CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 gennaio 2019, n. 1775
Tributi – Reddito di impresa – Finanziamento erogato da ente pubblico (ex Cassa del Mezzogiorno) – Somme utilizzate per la realizzazione di gare infrastrutturali – Interessi attivi maturati sul conto di deposito bancario – Ricavi imponibili
Fatti di causa
A. C. S. Spa impugnava gli avvisi di accertamento per gli anni 2003 e 2004 per Irpeg (Ires per il 2004), Iva ed Irap con cui l’Agenzia delle entrate rideterminava il reddito d’impresa in base ad una pluralità di rilievi, recuperando a tassazione costi non inerenti e non deducibili per l’utilizzo non corretto dei Fondi svalutazione crediti e interessi, nonché per la locazione di impianti e fabbricati, ricavi non dichiarati per interessi attivi derivanti da finanziamenti pubblici per la realizzazione di opere di acquedotto e per aggi non fatturati, nonché costi non di competenza.
La Commissione tributaria provinciale di Avellino accoglieva il ricorso quanto ai rilievi n. 3 (costi non inerenti per locazione di impianti e fabbricati), n. 5 (ricavi non dichiarati per aggi) e, in parte, n. 6 (costi non di competenza limitatamente ad alcune fatture).
La Commissione tributaria regionale in epigrafe dichiarava inammissibile l’appello dell’Ufficio, mentre accoglieva quello della contribuente con riguardo al rilievo n. 4 (ricavi non dichiarati per interessi attivi).
L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione con due motivi; resiste la contribuente con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 52 d.lgs. n. 546 del 1992 per aver la CTR dichiarato inammissibile l’appello dell’Agenzia delle entrate per la mancata allegazione dell’autorizzazione da parte della Direzione generale delle entrate.
1.1. Il motivo è fondato.
Infatti, secondo il consolidato dictum della Corte, da cui non v’è ragione di discostarsi, «nel processo tributario, la disposizione di cui all’art. 52, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo la quale gli uffici periferici del dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze e gli uffici del territorio devono essere previamente autorizzati alla proposizione dell’appello principale, rispettivamente, dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione generale delle entrate e dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione compartimentale del territorio, non è più applicabile una volta divenuta operativa – in forza del d.m. 28 dicembre 2000 del Ministero dell’economia – la disciplina recata dall’art. 57 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, che ha istituito le Agenzie fiscali, attribuendo ad esse la gestione della generalità delle funzioni in precedenza esercitate dai dipartimenti e dagli uffici del Ministero delle finanze, e trasferendo alle medesime i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze, spettando a ciascuna agenzia appellare le sentenze ad esse sfavorevoli delle commissioni tributarie provinciali» (Sez. U, n. 604 del 14/01/2005; Cass. n. 10736 del 16/05/2014; Cass. n. 22 del 04/01/2016).
La CTR ha dunque errato nel ritenere inammissibile il gravame dell’Ufficio.
2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 72 (già 86) tuir in relazione all’art. 1813 c.c. per aver la CTR annullato il recupero a tassazione degli interessi attivi connessi a finanziamenti ricevuti dalla contribuente per la realizzazione di gare infrastrutturali perché non concorrenti alla formazione del reddito.
2.1. Il motivo è fondato.
2.2. Occorre precisare che, nella vicenda in esame, per quanto emerge dalla sentenza e dagli atti del giudizio, la contribuente è stata destinataria di un finanziamento, erogato dalla ex Cassa del Mezzogiorno, poi Agensud e, quindi, nella disponibilità della Regione Campania, vincolato alla realizzazione di infrastrutture di acquedotto.
La società A. C. S. Spa, peraltro, non era il soggetto gestore del fondo ma l’utilizzatrice delle somme per la realizzazione delle opere «proposte per il miglioramento delle infrastrutture secondo progetti coerenti con la convenzione ex Agendsud n. 34/90 previamente approvati» e, in particolare, per il pagamento delle forniture e prestazioni di servizio.
Ne deriva che le somme erogate non integravano un fondo rotativo gestito dalla contribuente poiché essa era, in realtà, la destinataria delle risorse stanziate, neppure ponendosi – salvo, per come dedotto dalla stessa controricorrente, l’eventuale esito negativo del collaudo per le opere realizzate – un rientro delle somme stesse.
Da ciò deriva che anche gli interessi attivi sulle somme erogate erano, in sé, soggetti ad imposizione.
Va infatti rilevato che gli interessi su depositi bancari, in mancanza di un titolo di esenzione oggettivo riferibile all’ente in quanto tale, costituiscono redditi da capitale per il combinato disposto di cui agli artt. 6 e 44, comma 1, lett. a, tuir, come tali soggetti ad imposizione, restando priva di rilievo la provenienza delle somme depositate trattandosi di requisito in alcun modo contemplato dalle norme in questione.
2.3. Va, quindi, affermato il seguente principio di diritto:
«in caso di finanziamento erogato da ente pubblico (nella specie, la ex Cassa del Mezzogiorno), gli interessi attivi maturati sul conto di deposito bancario costituiscono ricavi, soggetti ad imposizione, ove il destinatario non assuma la qualità di gestore di fondo rotativo ma sia l’utilizzatore delle somme per la realizzazione delle opere, senza che assuma rilievo la natura vincolata del finanziamento stesso»
3. In accoglimento del ricorso la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione perché proceda all’esame dell’appello già proposto dall’Agenzia delle entrate e per l’esame delle ulteriori questioni poste dalla contribuente in relazione al secondo motivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Campania in diversa composizione.
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