CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 agosto 2021, n. 23484
Fallimento – Requisiti soggettivi di fallibilità – Consistenza dimensionale dell’impresa – Esonero – Individuazione dei ricavi lordi – Voce di bilancio “altri ricavi e proventi”
Fatti di causa
1. Con sentenza del 15 novembre 2018, la Corte d’appello di Venezia, in accoglimento del reclamo ex art. 18 l. fall, proposto da I.A. s.r.l. in liquidazione, ha revocato la sentenza dichiarativa del fallimento della società, emessa il 2 agosto 2018 dal Tribunale di Verona, su istanza di C. s.r.l.
2. La corte del merito ha ritenuto la reclamante non assoggettabile a fallimento, ai sensi dell’art. 1, comma 2, l. fall.; in particolare, premesso che, secondo quanto emergente dai bilanci depositati da I.A., l’attivo patrimoniale negli ultimi tre esercizi era inferiore ad € 300.000,00 e l’ammontare dei debiti scaduti non risultava superiore ad € 500.000,00, ha rilevato: che dalle informazioni in calce allo stato patrimoniale del bilancio 2017, presentato telematicamente dalla reclamante al Registro delle Imprese, il Fondo Rischi, valorizzato al 31.12.2016 in € 550.699, era stato ridotto ad € 171.231,00 al 31.12.2017 e, corrispondentemente, la voce “altri ricavi e proventi” era passata da 1 euro al 31.12.2016 ad € 339.721,00 al 31.12.2017; che tale ultimo importo non costituiva dunque “ricavo lordo” in senso tecnico, derivando da una mera variazione contabile, prevista dal principio contabile OIC 31, dovuta alla definitiva riduzione del debito verso C., in precedenza controverso in giudizio, per effetto del passaggio in giudicato della sentenza che ne aveva accertato l’effettivo, minore ammontare; che, in conseguenza, doveva escludersi anche il superamento della soglia di € 200.000,00 per i ricavi.
3. Avverso la sentenza C. S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui I.A. S.r.l. in liquidazione ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
4. Il Fallimento di I.A. s.r.l. non ha svolto attività difensiva.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., del combinato disposto degli artt. 1, comma 2, lett. b), l. fall, e 2425, lett. a), cod. civ., perché, in applicazione dei principi statuiti dalle sentenze del giudice di legittimità richiamate dalla stessa corte del merito (Cass. n. 28667/013 e Cass. n. 4526/2015), fra i ricavi lordi rilevanti ai fini dell’accertamento della fallibilità dell’impresa vanno inclusi quelli indicati nella voce A 5 del conto economico, “altri ricavi e proventi”, e perché anche l’Organismo Italiano di Contabilità ha ricondotto alla categoria A.5 del conto economico componenti positivi di reddito non finanziari, di natura ordinaria, riguardanti le gestioni accessorie, tra i quali, al punto c), le sopravvenienze e insussistenze relative a valori stimati, che non derivino da errori ma siano causate dal normale aggiornamento di stime compiute in precedenti esercizi, fra cui rientrano, soprattutto, gli importi dei fondi per rischi ed oneri rivelatisi esuberanti rispetto agli accantonamenti operati.
1.1 Il motivo non merita accoglimento
1.2. Il suo esame non può prescindere dalla considerazione che il legislatore del c.d. “correttivo”, innovando in parte i requisiti soggettivi di fallibilità, ha inteso superare i contrasti interpretativi sorti in ordine ai criteri di individuazione delle qualifiche di piccolo imprenditore, da una parte, e di imprenditore non piccolo, dall’altra (entrambe contemplate dall’articolo 1 della L fall, come modificato dal d. Igs. n. 5 del 2006) e, al fine di realizzare l’effetto voluto, di evitare fallimenti antieconomici, ovvero dispendi di tempo e di costi nella trattazione di procedure scarsamente significative, ha indirizzato l’indagine all’accertamento della consistenza dimensionale dell’impresa.
1.3 Va, altresì, considerato che, pur avendo i parametri di riferimento di cui all’art. 1, comma 2 l. fall, tutti carattere contabile, l’inciso contenuto nella lett. b), «in qualunque modo risulti» ha portato la giurisprudenza di merito ad affermare che la valutazione dell’ammontare dei ricavi, in quanto mirante a far emergere la realtà economica dell’impresa, deve prescindere dalla pedissequa applicazione dei principi contabili e della normativa in tema di redazione dei bilanci ogni qualvolta il loro rigoroso rispetto venga a determinare una divergenza tra il dato formale e la reale dimensione dell’impresa.
