CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 giugno 2022, n. 20216
<lavoro – Art. 10, CCNL Trasporto Aereo – Sezione per il Personale Navigante Tecnico – Retribuzione da corrispondere nel periodo feriale – Base di computo – Indennità di volo integrativa – Esclusione – Nullità
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Civitavecchia, con la sentenza n. 175/2021, pronunziando ex art. 420 bis cpc, ha affermato che le clausole collettive, contenute nel CCNL Trasporto Aereo, che escludevano la indennità di volo integrativa dalla base di computo della retribuzione corrisposta per tutto il periodo di ferie garantito al personale navigante, dovevano ritenersi sostituite di diritto dalle norme imperative che impongono la retribuzione spettante ai lavoratori naviganti in tutti i giorni in cui godono di ferie, tenendo conto anche della indennità di volo integrativa.
2. La decisione della questione pregiudiziale si era resa necessaria in relazione alla domanda, presentata con ricorso il 27.6.2019 da S.C. il quale, premesso di avere lavorato dal dicembre 2008 alle dipendenze di C.A.I. spa con qualifica di primo ufficiale, aveva lamentato che la retribuzione dei giorni di ferie e dei giorni di addestramento era inferiore e peggiorativa rispetto alla media della retribuzione ordinaria in ragione del fatto che, a mente delle clausole contrattuali che regolano la materia, non si teneva conto degli importi erogati a titolo di indennità di volo oraria, indennità di volo ristrutturazione e di indennità di volo integrativa annua.
3. Il primo giudice, ritenuto praticabile ed ammissibile il procedimento ex art. 420 bis cpc e delimitato l’oggetto della pronuncia alle clausole contenute nel CCNL Trasporto Aereo a partire dal luglio 2014, per quello che interessa in questa sede ha rilevato che: a) l’art. 10 del CCNL Trasporto Aereo -Sezione per il personale Navigante-tecnico, stabiliva che: “Il Personale Navigante-Tecnico ha diritto a ferie annuali nella misura di 30 giorni di calendario. Il predetto numero si incrementa di un giorno ogni cinque anni di servizio, sino ad un massimo di 5 giorni aggiuntivi.
Le ferie assorbono nel periodo di godimento le festività e i riposi mensili in ragione di un giorno di riposo ogni 3 di ferie.
Durante il periodo di ferie la Società corrisponde al Personale Navigante Tecnico la retribuzione composta da stipendio mensile e indennità minima garantita. Nel rispetto delle disposizioni vigenti le ferie saranno assegnate dall’Azienda tenendo conto delle disponibilità e compatibilità aziendali e degli accordi in sede aziendale”; b) l’indennità di volo, prevista dall’art. 907 del cod. nav. (“Al personale di volo ed a quello che viene temporaneamente comandato a prestare servizio a bordo, oltre alla retribuzione pattuita, deve essere corrisposta un’indennità di volo nella misura stabilita dalle norme corporative e in mancanza dagli usì), è regolata dall’art. 26 del citato CCNL secondo cui: “Ai Piloti in servizio è riconosciuto per 12 mensilità il pagamento di un’indennità di volo minima garantita (IVGM), il cui importo è modulato sulla base dell’anzianità di servizio secondo quanto stabilito nelle tabelle A (Comandanti) e 8 (Piloti) allegate…. [….]. Ciascuna ora di volo effettuata in qualità di titolare di equipaggio è compensata con la corresponsione di un’indennità oraria di volo integrativa il cui importo è modulato sulla base dell’anzianità di servizio e della tipologia di volo (corto/medio raggio e lungo raggio) secondo quanto stabilito nelle tabelle A, Al, A2 e 8, Bl, 82 allegate. L’indennità di volo integrativa è erogata con la retribuzione del mese successivo a quello in cui sono state effettuate le ore di volo cui è riferita e non concorre alla determinazione degli istituti retributivi riflessi e differiti”; c) le parti sociali avevano deciso, quindi, di non determinare la retribuzione spettante ai lavoratori naviganti in una misura fissa mensile, tale da restare invariata nei periodi in cui i lavoratori sono in ferie; d) l’indennità di volo era, stata, infatti, scissa in due componenti: l’indennità di volo integrativa, che aveva lo scopo di compensare l’effettivo numero di ore di volo effettuate dai Piloti e dai Comandanti e l’indennità di volo minima garantita, attribuita invece in misura fissa, sulla base della anzianità di servizio; e) entrambe le componenti avevano natura retributiva e l’indennità di volo integrativa incideva in modo significativo sul complesso della retribuzione mensile; f) stante la natura assoluta ed inderogabile del diritto alle ferie annuali retribuite, riconosciuta a livello costituzionale ed euro-unitario, e considerato che né l’art. 36 Cost., né l’art. 2109 cc né la Direttiva 2003/88 né la Direttiva 2000/79, né le norme nazionali che vi hanno dato attuazione, contemplano una disposizione esplicita volta a stabilire la misura della retribuzione da garantire al lavoratore nei giorni di ferie, occorreva avere riguardo ai principi statuiti dalle decisioni della Corte di Giustizia e, in particolare, dalla sentenza del 15.9.2011 resa nella causa C-155/10; g) in quella sede era stato affermato il principio per cui la pienezza del diritto al godimento delle ferie passava attraverso la remunerazione delle