CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 gennaio 2019, n. 1845
Licenziamento – Impugnazione – Trasferimento del rapporto di lavoro – Accertamento dell’applicabilità dell’art. 2112 c.c.
Fatti di causa
Con decreto in data 20 maggio 2014, il Tribunale di Ascoli Piceno rigettava l’opposizione proposta, ai sensi dell’art. 98 l. fall., da P.C. avverso lo stato passivo del Fallimento O. s.r.l., da cui era stato escluso il suo credito tempestivamente insinuato (per retribuzioni non pagate, indennità di preavviso e T.f.r.), per l’asserita illegittimità del licenziamento intimatogli il 16 ottobre 2009 dalla datrice F.V. s.r.l., alla quale era succeduta la società fallita ai sensi dell’art. 2112 c.c., pertanto tenuta nei suoi confronti, nonostante il subentro soltanto parziale nei rapporti di lavoro della predetta società intimante.
A motivo della decisione, il Tribunale escludeva il vincolo di giudicato della sentenza 29 marzo 2013 dello stesso Tribunale in funzione di giudice del lavoro (confermata dalla Corte d’appello di Ancona n. 587/2013) di accertamento dell’applicabilità dell’art. 2112 c.c. tra le due società, posta dal lavoratore a fondamento della pretesa, per non avere egli partecipato al giudizio. Ma esso ne negava pure l’efficacia probatoria, liberamente valutabile, in assenza di una tempestiva impugnazione (entro sessanta giorni dalla comunicazione, a norma dell’art. 6 I. 604/1966 nel testo applicabile ratione temporis) del licenziamento.
Con atto notificato il 18 giugno 2014, P.C. proponeva ricorso per cassazione con due motivi, cui resisteva la curatela fallimentare con controricorso; entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 6 l. 604/1966, per irrilevanza dell’impugnazione del licenziamento proveniente dalla precedente datrice di lavoro F.V. s.r.l., non legittimata all’intimazione per il trasferimento del rapporto di lavoro a O. s.r.l., ai sensi dell’art. 2112 c.c.
2. Con il secondo, il ricorrente deduce nullità della sentenza per error in procedendo, in assenza di ammissione dei mezzi di prova orale e di eventuale ripetizione di C.t.u. richiesti.
3. Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 6 l. 604/1966 per irrilevanza dell’impugnazione di licenziamento, è inammissibile.
3.1. Esso è infatti assolutamente generico, in violazione del requisito di specificità prescritto dall’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., che esige l’illustrazione del motivo, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202). E ciò per l’assenza di alcuna confutazione del ragionamento argomentativo del Tribunale (a pg. 2 del decreto, sintetizzato nella superiore parte espositiva), con cui neppure si confronta.
4. Il secondo motivo, relativo a nullità della sentenza per error in procedendo in assenza di ammissione dei mezzi istruttori richiesti, è parimenti inammissibile.
4.1. Anch’esso difetta del requisito di specificità prescritto dall’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6 c.p.c., sotto il profilo della carenza di autosufficienza per omessa trascrizione delle circostanze oggetto della prova: al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare, e quindi delle prove stesse, che il giudice di legittimità deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (Cass. 30 luglio 2010, n. 17915; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; Cass. 3 gennaio 2014, n. 48; Cass. 10 agosto 2017, n. 19985).
5. Dalle superiori argomentazioni discende coerente l’inammissibilità del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il lavoratore alla rifusione, in favore della curatela controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15 % e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
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