CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 luglio 2019, n. 19979
Tributi – Addizionale all’imposta sull’energia elettrica – Energia elettrica utilizzata come materia prima nei processi industriali elettrochimici ed elettrometallurgici – Domanda di rimborso – Mancato rispetto della procedura ex art. 29, co. 4, della L. n. 428 del 1990 – Effetti
Fatti di causa
1. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze («M.E.F.») e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli («A.D.») ricorrono, con due motivi, per la cassazione della sentenza (indicata in epigrafe) di accoglimento parziale degli appelli principale ed incidentale proposti, rispettivamente, dalle citate Amministrazioni e dal contribuente avverso la sentenza n. 1754/2007 emessa dal Tribunale di Cagliari.
Il Giudice di primo grado, a sua volta, aveva parzialmente accolto la domanda di ripetizione (di cui all’atto di citazione del 16 giugno 1998) delle somme versate a titolo di addizionale all’imposta sull’energia elettrica (dal 1989 all’agosto del 1996). Il contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, affidato a cinque motivi, sostenuti da memoria.
2. Dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte emerge quanto segue circa i fatti di causa.
3. Con atto di citazione del 16 giugno 1998, il contribuente agì per ottenere la ripetizione delle somme versare a titolo di addizionale erariale al consumo dell’energia elettrica (in favore di comuni e province) di cui agli artt. 6 del d.l. 28 novembre 1988, n. 511 (conv. dalla I. 27 gennaio 1989, n. 20) e dell’art. 4 del d.l. 30 settembre 1989, n. 332 (conv. dalla I. 27 novembre 1989, n. 384), assumendone la non traslazione delle stesse ad altri soggetti. In particolare, la pretesa era fondata sull’esclusione, con efficacia retroattiva, dall’assoggettamento a detta addizionale d’imposta l’energia elettrica utilizzata come materia prima nei processi industriali elettrochimici ed elettrometallurgici, ex art. 4 del d.l. 28 giugno 1995, n. 250 (conv., con modif., dalla I. 8 agosto 1995, n. 349 e successivamente abrogato dalla I. 23 dicembre 2000, n. 388).
L’Amministrazione convenuta, per quanto ancora rileva ai presenti fini, eccepì la decadenza dalla domanda di rimborso in oggetto, in ragione del decorso del termine biennale di cui all’art. 14, comma 2, del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (T.U. delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali ed amministrative, di seguito anche: «TUA»). Nel merito si dedusse la non esclusione del consumo dell’energia elettrica da parte del contribuente dall’imposizione in esame.
4. Il Tribunale di Cagliari, all’esito dell’istruttoria anche documentale caratterizzata da espletata CTU, accolse parzialmente la domanda e condannò il Ministero alla restituzione in favore del contribuente di un importo minore rispetto a quello richiesto, oltre interessi come per legge, dalla domanda al saldo.
5. Avverso la sentenza di primo grado proposero appello, in via principale, il M.E.F. e l’A.D., prospettando, oltre all’inammissibilità della domanda di restituzione (come chiarito dalla la Corte d’appello) l’erronea applicazione della disciplina decadenziale di cui al citato art. 14 TUA, e, in via incidentale, lo stesso contribuente.
La Corte territoriale, con la sentenza oggetto di attuale impugnazione, accolse le doglianze mosse dalle Amministrazioni solo in merito all’interpretazione dell’art. 14 cit., ritenendo invece, nonostante l’esperita CTU, non raggiunta la prova (gravante in capo All’amministrazione finanziaria) dell’avvenuta traslazione dell’accisa ad altri soggetti (che, se accertata, avrebbe, invece portato ad escludere il diritto al rimborso).
Il Giudice di merito accolse parzialmente anche l’appello incidentale, ritenendo peraltro accertata la richiesta di rimborso presentata all’amministrazione il 9 febbraio 1998 (quindi antecedentemente all’atto di citazione del 16 giugno 1998), con conseguente decadenza dal diritto al rimborso per le addizionali versate fino al 9 febbraio 1996.
