CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 novembre 2019, n. 30668
Natura del rapporto di lavoro – Contratti di lavoro formalmente autonomo – Licenziamento – Inefficacia – l’indennità risarcitoria
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Arezzo, con la pronuncia n. 385 del 2012, ha respinto la domanda, proposta con il rito speciale di cui alla legge n. 92 del 2012, da G.T. nei confronti di P. spa diretta ad ottenere, previo accertamento in via incidentale della natura subordinata del rapporto di lavoro in essere inter partes nel periodo compreso tra il 3.9.2007 ed il 3.2.2015 (che era stato formalizzato invece con successivi contratti di consulenza), che fosse dichiarata l’illegittimità del licenziamento che la società gli aveva di fatto intimato recedendo dall’ultimo di tali contratti di lavoro formalmente autonomo, con le conseguenze reintegratorie e risarcitorie ex art. 18 comma 4 legge n. 300 del 1970, ovvero, in subordine, risarcitorie previste dal comma 5 dello stesso articolo o, in via ulteriormente subordinata, solo quelle risarcitorie ai sensi del comma 6 dell’art. 18 citato.
2. La Corte di appello di Firenze, con la sentenza n. 1090 del 2017, in riforma della pronuncia di prime cure e in parziale accoglimento del reclamo, ha dichiarato l’inefficacia del licenziamento impugnato ex art. 2 legge n. 604 del 1966; ha dichiarato, quindi, risolto il rapporto di lavoro intercorso tra le parti alla data del recesso e ha condannato la società a corrispondere a G.T. l’indennità risarcitoria di cui al comma 6 dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970, quantificata in dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori.
3. A fondamento della decisione la Corte territoriale ha rilevato che: a) non era fondata l’eccezione di decadenza, sollevata ex art. 32 legge n. 183 del 2010, perché il testo della disposizione era inequivoco nel sottoporre a decadenza esclusivamente l’azione del lavoratore diretta ad impugnare il licenziamento, comunque qualificato, del l’affermato datore di lavoro e il recesso del committente nei rapporti di collaborazione per cui, in ipotesi come quella di cui è processo riguardante una serie di contratti qualificati di consulenza, stipulati tra le parti senza soluzione di continuità (dal 3.9.2007 al 3.2.2015), l’unico termine che era onere osservare per il T. era quello decorrente dalla comunicazione del recesso della società; b) ricorrevano pacificamente, quanto alla prestazione del lavoratore, le condizioni di al comma 2 dell’art. 69 bis D.lgs. n. 276 del 2003 di talché non poteva presumersi la natura di prestazione coordinata e continuativa dell’attività lavorativa svolta dalla originario ricorrente per quanto titolare di partita IVA; c) in ogni caso, dalla istruttoria svolta, vi era prova in atti della natura effettivamente subordinata della prestazione lavorativa svolta dal T.; d) tale natura rendeva qualificabile come licenziamento il recesso intimato dalla formale committente il 3.2.2015 che si manifestava, però, illegittimo per mancanza di motivazione; e) doveva, invece, ritenersi provato il giustificato motivo oggettivo di recesso e che non vi era stata violazione dell’obbligo di repechage atteso che non esisteva, nell’organizzazione aziendale di P. spa all’epoca del licenziamento e neanche introdotta successivamente, alcuna figura anche solo latamente comparabile con quella di T. che svolgeva mansioni altamente specialistiche ed adeguatamente remunerate; f) ai sensi dell’art. 18 comma 6 della legge n. 300 del 1970 l’indennità risarcitola, a seguito della declaratoria di risoluzione del rapporto, andava quantificata in dodici mensilità.
4. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione P. spa affidata a cinque motivi.
5. Ha resistito con controricorso G.T. sulla base di un motivo cui ha, a sua volta, resistito con controricorso la società.
6. Il PG, prima della fissazione della causa per la trattazione in pubblica udienza, ha concluso, con requisitoria scritta, per il rigetto sia del ricorso principale che di quello incidentale.
