CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 agosto 2018, n. 21108

Imposte indirette – IVA – Riscossione – Compravendita immobile – Cartella di pagamento

Rilevato che

1. C.I.A. G.R. impugnava l’avviso di liquidazione di imposta ed irrogazione di sanzioni amministrative notificatole il 3 ottobre 2006 dall’Agenzia delle entrate, con il quale era stata recuperata a tassazione Iva, pari ad euro 424.000,00 derivante dalla revoca del beneficio fiscale dell’aliquota agevolata del 4% di cui la contribuente aveva indebitamente usufruito in relazione all’acquisto di un immobile in data 10 giugno 2005, ed era stata irrogata, ai sensi dell’art. 1, nota 2 bis, della tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986, la sanzione amministrativa, per dichiarazione mendace, di euro 127.200.0, oltre agli interessi.

Nel corso del giudizio, la contribuente procedeva alla definizione agevolata della sanzione, ai sensi dell’articolo 17 del d. Igs. n 471/1997.

Dopo il rigetto in primo grado dell’impugnazione, Equitalia Esatri S.p.A. notificava a G.R. la cartella esattoriale, con la quale richiedeva il pagamento di euro 424.000,00 a titolo di Iva e di euro 127.200,00 a titolo di sanzioni pecuniarie per ritardato versamento dell’imposta, oltre ad interessi, costo della notifica ed accessori. La contribuente impugnava la cartella e – versata il giorno successivo la somma dovuta per Iva, interessi, costi della notifica ed accessori – manteneva in essere l’impugnazione solo per quanto riguardava la legittimità dell’iscrizione a ruolo della somma richiestale per sanzioni, assumendo di aver già provveduto a corrispondere quanto dovuto per tale titolo in via di definizione agevolata.

2. La commissione tributaria provinciale di Milano, in accoglimento del ricorso, annullava l’iscrizione a ruolo della sanzione, ritenendo che si trattasse della medesima per la quale la contribuente aveva proceduto alla definizione agevolata. L’appello proposto dall’Agenzia delle entrate contro la decisione era parzialmente accolto dalla commissione tributaria regionale della Lombardia, che ritenuta dovuta la sanzione per ritardato pagamento dell’imposta, ai sensi dell’art. 13, comma 2, del d. Igs. n. 471/1997, la rideterminava in euro 21.200.0. Osservava la CTR che la maggior imposta accertata dall’Ufficio andava qualificata come complementare e che, pur versandosi in tema di Iva, la sua riscossione era regolata dall’articolo 56 del d.P.R. n. 131/86, il quale prevede che, in caso di impugnazione dell’avviso di accertamento, debba essere corrisposto un terzo della maggior imposta entro 60 giorni dalla notifica. Ne discendeva che, poiché G.R. aveva provveduto al pagamento dopo la scadenza di tale termine, la sanzione andava calcolata nella misura del 30% su un terzo della differenza tra l’imposta liquidata ad aliquota intera e l’imposta già pagata all’atto della registrazione.

3. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo. La contribuente resiste con controricorso con il quale svolge ricorso incidentale per tre motivi, illustrati con memoria.

Considerato che

1. Con l’unico motivo del ricorso principale l’Agenzia delle entrate deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’art. 56 del d.P.R. n. 131/86. Sostiene che, ai sensi di tale articolo, il ricorso del contribuente non sospende la riscossione a meno che si tratti di imposta complementare per il maggior valore accertato. Poiché, nel caso di specie, si trattava di imposta complementare dovuta in quanto la contribuente aveva goduto di un’agevolazione non spettante e non di imposta complementare per il maggior valore accertato, la riscossione poteva essere effettuata per l’intera somma dovuta, sulla quale, in conseguenza, doveva essere anche calcolata la sanzione.

2. G.R., con il primo motivo di ricorso incidentale, deduce omessa o insufficiente motivazione, ex art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., in quanto la CTR non ha illustrato l’iter logico giuridico che l’ha condotta a ritenere che la cartella le avesse intimato il pagamento di una sanzione ai sensi dell’articolo 13 del d. Igs. n. 471/97, diversa rispetto a quella indicata nell’avviso di accertamento, irrogata a norma dell’articolo 1, nota 2 bis, della tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986.

3. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 13 del d. Igs. n. 471/1997. Sostiene che l’Agenzia delle entrate ha iscritto a ruolo e posto in riscossione gli importi dovuti a titolo di sanzione per il ritardo nel versamento contestualmente all’imposta, e dunque prima ancora che il ritardo si fosse verificato.

4. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli articoli 13, comma 2, d. Igs. n. 471/97 e 17, comma 3, d. Igs. n. 472/97. Sostiene che la sanzione prevista dall’art. 13, co. 2, cit. non poteva trovare applicazione in mancanza di un preciso riferimento ad essa nella cartella impugnata, e che, inoltre, la CTR ha erroneamente ritenuto che tale seconda, diversa sanzione potesse esserle irrogata pur avendo ella proceduto alla definizione agevolata della prima.

5. Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale, svolta dalla ricorrente incidentale sul rilievo che l’atto sarebbe stato notificato oltre il termine semestrale previsto dal testo attuale dell’art. 327 cod. proc. civ., come modificato dall’art. 45, comma 17, della I. n. 69/2009, che ha ridotto l’originario termine lungo per l’impugnazione da un anno a sei mesi: la modifica, a norma del successivo art. 58, si applica infatti ai giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della legge medesima (4 luglio 2009 ), mentre nel caso di specie il giudizio è stato introdotto con ricorso del 2007.

6. L’unico motivo del ricorso principale va accolto parzialmente e per ragioni di diritto diverse da quelle dedotte dall’Agenzia delle entrate.