ferie stesse non in una qualsiasi misura, ma in maniera tale da garantire al lavoratore condizioni economiche paragonabili a quelle di cui gode quando esercita l’attività lavorativa: ed anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione si era adeguata a tale principio; h) era ravvisabile, quindi, l’esistenza di una norma imperativa, nel nostro ordinamento (art. 4 D.Igs. n. 185/2005) che imponeva di riconoscere al lavoratore navigante in ferie una retribuzione corrispondente alla nozione europea; i) le clausole contrattuali di cui è giudizio, volte ad escludere dalla base di calcolo della retribuzione dei giorni di ferie l’indennità di volo integrativa contrastavano, quindi, con tale norma imperativa perché rendevano la retribuzione delle ferie non paragonabile a quella dei periodi di lavoro; I) tale conclusione non andava limitata unicamente al periodo di ferie minimo (4 settimane) riconosciuto dalla legge perché, avendo le parti sociali ritenuto adeguato al ristoro delle energie psico-fisiche del lavoratore navigante un periodo annuo di 30 – 35 giorni, non poteva che conseguire l’estensione della norma imperativa per tutti i giorni di ferie perché altrimenti verrebbe pregiudicato il primario diritto alla salute del lavoratore; m) l’art. 36 della Cost. garantisce il diritto alla retribuzione minima non solo quando il lavoratore è in servizio ma anche quando è in ferie; n) avendo riguardo alla struttura della retribuzione per i giorni lavorativi e a quella corrisposta per i giorni di ferie in applicazione delle previsioni contrattuali (solo stipendio e indennità di volo minima garantita) essa non poteva essere ritenuta proporzionale alla qualità e alla quantità del lavoro prestato mediamente dal pilota o dal Comandante e dunque non era conforme all’art. 36 Cost.; o) tali considerazioni portavano a sostenere che, se anche la norma imperativa di cui all’art. 4 del D.Igs. n. 185/2005 non trovasse applicazione a tutti i giorni di ferie riconosciuti, contrattualmente ai lavoratori, tuttavia altra norma imperativa (Art. 36 Cost.) imponeva che per la retribuzione minima (proporzionata rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato) fosse utilizzata quale base di calcolo anche l’indennità di volo integrativa; p) ciò rendeva irrilevanti le questioni di legittimità costituzionale relative agli artt. 10 D.Igs. n. 66 del 2003 e 4 D.Igs. n. 185/2005, per asserita violazione degli artt. 1, 2, 3, 18, 36, 39 e 41 Cost. perché, se anche le suddette disposizioni non fossero costituzionalmente legittime, comunque avrebbe dovuto darsi applicazione alla norma imperativa contenuta nell’art. 36 co. 3 Cost.; q) parimenti irrilevanti erano le richieste di rimessione alla Corte di Giustizia, ex art. 267 TFUE, delle questioni pregiudiziali di interpretazione e di validità dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE e dell’art. 3 della Direttiva 2000/79/CE; r) in conclusione, pertanto, andavano ritenute nulle, per contrasto con gli artt. 36 co. 3 Cost. e 4 D.Igs. n. 185/2005, tutte le clausole collettive, contenute nel CCNL Trasporto Aereo, che escludevano l’indennità di volo integrativa dalla base di computo della retribuzione corrisposta per tutto il periodo di ferie garantito al personale viaggiante.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Compagnia Aerea I. spa affidato a due motivi, riproponendo, in via subordinata, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10 D.Igs. n. 66 del 2003 e 4 D.Igs. n. 185 del 2005, in relazione agli artt. 1, 2 , 3, 18, 36, 39 e 41 Cost; la questione pregiudiziale di interpretazione dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE e dell’art. 3 della Direttiva 2000/79/CE; la questione pregiudiziale di validità della Direttiva 2003/88/CE e della Direttiva 2000/79/CE.
5. S.C. ha resistito con controricorso.
6. Il PG ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento parziale del ricorso, “limitatamente ai giorni aggiuntivi rispetto al minimo dovuto per direttiva e per legge riconosciuti dall’art. 10 del CCNL”.
7. La società ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della Direttiva 2000/79/CE e Direttiva 2003/88/CE (in particolare dell’art. 3 della 2000/79 e dell’art. 7 della 2003/88 anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia n. 155/10 del 15.9.2011, Williams e altri/ British Airways plc) e della normativa interna (art. 4 D.Igs. n. 185/2005 e art. 10 D.Igs. n. 66/2003) e, conseguentemente, erronea dichiarazione di invalidità delle norme del CCNL Trasporto Aereo (art. 10 CCNL Trasporto) in materia di calcolo della retribuzione feriale (con riferimento all’art. 360 n. 3 cpc). 3. Si sostiene l’erroneità dell’impianto decisorio del Tribunale di Civitavecchia perché la contrattazione collettiva applicata da C.A.I. spa, conformemente a quanto statuito dalla normativa euro-unitaria e dalla Convenzione O.I.L. n. 132 che, però, non forniva una specifica nozione di retribuzione garantita, nell’includere nella retribuzione feriale del personale navigante solo l’indennità di volo minima garantita e non l’indennità di volo quantificata in ragione delle ore di volo effettivamente svolte, aveva regolamentato la materia in senso complessivamente migliorativo per i lavoratori.
