CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 giugno 2018, n. 16702
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo – Situazione economica negativa dell’azienda – Insussistenza – Prova – Reintegrazione
Svolgimento del processo
La Mercedes Benz Italia proponeva reclamo avverso la sentenza n. 4192/16 con cui il Tribunale di Roma, in sede di opposizione, aveva, in parziale riforma della ordinanza ex art. 1, comma 48 legge n. 92/12, dichiarato l’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato a C. De B. dalla M. B. Italia s.p.a. in data 29.10.14 per manifesta infondatezza del fatto posto a base dello stesso ed aveva condannato la società alla reintegrazione del De B. nel posto di lavoro precedentemente occupato o in altro equivalente ed al risarcimento del danno nella misura di tutte le mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto maturate dalla data del licenziamento fino a quella della effettiva reintegrazione oltre al versamento dei relativi contributi previdenziali e assistenziali.
La reclamante chiedeva in via principale il rigetto della domanda proposta dal De B., ed in subordine di limitare la propria condanna al solo risarcimento del danno ex art. 18, comma 7, L. n. 300/70 novellato.
Si costituiva il De B. per resistere al reclamo.
Con sentenza depositata il 29.7.16, la Corte d’appello di Roma rigettava il reclamo, confermando la manifesta insussistenza delle ragioni poste dalla società a base del licenziamento, risultando documentalmente provata la non effettività della situazione economica negativa dell’azienda indicata a sostegno del licenziamento.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la M. B. Italia s.p.a., affidato a quattro motivi, poi illustrati con memoria.
Resiste il De B. con controricorso.
Motivi della decisione
Deve pregiudizialmente respingersi l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal De B., per inesistenza della procura conferita ai difensori della società ricorrente. Ed invero essa risulta conferita dai legali rappresentanti della società agli attuali mandanti, provvisti dei necessari poteri processuali e sostanziali (Cass. n. 5425/03).
1. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 18 L. n. 300/70, 3 L. n. 604/66, 2118 c.c., 12 delle preleggi, per avere la sentenza impugnata ritenuto insussistente il giustificato motivo di licenziamento, evidenziando peraltro la differenza tra la non ricorrenza delle ragioni obiettive che hanno determinato il recesso per g.m.o. e la manifesta insussistenza delle stesse.
Il motivo è fondato nei sensi di cui appresso.
Il De B. venne licenziato per un dedotto protrarsi di crisi aziendale comportante un perdurante calo del fatturato che imponeva, in tesi, una riorganizzazione e la soppressione del posto di lavoro di “T. S. M.” occupata dal controricorrente.
La ricorrente, senza neppure specificare in qual modo sarebbe emersa la fondamentale circostanza della dedotta soppressione del posto di lavoro de quo (in tesi connessa ai dedotti negativi andamenti di bilancio) si duole in sostanza della negativa valutazione, da parte del giudice di merito, dei dati contabili inerenti i negativi dati di fatturato e di bilancio prodotti.
Converrà al riguardo rammentare che questa Corte ha recentemente affermato che “Ai fini della legittimità del licenziamento individuale intimato per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della l. n. 604 del 1966, l’andamento economico negativo dell’azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare ed il giudice accertare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva ed all’organizzazione del lavoro, tra le quali non è possibile escludere quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività dell’impresa, determinino un effettivo ridimensionamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa; ove però il licenziamento sia stato motivato richiamando l’esigenza di fare fronte a situazioni economiche sfavorevoli ovvero a spese notevoli di carattere straordinario ed in giudizio si accerti che la ragione indicata non sussiste, il recesso risulta ingiustificato per una valutazione in concreto sulla mancanza di veridicità e sulla pretestuosità della causale addotta dall’imprenditore” (Cass. n. 25201/16, Cass. n. 10697/17, Cass. n. 24882/17).
Nella specie la sentenza impugnata ha valutato, con motivato accertamento fattuale non sindacabile in questa sede in base al novellato n. 5 dell’art. 360, co. 1, c.p.c., l’insussistenza dei dedotti dati negativi di bilancio, mentre ha errato nell’equiparare, come meglio esposto al paragrafo seguente, la non provata ragione posta a base del licenziamento con la manifesta insussistenza della stessa, di cui al comma 7 dell’art. 18 legge n. 300 del 1970.
2. – Con secondo e quarto motivo la società denuncia una omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, ed in particolare che il fatto posto a base del licenziamento doveva considerarsi manifestamente insussistente, applicando così nella specie la tutela reintegratoria di cui all’art. 18, co. 7 L. n. 300/70, e non invece la richiesta, seppure in via gradata, tutela risarcitoria.
I motivi, che per la loro connessione possono congiuntamente esaminarsi, sono fondati.
Deve infatti rilevarsi che la sentenza impugnata ha erroneamente, automaticamente e con motivazione apodittica, equiparato la ritenuta carenza di prova in ordine alle ragioni oggettive poste a base del licenziamento con la manifesta insussistenza delle stesse, in contrasto con la lettera della legge e la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex aliis, Cass. n. 10435/18, Cass. n. 17528/17, Cass. n. 14021/16) che ha evidenziato che la verifica del requisito della “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento”, di cui al co.7 dell’art. 18, concerne entrambi i presupposti di legittimità del recesso per giustificato motivo oggettivo e, quindi, sia le ragioni inerenti all’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa, sia l’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore. La “manifesta insussistenza”, in particolare, va riferita ad una chiara, evidente e facilmente verificabile (sul piano probatorio) assenza dei suddetti presupposti, mentre la sentenza impugnata difetta di una adeguata indagine al riguardo.
Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata sul punto, con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, al fine di accertare il regime sanzionatorio applicabile al caso di specie.
3. – Con il terzo motivo la società denuncia una omessa pronuncia in ordine all’assolvimento dell’obbligo di repechage, devoluta giudice d’appello.
Il motivo resta assorbito da quanto sin qui osservato.
4. In conclusione debbono accogliersi, nei limiti esposti, il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso, assorbito il terzo.
La sentenza impugnata deve dunque cassarsi in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, per l’ulteriore esame della controversia, oltre che per la regolamentazione delle spese di lite, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso; dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolta e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
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