7. Le parti hanno presentato memorie.
Ragioni della decisione
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo del ricorso principale la società denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 legge n. 183 del 2010 e 2964 e ss cc, per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto che il T., ai sensi di quanto previsto dal citato art. 32, aveva l’unico onere, pacificamente adempiuto, di impugnare l’atto che lo aveva estromesso materialmente dal rapporto e non anche ciascuno dei contratti di lavoro autonomo che, nel corso degli anni, si erano susseguiti senza soluzione di continuità a regolare formalmente il rapporto stesso.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 69 e 69 bis D.lgs. n. 276/2003, ai sensi dell’art. 360 n. 3 epe, per avere erroneamente ritenuto la Corte territoriale che il T. aveva stipulato con P. spa contratti di collaborazione continuativa e coordinata privi di progetto, in luogo di genuini contratti di consulenza a partiva IVA, applicando gli artt. 61 e 69 D.lgs. citato, non dirimenti per il caso di specie, ed omettendo del tutto l’applicazione dell’unica norma rilevante costituita dall’art. 69 bis stesso decreto che individua, invece, una deroga alla disciplina scaturente dal combinato disposto degli artt. 61 e 69 D.lgs. n. 276/2003.
4. Con il terzo motivo la società lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e 69 del D.lgs. n. 276/2003, ai sensi dell’art. 360 n. 3 epe, per non avere la Corte di appello ritenuto ravvisabili gli elementi che, a termine dell’art. 61 D.lgs. n. 276/2003, integravano la nozione di “specifico progetto” nell’oggetto dei contratti di consulenza sottoscritti tra le parti.
5. Con il quarto motivo la società si duole della violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, dell’art. 116 cpc, per avere erroneamente la Corte di appello ritenuto attendibile il teste P..
6. Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 cc, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, per avere erroneamente la Corte di appello ravvisato la natura subordinata della prestazione svolta dal T..
7. Con il primo motivo del ricorso incidentale il T. denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 commi 1, 2, 4, 6 e 7 legge n. 300 del 1970, in relazione al capo della sentenza che, dopo avere dichiarato il licenziamento intimatogli illegittimo in quanto totalmente carente di motivazione, ha concluso per l’applicazione della tutela di cui al comma 6 dell’art. 18 citato anziché di quello di cui ai commi 2 o 4/7 della disposizione (art. 360 n. 3 cpc); si sostiene che in ipotesi di licenziamento inefficace per mancanza di motivazione ex art. 2 legge n. 604 del 1966, la tutela non avrebbe potuto essere solo quella risarcitoria pena la incostituzionalità della norma di cui al comma 6 dell’art. 18 legge n. 600 del 1970 per irragionevolezza della stessa.
8. Con il secondo motivo si eccepisce la nullità della sentenza (error in procedendo) per violazione degli artt. 112 e 115 cpc, in relazione al capo della decisione che, dopo avere ritenuto dimostrata la ragione organizzativa che la società aveva allegato a giustificazione del proprio recesso, ha escluso che il licenziamento oggetto di causa fosse illegittimo, oltre che per la totale carenza di motivazione, anche per violazione da parte della società stessa del cd. “obbligo di repechage” sul presupposto che non esistesse nella organizzazione aziendale di P. spa all’epoca del recesso e che non era stata introdotta dopo, alcuna figura professionale comparabile non solo latamente con quella del T.. Si deduce, da un lato, che la circostanza della inesistenza della posizione professionale di cui sopra non solo non era affatto pacifica tra le parti, ma non era stata neppure allegata: ciò, pertanto, in violazione degli art. 112 e 115 cpc; inoltre, si evidenzia, sempre in relazione all’art. 115 cpc, che la Corte aveva mancato di rilevare che fosse sempre pacifico tra le parti la circostanza di poter ricollocare utilmente il T. nell’organizzazione aziendale in svariate mansioni, specificamente allegate e non contestate.
