CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 agosto 2021, n. 23378
Tributi – Riscossione – Cartelle di pagamento – Difetto di notifica – Cittadino italiano con residenza all’estero conoscibile dall’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione all’AIRE
Fatti di causa
F.M. impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza tre intimazioni di pagamento, scaturite da tre cartelle di pagamento presupposte, che asseriva non essere state mai notificate. Le intimazioni venivano notificate in data 8.4.2011 con raccomandata A/R presso la propria residenza estera, in quanto la contribuente si era trasferita alle Isole Mauritius nel 1992 ed aveva provveduto ad iscriversi all’A.I.R.E. a seguito del suddetto trasferimento.
La notifica delle cartelle era avvenuta con la procedura notificatoria di cui all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973. La Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza, con sentenza n. 27/6/2012, rigettava il ricorso, ritenendo rituale la notifica delle cartelle presupposte alle intimazioni eseguita ai sensi dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 presso l’ultimo domicilio fiscale della stessa, respingendo le doglianze relative ai vizi propri delle predette intimazioni. La contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto che, con sentenza n. 582/29/14, respingeva il gravame. F.M. ricorre per la cassazione della pronuncia, svolgendo cinque motivi. E.N. s.p.a. si è costituita con controricorso. La Procura Generale della Corte di Cassazione ha depositato memorie scritte, concludendo per l’accoglimento dell’impugnazione. Il ricorso, fissato all’udienza pubblica del 6.5.2021, è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal sopravvenuto art. 23, comma 8 bis, del d.l. n. 137 del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. violazione degli artt. 58, 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, 142 c.p.c., e 24 Cost. laddove la Commissione Tributaria Regionale non prenderebbe atto che le cartelle di pagamento prodromiche alle intimazioni di pagamento impugnate non sono state mai notificate. La ricorrente deduce che le cartelle sono state comunicate con la procedura prevista dagli artt. 58 e 60 d.P.R. n. 600 del 1973, benché fosse residente all’estero e iscritta all’A.I.R.E. Tale procedura di notificazione non sarebbe corretta, secondo l’indirizzo espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 366 del 2007, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 58 e 60 del d.P.R. cit., per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui essi prevedevano che, nel caso di notifica ad un contribuente estero residente iscritto all’AIRE, non dovevano essere applicate le previsioni di cui all’art. 142 c.p.c.
2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento, per violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, non avendo la Commissione Tributaria Regionale valutato le contrastanti deduzioni proposte dalla contribuente. Si rileva che risulterebbe dal contenuto della sentenza impugnata l’identità tra le deduzioni di E. e le statuizioni dei giudici di appello, pertanto la sentenza sarebbe viziata da nullità poiché insufficientemente motivata laddove non riporta né esamina le specifiche doglianze della contribuente, limitandosi pedissequamente ad enunciare le ragioni dell’Amministrazione finanziaria, aderendo alle stesse in maniera acritica, senza prendere in considerazioni le deduzioni difensive della contribuente espresse in contrasto.
3. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione dell’art. 50, comma 2, del d.P.R. n. 602 del 1973 laddove la Commissione Tributaria Regionale non prenderebbe atto che la mancata notifica dell’atto prodromico non costituisce motivo di illegittimità dell’atto successivo. Tale capo della sentenza dovrebbe essere cassata in quanto, al contrario di quanto sostiene il giudice di appello, il vizio di notifica dell’atto prodromico si riflette sul successivo atto di intimazione.
4. Con il quarto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 laddove la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto che la mancata impugnazione delle cartelle di pagamento unitamente alle intimazioni di pagamento abbia determinato la definitività della pretesa tributaria.
5. Con il quinto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione degli artt. 1, 2, 3 e 7 della 1. n. 470 del 1988 laddove si ritiene che la contribuente, pur essendo iscritta all’anagrafe degli italiani residenti all’estero abbia “fatto la scelta di non rendersi reperibile all’amministrazione finanziaria”.
6. I motivi di ricorso vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione logica.
La questione posta dal ricorso in esame, su cui si fondano tutte le censure alla sentenza impugnata, è quella della ritualità della notificazione delle cartelle di pagamento prodromiche alle intimazioni, che la ricorrente ritiene non essere stata correttamente effettuata al domicilio fiscale identificato dall’ultima residenza della contribuente trasferitasi all’estero. F.M. sostiene che, in base a tale trasferimento ed alla iscrizione all’AIRE effettuata in epoca antecedente a quelle notifiche, l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto notificargli gli atti impositivi nel Paese estero di nuova residenza, come previsto dagli artt. 58, comma 1 e 2, e 60, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, vigenti ratione temporìs, alla stregua della dichiarazione di illegittimità costituzionale di tali disposizioni intervenuta con sentenza della Corte costituzionale n. 366 del 2007, che sarebbe successiva al compimento di quella procedura notificatoria.
