CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 maggio 2019, n. 14032
Tributi – IRPEF – Indennizzi espropriativi – Trasferimento dell’immobile antecedente al 31 dicembre 1988 – Pagamento successivo per ritardi della PA – Plusvalenza non imponibile – Rimborso delle ritenute operate dal Comune
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 1175/14 la Commissione Tributaria Centrale, sezione regionale di Firenze, ha rigettato il ricorso proposto dall’Intendenza di Finanza di Arezzo avverso la sentenza n. 65/03/1995 della Commissione Tributaria di secondo grado di Arezzo che, confermando la decisione della locale Commissione Tributaria di primo grado, aveva accolto il ricorso proposto da F. A. avverso il silenzio-rifiuto sull’istanza da questi presentata per ottenere il rimborso di quanto trattenuto a titolo di ritenuta d’acconto dall’Amministrazione Comunale di Arezzo sull’ammontare degli indennizzi espropriativi conseguenti ai provvedimenti ablativi, corrisposti in data 28 aprile 1992 ed in data 19 dicembre 1992. La Commissione Tributaria Centrale ha motivato la decisione dando applicazione al principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione secondo cui, in tema di imposte sui redditi, ai fini del prelievo fiscale di cui all’art. 11, comma quinto, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, è sufficiente che la percezione della somma che realizzi una plusvalenza in dipendenza di procedimenti espropriativi, sia avvenuta dopo l’entrata in vigore della legge anzidetta, a nulla rilevando che il trasferimento del bene sia intervenuto precedentemente, ed in particolare prima del 1° gennaio 1989. Tuttavia qualora il decreto di esproprio, la cessione volontaria o l’occupazione acquisitiva siano intervenuti prima del 31 dicembre 1988, ma il pagamento sia intervenuto dopo l’entrata in vigore della legge n. 413 del 1991, la plusvalenza non è imponibile nel caso di ingiustificato ritardo della P.A. nel pagamento della plusvalenza (Cass. 22 gennaio 2013, n. 1429).
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a tre motivi.
F. F., F. C. e F. P. intimati in qualità di eredi di F. A. deceduto nelle more del giudizio, non si sono costituiti.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si lamenta nullità per violazione degli artt. 300 e 302 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4 cod. proc. civ., in quanto il processo non è stato interrotto allorché il difensore di uno degli eredi, costituendosi in giudizio ai sensi dell’art. 302 cod. proc. civ. ha sostanzialmente dichiarato la morte della parte originaria. Il motivo è infondato. In tema di contenzioso tributario, nella vigenza del rito disciplinato dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, la morte o la perdita della capacità di una delle parti o di un suo rappresentante intervenuta nel corso del giudizio rileva soltanto nei limiti previsti dall’art. 31 del D.P.R. n. 636 cit., così come sostituito dall’art. 18 del D.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, il quale, non contemplando l’interruzione del processo, e limitandosi a prevedere la proroga di sei mesi del termine per la proposizione del ricorso e di tutti i termini processuali pendenti alla data della morte o della sentenza che abbia dichiarato l’incapacità, individua tale effetto quale unica conseguenza dell’evento in questione (Cass. 19 luglio 2006, n. 16489).
Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 57 d.lgs. 546 del 1992 e 112 cod. proc. civ. e dei principi in materia di ultrapetizione, in relazione all’art. 360, comma 1 cod. proc. civ. con riferimento alla novità della deduzione in appello relativa al colpevole ritardo del pagamento dell’indennità di espropriazione non dedotta con il ricorso di primo grado. Il motivo è infondato. Il profilo esaminato dal giudice dell’appello e fatto proprio dalla Commissione Tributaria Centrale relativo al colpevole ritardo nel pagamento dell’indennità espropriativa costituisce un criterio interpretativo della norma che disciplina la materia in questione e che legittimamente i giudici di merito hanno applicato seguendo il principio di diritto espresso dalla Corte di cassazione in materia; pertanto non costituiva nuovo motivo di impugnazione quello relativo a detto colpevole ritardo ma semplice criterio interpretativo della norma che il giudice può liberamente adottare indipendentemente dalla specifica deduzione delle parti.
Con il terzo motivo si deduce nullità per carenza di motivazione in violazione dell’art. 132 comma 2, n. 4 cod. proc. civ., e violazione e falsa applicazione degli artt. 1, secondo comma, e 36, secondo comma, n. 4 d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ. con riferimento all’omessa motivazione in relazione all’affermato colpevole ritardo nel pagamento dell’indennità di espropriazione in questione. Come richiamato anche nel ricorso la Commissione Tributaria Centrale ha sinteticamente motivato l’applicazione alla fattispecie in esame dei principi giurisprudenziali in materia di colpevole ritardo dell’amministrazione nel pagamento, considerando la circostanza di fatto dell’abbondante superamento dei termini per la definizione del procedimento amministrativo, per cui non si versa nell’ipotesi dell’omessa motivazione che darebbe luogo al lamentato vizio della nullità ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ..
Il ricorso va dunque rigettato.
Nulla si dispone sulle spese in quanto parte intimata si è costituita tardivamente al solo fine di partecipare alla discussione senza peraltro presentarsi alla relativa udienza pubblica.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Nulla sulle spese.
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