In particolare, fu rilevata l’infondatezza della eccepita (da parte dell’Amministrazione) inammissibilità della domanda per mancato rispetto della procedura di cui all’art. 29, comma 4, della I. 29 dicembre 1990, n. 428, ritenendo applicabile la relativa disciplina solo all’ipotesi di rimborso di contributi incompatibili con norme comunitarie (invece ritenuta non ricorrente nel caso di specie). Con riferimento alla disciplina decadenziale, la Corte d’Appello interpretò il citato art. 14, espressamente, alla luce del principio di cui a Cass. sez. 5, 14/05/2008, n. 12045, Rv. 603137-01 (consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, si veda, ex plurimis, anche Cass. sez. 6-3, 09/06/2015, n. 11977, Rv. 635480-01). Nel rigettare il primo motivo dell’appello incidentale del contribuente, il Giudice di merito ritenne applicabile il detto regime decadenziale anche con riferimento alla domanda di rimborso delle addizionali sulle accise in oggetto, in quanto aventi la medesima natura della detta imposta.
Ciò in applicazione di principio statuito, ancorché con riferimento all’applicazione dell’art. 19 del d.l. n. 688/1982, conv. dalla I. n. 873 del 1982, da Cass. sez. 5, 11/06/2003, n. 9299, Rv. 564114-01, in motivazione, oltre che dalla precedente Cass. sez. 5, 10/01/2002, n. 216, Rv. 551477-01, sempre in motivazione.
La Corte territoriale infine rigettò la doglianza del contribuente, appellante incidentale, circa il tasso di interessi applicato, quello di cui all’art. 5 della I. 26 gennaio 1961, n. 29 (in quanto richiamato dall’art. 52 del TUA), in luogo di quello, ritenuto corretto dall’appellante, previsto dall’art. 3 del TUA (in quanto richiamato dall’art. 14, comma 2, del TUA, nella formulazione applicabile, ratione temporis, in vigore dal 14 dicembre 1995 al 31 marzo 2010, cioè antecedente alle modifiche apportate con d.lgs. 29 marzo 2010, n. 48, ed alla sua sostituzione ad opera del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, conv., con modif., dalla I. 1 dicembre 2016, n. 225).
6. Contro la sentenza d’appello il M.E.F. e l’A.D. propongono congiunto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, ed il contribuente resiste con controricorso, con il quale prospetta anche diversi profili di inammissibilità dei motivi del ricorso principale, e propone ricorso incidentale, affidato a cinque motivi, le cui ragioni sono sostenute da memoria.
In sede di discussione le parti concludono come riportato in epigrafe.
Ragioni della decisione
1. Con il motivo n. 1 del ricorso principale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. si deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 29, commi 2 e 4 della I. n, 428 del 1990.
Con il motivo n. 2 del ricorso principale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., avendo la Corte d’appello, anche all’esito di CTU non ritenuta raggiunta la prova dell’avvenuta traslazione dell’addizionale (il cui onere grava in capo all’amministrazione).
Con il motivo I del ricorso incidentale del contribuente si deduce, ancorché con l’indicazione, quale riferimento normativo, all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. e non al n. 3 del medesimo comma, «violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 504/95, ratione materia (rectius: materiae)».
Con il motivo II del ricorso incidentale del contribuente, si deducono, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., «violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 504/95 – insufficiente motivazione».
Con il motivo III del ricorso incidentale del contribuente, si deducono, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., «violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 504/95, ratione temporis, art. 3 I. 212/00-insufficiente motivazione» sostanzialmente per aver il Giudice di merito ritenuto retroattiva la norma inerente il regime decadenziale biennale.
Con il motivo IV del ricorso incidentale del contribuente, si deducono, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., «violazione art. 112 c.p.c.-difetto di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, sull’esatta liquidazione delle somme dovute».
Con il motivo V del ricorso incidentale del contribuente, si deducono, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., «violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del d.lgs. comma 2 – insufficiente motivazione- sulla normativa applicabile in materia di interessi e maggior danno.