Il riferimento operato dall’Ufficio (e prima ancora dal giudice d’appello) alla norma di cui all’art. 56 del d.P.R. n. 131/86 – che disciplina la riscossione dell’imposta di registro e che sottende la tripartizione di tale imposta in principale, suppletiva e complementare – è errato, posto che nel caso di specie si controverte di Iva. E’ invece applicabile l’art. 15 del d.P.R. n. 602/73, come modificato dall’art. 4 del d. Igs. n. 462/97, norma il cui ambito applicativo era stato dapprima espressamente limitato alle sole imposte sui redditi dall’art. 19 del d.lgs. n. 46/1999 e poi ripristinato, con specifico riguardo all’Iva, dall’art. 2, comma 1, lett. c) del d. Igs. n. 193/2001.

Secondo la predetta disposizione – prima della modifica apportatavi dall’art. 7, comma 2 quinquies, del d.l. n. 70/2011, convertito dalla I. n. 106/2011 – la riscossione a mezzo ruolo dell’Iva era consentita, in base ad accertamenti non definitivi, nel limite della metà. Ne consegue che la sanzione prevista per il ritardato pagamento della somma iscritta a ruolo doveva essere commisurata alla metà della maggior imposta dovuta (dedotto quanto già versato dalla contribuente all’atto della registrazione per imposta fissa).

7. Il primo motivo di ricorso incidentale è infondato, in quanto la CTR ha specificamente affermato che la sanzione per dichiarazione mendace, di cui all’art. 1, nota 2 bis, della tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986, definita in via agevolata da G.R., “non ha nulla a che vedere” con quella in contestazione, prevista dall’art. 13, co. 2, d.lgs. n. 471/97 per il tardivo pagamento della maggior imposta iscritta a ruolo, ed ha inoltre precisato che non solo nell’avviso di liquidazione notificato alla contribuente il 3.10.2006 “era chiaramente esposto” che l’omesso pagamento nei 60 giorni dalla notifica avrebbe comportato l’irrogazione di detta sanzione, ma che anche la cartella impugnata indicava specificamente il motivo per il quale era stata emessa (ovvero per il mancato versamento dell’imposta di cui all’avviso notificato il 3.10.2006). Il giudice d’appello ha, peraltro, correttamente applicato il principio enunciato da questa Corte secondo il quale, In tema di imposta di registro, e con riferimento alle agevolazioni per l’acquisto della “prima casa”, ai sensi della nota 11-bis dell’art. 1 della parte I della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel caso di accertate dichiarazioni mendaci che abbiano comportato la sottoposizione dell’atto ad un’aliquota inferiore a quella applicabile, l’Ufficio del registro, in occasione della registrazione, può procedere in via ordinaria al recupero dell’imposta evasa e delle imposte ipotecaria e catastale, applicando una soprattassa pari al 30%, soltanto se si tratta di un atto soggetto ad imposta di registro; se invece si tratta di un atto soggetto ad IVA, la cui applicazione presuppone l’espletamento di procedure che esulano dalla sua competenza, esso deve limitarsi ad irrogare nei confronti dell’acquirente una penalità che, pur essendo commisurata all’imposta evasa, maggiorata del 30%, non ha natura d’imposta bensì di sanzione, e che non pregiudica l’attività dell’Ufficio IVA nei confronti del venditore. (Cass. n. 9540/011)

3. Anche il secondo motivo di ricorso incidentale è infondato, atteso che la data dalla quale inizia a decorrere il termine per il pagamento è quella di notificazione dell’avviso di accertamento e liquidazione della maggiore imposta dovuta; ne consegue che, una volta che siano trascorsi 60 giorni dalla notifica senza che il contribuente abbia provveduto ad estinguere il tributo, imposta e sanzione ben possono essere iscritte a ruolo e poste in riscossione contestualmente.

4. Il terzo motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

E’ inammissibile, perché privo del requisito della specificità richiesto dall’art. 366, 1° co., nn. 4 e 6 cod. proc. civ., laddove si limita a sostenere, in contrasto con quanto accertato in sentenza, che la cartella di pagamento non contiene un preciso riferimento alla sanzione di cui all’articolo 13, comma 2, del d. Igs. n. 471/97, ma non riporta il testo dell’atto impugnato, che sarebbe stato travisato dal giudice d’appello, così precludendo a questa Corte, che non ha accesso diretto agli atti di causa, di verificare la sussistenza del vizio denunciato.

Il motivo è invece infondato laddove sostiene che la norma di cui all’art. 17, comma 3, del d. Igs. n. 472/97 non consenta di irrogare altra e diversa sanzione dopo che si è proceduto alla definizione agevolata: in proposito è sufficiente richiamare le ragioni esplicitate con riguardo al motivo di ricorso principale, nonché la già citata Cass. n. 9540/011.

5. L’accoglimento, nei sensi di cui in motivazione, del ricorso principale comporta la cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ..

Il ricorso originario della contribuente va dunque parzialmente accolto, con annullamento della cartella impugnata in relazione alle somme eccedenti la sanzione effettivamente dovuta, che deve essere commisurata alla metà della

maggiore imposta liquidata (detratto, quindi, quanto già versato dalla contribuente all’atto della registrazione).

Le spese dell’intero giudizio si compensano in considerazione della complessità della questione trattata e delle ragioni che hanno indotto al parziale accoglimento del ricorso principale, diverse da quelle dedotte dalla ricorrente.

P.Q.M.

Accoglie nei sensi di cui in motivazione il ricorso dell’Agenzia delle entrate, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie parzialmente il ricorso originario della contribuente e annulla la cartella impugnata in relazione alle somme eccedenti la sanzione ex art. 13, comma 2, del d. Igs. n. 471/97 effettivamente dovuta, da commisurare alla metà della maggiore imposta liquidata. Compensa le spese dell’intero giudizio.