CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 maggio 2019, n. 14178
Tributi – IVA – Utilizzo parziale del credito annuale mediante compensazione – Esposizione nella dichiarazione successiva in misura superiore al residuo – Esclusione dell’illecito per indebito o frudalento utilizzo – Condizioni di buona fede – Mancato utilizzo del maggior credito erroneamente riportato – Rilevazione oltre il termine per la dichiarazione integrativa
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 141/28/10 del 09/07/2010 la CTR della Lombardia rigettava l’appello proposto dalla V.L. GMBH (hinc V.) avverso la sentenza n. 290/20/08 della CTP di Milano, che aveva rigettato il ricorso della società contribuente avverso la cartella di pagamento per IVA e IRES relative all’anno d’imposta 2004.
1.1. Il giudice di appello premetteva che: a) la cartella veniva emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e art. 54 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 per omesso pagamento dell’IVA e tardivo pagamento dell’IRES; b) la CTP accoglieva il ricorso della V. con riferimento all’IRES e lo rigettava con riferimento all’IVA; c) la sentenza della CTP era impugnata dalla società contribuente e, in via incidentale, dall’Ufficio.
1.2. Su queste premesse, la CTR motivava, per quanto ancora interessa in questa sede il rigetto dell’appello principale proposto dalla società contribuente, evidenziando che: a) la cartella era stata legittimamente redatta nel rispetto dell’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 e in conformità al modello approvato con il decreto interministeriale n. 321 del 3 settembre 1999, indicando i vari elementi alla base dell’iscrizione a ruolo; b) l’errore compiuto dalla società contribuente non poteva essere ritenuto meramente formale, in quanto avrebbe potuto «portare (in mancanza di rilevazione dell’ufficio) ad un consolidamento del credito, con la conseguenza che la contribuente potrebbe essere legittimata a chiedere la liquidazione dello stesso».
2. La V. impugnava la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ.
3. L’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
4. Con ordinanza resa all’esito dell’udienza del 07/03/2018, questa Corte, ritenuti insussistenti i presupposti di legge per la trattazione della controversia in camera di consiglio, ne disponeva il rinvio alla pubblica udienza.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso la V. denuncia insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo ai fini del giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., rappresentato dalla carenza di elementi esplicativi e delle ragioni della pretesa tributaria nella cartella di pagamento.
1.1. In buona sostanza, la società contribuente evidenzia che, sebbene la cartella contenga tutti gli elementi previsti dall’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, come ritenuto dalla sentenza della CTR, quest’ultima non risulterebbe motivata con riferimento agli ulteriori elementi ritenuti dal contribuente necessari a giustificare la pretesa dell’Amministrazione finanziaria e che vanno al di là dell’indicazione del mero dato numerico, così da metterlo in condizioni di esercitare compiutamente il proprio diritto di difesa.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 3, commi 1 e 3, della I. 7 agosto 1990, n. 241, dell’art. 7 della I. 27 luglio 2000, n. 212 e dell’art. 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziandosi il difetto di motivazione della cartella di pagamento con riferimento alla pretesa dell’Amministrazione finanziaria.
3. I due motivi, che a dispetto della norma richiamata nel primo (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.), integrano entrambi una violazione di legge, possono essere congiuntamente esaminati, in quanto involgenti l’esame della medesima questione. I motivi sono, peraltro, infondati.
3.1. Va prima di tutto evidenziato che il controllo formale a mezzo di procedure automatizzate (posto in essere nel caso di specie) è specificamente previsto dall’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 per le imposte dirette e dall’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA; ed è effettuato dall’Amministrazione finanziaria sulle dichiarazioni presentate dal contribuente e sui dati risultanti dall’anagrafe tributaria entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo.
3.1.1. Tale procedura va tenuta distinta dal mero controllo formale (art. 36 ter del d.P.R. n. 600 del 1973), che riguarda le sole imposte dirette ed è effettuato entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del contribuente sulla base di criteri selettivi fissati dal Ministro delle finanze.
3.2. Secondo la giurisprudenza della S.C., il controllo automatizzato è consentito ove non tocca la posizione sostanziale della parte contribuente ed è scevro da profili valutativi e/o estimativi nonché da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell’anagrafe tributaria (Cass. S.U. n. 17758 del 08/09/2016). Pertanto, lo stesso è ammissibile solo quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei meri dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolvere questioni giuridiche (Cass. n. 14949 del 08/06/2018; Cass. n. 11292 del 31/05/2016; cfr., altresì, Cass. n. 4360 del 20/02/2017; Cass. n. 25472 del 12/12/2016; Cass. n. 8140 del 23/05/2012) o rettificare i risultati della dichiarazione presentata dal contribuente, con conseguente pretesa ulteriore da parte dell’Amministrazione finanziaria (Cass. n. 28056 del 30/12/2009).