6.1. Le critiche sono fondate, per i principi di seguito enunciati.
a) La procedura di notificazione degli atti tributari a persone residenti all’estero è regolamentata dalle norme del Titolo VI del d.P.R. n. 600 del 1973 e, in particolare, dal combinato disposto di cui agli artt. 58 e 60 del decreto citato. Fino al 3 luglio 2006, le suddette disposizioni si limitavano ad attribuire, al contribuente trasferitosi all’estero, la facoltà di eleggere domicilio, ai fini della notificazione degli atti tributari, presso una persona o un ufficio ubicato nel Comune di ultima residenza, comunicando tale sua eventuale scelta all’ente impositore territorialmente competente, mediante raccomandata a/r oppure tramite espressa specificazione nella dichiarazione dei redditi annuale, disponendo l’inapplicabilità dell’art. 142 c.p.c.. In tal caso, anche se la residenza estera del contribuente notificando era conoscibile all’Amministrazione finanziaria, qualora oggetto di iscrizione all’A.I.R.E., l’Ufficio impositore era comunque legittimato ad effettuare la notificazione dell’atto impositivo, mediante mera affissione di un avviso di deposito dell’atto presso l’albo pretorio del Comune di ultima residenza, ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973.
Il Legislatore è intervenuto a modificare l’art. 60 cit., introducendo la lett. e- bis) al primo comma, con cui si disponeva, in favore del contribuente non residente nello Stato italiano, la facoltà di comunicare all’Amministrazione finanziaria l’indirizzo estero ove ricevere la notificazione dei provvedimenti tributari mediante raccomandata con avviso di ricevimento, ferma comunque restando l’inapplicabilità dell’art. 142 c.p.c.(art. 37, comma 27, del d.l. n. 223 del 2006).
b) La Corte costituzionale, con sentenza n. 366 del 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo comma, lettere c) ed f) dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile all’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (A.I.R.E.), che le disposizioni contenute nell’art. 142 c.p.c. non si applicano. La Consulta, modificando la disciplina in esame, ha ritenuto, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., che le disposizioni normative portate dal combinato disposto di cui ai più volte citati artt. 58 e 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 fossero lesive dei principi insiti nelle norme sopra menzionate, non garantendo ai contribuenti italiani iscritti all’A.I.R.E. il diritto ad acquisire effettiva conoscenza dei provvedimenti tributari ad essi, destinati, dando luogo ad una “ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai residenti in Italia, ai quali detta conoscenza era invece garantita dal fatto che le notificazioni degli atti tributari sono effettuate nel domicilio fiscale, e cioè, ai sensi del denunciato art. 58, secondo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 “nel comune nella cui anagrafe sono iscritte” le persone fisiche contribuenti.
La Consulta ha considerato costituzionalmente illegittima la inapplicabilità dell’art. 142 c.p.c. alle notificazioni degli atti tributari, laddove tale inconcepibile inibizione normativa limitasse decisamente l’esercizio del diritto di difesa da parte del contribuente italiano trasferitosi all’estero senza che tale vulnus fosse giustificato da un “apprezzabile interesse dell’amministrazione notificante a non subire eccessivi aggravi nell’espletamento della procedura notificatoria”, dacché l’ente erariale sarebbe stato semplicemente onerato di dover espletare la procedura di notificazione presso la residenza estera risultante dall’A.I.R.E.
Tale sistema normativo, secondo la Corte, non garantiva “al notificatario non più residente in Italia l’effettiva conoscenza degli atti a lui destinati, senza che a tale diminuita garanzia corrisponda un apprettatile interesse
dell’amministrazione finanziaria notificante a non subire eccessivi aggravi nell’espletamento della procedura notificatoria”.
