CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 luglio 2018, n. 19653
Avvocati – Procedimento disciplinare – Sanzione della sospensione – Impugnazione – Termini – Applicazione codice deontologico vigente al momento della proposizione dell’impugnazione
Svolgimento del processo
Con sentenza del 4/4/2017 il C.N.F. ha dichiarato inammissibile, per tardività, il gravame interposto dall’avv. G.S. in relazione alla decisione del C.O.A. di Gela del 12/5/2014 irrogativa della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per la durata di mesi 3.
Avverso la suindicata decisione del C.N.F. lo S. propone ora ricorso per cassazione affidato a 2 motivi.
Gli intimati C.O.A. di Gela e Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Con il 1° motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 3 L. n. 241 del 1990, in riferimento all’art. 360, 1° n. 3, c.p.c.
Si duole che la pronunzia di 1° grado non recasse (anche) l’indicazione dei termini di relativa impugnazione.
Lamenta essere stata tale decisione emessa quando il nuovo regolamento n. 2 del 21/2/2014 avente ad oggetto il procedimento disciplinare era stato già emanato sicché, pur se non ancora vigente, tale circostanza fonda la fattispecie dell’<<errore scusabile>>, atteso che <<il ricorrente ha erroneamente ritenuto applicabile il nuovo termine d’impugnazione di cui al regolamento n. 2 del 21/02/2014 piuttosto che … quello di cui all’art. 50, comma 2, del R.D.L. n. 158/1933>>, a fortiori in quanto <<l’art. 26 del nuovo procedimento disciplinare stabilisce che “il dispositivo deve indicare il termine entro cui ricorrere innanzi al C.N.F.”, lasciando così intendere che trattasi di requisito importante la cui omissione può indurre in errore il soggetto interessato>>.
Con il 2° motivo denunzia <<eccesso di potere – violazione del principio del favor rei>>.
Si duole non essersi considerato che l'<<indubbia natura afflittiva>> delle sanzioni disciplinari <<deve … indurre all’applicazione del principio del “favor rei”, atteso che la retroattività piena ed incondizionata della legge abrogatrice è in realtà giustificata da un’esigenza di parità sostanziale di trattamento riconducibile alla disposizione di cui all’art. 3 della Cost.>>, e che la giurisprudenza di legittimità ha d’altro canto affermato che <<le norme del nuovo codice si applicano anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato, avendo l’art. 65, comma 5, della L. n. 247/2012 recepito il criterio del “favor rei” in luogo del criterio del tempus regit actum>>, non potendo <<non rilevarsi come vi sia stata una successione di discipline nel tempo sia per ciò che concerne il Codice Deontologico Forense, sia per ciò che concerne la regolamentazione del procedimento disciplinare>>, essendo pertanto suo <<diritto … vedersi riconosciuta la disciplina … più favorevole>>.
Il ricorso è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c.
Con la L. n. 247 del 2014 ( recante “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense) il C.N.F. è stato delegato ad emanare il nuovo Codice Deontologico Forense [art. 3, commi 3 e 5, art. 35, comma 1 lett. d), art. 65, comma 5].
Il C.N.F. ha adottato il nuovo Codice Deontologico Forense con Regolamento n. 1 del 2014, approvato il 31/1/2014, pubblicato nella G.U. n. 241 del 16 ottobre 2014 ed entrato in vigore il 15/12/2014.
Ai sensi dell’art. 50, comma 5, del Titolo V (Il Procedimento disciplinare) della L. n. 247 del 2012 il C.N.F. ha successivamente altresì adottato il Regolamento n. 2 del 21 febbraio 2014 (recante “Procedimento disciplinare), divenuto vigente il 1° gennaio 2015 (v. Cass., Sez. Un., 3/11/2017, n. 26148; Cass., Sez. Un., 26/9/2017, n. 22358), e successivamente modificato ( con delibera assunta nella seduta amministrativa del 24 marzo 2017 ) a far data dal 7 maggio 2017.
Come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, la L. n. 247 del 2012 all’art. 65 (rubricato “Disposizioni transitorie”), comma 5 (interamente dedicato all’emanando nuovo codice deontologico), dispone che l'<<entrata in vigore del codice deontologico determina la cessazione di efficacia delle norme previgenti anche se non specificamente abrogate. Le norme contenute nel codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato>> (v. Cass., Sez. Un., 18/4/2018, n. 9558; Cass., Sez. Un., 16/2/2015, n. 3023).
Si è da queste Sezioni Unite osservato che, nel fissare il momento di transizione dall’operatività del vecchio a quella del nuovo Codice Deontologico, la nuova legge professionale espressamente regola (a tale stregua prevenendo le incertezze interpretative manifestatesi in occasione di precedenti successioni di norme deontologiche) la successione nel tempo delle norme dell’allora vigente e di quelle dell'(allora) emanando nuovo codice deontologico (e delle ipotesi d’illecito e delle sanzioni da esse rispettivamente contemplate) improntandola al criterio del favor rei (v. Cass., Sez. Un., 16/2/2015, n. 3023).
Si è al riguardo altresì posto in rilievo che tra le principali innovazioni rispetto a quello previgente il nuovo Codice Deontologico Forense presenta la (ancorché non assoluta, certamente tendenziale) tipicizzazione degli illeciti e la predeterminazione delle sanzioni correlativamente applicabili.
