Cass. 4/11/2013 n. 24679, Cass. 16/12/2011 n. 2197, Cass. 21/9/2006 n. 20455, Cass. 4/4/2006 n. 7846, Cass. 7/2/2004 n. 2357).
7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna alle spese della parte soccombente.
8. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 03 settembre 2019, n. 22014 - Nel regime dell'indennità di buonuscita spettante ai sensi degli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032/1973 al pubblico dipendente che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 9121 depositata il 31 marzo 2023 - La competenza per l'applicazione delle sanzioni disciplinari "minori" in capo al dirigente dell'ufficio presso cui il lavoratore presta servizio, ai sensi del d.lgs. n. 165 del 2001,…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 31645 depositata il 14 novembre 2023 - Quando il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, ex art. 3 della legge n. 604 del 1966, sia determinato dalla necessità di procedere alla soppressione del…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 20 maggio 2019, n. 13536 - Nel regime dell'indennità di buonuscita spettante, ai sensi del d.P.R. 29 dicembre 1973 n.1032, artt. 3 e 38 al pubblico dipendente, che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 16619 depositata il 12 giugno 2023 - Nel regime dell'indennità di buonuscita spettante ai sensi degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, al pubblico dipendente, che non abbia conseguito la qualifica di…
- Consiglio di Stato, Sezione Terza, sentenza n. 2070 depositata il 28 febbraio 2023 - Richiedere il dispositivo di più recente immissione in commercio – in assenza di ulteriori e più perspicue indicazioni - significa richiedere la versione del…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…