Di contro, precisa la Consulta, la modalità di notificazione prevista in via generale dall’articolo 142 c.p.c. assicura al notificatario l’effettiva conoscenza dell’atto a lui destinato, imponendo all’Amministrazione finanziaria di espletare la non troppo gravosa procedura di notifica presso la residenza estera risultante dall’A.I.R.E.
c) Il Legislatore è poi intervenuto con l’art. 2, comma 1, lett.a) del d.l. 25 marzo 2010, n. 40 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73) andando ad inserire i commi 4 e 5 all’art. 60 del d. P.R. n. 600 del 1973, nei quali viene tutt’ora previsto che, in alternativa alla procedura di cui all’art. 142 c.p.c., la notificazione ai contribuenti non residenti possa essere effettuata tramite spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo risultante dall’A.I.R.E., salva la facoltà di procedere con la notifica mediante affissione presso l’albo pretorio, ciononostante applicabile solo in caso di esito negativo della spedizione effettuata all’estero. La disposizione al comma quinto stabilisce che la procedura potrà trovare applicazione solo qualora i contribuenti trasferitisi all’estero non abbiano comunicato all’Agenzia delle entrate l’indirizzo della residenza estera o del domicilio eletto in Italia ove intendano ricevere la notificazione degli atti impositivi, in quanto laddove così fosse, l’Ufficio impositore non potrà che procedere ai sensi del precedente comma primo, lett. e-bis) dell’art. 60 del d.P.R. n. 600/1973, purché, al momento di effettuazione della notificazione, siano trascorsi almeno 30 giorni dalla data di ricezione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, della comunicazione del cambio di residenza.
A seguito delle modifiche introdotto dal d.l. n. 193 del 2016, art. 7 quater, all’art. 60 del d.P.R. cit. “Salvo quanto previsto dai commi precedenti ed in alternativa a quanto stabilito dall’articolo 142 del codice di procedura civile, la notificazione ai contribuenti non residenti è validamente effettuata mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera rilevato dai registri dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o a quello della sede legale estera risultante dal registro delle imprese di cui all’art. 2188 del codice civile. In mancanza dei predetti in dirigi, la spedizione della lettera raccomandata con avviso di ricevimento e effettuata all’indirizzo estero indicato dal contribuente nelle domande di attribuzione del numero di codice fiscale o variazione dati e nei modelli di cui al terzo comma, primo periodo. In caso di esito negativo della notificazione si applicano le disposizioni di mi al primo comma, lettera e), ha notificazione ai non residenti è validamente effettuata ai sensi del quarto comma qualora i medesimi non abbiano comunicato all’Agenzia delle entrate l’indirizzo della loro residenza o sede estera o del domicilio eletto per la notificazione degli atti, e le successive variazioni, con le modalità previste con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.
La comunicazione e le successive variazioni hanno effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione.
d) Non può essere condiviso l’assunto difensivo, sostenuto da E.N. s.p.a., che ritiene la irretroattività delle decisioni di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 366 del 2007, relativa a disciplina processuale. Invero, è stato precisato che: “nel caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma processuale, fin quando la validità ed inefficacia degli atti disciplinati da detta norma sono sub judice, il rapporto processuale non può considerarsi esaurito; sicché nel momento in cui viene in discussione la ritualità dell’atto, la valutazione della sua conformità alla disposizione va valutata tenendo conto della sua modificazione conseguita alla pronuncia di incostituzionalità, indipendentemente dal tempo in cui l’atto è stato compiuto” (Cass. n. 3642 del 2007; Cass. n. 8548 del 2003; Cass. n. 17184 del 2003; Cass. n. 113 del 2004).
Questa Corte, in fattispecie analoga a quella in cui si procede, ha stabilito che: “nella specie è indubbia l’efficacia retroattiva della sentenza n. 366/2007 rispetto alla notifica anteriormente effettuata della cartella esattoriale presupposta, la cui invalidità è stata fatta valere tempestivamente con l’impugnazione della iscrizione di ipoteca, primo atto idoneo a porre il contribuente in grado di esercitare il diritto di difesa” (Cass. n. 10528 del 2017).
Nel caso in esame il rapporto processuale non poteva ritenersi esaurito, con conseguente applicazione retroattiva della norma processuale come modificata a seguito dell’intervenuto rilievo di illegittimità costituzionale. Oltre al fatto che, la “ratio ” del procedimento notificatorio impone di tenere conto del principio più volte espresso da questa Corte, secondo cui: ” In ambito tributario, la funzione propria della notificatone — di dirigerne l’oggetto verso il destinatario e di metterglielo a disposizione in modo da provocarne la presa di conoscenza — è, stante l’effetto che ne discende in rapporto all’atto contenente una pretesa impositiva, amplificata nel segno della maggiore garanzia della conoscenza effettiva. Tanto è da affermare in ragione del principio generale dettato dall’art. 6 dello statuto del contribuente (l. 27 luglio 2000, n. 212), a tenore del quale l’amministrazione finanziaria deve, in linea generale, assicurare l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati. Siffatto principio partecipa dei canoni di collaborazione, cooperatone e nona fede in cui trova esplicitazione l’intera logica sottesa allo statuto, cui, in sede di interpretazione, il giudice de ve fare riferimento al fine di risolvere eventuali dubbi ermeneutici nel senso più consono ai principi dallo stesso espressi (fr. Cass. 2005/9407), e in forza del quale l’amministrazione deve comportarsi sempre con lealtà e chiarezza (guidando e) facilitando l’adempimento dei doveri da parte dei privati”. (Cass. n. 6114 del 2011).