4. Si obietta che la sentenza della Corte dell’Unione del 15.9.2011 Williams e altri c. British Airways plc aveva affermato l’esistenza nell’ordinamento interno, di un asserito principio di predeterminazione ma non di onnicomprensività della retribuzione feriale che imporrebbe di includere nella retribuzione stessa anche l’indennità di volo oraria e che non aveva previsto che in materia di calcolo della stessa fossero compresi tutti gli elementi della retribuzione complessiva del lavoratore.
5. Si precisa che il fatto oggetto della sentenza citata della Corte di Giustizia era diverso da quello oggetto di causa e che non era stato considerato che, per la concreta determinazione della base di calcolo della retribuzione feriale, il CCNL aveva pienamente vagliato e regolamentato ai fini riflessi e differiti l’istituto unitario dell’indennità di volo, attraverso un complesso equilibrio negoziale, di talché il Tribunale di Civitavecchia aveva indebitamente riscritto, ex post, il costo del lavoro della Compagnia.
6. Si specifica che il primo giudice, erroneamente interpretando la sentenza sopra citata della Corte di Giustizia, aveva riconosciuto al personale un trattamento di favore espressamente escluso dalla contrattazione collettiva mentre era necessaria una valutazione funzionale dei trattamenti economici concretamente corrisposti al lavoratore.
7. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 co. 3 Cost., anche per violazione dell’art. 112 cpc, con riferimento alla inclusione nella retribuzione feriale dell’IVO; l’erronea applicazione del principio di onnicomprensività della retribuzione e, comunque, l’erronea estensione del computo dell’IVO anche ai giorni di ferie previsti dalla contrattazione collettiva in misura eccedente il periodo minimo feriale previsto dalla legge, con riferimento all’art. 360 n. 3 cpc.
8. Si deduce che erroneamente il Tribunale di Civitavecchia, invocando l’art. 36 Cost. la cui violazione non era stata neanche eccepita e, quindi, in violazione dell’art. 112 cpc, aveva affermato che il mancato computo nel periodo feriale dell’IVO avrebbe portato, comunque, la retribuzione feriale del personale navigante sotto la soglia retributiva minima (minimo costituzionale), per cui, a prescindere dalle norme comunitarie, le previsioni collettive comunque sarebbero state invalide per contrasto con la norma costituzionale.
9. Si evidenzia che, nella fattispecie, non era in discussione la quantificazione della retribuzione proporzionata e sufficiente, ma la portata dell’art. 36 co. 3 Cost., che non prevedeva il principio dell’onnicomprensività della retribuzione feriale, mentre avrebbe dovuto farsi riferimento alla contrattazione collettiva.
10. Inoltre, si contesta l’individuazione del numero dei giorni di ferie sui quali avrebbe dovuto essere applicata la nozione di retribuzione feriale, esteso oltre le quattro settimane quantificate dalla legge.
11. In via subordinata la ricorrente eccepisce nuovamente l’illegittimità costituzionale degli artt. 10 D.Igs. n. 66 del 2003 e 4 D.Igs. n. 185 del 2005, attuativi rispettivamente della Direttiva 2003/88/CE e della Direttiva 2000/88/CE, ove interpretati nel senso che includerebbero l’indennità di volo integrativa nel computo della retribuzione delle ferie annuali, e specificamente con gli artt. 1, 2, 3 , 18, 36, 39 e 41, con particolare lesione dei principi fondamentali della certezza del diritto e dell’autonomia negoziale delle parti sociali e della iniziativa economica privata; in relazione al primo aspetto, sotto il profilo della lesione del legittimo affidamento, principio fondamentale, insuperabile dal diritto euro-unitario; quanto al secondo, in relazione al profilo che l’ordinamento italiano riconosce che le parti sociali regolino tramite le proprie rappresentanze e mediante la contrattazione collettiva le condizioni essenziali del contratto di lavoro; con riguardo al terzo aspetto, perché l’interpretazione adottata dal Tribunale avrebbe leso la libertà di impresa costituzionalmente riconosciuta.
12. Inoltre la ricorrente ritiene il dubbio di incostituzionalità anche con riferimento alla norma di cui all’art. 2 della legge n. 130 del 2008 che ordina l’esecuzione del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 (TFEU), nella parte in cui impone di applicare la Direttiva 2003/88/CE e la Direttiva 2000/79/CE nell’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia con la sentenza 15 settembre 2011, Williams e altri c. British Airways plc, causa C – 155/10.
13. Sempre in via subordinata la ricorrente solleva questione pregiudiziale di interpretazione dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE e dell’art. 3 della Direttiva 2000/79/CE, e consequenziale istanza di rimessione, ex art. 267 TFUE, alla Corte di Giustizia, formulando il seguente quesito: “se tali disposizioni ostino a una disciplina nazionale che consente all’autonomia contrattuale collettiva di prevedere per i lavoratori il pagamento di indennità aggiuntive legate al concreto svolgimento di una determinata mansione, escludendole al contempo dalla retribuzione ordinaria e, di conseguenza, non computandole nella retribuzione dei giorni di ferie annuali”.
