CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 febbraio 2022, n. 6346

Lavoratori socialmente utili – Riconoscimento dei contributi figurativi per tutta la durata del progetto – Tutela previdenziale – Diritto alla pensione

Fatti di causa

La Corte d’appello di Reggio Calabria, a conferma della pronuncia del Tribunale di Caulonia, ha riconosciuto in capo a T. C. il diritto all’accredito della contribuzione figurativa per aver svolto dal 1999 al 2012 (data del ricorso introduttivo del giudizio) lavori di pubblica utilità presso il Comune di Caulonia.

La Corte territoriale, rilevata la sostanziale omogeneità fra la posizione dei lavoratori socialmente utili (LSU) e quella dei lavoratori di pubblica utilità (LPU) ha dichiarato che il riconoscimento ai contributi figurativi per tutta la durata del progetto risponde alla logica di garantire all’interessato una tutela previdenziale in assenza della quale verrebbe meno il diritto alla pensione, in violazione degli artt. 3 e 38 Cost.

Ha inoltre affermato che il diritto ai contributi figurativi è a carico dell’Inps, e che sull’obbligo di accredito l’istituto previdenziale non ha nessuna discrezionalità, essendovi tenuto sulla base del solo certificato di servizio redatto dall’ente utilizzatore.

Quanto alla prospettazione dell’istituto ricorrente, secondo cui la contribuzione figurativa non potrebbe superare i dodici mesi (periodo massimo di attività previsto dal legislatore nazionale per i progetti per i quali l’Inps ha erogato l’assegno), la sentenza argomenta che la disciplina originaria contenuta nel d.lgs. n. 468 del 1997 è stata modificata nel tempo; che i progetti sono durati tre anni circa e sono stati finanziati dal fondo per l’occupazione istituito dall’art. 1 comma 7 d.l. n. 148 del 1993 conv. in I. n.236 del 1993, rimanendo sempre, però, l’Inps il soggetto titolato ad accreditare la contribuzione figurativa, anche in considerazione del fatto che quest’ultima non comporta nessuna erogazione monetaria.

La cassazione della sentenza è domandata dall’Inps sulla base di un unico motivo.

T. C. ha depositato tempestivo controricorso.

Il P.G. ha chiesto il rigetto del ricorso.

Ragioni della decisione

Con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n. 3 cod. proc. civ., l’istituto ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3 del decreto legislativo 7.8.1997, n. 280 e dell’art. 8, co.19 del d.lgs. 1.12.1997, n. 468”.

Pur riconoscendo il diritto all’accredito dei contributi figurativi in capo alla C., contesta tuttavia che tale diritto possa estendersi all’intero periodo durante il quale la stessa è stata impiegata presso il Comune di Caulonia in progetti di pubblica utilità. Il legislatore nazionale ha previsto, infatti, che tale diritto sia limitato in una durata “ragionevole” di mesi dodici, sia per tutelare la posizione previdenziale dei soggetti utilizzati in dette attività, sia per evitare l’uso continuativo e duraturo di tali strumenti da parte degli enti pubblici, con sovraccarico sulla spesa pubblica impegnata sul fronte del finanziamento dell’intero sistema previdenziale.

Il motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, resa a proposito della corrispondente fattispecie, relativa alla diversa attività degli LSU, “In tema di lavori socialmente utili, la contribuzione figurativa a carico dell’INPS sussiste indipendentemente dalla iscrizione nelle liste di mobilità, come discende dall’interpretazione letterale del combinato disposto degli artt. 10, comma 3, del d.lgs n. 81 del 2000, e 8, comma 19, del d.lgs. n. 468 del 1997, da cui deriva il riconoscimento della contribuzione figurativa per tutti i periodi d’impegno nelle attività socialmente utili, senza alcun limite temporale.”(Cass. n. 5744 del 2019).

Il principio di diritto affermato dalla pronuncia richiamata può ben essere esteso ai lavoratori di pubblica utilità (LPU), atteso che, sempre questa Corte, a proposito del riconoscimento agli LPU dell’assegno al nucleo familiare già attribuito dalla legge agli LSU, ha affermato il principio di diritto secondo cui “Il rapporto tra il disposto di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 468 del 1997, che delinea i settori di attività per i “progetti di lavoro di pubblica utilità”, e quello di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 280 del 1997 diretto ad individuare i “lavori di pubblica utilità”, si configura in termini di specificazione all’interno di una medesima tipologia di attività e di un’unica finalità, connessa ad obiettivi di tutela dalla disoccupazione e di inserimento nel lavoro, sicché anche ai lavoratori di pubblica utilità, ove ne ricorrano i presupposti, va riconosciuto l’assegno per il nucleo familiare, spettante ai lavoratori socialmente utili per il richiamo contenuto nell’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 468 del 1997 alle disposizioni in materia di indennità di mobilità, che ne prevedono il diritto all’art. 7, comma 10, della I. n. 223 del 1991.

In nome della ricostruzione operata da questa Corte della categoria degli LPU quale figura speciale all’interno dell’unica tipologia di attività, finalizzata ad obiettivi di tutela delle fasce deboli sul piano occupazionale e di facilitazione al loro ingresso  nel mercato del lavoro, deve conseguentemente affermarsi che ricorrono i presupposti affinché tale principio si applichi anche a proposito del riconoscimento del diritto alla contribuzione figurativa per tutta la durata della loro utilizzazione nelle attività di pubblica utilità e senza, pertanto, tener conto di qual si voglia limite temporale per il loro utilizzo, pur previsto dalla legge.

La sentenza impugnata si è mantenuta aderente a tale orientamento e, conseguentemente, ha legittimamente statuito che l’Inps è tenuto a riconoscere i contributi figurativi in favore di T. C. per l’intera durata dell’attività di pubblica utilità resa presso l’ente territoriale utilizzatore.

In definitiva, il ricorso va rigettato; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, disponendosene la distrazione in favore del difensore della controricorrente, dichiaratosi anticipatario.

In considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.000,00 a titolo di compensi professionali, da distrarre in favore del difensore della stessa, dichiaratosi anticipatario, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art.1, comma 17 della I. n.228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.