In difetto di rituale notifica delle cartelle di pagamento presupposte va rilevata l’illegittimità anche delle successive intimazioni, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere ed a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, soprattutto di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio di difesa. La cartella di pagamento costituisce il presupposto per la notifica dell’intimazione, e serve a portare a diretta conoscenza dell’interessato la pretesa tributaria iscritta nei ruoli ed ha, quindi, un contenuto necessariamente più ampio del secondo, la cui notifica è, a differenza della notificazione della cartella, meramente eventuale, essendo prevista per il caso in cui il contribuente, reso edotto dell’imposta dovuta, non ne abbia eseguito spontaneamente il pagamento nei termini indicati dalla legge.
Il mancato rispetto della precisa sequenza procedimentale del procedimento di riscossione, nella quale l’esercizio della pretesa tributaria si dipana dall’atto impositivo alla cartella ed all’eventuale intimazione di pagamento, determina sicuramente un vizio della procedura di riscossione, in quanto essa verrebbe a svolgersi in modo difforme dallo schema normativo.
Quanto alla necessità di impugnare contestualmente l’intimazione di pagamento alle cartelle presupposte di cui si asserisce il difetto di notifica, questa Corte, con sentenza a SS.UU. n. 16412 del 2017, ha precisato che l’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992 “non impone la contribuente, come emerge con chiarezza dall’uso del verbo “consentire”, alcun onere di impugnare cumulativamente l’atto successivo e l’atto presupposto del quale sia stata omessa la notificazione e nemmeno suggerisce una simile percorso di contestazione: una siffatta interpretazione sarebbe in patente contraddizione con la ratio del nuovo processo tributario, che è ispirato alla tutela dei diritti del contribuente (e in particolare dell’inalienabile diritto di difesa), nel quadro di una assimilazione ai caratteri del processo civile, nonché con i principi “forti” che, alla luce l. 212 del 2000, caratterizzano l’attuale sistema tributario nella direzione di un riequilibrio delle posizioni delle parti in contraddittorio. Impone al contribuente l’impugnazione cumulativa dell’atto successivo e dell’atto presupposto del quale sia stata omessa la notificazione, significherebbe privilegiare immotivatamente l’amministrazione finanziaria, recuperandone in via processuale l’azione impositiva esercitata in violazione della specifica scansione procedimentale dettata dalle regole di diritto sostanziale: sarebbe un modo per togliere sostanza e vigore a quelle regole e per rendere, in ultima analisi, assolutamente libero l’agire dell’amministrazione. Pur tenendo conto della infelice ed approssimativa formulazione, la norma appare, tuttavia, manifestamente animata da una volontà di favorire una più rapida soluzione delle controversie, offrendo al contribuente l’opportunità- affidata alai sua libera scelta- di contrastare con un solo atto la pretesa tributaria ed ottenere così una pronuncia che non esaurisca i propri effetti nella dichiarazione di annullamento dell’atto successivo, ma si estenda anche all’atto presupposto, investendo radicalmente e per intero la pretesa dell’amministrazione finanziaria. Si tratta, tuttavia, solo di una facoltà riconosciuta al contribuente, il quale — coerentemente con il “principio della domanda” che caratterizza il processo tributario riformato — è lasciata la electio tra l’uno o l’altro percorso di contestazione”.
7. Da siffatti rilievi consegue che la Commissione Tributaria Regionale ha errato nel considerare la validità della notifica della cartella di pagamento a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile all’amministrazione finanziaria, in base all’iscrizione all’AIRE, per effetto della declaratoria di incostituzionalità del combinato disposto degli artt. 58, commi 1 e 2, secondo periodo, 60, comma 1, lettere c), e) ed f) del d.P.R. n. 600 del 1973, 26, ultimo comma d.P.R. n.602 del 1973, nella parte in cui prevede la non applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 142 c.p.c.
Pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va accolto l’originario ricorso proposto dalla contribuente. Le spese di ogni fase e grado del giudizio, tenuto conto del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate rispetto all’epoca della introduzione della lite, vanno interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso proposto dalla contribuente. Compensa le spese di lite di ogni fase e grado.
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