14. In via ulteriormente subordinata, la C.A.I. solleva la questione pregiudiziale di validità della Direttiva 2003/88/CE e della Direttiva 2000/79/CE e consequenziale istanza di rimessione, ex art. 267 TFUE, alla Corte di Giustizia, perché, qualora le norme del diritto europeo primario dovessero essere interpretate, nel senso indicato dalla Corte di Giustizia, al di là del singolo caso del Regno Unito, si porrebbe un problema di validità delle Direttive in quanto esse, spingendosi a definire una nozione armonizzata di retribuzione e imponendone, di conseguenza, l’integrale corresponsione per il periodo di ferie annuali, andrebbero ben al di là dell’esercizio della competenza attribuita all’Unione.
15. Il primo motivo, limitatamente alle quattro settimane previste dall’art. 7, paragrafo 1 della Direttiva 2003/88 (<gli Stati membri prendono misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane>), è infondato.
16. Al riguardo, al di là delle argomentazioni svolte dal Tribunale di Civitavecchia, va richiamata la recente sentenza della CGUE (Settima Sezione) del 13.1.2022, nella causa C-514/20) (DS c/ Koch) che, sebbene riguardante altra tipologia di rapporto di lavoro, tuttavia ha affermato principi generali sul diritto alle ferie annuali retribuite, che sicuramente chiariscono e confermano le statuizioni della più volte citata sentenza della stessa CGUE del 15 settembre 2011, causa C-155/10), Williams e altri c. British Airways plc, la cui interpretazione, nella lettura fornita dal primo giudice, è stata censurata da parte ricorrente.
17. E’ opportuno precisare che l’intervento, nel corso del giudizio di legittimità, di una pronuncia della Corte di Giustizia della UE, resa nell’esercizio dei suoi poteri di interpretazione vincolante di una disposizione dell’ordinamento comunitario, non è qualificabile come ius superveniens, rilevando la suddetta pronuncia solo sotto il profilo del riscontro della compatibilità di tale norma interna con le regole comunitarie (ex plurimis Cass. n. 5991/1987).
18. Le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE hanno, infatti, efficacia vincolante, diretta e prevalente sull’ordinamento nazionale, così confermato dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 168/1981 e n. 170/1984.
19. Orbene, dalla citata sentenza della CGUE, si rileva quanto segue.
20. Ai punti 21, 22 e 23 è testualmente affermato: “In primo luogo, occorre ricordare che, secondo l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, «gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane».
Se è vero che, dal tenore di tale disposizione, emerge che spetta agli Stati membri definire le condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite, essi devono, però, astenersi dal subordinare a qualsiasi condizione la costituzione stessa di tale diritto che scaturisce direttamente dalla suddetta direttiva (sentenza del 29 novembre 2017, King, C-214/16, EU:C:2017:914, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata). In secondo luogo, la Corte ha dichiarato, con riferimento all’articolo 7 della direttiva 2003/88, che il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88 (sentenza del 6 novembre 2018, Kreuziger, C-619/16, EU:C:2018:872, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata)’ .
21. Ai punti 29, 30, 31, 32, 33 e 34 è, poi, precisato: “…l’articolo 1 della direttiva 2003/88 prevede che quest’ultima stabilisca prescrizioni minime di sicurezza e di salute per l’organizzazione dell’orario di lavoro, In particolare per quanto riguarda i periodi minimi di ferie annuali. Tenuto conto di questi obiettivi, la Corte ha affermato che il diritto alle ferie annuali, sancito dall’articolo 7 della direttiva 2003/88, ha una duplice finalità, ossia consentire al lavoratore, da un lato, di riposarsi rispetto all’esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e, dall’altro, di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione (sentenza del 25 giugno 2020, Varhoven kasatsionen sad na Republika Bulgaria e Iccrea Banca SpA, C-762/18 e C-37/19, EU:C:2020:504, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata).
Infatti, è nell’interesse della protezione effettiva della sua sicurezza e della sua salute che il lavoratore deve normalmente poter beneficiare di un riposo effettivo (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a., C-350/06 e C-520/06, EU:C:2009:18, punto 23).
Ne consegue che gli incentivi a rinunciare al congedo di riposo o a sollecitare i lavoratori a rinunciarvi sono incompatibili con gli obiettivi del diritto alle ferie annuali retribuite, legati segnatamente alla necessità di garantire al lavoratore il beneficio di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute.
Pertanto, ogni azione o omissione di un datore di lavoro, avente un effetto potenzialmente dissuasivo sulla fruizione di ferie annuali da parte del lavoratore, è altresì incompatibile con la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite (sentenza del 6 novembre 2018, Kreuziger, C-619/16, EU:C:2018:872, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata).
Per questo motivo, è stato ritenuto che l’ottenimento della retribuzione ordinaria durante il periodo di ferie annuali retribuite è volto a consentire al lavoratore di prendere effettivamente i giorni di ferie cui ha diritto.
Orbene, quando la retribuzione versata a titolo del diritto alle ferie annuali retribuite previsto all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, è inferiore alla retribuzione ordinaria ricevuta dal lavoratore durante i periodi di lavoro effettivo, lo stesso rischia di essere indotto a non prendere le sue ferie annuali retribuite, almeno non durante i periodi di lavoro effettivo, poiché ciò determinerebbe, durante tali periodi, una diminuzione della sua retribuzione (sentenza del 13 dicembre 2018, Hein, C-385/17, EU:C:2018:1018, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata).