1.4 In ordine al requisito dimensionale di esonero dalla fallibilità di cui all’art. alla lettera b cit., questa Corte ha più volte affermato che « per l’individuazione dei “ricavi lordi”, che vanno considerati ricavi in senso tecnico, occorre fare riferimento alle voci n. 1 («ricavi delle vendite e delle prestazioni») e n. 5 («altri ricavi e proventi») dello schema obbligatorio di conto economico previsto dall’art. 2425, lett. A, cod. civ. » (Cass., 27 dicembre 2013, n. 28667; conf. Cass., 5 marzo 2015, n. 4526; Cass., 19 aprile 2016, n. 7742, non massimata; Cass., 10 dicembre 2018, n. 31825).
E’ stato, in particolare, precisato, che:
-il legislatore della riforma fallimentare, nella previsione del requisito in esame, ha fatto riferimento allo schema obbligatorio del conto economico, di cui all’art. 2425 cod. civ., e, in particolare, al suo primo raggruppamento, sub lett. A;
-il legislatore, nel riferirsi ai «ricavi», ha considerato gli stessi in senso tecnico, con la conseguenza che deve farsi riferimento sia ai «ricavi delle vendite e delle prestazioni» sub n. 1, sia alla voce sub n.5, «altri ricavi e proventi», perché voce assimilabile alla prima, trattandosi di componenti positive, quali “ricavi accessori, dividendi, royalties, canoni attivi”;
-non possono, invece, sommarsi le voci sub n. 2, «variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti», e sub n. 3, «variazioni dei lavori in corso su ordinazione», che non possono essere considerate ricavi, nemmeno concettualmente assimilabili alla più ampia nozione di «proventi»;
-come rilevato da attenta dottrina, queste ultime voci rappresentano invece costi comuni a più esercizi, che vengono sospesi in conformità al principio di competenza economica, ex art. 2423 bis cod. civ., per essere rinviati ai successivi esercizi, in cui si conseguiranno i correlativi ricavi; Cass. n. 2018 n. 31825/2018 cit. ha ulteriormente precisato che il criterio quantitativo dei ricavi lordi va correlato alle gestione ordinaria dell’impresa, donde dalla nozione rilevante per l’art. 1, comma 2 lett. b. l. fall, restano fuori i proventi finanziari, le rivalutazioni e i proventi straordinari rispettivamente indicati dall’art. 2425 cod. civ., lett. C, D ed E (ovvero quei proventi che non contribuiscono a definire la dimensione economica corrente dell’impresa, in funzione dell’allarme sociale che la sua crisi può generare).
1.5 Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in ordine alla questione in questa sede controversa.
1.6 Ciò che rileva, infatti, ai fini dell’individuazione del parametro dimensionale di cui alla legge fallimentare, è il valore dei ricavi lordi totali risultanti dal conto economico che afferiscono alle attività commerciali specifiche dell’impresa (ovvero alle attività che questa svolge in modo abituale) o a quelle accessorie derivanti dalla gestione non caratteristica (ad. es. proventi dei beni tenuti a scopo di investimento, canoni attivi, royalties) e che siano pertanto idonei a misurarne l’effettiva consistenza economica e finanziaria.
1.7. Fra questi non rientrano “gli altri proventi” che, come nella specie, corrispondano invece a sopravvenienze attive derivanti, “una tantum”, dalla contestuale riduzione dell’accantonamento per rischi iscritto nell’esercizio precedente in ragione di un contenzioso pendente; accantonamento che rappresenta null’altro che una passività potenziale (la possibile perdita originata dalla vertenza), il cui effettivo concretizzarsi, oltre che effettivo ammontare, è subordinato al verificarsi di un evento futuro, (il passaggio in giudicato della sentenza che decide la controversia).
La variazione contabile che scaturisce dal definitivo venir meno (in tutto o in parte) della passività prudenzialmente stimata nel fondo rischi e dall’appostazione nella voce A5, «altri ricavi e proventi» del valore positivo corrispondente alla differenza tra quanto accantonato e quanto effettivamente dovuto, non è dunque, all’evidenza, in alcun modo correlata alla gestione ordinaria (caratteristica o meno) dell’impresa e non può pertanto essere considerata un ricavo in senso tecnico.
2. Il secondo motivo del ricorso, con il quale C. lamenta che la corte d’appello non abbia pronunciato sullo stato di insolvenza di I.A., va invece dichiarato inammissibile, in quanto attinente a questione necessariamente assorbita dal preliminare accertamento della non fallibilità della società.
3. La novità della questione trattata in sede di esame del primo motivo giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio fra le parti costituite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d P R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
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