CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 settembre 2018, n. 22674
Fondo Pensioni personale del credito – Quota di pensione erogata in forma capitalizzata – Gestione speciale Inps istituita con D.Lgs. n 357/1990
Fatti di causa
La Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale che, pronunciandosi sul ricorso proposto dal Fondo Pensioni per il personale dell’ex Cassa di Risparmio di Torino nei confronti dell’INPS, aveva dichiarato che la quota di pensione erogata in forma capitalizzata dal Fondo al momento del pensionamento dei soggetti interessati doveva essere posta a carico della Gestione speciale INPS, istituita con Dlgs n 357/1990, e per l’effetto aveva condannato l’Istituto al pagamento di Euro 45.000.136,74 quali anticipazioni operate dal Fondo nel periodo 1/1/1991-31/12/2007.
La Corte territoriale, premesso che, a norma dell’art. 3, comma 2, del d. Igs. 20 novembre 1990 n. 357, “la gestione speciale assume a proprio carico, per ciascun titolare di trattamento pensionistico in essere all’entrata in vigore della legge 30 luglio 1990 n. 218, la quota del trattamento stesso determinata secondo le misure percentuali indicate nella tabella allegata al presente decreto”, riteneva di dover dare continuità alla pronuncia di questa Corte n. 1093 del 20 gennaio 2006, secondo cui “La Gestione speciale istituita presso l’INPS con d. Igs. n. 357 del 1990 (per i titolari di trattamenti pensionistici già a carico delle forme di assicurazione I V.S. esclusive o esonerative, per i dipendenti da enti creditizi pubblici dei quali era prevista la trasformazione in società per azioni) è tenuta ad assumere a proprio carico la percentuale di cui alla tabella allegata al d. Igs. n. 357 del 1990, riferita al trattamento pensionistico complessivo, goduto dai pensionati con decorrenza anteriore all’entrata in vigore della legge n. 218 del 1990, compresa nel medesimo la quota di pensione già eventualmente erogata in forma capitale ai pensionati che l’avessero richiesta, secondo la facoltà statutariamente prevista”.
Secondo la Corte, infatti, la dizione ” trattamento complessivamente erogato”, di cui al combinato disposto della L delega n 218/1990 e del dlgs di attuazione n. 357/1990, andava riferita all’intero trattamento pensionistico, ivi compresa la quota già eventualmente erogata in capitale dal Fondo su richiesta dell’interessato, ai sensi dell’art. 20 del Regolamento.
Avverso la decisione ha proposto ricorso in Cassazione l’Inps con un unico articolato motivo. Ha resistito con controricorso il Fondo Pensioni per il personale della ex Cassa di Risparmio di Torino.
Con ordinanza del 18/2/2016 questa Corte ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art 18, comma 10, del DL n. 98/2011 convertito in L. n. 111/2011, norma sopravvenuta nelle more, secondo cui “L’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 357, si interpreta nel senso che la quota a carico della gestione speciale dei trattamenti pensionistici in essere alla data di entrata in vigore della legge 30 luglio 1990, n. 218, va determinata con esclusivo riferimento all’importo del trattamento pensionistico effettivamente corrisposto dal fondo di provenienza alla predetta data, con esclusione della quota eventualmente erogata ai pensionati in forma capitale”. Con sentenza n 12/2018 la Corte Costituzionale ha ritenuto fondata l’eccezione di incostituzionalità.
La causa è stata, quindi, fissata nuovamente per la decisione in vista della quale entrambe le parti hanno depositato note ex art. 378 cpc.
Ragioni della decisione
1.L’Inps denuncia violazione dell’art. 3 della L. n. 218/1990 e dell’art 3 del d.lgs. n. 357/1990.
Afferma che l’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 357 citato dispone l’assunzione a carico della gestione speciale ” per ciascun titolare di trattamento pensionistico in essere all’entrata in vigore della L. n. 21/1990 “di una quota del trattamento stesso e che il riferimento ai trattamenti di pensione “in essere” consentiva di ritenere che il calcolo della quota da porre a carico della gestione speciale dovesse essere effettuato con riguardo all’importo della pensione corrente, ossia concretamente erogata in rendita, non comprensiva quindi della quota capitalizzata, da intendersi, del resto, ai sensi della previsione di cui all’art. 20 dello statuto del Fondo, quale oggetto di un autonomo diritto di credito destinato ad estinguersi all’atto dell’adempimento e, pertanto, insuscettibile di essere computata nella pensione ancora spettante in rendita.
2.Il ricorso è infondato.
Va ricordato che nelle more del giudizio è sopravvenuta la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 18, comma 10, del d.l. 6.7.2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15.7.2011, n. 111, secondo cui “L’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 357, si interpreta nel senso che la quota a carico della gestione speciale dei trattamenti pensionistici in essere alla data di entrata in vigore della legge 30 luglio 1990, n. 218, va determinata con esclusivo riferimento all’importo del trattamento pensionistico effettivamente corrisposto dal fondo di provenienza alla predetta data, con esclusione della quota eventualmente erogata ai pensionati in forma capitale”.
E’ noto, altresì, che, sollevata questione di legittimità costituzionale della citata norma (cfr Cass. ord. n 7135/2016), con la sentenza n. 12/2018 la Corte Costituzionale ha ritenuto fondata la questione sottolineando che, pur non essendo in linea di principio precluso al legislatore regolamentare, con disposizioni retroattive, diritti risultanti da leggi vigenti ,nella specie l’intervento legislativo operato dal Governo con l’art. 18 citato risultava chiaramente diretto a determinare l’esito della controversia in corso tra il Fondo pensioni per il personale della ex Cassa di risparmio di Torino – Banca CRT spa e l’INPS, in senso favorevole a tale ente pubblico previdenziale sollevando l’Istituto dall’onere economico relativo.