Del pari, la Corte ha dichiarato che il lavoratore poteva essere dissuaso dall’esercitare il proprio diritto alle ferie annuali tenuto conto dello svantaggio finanziario, anche se quest’ultimo è differito, cioè si manifesta nel corso del periodo successivo a quello delle ferie annuali (v., in tal senso, sentenza del 22 maggio 2014, Lock, C-539/12, EU:C:2014:351, punto 21)”.
22. Al punto 41 è, infine, ribadito: “Come sottolineato al punto 32 della presente sentenza, qualsiasi prassi o omissione da parte del datore di lavoro che abbia un effetto potenzialmente dissuasivo sulla fruizione delle ferie annuali da parte di un lavoratore è incompatibile con la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite“.
23. In considerazione dei principi sopra esposti, si deve, pertanto, condividere il giudizio di nullità dell’art. 10 del CCNL Trasporto Aereo – Sezione per il Personale Navigante Tecnico, a partire dal luglio 2014 (ambito temporale oggetto del presente giudizio – cfr. pagg. 4 e 5 della gravata sentenza), nella parte in cui, limitatamente al periodo minimo di ferie di quattro settimane, esclude dalla base del computo della retribuzione da corrispondere nel periodo feriale, la componente retributiva costituita dall’indennità di volo integrativa, perché tale disposizione è in contrasto con la norma imperativa di cui all’art. 4 del D.Igs. n. 185/2005 che, interpretato alla luce del diritto europeo, impone di riconoscere al lavoratore navigante in ferie una retribuzione corrispondente alla nozione europea di remunerazione delle ferie in misura tale da garantire al lavoratore medesimo condizioni economiche paragonabili a quelle di cui gode quando esercita l’attività lavorativa.
24. Nel caso in esame, invero, con un accertamento in fatto non sindacabile in questa sede perché esente dai vizi della nuova formulazione dell’art. 360 n. 5 cpc, è stato rilevato che la indennità di volo integrativa costituisce una significativa componente della retribuzione incidente nella misura del circa 30% (o in percentuale maggiore a seconda delle ore di volo effettuate) sul trattamento economico spettante al personale navigante.
25. Tale peso potrebbe chiaramente costituire un incentivo a non fruire delle ferie, in contrasto, quindi, con i principi euro-unitari che statuiscono che deve essere evitata qualsiasi prassi o omissione, da parte del datore di lavoro, che abbia un effetto potenzialmente dissuasivo sulla fruizione delle ferie annuali da parte di un lavoratore, essendo ciò appunto incompatibile con la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite.
26. Sotto questo profilo, la gravata pronuncia va, pertanto, confermata con la conseguente declaratoria di nullità dell’art. 10 CCNL citato, a partire dal luglio 2014 (periodo in contestazione nella presente controversia), limitatamente alle ferie annuali minime di quattro settimane.
27. Per i giorni eccedenti, non regolati dal diritto dell’Unione, è stato, invece, affermato che spetta agli Stati membri determinare il riconoscimento della retribuzione (sentenza CGUE 3.5.2012, Neidel C337/10, punto 36; sentenza CGUE 20.7.2016, Hans Maschek, C-341/15, punto 39), per cui la normativa europea e i principi giurisprudenziali sopra riportati non sono invocabili.
28. Venendo, quindi, allo scrutinio del secondo motivo, deve rilevarsi che esso è fondato e va accolto per quanto di ragione, limitatamente alla parte della gravata pronuncia ove si è ritenuta la fondatezza della violazione dell’art. 36 Cost. con riguardo ai giorni di ferie eccedenti le quattro settimane.
29. Questa Corte, infatti, con un orientamento cui si intende dare seguito per le pregevoli e condivisibili argomentazioni svolte, ha affermato che, ai fini del calcolo della retribuzione feriale dei lavoratori subordinati, la cui determinazione è rimessa alla contrattazione collettiva in mancanza di apposite previsioni da parte delle fonti legali (art. 36 Cost. e art. 2109 cc) la mancata inclusione di tutte le voci della retribuzione corrisposta durante il periodo di attività non contrasta con i principi dettati dal predetto art. 36 Cost., il quale non risponde al criterio della ma demanda alla fonte contrattuale la garanzia di un trattamento , peraltro sempre controllabile dal giudice riguardo alla sua congruità rispetto ai parametri costituzionali (Cass. n. 1823 del 2004; Cass. n. 16510/2002).
30. L’assunto, affermato nella fattispecie, che per i giorni eccedenti il numero di 28 la esclusione dalla base del computo della retribuzione da corrispondere nel periodo feriale della componente retributiva costituita dalla indennità di volo integrativa, per quanto formante una riduzione di una certa consistenza della base stipendiale, non garantisca una retribuzione sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa, non trova alcun riscontro negli atti, sia per il breve segmento temporale che viene in rilievo (circa sette giorni), sia perché l’indagine che ha svolto il primo giudice a tal fine è stata estesa all’intero periodo feriale, mentre il relativo giudizio di sufficienza e di proporzionalità avrebbe dovuto essere limitato e riscontrato unicamente sui giorni eccedenti.