2. Il motivo n. 1 del ricorso principale è fondato, per le ragioni e nei termini che seguono, con conseguente assorbimento degli altri motivi di ricorso, tanto principale quanto incidentale.
Come innanzi sintetizzato, si deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 29, commi 2 e 4 della I. n. 428 del 1990.
Sostanzialmente, nei limiti nei quali la doglianza è ammissibile con riferimento ad una effettiva statuizione in merito della Corte territoriale, ci si duole della ritenuta infondatezza della eccepita (da parte dell’Amministrazione) inammissibilità della domanda di rimborso, per mancato rispetto della procedura di cui all’art. 29, comma 4, della l. 29 dicembre 1990, n. 428. La Corte d’Appello, in particolare, avrebbe errato nel ritenere non applicabile nella specie la disciplina di cui innanzi in quanto operante solo per l’ipotesi di rimborso di contributi incompatibili con norme comunitarie (incompatibilità ritenuta non ricorrente nella fattispecie).
2.1. L’interpretazione del Giudice di merito non convince, l’art. 29 è difatti applicabile anche alle domande di rimborso relative a tributi basate sul solo diritto nazionale, come quella fondata sull’art. 4 del d.l. 28 giugno 1995, n. 250 (conv., con modif., dalla I. 8 agosto 1995, n. 349 e successivamente abrogato dalla l. 23 dicembre 2000, L n. 388), cioè sull’esclusione, con efficacia retroattiva, dall’assoggettamento a detta addizionale d’imposta dell’energia elettrica utilizzata come materia prima nei processi industriali elettrochimici ed elettrometallurgici (per l’operatività della detta esenzione e per la natura retroattiva si vedano, ex plurimis: Cass. sez. 5, 07/12/2004, n. 22951, Rv. 579403-01; Cass. sez. 5, 23/11/2011, n. 24685, Rv. 620621-01; Cass. sez. 5, 29/12/2011, n. 29568, Rv. 621049; si veda altresì Cass. sez. 5, 16/11/2018, n. 29534, Rv. 651609-01).
Quanto innanzi lo si argomenta dallo stesso art. 29 laddove il comma 4, che prevede l’ipotesi di inammissibilità in esame, fa riferimento non solo alle richieste di rimborso di cui al precedente comma 2 ma anche a quelle contemplate al comma 3. Esso dispone, difatti, che quando i tributi riscossi non rilevano per l’ordinamento comunitario si applica l’art. 19 del d.l. n. 688 del 1982, inerente il diritto al rimborso di diritti doganali all’importazione, di imposte di fabbricazione o di consumo e di diritti erariali indebitamente corrisposti, senza riferimento alcuno all’incompatibilità con norme comunitarie.
Ne consegue che la procedura di cui all’art. 29, comma 4, cit., volta a consentire l’informazione sul preteso rimborso all’A.E. per i riflessi sui redditi dichiarati dell’esercizio di competenza, si applica anche nel caso di domande di rimborso relative a tributi basate sul solo diritto nazionale (sul punto si veda anche Cass. sez. 5, 25/07/2012, n. 13087, Rv. 623919-01), come quella fondata sull’art. art. 4 del d.l. 28 giugno 1995, n. 250.
2.2. La procedura in esame, peraltro, diversamente da quanto prospettato dal contribuente, opera anche per l’ipotesi di rimborso di addizionale d’imposta che, come tale, si configura quale inasprimento che consiste in un’ulteriore prestazione di un’imposta (quella principale) già esistente, ricadendo sul medesimo oggetto dell’imposta in quanto ricadente sulla medesima specie del bene imponibile (per la natura dell’addizionale di vedano, anche: Cass. sez. 5, 11/06/2003, n. 9299, Rv. 564114-01, oltre che la precedente Cass. sez. 5, 10/01/2002, n. 216, Rv. 551477-01).
3. In conclusione, accolto il motivo n. 1 del ricorso principale con assorbimento degli altri motivi (tanto del ricorso principale quanto di quello incidentale), la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie in motivo n. 1 del ricorso principale, assorbiti tutti gli altri motivi di ricorso tanto principale quanto incidentale, e cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
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