CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 luglio 2019, n. 19980
Tributi – Addizionale all’imposta sull’energia elettrica – Utilizzo dell’energia elettrica per la produzione del fosforo – Funzione di materia prima – Esclusione – Assoggettamento ad imposta
Fatti di causa
1. Il contribuente ricorre, con un motivo, per la cassazione della sentenza (indicata in epigrafe) di accoglimento dell’appello proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (M.E.F.) e dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (A.D.) avverso la sentenza n. 2016/2005 emessa dal Tribunale di Catanzaro. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto la domanda di rimborso delle somme versate a titolo di addizionale all’imposta sull’energia elettrica (dal 1989 al 1992). Le Amministrazioni resistono con unico atto di controricorso.
2. Dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte emerge quanto segue circa i fatti di causa.
3. Il contribuente propose all’Amministrazione finanziaria domanda di rimborso delle addizionali pagate (dal 1989 al 1992) sull’energia elettrica ex art. 4 del d.l. 30 settembre 1989, n. 332 (conv. dalla I. 27 novembre 1989, n. 384), adducendo l’utilizzo della stessa come materia prima nel processo di produzione del fosforo. In particolare, la pretesa era fondata sull’esclusione, con efficacia retroattiva, dall’assoggettamento a detta addizionale d’imposta l’energia elettrica utilizzata come materia prima nei processi industriali elettrochimici ed elettrometallurgici, ex art. 4 del d.l. 28 giugno 1995, n. 250 (conv., con modif., dalla I. 8 agosto 1995, n. 349 e successivamente abrogato dalla I. 23 dicembre 2000, n. 388).
Rigettata l’istanza, il contribuente convenne in giudizio l’Amministrazione finanziaria, con atto di citazione innanzi al Tribunale di Catanzaro.
4. All’esito del giudizio di primo grado, per quanto ancora rileva in questa sede, fu accolta la domanda, avendo il Giudice ritenuto accertato, anche all’esito di espletata CTU, che trattavasi di energia elettrica costituente materia prima nella produzione del fosforo.
5. La Corte territoriale, invece, con sentenza oggetto di attuale impugnazione, riformò la decisione di primo grado in accoglimento dell’appello proposto dal M.E.F. e dall’A.D. Essa ritenne che l’energia elettrica, nella specie, fosse stata utilizzata, nel processo produzione del fosforo, non quale materia prima bensì con funzione meramente termica o di riscaldamento (quindi sostituibile), al fine di favorire l’innesco ed il mantenimento del processo stesso, creando le condizioni di temperatura idonea (nel modo più efficiente possibile in quel momento storico). Quanto innanzi fu statuito condividendo l’esito di ulteriore CTU (espletata in secondo grado), che aveva concluso nei detti termini anche muovendo dalla ricostruzione storica del processo di produzione di fosforo negli ultimi tre secoli («… il processo di produzione del fosforo giallo con il forno ad arco elettrico non è esclusivo, perché nel passato è stata utilizzata differente tecnica …»).
La Corte d’Appello, in particolare, argomentò dal principio della non soggezione all’addizionale sull’energia elettrica impiegata negli opifici industriali, alla luce della norma interpretativa dettata dal citato art. 4 del d.l. n. 250 del 1995, solo limitatamente all’ipotesi di uso dell’energia «come materia prima» nei procedimenti elettrochimici ed elettrometallurgici, ivi comprese le lavorazioni siderurgiche e delle fonderie, e non anche nel caso di uso della stessa in funzione di riscaldamento, quindi sostituibile (Il riferimento, esplicito, fu, in particolare a Cass. sez. 5, 08/09/2008, n. 22566, Rv. 604698-01).
6. Contro la sentenza d’appello il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, mentre il M.E.F. e l’A.D. resistono con controricorso, con il quale prospettano non solo infondatezza del motivo proposto ma anche la sua inammissibilità.
In sede di discussione le parti concludono come riportato in epigrafe.
Ragioni della decisione
1. In ricorso non merita accoglimento.
2. Con l’unico motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 4, commi 1 e 3, del d.l. n. 332 del 1989, n. 332 (conv. dalla I. n. 384 del 1989) e 4 del d.l. n. 250 del 1995 (conv., con modif., dalla I. n. 349 del 1995).
In sostanza, nella parte in cui è ammissibile non risolvendosi in valutazioni di merito che si vorrebbero sostituire a quelle del giudice di merito circa l’accertamento della fattispecie concreta, il ricorrente prospetta un errore di (non) sussunzione della fattispecie nella previsione astratta di cui al citato art. 4 del d.l. n. 250 del 1995. In particolare, il Giudice avrebbe errato nel non ritenere operante l’esenzione dall’addizionale nonostante trattavasi nella specie, quello di produzione del fosforo, di processo elettrochimico, con la conseguenza che, sempre a detta del ricorrente, l’energia utilizzata sarebbe dovuta essere considerata quale materia prima.