Ne consegue, secondo la Corte Costituzionale, che la norma medesima veniva ad interferire con le funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario in spregio al principio sancito dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, che vieta l’ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia per influenzare la soluzione di particolari controversie, integrando, I 7 pertanto, il dedotto contrasto con i parametri costituzionali di cui agli artt. 24, comma 1, 102 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU.
3. Preso atto di quanto sopra ritiene il Collegio di confermare il precedente di questa Corte n. 1093/2006 secondo cui la Gestione speciale istituita presso l’INPS con d.lgs. n. 357 del 1990 (per i titolari di trattamenti pensionistici già a carico delle forme di assicurazione I.V.S. esclusive o esonerative, per i dipendenti da enti creditizi pubblici dei quali era prevista la trasformazione in società per azioni) è tenuta ad assumere a proprio carico la percentuale di cui alla tabella allegata al d.lgs. n. 357 del 1990, riferita al trattamento pensionistico complessivo, goduto dai pensionati con decorrenza anteriore all’entrata in vigore della legge n. 218 del 1990, compresa nel medesimo la quota di pensione già eventualmente erogata in forma capitale ai pensionati che l’avessero richiesta, secondo la facoltà statutariamente prevista.
4. In particolare con la sentenza citata si è rilevato che “La legge di delega del 30 luglio 1990, n. 218 (recante “Disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico”) dispone (art. 3, comma 3, lett. a) che “Per il personale in quiescenza dovrà essere previsto che la quota di pensione di pertinenza della Gestione speciale dell’I.N.P.S., rispetto al trattamento complessivamente erogato, venga fissata mediante aliquote percentuali determinate secondo parametri medi di riferimento….”
Il dato da considerare è, dunque, il “trattamento complessivamente erogato”, e, seppure non è menzionata esplicitamente l’eventuale erogazione anticipata, mediante capitalizzazione, di una quota di pensione, secondo la previsione statutaria del Fondo (peraltro, si trattava di ipotesi del tutto eventuale), non può negarsi che la stessa facesse parte del trattamento complessivo erogato: del resto, nel concetto di capitalizzazione è insito quello di attualizzazione contabile di una rendita futura corrispondente (nel caso in esame) ad un trattamento pensionistico il diritto al quale è previsto come persistente per un tempo determinato secondo calcoli attuariali (tale persistenza è infatti il presupposto indefettibile della capitalizzazione e della determinazione del suo ammontare), e, anche se, per la parte corrispondente al capitale percepito, il diritto del pensionato si estingue, ai fini contabili della ripartizione dell’onere pensionistico tra la Gestione speciale e il fondo esso rientra certamente nella determinazione dell’ “trattamento complessivo erogato”.
In tal senso, ed in conformità al contenuto della legge di delega, deve essere interpretata l’espressione “trattamento pensionistico in essere”, adottata dal d.lgs. n. 357/1990 (Disposizioni sulla previdenza degli enti pubblici creditizi), art. 3, comma 2, (Regime pensionistico degli iscritti già pensionatile non già ,come preteso dall’Inps ,la sola rendita pensionistica in erogazione nel momento in cui la gestione speciale era subentrata all’ex Fondo esonerativo adottando , in tal modo, una nozione di trattamento pensionistico diversa ed in inammissibile contrasto con quella contenuta nella legge delega.
5. Ad ulteriore conforto della bontà della tesi accolta è significativo che l’art. 3 citato ponga a carico del Fondo l’obbligo di comunicare alla Gestione speciale, “i dati rilevanti ai fini delle disposizioni del presente articolo” tra i quali è evidente il particolare rilievo che assume l’intervenuta capitalizzazione di parte della pensione, la quale non sarebbe di per sé rispecchiata da “l’ammontare relativo a ciascuna mensilità dell’ultimo anno” (dato del quale pure la norma richiede la trasmissione)secondo la tesi dell’Inps.
6. E’, altresì, fondato quanto afferma la Corte territoriale secondo cui la liquidazione in capitale costituisce soltanto una diversa modalità di erogazione di una parte della prestazione pensionistica non esclusa in via definitiva dal calcolo del trattamento pensionistico, come è desumibile dalle disposizioni statutarie ed, in particolare, dall’art. 20 che, al quinto comma, precisa che le variazione prodotte dalla applicazione della cd “clausola oro” vengono applicate alla pensione residua ed, al quinto comma ,puntualizza che “la liquidazione in capitale di parte della pensione diretta, a norma del presente articolo, non modifica la pensione di reversibilità la quale, unicamente per tale fine, viene liquidata per intero agli aventi diritto”.
Ciò mette in evidenza, come sottolineato dalla Corte territoriale, che “la quota di pensione capitalizzata persiste ,sia pure in forma latente, anche quando viene corrisposta sotto forma di pensione diretta all’ex dipendente già iscritto al Fondo, mentre riacquista il suo importo originario e recupera per intero gli effetti prodotti dagli adeguamenti perequativi, in presenza di soggetti reversibili”.
7. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna dell’Istituto previdenziale a pagare le spese processuali sia del presente giudizio che di quello svoltosi davanti alla Corte Costituzionale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’Inps a pagare le spese processuali liquidate in Euro 24.761,53 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, per il giudizio di cassazione; nonché Euro 52.431,21 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge per il giudizio davanti alla Corte Costituzionale.
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