31. Il parametro normativo di cui all’art. 36 Cost., utilizzato per il riconoscimento della componente della indennità di volo integrativa nella retribuzione per ferie per i residui sette giorni eccedenti le quattro settimane, in una materia non regolata dal diritto dell’Unione e rimessa, invece, alle parti collettive, non è stato, quindi, correttamente applicato in punto di diritto e di fatto dal Tribunale di prime cure.
32. Parte ricorrente ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 10 D.Igs. n. 66/2003 e 4 D.Igs. n. 185 del 2005, attuativi rispettivamente della Direttiva 2003/88/CE e della Direttiva 2000/88/CE, ove interpretati nel senso che includerebbero l’indennità di volo integrativa nel computo della retribuzione delle ferie annuali, e specificamente con gli artt. 1, 2, 3, 18, 36, 39 e 41, con particolare lesione dei principi fondamentali della certezza del diritto e dell’autonomia negoziale delle parti sociali e della iniziativa economica privata; in relazione al primo aspetto, sotto il profilo della lesione del legittimo affidamento, principio fondamentale, insuperabile dal diritto euro-unitario; quanto al secondo, in relazione al profilo che l’ordinamento italiano riconosce che le parti sociali regolino tramite le proprie rappresentanze e mediante la contrattazione collettiva le condizioni essenziali del contratto di lavoro; con riguardo al terzo aspetto, perché l’interpretazione adottata dal Tribunale avrebbe leso la libertà di impresa costituzionalmente riconosciuta.
33. Entrambe le questioni sono, a parere del Collegio, manifestamente infondate.
34. Quanto alla lesione del principio del legittimo affidamento, deve rilevarsi che, come osservato condivisibilmente dal PG, le disposizioni europee e nazionali nonché le sentenze della CGUE che vengono in rilievo nel presente giudizio non hanno subito modifiche nel tempo né significative rimeditazioni e mutamenti interpretativi (anche avendo riguardo alla recente pronuncia del 2022) per cui le parti sociali, nel redigere la norma collettiva di cui all’art. 10 citato, avrebbero dovuto tenere conto dei principi e degli orientamenti che si erano già affermati e consolidati in materia, senza che si possa, appunto, invocare una incolpevole aspettativa di fronte ad una situazione asseritamente mutatasi nel tempo.
35. Relativamente, poi, alla dedotta lesione della libertà sindacale e della libertà di impresa, va ritenuta anche in questo caso la manifesta infondatezza della questione perché la contrattazione collettiva non si muove nel vuoto normativo e, in un sistema di fonti “multilevel”, come è quello euro-italiano, la peculiarità del diritto del lavoro richiede comunque che sia le disposizioni normative che quelle collettive contrattuali operino in sintonia e in parallelo tra loro, con l’osservanza appunto dei principi dettati dal diritto dell’Unione e di quelli fondamentali dello Stato Italiano, relativamente alle prescrizioni normative “minime”, la cui osservanza non può costituire certamente alcuna lesione delle libertà sopra indicate.
36. Passando oltre all’esame delle doglianze della ricorrente, devono essere valutate le due istanze di rinvio pregiudiziale, ex art. 267 TFUE: la prima, riguardante l’interpretazione dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE e dell’art. 3 della Direttiva 2000/79/CE, formulata in relazione al seguente quesito: “se tali disposizioni ostino a una disciplina nazionale che consente all’autonomia contrattuale collettiva di prevedere per i lavoratori il pagamento di indennità aggiuntive legate al concreto svolgimento di una determinata mansione, escludendole al contempo dalla retribuzione ordinaria e, di conseguenza, non computandole nella retribuzione dei giorni di ferie annuali”; la seconda, concernente la questione pregiudiziale di validità della Direttiva 2003/88/CE e della Direttiva 2000/79/CE e consequenziale istanza di rimessione, ex art. 267 TFUE, alla Corte di Giustizia, perché, qualora le norme del diritto europeo primario dovessero essere interpretate, nel senso indicato dalla Corte di Giustizia, al di là del singolo caso del Regno Unito, si sarebbe posto un problema di validità delle Direttive in quanto esse, spingendosi a definire una nozione armonizzata di retribuzione e imponendone, di conseguenza, l’integrale corresponsione per il periodo di ferie annuali, andrebbero ben al di là dell’esercizio della competenza attribuita all’Unione.
37. E’ opportuno evidenziare che l’obbligo per il giudice nazionale di ultima istanza di rimettere la causa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 citato (già art. 234 del Trattato che istituisce la Comunità Europea), viene meno quando non sussista la necessità di una pronuncia pregiudiziale sulla normativa comunitaria, in quanto la questione sollevata sia materialmente identica ad altra, già sottoposta alla Corte in analoga fattispecie, ovvero quando sul problema giuridico esaminato si sia formata una consolidata giurisprudenza di detta Corte (cfr., tra molte, Cass. n. 4776 del 2012); similmente, il rinvio pregiudiziale, quantunque obbligatorio per i giudici di ultima istanza, presuppone che la questione interpretativa controversa abbia rilevanza in relazione al thema decidendum sottoposto all’esame del giudice nazionale e alle norme interne che lo disciplinano (cfr. Cass. SS.UU. n. 8095 del 2007).