9. Il primo motivo del ricorso principale non è fondato.
10. Il dato processuale da prendere in considerazione, per l’esame della censura, è rappresentato dal fatto che, nella fattispecie in esame, tra il T. e P. spa erano intercorsi, senza soluzione di continuità, dal 3.9.2007 al 3.2.2015, quattro contratti di consulenza ritenuti illegittimi dai giudici di merito ex art. 69 D.lgs. n. 276 del 2003, con il conseguente riconoscimento di un rapporto di lavoro di natura subordinata a tempo indeterminato.
11. La società sostiene, come sopra riportato, che il lavoratore era decaduto dal diritto di impugnare i primi tre contratti per il decorso dei termini di cui all’art. 32 legge n. 183 del 2010.
12. L’assunto non è meritevole di accoglimento.
13. In tema di contratto a progetto, è stato affermato che il regime sanzionatorio previsto dall’art. 69 comma 1 del D.lgs. n. 276/2003 (nel testo “ratione temporis” applicabile, anteriore alle modifiche apportate dalla legge n. 92 del 2012), in casi di assenza di specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, determina l’automatica conversione a tempo indeterminato, con applicazione delle garanzie del lavoro dipendente sin dalla data di costituzione dello stesso (cfr. Cass. 17.8.2016 n. 17127).
14. Ne consegue, pertanto, che essendo unico il rapporto di lavoro che si è venuto a creare tra le parti dal 3.9.2007 (primo contratto a progetto ritenuto illegittimo), la stipulazione dei successivi contratti non può incidere sulla già intervenuta trasformazione del rapporto, salva la prova di una novazione ovvero di una risoluzione tacita del rapporto (cfr. Cass. 9.3.2018 n. 5714 in tema di pluralità di contratti a termine il cui primo sia stato dichiarato nullo): ipotesi, queste, non ravvisabili ed anzi escluse sostanzialmente dalla Corte territoriale che ha rilevato l’effettività e la continuità del vincolo di subordinazione tra le parti nell’ambito di tutto il rapporto lavorativo.
15. Correttamente, pertanto, ai fini della eccezione di decadenza dell’azione giudiziaria ex art. 32 legge n. 183 del 2010, i giudici di seconde cure hanno ritenuto che l’unico termine di decadenza che il T. doveva impedire, come in realtà aveva fatto, era quello decorrente dal recesso della società dal rapporto in essere, in relazione all’ultimo contratto, qualificato come licenziamento.
16. Il secondo motivo del ricorso principale è parimenti infondato.
17. La norma dell’art. 69 bis del D.lgs. n. 276 del 2003, introdotta dalla legge 28 giugno 2012 n. 92, non può spiegare alcun effetto in relazione al rapporto dedotto in giudizio attesa la statuita riqualificazione del rapporto, originariamente instaurato in seguito alla stipulazione di contratti a progetto, in uno di natura subordinata fin dal primo contratto del 3.9.2007, in relazione al quale la disposizione invocata è successiva.
18. Il terzo, quarto e quinto motivo, da trattarsi congiuntamente per connessione, non sono meritevoli di accoglimento in quanto, al di là del formale richiamo, contenuto nella epigrafe dei motivi di impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistan) delle censure sollevate deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla Corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti.
19. Si tratta, quindi, di argomentazioni critiche dirette a censurare una tipica erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa e, pertanto, di tipiche censure dirette a denunciare un vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato: vizio comunque insussistente atteso che, nel caso in esame, devono ritenersi soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 n. 5 cpc ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti (per tutte Cass. n. 8053/2014).
20. Infine, giova ribadire che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio di attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. 4.7.2017 n. 16647).