3.2.1. Lo stesso può, dunque, essere attivato nei casi di mancata considerazione dei pagamenti effettuati, errata o incompleta trasmissione e/o ricezione dei dati della dichiarazione, errori di compilazione della dichiarazione da parte del contribuente sanabili e facilmente riconoscibili, errata individuazione del contribuente, incoerenza della dichiarazione, eccedenze di imposta non completamente confermate dal sistema informativo (circ. n. 100/E e n. 143/E del 2000; circ. n. 34/E del 2012; circ. 21/E del 2013).
3.2.2. Il ricorso alle procedure automatizzate è stato, pertanto, ritenuto legittimo (a solo titolo esemplificativo e senza pretese di completezza): a) per il recupero delle imposte dichiarate e non versate (Cass. n. 27140 del 16/12/2011); b) per il recupero di somme dovute a seguito di adesione alle definizioni di cui alla l. 27 dicembre 2002, n. 289 (Cass. n. 23133 del 30/10/2014); c) per il recupero delle imposte dovute a seguito delle dichiarazioni integrative presentate in base alla I. 30 dicembre 1991, n. 413 (Cass. n. 1113 del 17/01/2013; Cass. n. 16486 del 20/08/2004); d) per il recupero del credito d’imposta, ma solo in quanto il controllo «abbia carattere cartolare e non implichi valutazioni, in quanto effettuato sulla base di un riscontro obiettivo dei dati formali della dichiarazione dei redditi» (Cass. n. 29582 del 16/11/2018); e) per il recupero dell’IVA portata in detrazione in assenza della dichiarazione annuale (Cass. S.U. n. 17758 del 2016, cit.; Cass. n. 4392 del 23/02/2018; Cass. n. 1627 del 25/01/2017; Cass. n. 25329 del 28/11/2014); f) per rettificare l’imposta indicata in dichiarazione in base all’applicazione di una diversa aliquota rispetto a quella individuata dal contribuente (Cass. n. 2412 del 31/01/2017); g) per il recupero dell’eccedenza d’imposta superiore alle risultanze dell’anagrafe tributaria (Cass. n. 8140 del 2012, cit.); h) nel caso di errori materiali o di calcolo (Cass. n. 22402 del 22/10/2014; Cass. n. 9224 del 21/04/2011).
3.3. In tutti i casi in cui il controllo automatizzato è consentito la procedura si conclude con un atto liquidatorio ai fini dell’iscrizione a ruolo a titolo definitivo (Cass. S.U. n. 17758 del 2016, cit.) e viene, conseguentemente, emessa una cartella di pagamento. Tale cartella costituisce l’atto con il quale il contribuente viene a conoscenza per la prima volta della pretesa fiscale e come tale deve essere motivata; tuttavia, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo alle dichiarazioni oggetto di controllo, perché, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa (Cass. n. 21804 del 20/09/2017; Cass. n. 14236 del 07/06/2017; Cass. n. 11612 del 11/05/2017; Cass. n. 15564 del 27/07/2016; Cass. n. 25329 del 2014, cit.; Cass. n. 23133 del 30/10/2014; Cass. n. 22402 del 2014, cit.; Cass. n. 27140 del 2011, cit.; Cass. n. 9224 del 2011, cit.; Cass. n. 26671 del 18/12/2009; Cass. n. 13335 del 10/06/2009).
3.3.1. Una motivazione approfondita è, invece, necessaria allorquando, sebbene si operi un richiamo all’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 ovvero all’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, la rettifica della dichiarazione si risolve in una pretesa ulteriore da parte dell’Amministrazione finanziaria (Cass. n. 28056 del 2009, cit.; Cass. n. 14414 del 08/07/2005).
3.4. Nel caso di specie, la ripresa nei confronti della società contribuente (ancora in discussione) attiene all’omessa esposizione, nel Modello Unico 2005, delle compensazioni del credito IVA 2003 effettuate nel corso dell’anno 2004. Tale omissione è dovuta, secondo la tesi della V., ad un mero errore formale, qualificato, invece, sostanziale dalla CTR.
3.4.1. La ricorrente non contesta, pertanto, la legittimità del ricorso alla procedura prevista dagli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1972 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, ma deduce esclusivamente un vizio di motivazione della cartella di pagamento con riferimento al recupero effettuato, non essendo state esplicitate, nel contesto dell’atto con il quale la società contribuente è venuta a conoscenza della pretesa, le ragioni del predetto recupero, ulteriori rispetto alle semplici indicazioni che la legge (art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973) richiede per la valida emissione della cartella di pagamento nelle ipotesi in cui la stessa sia preceduta – diversamente dal caso di specie – da un avviso di accertamento.
3.5. Orbene, posto che il recupero deriva dal mero raffronto tra la dichiarazione presentata dalla società contribuente e quella relativa all’anno precedente, risultante dall’anagrafe tributaria, ed è, dunque, conseguenza di un semplice errore compiuto dalla società contribuente nel riportare i dati dalla stessa forniti, senza che l’Amministrazione finanziaria faccia valere pretese ulteriori derivanti dall’elaborazione dei dati medesimi, il ricorso alla procedura automatizzata deve ritenersi legittimo (come del resto non contestato).