38. Invero, è noto (v. Cass. SS.UU. n. 20701 del 2013) che il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia non costituisce un rimedio giuridico esperibile automaticamente a semplice richiesta delle parti, spettando solo al giudice stabilirne la necessità: infatti, esso ha la funzione di verificare la legittimità di una legge nazionale rispetto al diritto dell’Unione Europea e se la normativa interna sia pienamente rispettosa dei diritti fondamentali della persona, quali risultanti dall’evoluzione giurisprudenziale della Corte di Strasburgo e recepiti dal Trattato sull’Unione Europea; sicché il giudice, effettuato tale riscontro, non è obbligato a disporre il rinvio solo perché proveniente da istanza di parte (tra le altre, v. Cass. n. 6862 del 2014; Cass. n. 13603 del 2011).
39. D’altro canto, è incontrastato l’enunciato, più volte ribadito da questa Corte a Sezioni Unite, secondo cui la Corte di Giustizia Europea, nell’esercizio del potere di interpretazione di cui all’art. 234 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea, non opera come giudice del caso concreto, bensì come interprete di disposizioni ritenute rilevanti ai fini del decidere da parte del giudice nazionale, in capo al quale permane in via esclusiva la funzione giurisdizionale (v. Cass. SS.UU. n. 30301 del 2017; in precedenza: Cass. SS.UU. nn. 16886/2013, 2403/14, 2242/15, 23460/15, 23461/15, 10501/16 e 14043/16).
40. Pertanto, il giudice nazionale di ultima istanza non è soggetto all’obbligo di rimettere alla Corte di giustizia delle Comunità europee la questione di interpretazione di una norma comunitaria quando non la ritenga rilevante ai fini della decisione o quando ritenga di essere in presenza di un “acte dair” che, in ragione dell’esistenza di precedenti pronunce della Corte ovvero dell’evidenza dell’interpretazione, rende inutile (o non obbligato) il rinvio pregiudiziale (Corte di giustizia, 6 ottobre 1982, causa C-283/81, Cilfit, Corte di Giustizia, 6 ottobre 2021, causa C-561/19, Consorzio Italian Management; e, per la giurisprudenza di questa Corte, tra le altre: Cass. SS.UU. n. 12067 del 2007; Cass. n. 22103 del 2007; Cass. n. 4776 del 2012; Cass. n. 26924 del 2013).
41. Ciò detto, ritiene il Collegio che non sussistono i presupposti per il chiesto rinvio pregiudiziale interpretativo sia perché sulla questione della retribuzione feriale la Corte di Giustizia si è più volte pronunciata, da ultimo con la sentenza del gennaio 2022 sopra richiamata, sia perché il problema esegetico posto non rientra nell’ambito della interpretazione dell’art. 7 della Direttiva 2003/88 (o 3 della Direttiva 2000/79) in quanto la valutazione del caso concreto, cioè di verificare se alcune indennità aggiuntive legate al concreto svolgimento di una determinata mansione possano essere escluse dal computo della retribuzione dei giorni per ferie annuali, è attività riservata comunque al giudice nazionale e non a quello europeo.
42. Al riguardo, e anche per sottolineare l’inammissibilità della questione di costituzionalità sollevata in relazione all’art. 2 della legge 2 agosto 2008 n. 130, deve sottolinearsi che l’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, secondo l’interpretazione adottata dalla Corte di Giustizia, non individua un concetto di retribuzione per ferie europea di tipo “quantitativo”, ma delinea un concetto di retribuzione per ferie europea sotto un profilo “teleologico”, nel senso che essa deve essere tale da non indurre il lavoratore ad optare per una rinuncia alle ferie al fine di non essere pregiudicato nei suoi diritti.
43. Tale indagine appartiene al giudice dello Stato membro e, quando – come nel caso di specie- la componente esclusa è legata a periodi di lavoro effettivamente svolti, non può escludersi l’adozione di un meccanismo che tenga conto, per esempio, del riconoscimento di una media delle ore di lavoro (volo) effettivo ai fini del computo sulla retribuzione per ferie, come già ritenuto legittimo in altre fattispecie (Corte di Giustizia UE, sez. IV, 13.12.2018 n. 385; Cass. n. 37589/2021).
44. Ciò per ribadire che la normativa dell’Unione Europea non si è spinta a definire una nozione armonizzata di retribuzione imponendo l’integrale corresponsione di essa nel periodo feriale, così violando la competenza in ambiti riservati alla potestà normativa degli Stati membri, ma si è limitata ad indicare l’osservanza di un risultato il cui esito deve essere valutato in concreto, avendo riguardo alla specificità dei singoli ordinamenti nazionali, con gli strumenti legislativi che ogni Stato abbia adottato e con riferimento alla particolarità della componente retributiva di cui si chiede l’inclusione, dal giudice nazionale.
45. Infine, va rilevato che, per le stesse ragioni sopra esposte, non si ravvisano i presupposti anche per sollevare la prospettata questione pregiudiziale di validità delle Direttive 2003/88/CE e di quella del 200//79/CE, rispetto all’esercizio della competenza attribuita all’Unione in quanto, come sopra precisato, le suddette Direttive non tendono ad imporre una nozione armonizzata di retribuzione nei termini indicati da parte ricorrente.