2.1. Il motivo in esame è infondato, nei detti limitati profili per i quali è ritenuto ammissibile.
Questa Corte ha chiarito che il principio della non soggezione all’addizionale sull’energia elettrica impiegata negli opifici industriali, alla luce della norma interpretativa dettata dal citato art. 4 del d.l. n. 250 del 1995, è operante limitatamente all’ipotesi di uso dell’energia «come materia prima» nei procedimenti elettrochimici ed elettrometallurgici, ivi comprese le lavorazioni siderurgiche e delle fonderie, e non anche nel caso di uso della stessa in funzione di riscaldamento.
Il riferimento è, in particolare, ex plurimis, a Cass. sez. 1, 22/11/2004, n. 22021, Rv. 579061-01, che, in fattispecie nella quale l’energia elettrica veniva utilizzata in una fase, preliminare, di fusione dei residuati di alluminio, cui seguiva una seconda fase di tranciatura del metallo fuso al fine di produrre dischi del medesimo alluminio, ha anche chiarito che gravato dell’onere della prova dell’utilizzo dell’energia elettrica come materia prima insostituibile e non come semplice fonte di produzione del calore ed, in quanto tale, sostituibile è colui il quale invoca l’esenzione dall’addizionale.
Il principio in oggetto, già sancito da Cass. sez. 1, 26/06/1999, Rv. 528030-01, è stato ribadito anche da Cass. sez. 5, 08/09/2008, n. 22566, Rv. 604698-01. Essa, nella specie, ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto applicabile l’esenzione, pur essendo stato accertato l’utilizzo dell’energia elettrica – nell’ambito di un processo produttivo relativo all’attività di stampaggio a caldo di spezzoni di barre di acciaio per la produzione di pezzi di volume e di forma come richieste dalla clientela – quale fonte di riscaldamento per rendere la parte esterna del pezzo da modellare più duttile, così da consentire al pezzo ammorbidito dal calore di acquisire la forma voluta sotto l’azione della pressa, e pertanto non come materia prima insostituibile, ma come semplice fonte di produzione del calore ed, in quanto tale, sostituibile.
Parimenti, Cass. sez. 5, 18/03/2009, n. 6542, Rv. 607506-01, in applicazione del principio, ha escluso l’applicabilità dell’esenzione per i processi industriali di «grafitazione» che utilizzano l’energia elettrica come materia prima per disaggregare il carbone, non essendo essi riconducibili alla fattispecie prevista dal citato art. 4 del d.l. n. 250 del 1995 ed essendo esclusa la possibilità di un’interpretazione analogica delle disposizioni in tema di esenzioni tributarie. Cass. sez. 5, 29/12/2011, n. 29568, Rv. 621049-01, invece, in applicazione del principio, ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto applicabile l’esenzione, in un caso in cui l’energia elettrica era stata utilizzata per la produzione di «particolari» metallici di acciaio mediante stampaggio a caldo, onde modificare non solo la forma esteriore della massa metallica ma anche la struttura intrinseca, e cioè il «reticolo di cristallizzazione», come da risultanze della CTU.
2.2. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principio di cui innanzi laddove, all’esito di giudizio di fatto espresso anche in forza delle risultanze della CTU rinnovata in sede d’appello, ha ritenuto, nella specie, l’energia elettrica utilizzata, nel processo di produzione del fosforo (con il forno ad arco elettrico), non quale materia prima bensì con funzione meramente termica o di riscaldamento (quindi sostituibile), al fine di favorire l’innesco ed il mantenimento del processo stesso, creando le condizioni di temperatura idonea (nel modo più efficiente possibile con riferimento al relativo momento storico).
3. In conclusione, il ricorso è rigettato con condanna del ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi euro 15.600,00, oltre spese prenotate a debito, in virtù dei parametri ratione temporis applicabili e delle relative percentuali di aumento (trattandosi di difesa di più parti sostanzialmente nella medesima posizione processuale).
Sussistono altresì i presupposti di cui al comma 1 quater dell’art. 12, del d.P.R. 30 maggio 2001, n. 115 (aggiunto dall’art. 1, comma 17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228) per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13 (ex art. 18 della medesima I. n. 228 in quanto procedimento civile di impugnazione iniziato dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della citata I. n. 228 del 2012, cioè a decorrere dal 31 gennaio 2013).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, in favore dei controricorrenti, che si liquidano in complessivi euro 15.600,00 oltre spese prenotate a debito, dando atto della sussistenza dei presupposti, di cui all’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norme dal comma 1 bis dello stesso art. 13.
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