3.5.1. Conseguentemente, anche l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di indicare le ragioni di fatto e di diritto giustificanti la pretesa può ritenersi assolto con il mero richiamo alle dichiarazioni del contribuente, dallo stesso ben conosciute.
3.6. La sentenza della CTR va, pertanto, confermata in parte qua, dovendosi enunciare il seguente principio di diritto: «in tema di controllo automatizzato delle dichiarazioni del contribuente ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, ove la procedura sia stata legittimamente adottata dall’Amministrazione finanziaria, essendosi quest’ultima limitata ad un mero controllo formale dei dati risultanti dalle dichiarazioni medesime, senza procedere ad una rielaborazione degli stessi che si traduca in una differente pretesa, la cartella di pagamento, integrante l’atto impositivo finale, risulta sufficientemente motivata mediante il semplice riferimento alle dichiarazioni oggetto di controllo, non essendo necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa».
4. Con il terzo motivo di ricorso la V. denuncia la disapplicazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, e 61 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art. 111, sesto comma, Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., evidenziando un error in procedendo per motivazione solo apparente della sentenza della CTR, che sarebbe viziata da nullità per assoluta inidoneità a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento della decisione.
5. Il motivo è infondato.
5.1. Le deduzioni difensive di parte ricorrente inducono a dubitare della correttezza della motivazione della CTR, ma non certo della sua esistenza, avendo quest’ultima chiaramente affermato – al netto di considerazioni estemporanee, come tali non idonee a partecipare della ratio decidendi – che quello denunciato dalla V. come errore formale avrebbe potuto condurre ad un consolidamento del credito IVA e, dunque, ad ottenerne la sua liquidazione, sicché lo stesso avrebbe dovuto intendersi come errore sostanziale.
6. Con il quarto motivo di ricorso la V. si duole della motivazione insufficiente circa un fatto controverso e decisivo ai fini del giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., quale la natura dell’errore compiuto nella dichiarazione Mod. Unico 2005 e concernente l’omessa indicazione delle compensazioni del credito IVA 2003 effettuate nell’anno 2004.
6.1. Secondo la tesi di parte ricorrente si tratterebbe di un errore solo formale in quanto, sebbene abbia comportato l’indicazione di un credito IVA superiore a quello effettivamente esistente, non avrebbe comunque determinato alcun danno per l’Erario avuto conto del fatto che: a) le compensazioni di cui è stata omessa l’indicazione sarebbero state regolarmente effettuate; b) la società contribuente avrebbe vantato all’epoca un rilevante credito IVA anche per gli anni successivi e, in ogni caso, il credito IVA erroneamente esposto in dichiarazione non sarebbe stato né chiesto a rimborso, né compensato; c) l’errore non sarebbe stato emendabile, perché dello stesso la ricorrente avrebbe avuto consapevolezza solo a seguito della comunicazione di irregolarità del 13/09/2007, successiva alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione integrativa (31/10/2006).
7. Il motivo è fondato;
7.1. La S.C. ha recentemente affermato il principio per il quale «in tema di IVA, ove il contribuente, dopo aver utilizzato parzialmente un relativo credito mediante compensazione con altro tributo, negli anni successivi continui a dichiararlo in misura superiore alla residua parte spettante, non è configurabile una violazione equiparabile all’indebito o fraudolento uso di tale credito se all’irregolarità formale della dichiarazione non segua il mancato versamento di imposte, cui solo è riconducibile un concreto danno erariale, non potendo ipotizzarsi un tentativo di illecito fiscale qualora il contribuente tenga una condotta in buona fede e non ponga in essere atti diretti all’utilizzo del maggior credito erroneamente riportato nelle dichiarazioni successive» (Cass. n. 2882 del 03/02/2017).
7.2. Il principio espresso, cui va data continuità, si fonda sulla considerazione che la mera irregolarità relativa alla dichiarazione del credito IVA non può concretizzare un effettivo illecito avente ad oggetto il mancato versamento di imposte, occorrendo che l’illecito sussista effettivamente e che abbia causato un concreto danno erariale.
7.3. Nella specie, la CTR ha affermato, come già precedentemente evidenziato, che la mancata indicazione delle compensazioni relative al 2003 ha comportato la dichiarazione di un credito IVA in realtà inesistente, credito soggetto a potenziale consolidamento, con conseguente possibilità della V. di ottenerne la liquidazione.
7.4. Si tratta di motivazione chiaramente insufficiente alla luce del principio di diritto sopra affermato, in quanto la stessa non ha tenuto conto delle circostanze dedotte da parte ricorrente e che inducono a ritenere, da un lato, l’esistenza della buona fede della società (le compensazioni IVA sono state regolarmente effettuate e l’errore non avrebbe potuto essere emendato con la dichiarazione integrativa, perché rilevato solo successivamente alla comunicazione di irregolarità) e, dall’altro, l’insussistenza di danno concreto, tenuto conto del fatto che il credito IVA illegittimamente esposto non è stato utilizzato dalla società contribuente.
8. In conclusione, il ricorso va accolto con riferimento al quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri motivi; la sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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