46. Per completezza è opportuno ricordare, sempre ai fini della inammissibilità della prospettata questione di validità pregiudiziale, che l’art. 7 della direttiva 2003/88 o l’art. 3 della Direttiva 2000/79/CE non hanno istituito direttamente il diritto alle ferie annuali retribuite, in quanto tale diritto trova origine in vari atti come, a livello di Unione, la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, menzionata all’art. 151 TFUE, nonché vari atti internazionali ai quali gli Stati membri hanno partecipato o aderito, come la Carta sociale europea (di cui tutti gli Stati membri sono parti in quanto vi hanno aderito nella sua versione originaria, nella sua versione riveduta o nelle due versioni) anch’essa menzionata all’art. 151 TFUE nonché la Convenzione n. 132 dell’Organizzazione internazionale del lavoro, del 24 giugno 1970, relativa ai congedi annuali pagati, come riveduta, la quale indica alcuni principi elaborati da tale Organizzazione di cui occorre tenere conto, come risulta dal considerando 6 della direttiva 2003/88 (vedi, al riguardo: sentenza 20 gennaio 2009, C350/06 e C-520/06, punti 37 e 38).
47. Si tratta, quindi, di un principio essenziale del diritto sociale dell’Unione in quanto tale dotato di natura imperativa (vedi, in tal senso, sentenza del 16 marzo 2006, C-131/04 e C-257/04, punti 48 e 68).
48. Tale principio essenziale comprende il diritto alle ferie annuali «retribuite» e il diritto, intrinsecamente collegato al primo, a un’indennità finanziaria per le ferie annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro (vedi sentenza resa nella causa C-569/16 e C-570/16, punto 83).
49. La stessa Corte di Giustizia, con la sentenza del 13 gennaio 2002, già citata, al punto 24 ha precisato che “il diritto alle ferie annuali retribuite non solo riveste, in qualità di principio del diritto sociale dell’Unione, particolare importanza, ma è anche espressamente sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, cui l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei trattati (sentenza del 25 giugno 2020, Varhoven kasatsionen sad na Republika Bulgaria e Iccrea Banca SpA, cause C-762/18 e C-37/19, EU:C:2020:504, punto 54 e la giurisprudenza ivi citata)”.
50. In conclusione, pertanto, in accoglimento parziale del ricorso, va confermata la nullità dell’art. 10 del CCNL Trasporto Aereo – Sezione per il Personale Navigante Tecnico, a partire dal luglio 2014 (ambito temporale oggetto del presente giudizio), limitatamente alla parte in cui, per il periodo minimo di ferie di quattro settimane, esclude dalla base del computo della retribuzione da corrispondere nel periodo feriale, la componente retributiva costituita dall’indennità di volo integrativa.
51. La sentenza impugnata deve essere cassata in parte qua e rimessa per il prosieguo al Tribunale di Civitavecchia.
52. Le determinazioni sulle spese di lite del presente giudizio vanno rinviate al definitivo.
PQM
Pronunciando a norma dell’art. 420 bis cpc, in accoglimento parziale del ricorso, dichiara la nullità dell’art. 10 del CCNL Trasporto Aereo – Sezione per il Personale Navigante Tecnico, a partire dal luglio 2014, limitatamente alla parte in cui, per il periodo minimo di ferie di quattro settimane, esclude dalla base del computo della retribuzione da corrispondere nel periodo feriale, la componente retributiva costituita dall’indennità di volo integrativa. Cassa la sentenza impugnata in parte qua e rimette la causa al Tribunale di Civitavecchia. Spese al definitivo.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 09 dicembre 2021 , n. C-217/20 - L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE osta a disposizioni e a prassi nazionali in forza delle quali, allorché un lavoratore inabile al lavoro a causa di malattia esercita il…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 19663 depositata l' 11 luglio 2023 - Le sentenze della Corte di Giustizia dell'UE hanno efficacia vincolante, diretta e prevalente sull'ordinamento nazionale” sicché non può prescindersi dall’interpretazione data dalla Corte…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 settembre 2022, n. 26413 - La norma eurocomunitaria osta a che una normativa nazionale implichi che il lavoratore perda il proprio diritto alle ferie annuali retribuite e ad un'indennità finanziaria per le ferie non godute…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 18160 depositata il 26 giugno 2023 - Le sentenze della Corte di Giustizia dell'UE hanno, infatti, efficacia vincolante, diretta e prevalente sull'ordinamento nazionale, pregiudiziali o emesse in sede di verifica della validità…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 19716 depositata l' 11 luglio 2023 - Le sentenze della Corte di Giustizia dell'UE hanno efficacia vincolante, diretta e prevalente sull'ordinamento nazionale ed hanno valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, non nel…
- CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE - Sentenza 12 maggio 2022, n. C-426/20 - Il diritto unionale osta a una normativa nazionale in forza della quale l’indennità a cui i lavoratori tramite agenzia interinale hanno diritto, in caso di cessazione del loro rapporto di lavoro…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo tributario: onere della prova e responsab
La riforma del processo tributario ad opera della legge n. 130 del 2022 ha intro…
- E’ obbligo del collegio sindacale comunicare
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25336 del 28 agosto 2023, interv…
- Dimissioni del lavoratore efficace solo se effettu
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27331 depositata il 26 settembre…
- La restituzione ai soci dei versamenti in conto au
La Corte di cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 39139 depositata il 2…
- I versamento eseguiti in conto futuro aumento di c
I versamento eseguiti in conto futuro aumento di capitale ma non «accompagnati d…