Si è per altro verso sottolineato che la norma di cui al suindicato art. 65 è volta a regolare la successione tra le norme del vecchio e del nuovo Codice deontologico, e quindi delle fattispecie incriminatrici e delle correlative sanzioni di natura amministrativa applicabili, laddove per gli istituti regolati da fonte diversa dal Codice deontologico, e in particolare dalla legge, <<resta operante il criterio generale dell’irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative>>, attesa la scelta discrezionale del legislatore volta a <<potenziare l’efficacia dissuasiva della sanzione, eliminando per il trasgressore ogni aspettativa di evitare la sanzione grazie a possibili mutamenti legislativi (Corte cost. 20 luglio 2016, n. 193 )>> (così Cass., Sez. Un., 18/4/2018, n. 9558).
Va in argomento ulteriormente precisato che nel dettare la disciplina transitoria stabilendo che si applicano le norme più favorevoli per l’incolpato anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore, l’art. 65, comma 5, L. n. 247 del 2012 fa espresso e specifico riferimento alle norme del nuovo Codice Deontologico Forense (Regolamento C.N.F. n. 1 del 2014), e non anche a quelle del Regolamento C.N.F. n. 2 del 2014 (recante “Procedimento disciplinare”).
Ne consegue che erroneamente l’odierno ricorrente invoca l’applicazione nella specie (anche) della norma di cui all’art. 33 Regolamento C.N.F. n. 2 del 2014 sul Procedimento disciplinare, in base al principio del favor rei.
Quest’ultimo si applica infatti, come detto, solamente alle norme del Codice Deontologico Forense, laddove trattandosi di atto come nella specie d’impugnazione la norma applicabile avente ad oggetto i relativi termini è quella vigente al momento della sua proposizione, in applicazione del principio tempus regit actum, invero richiamato nelle stesse premesse del Regolamento C.N.F. n. 2 del 2014 mediante il riferimento all’art. 65, comma 1, L. n. 247 del 2012.
A tale stregua, il termine (perentorio) d’impugnazione della decisione del C.O.A. di Gela in argomento era quello stabilito dalla previgente disciplina (tra l’altro ormai decorso al momento dell’entrata in vigore – oltre 6 mesi dopo – del Codice Deontologico Forense).
Pertanto, non già – come sostenuto dall’odierno ricorrente – quello di 30 giorni dalla data di notifica della decisione ex art. 33 Regolamento CNF 21 febbraio 2014 n. 2, bensì quello di 20 giorni ex art. 50, 2° co., r.d.l. n. 158 del 1933 all’epoca (ancora) vigente.
Termine che, come indicato nell’impugnata sentenza, in considerazione anche <<del periodo di sospensione feriale dal 1° Agosto al 15 Settembre e che l’ultimo giorno cadeva di sabato>> è venuto nel caso a scadere lunedì 29/9/2014.
Correttamente il gravame è stato pertanto nell’impugnata sentenza dal C.N.F. (che allorquando pronunzia in materia disciplinare è un giudice speciale istituito con d.lgs. Igt. 23 novembre 1944, n. 382, e tuttora legittimamente operante giusta la previsione della VI disp. transitoria della Costituzione: v. Cass., Sez. Un., 23/3/2005, n. 6213, e da ultimo, Cass., Sez. Un., 3/11/2017, n. 26148) ritenuto tardivamente proposto.
Non può infine sottacersi che non viene nel caso in rilievo l’istituto della scusabilità dell’errore con riferimento all’individuazione del termine d’impugnazione nella specie applicabile, non rinvenendosi (anche in considerazione della mancata relativa deduzione da parte dell’odierno ricorrente nel rispetto dei requisiti a pena d’inammissibilità richiesti all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c.), atti o circostanze positive tali da ingenerare in capo all’odierno ricorrente la suesposta erronea convinzione sul significato della norma ex art. 65 L. n. 247 del 2012, dovendo per converso trovare al riguardo applicazione il diverso principio di autoresponsabilità.
Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 settembre 2019, n. 22714 - Applicazione codice deontologico vigente al momento della proposizione dell’impugnazione per la determinazione della sanzione e termine di opposizione
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 giugno 2020, n. 11540 - In tema di licenziamento disciplinare, il fatto contestato ben può essere ricondotto ad una diversa ipotesi disciplinare, ma l'immutabilità della contestazione preclude al datore di lavoro di…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 16252 depositata l' 8 giugno 2023 - Il codice deontologico forense richiama il dovere di adempimento fiscale, prevedendo, all'art. 16, che l'avvocato deve provvedere agli adempimenti fiscali previsti dalle norme in…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 8410 depositata il 23 marzo 2023 - In materia di responsabilità disciplinare dei magistrati, secondo il quale, in tema di rapporti tra procedimento penale e procedimento disciplinare, il giudicato penale non preclude,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 settembre 2021, n. 25901 - Il procedimento disciplinare mantiene come tale la sua autonomia e potrà risentire degli effetti del giudicato penale se l'azione disciplinare sia ancora non definita oppure solo se ed in…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 settembre 2020, n. 19246 - Per il periodo successivo al 1° luglio 1997, in forza dell'art. 3, comma 22, del d. Igs. n. 164 del 1997, la regola del cumulo tra pensione erogata dal Fondo Volo e la retribuzione da lavoro…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…