21. Ciò premesso deve ritenersi, in punto di diritto, che gli accertamenti svolti dalla Corte di merito siano rispettosi dei criteri generali in tema di distinzione tra rapporto di natura autonoma e subordinata, muovendosi nell’ambito dei principi elaborati da questa Corte che assegnano alla soggezione del lavoratore al potere direttivo della parte datoriale un ruolo fondamentale ai fini del discrimen tra le due categorie di rapporti e, nella specie, ritenuta sussistente per l’inserimento stabile del T. nell’organizzazione, per la soggezione ad ordini e direttive di provenienza dei preposti della società, tali da terminare tempi, modi e priorità della prestazione lavorativa); il resto è accertamento di merito sottratto, come si è detto, al sindacato di legittimità.
22. Il primo motivo del ricorso incidentale è anche esso infondato.
23. E’ opportuno rilevare che i giudici di seconde cure, oltre ad avere sottolineato che il provvedimento espulsivo era illegittimo in quanto non conteneva alcuna motivazione, hanno poi precisato che la società aveva dato prova del giustificato motivo oggettivo di recesso (eliminazione dalla compagine aziendale degli ispettori etici in esito alla modifica delle condizioni contrattuali con i fornitori, dal 2015 tenuti a garantire alla committente il rispetto, da parte loro e dei propri sub-fornitori, delle norme di sicurezza) e che non vi era stata violazione dell’obbligo di repechage, per cui la tutela doveva essere quella risarcitoria di cui all’art. 18 comma 6 legge n. 300 del 1970.
24. La sentenza è conforme all’orientamento di legittimità, cui si intende dare seguito, secondo cui nel regime di tutela obbligatoria, in caso di licenziamento inefficace per violazione del requisito di motivazione ex art. 2 comma 2 della legge n. 604 del 1966, come modificato dall’art. 1 comma 37 della legge n. 92 del 2012, trova applicazione l’art. 8 della medesima legge in virtù di una interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata della novella del 2012 che ha modificato anche l’art. 18 della legge n. 300 del 1970, prevedendo, nella medesima ipotesi di omessa motivazione del licenziamento, una tutela esclusivamente risarcitoria (Cass. 5.9.2016 n. 17589).
25. Il secondo motivo del ricorso incidentale è, invece, inammissibile.
26. Invero, la doglianza è stata formulata come “error in procedendo”, in relazione agli artt. 112 e 115 cpc ma, in realtà, è finalizzata a censurare la valutazione delle risultanze istruttorie da parte della Corte territoriale.
27. Il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 cpc, opera però interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte dei giudici di merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme procedurali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione e, dunque, nei limiti consentiti dall’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 (cfr. Cass. 12.10.2017 n. 23940; Cass. 30.11.2016 n. 24434).
28. Né è ravvisabile, poi, la violazione dell’art. 112 cpc, sotto il profilo dell’omessa pronuncia, che riguarda l’omissione di qualsiasi decisione su un capo della domanda o su un’eccezione di parte o su un’istanza che richiede una statuizione di accoglimento o rigetto, tale da dare luogo all’inesistenza di una decisione sul punto per la mancanza di un provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto (Cass. 23.2.1995 n. 2085), salva l’ipotesi in cui ricorrano gli estremi di una reiezione implicita della pretesa o della deduzione difensiva ovvero di un loro assorbimento in altre declaratorie (Cass. 25.2.2005 n. 4079; Cass. 29.7.2004 n. 14486).
29. Nel caso in esame, invece, sul punto dell’obbligo di repechage la Corte di merito si è espressa ritenendo, con un accertamento di merito adeguato e motivato e, pertanto, insindacabile in questa sede, che non vi era stata violazione del predetto obbligo.
30. L’impostazione della censura, si ribadisce quale error in procedendo e non come violazione di legge, non consente a questo Collegio di valutare ulteriori profili di illegittimità della condotta dell’odierna controricorrente.
31. Alla stregua di quanto esposto sia il ricorso principale che quello incidentale devono essere rigettati.
32. La soccombenza reciproca induce a compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
33. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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