CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 febbraio 2019, n. 5570
Tributi – Accertamento – Gruppo societario – PVC – Contenzioso tributario – Procedimento
Rilevato che
Con sentenza n. 1795/38/2015, depositata ¡1 29 aprile 2015, non notificata, la CTR della Lombardia accolse l’appello dell’Agenzia delle Entrate nei confronti della D. E. Business Services S.r.l. (di seguito D. XBS) e della C. S.r.l., in qualità di consolidante, avverso la sentenza della CTP di Milano, che aveva invece accolto i ricorsi proposti dalla prima, quale consolidata e dalla seconda quale consolidante avverso avviso di accertamento per IRES per l’anno 2007, nonché dalla D. XBS avverso avviso di accertamento per IRAP per l’anno 2007 ed ancora avverso altro avviso di accertamento per IVA per l’anno 2008.
La controversia traeva origine da processo verbale di constatazione formato il 22 dicembre 2010 col quale l’Ufficio aveva contestato alla D. XBS, di avere portato in deduzione costi non documentati per Euro 698.755,22 e di avere quindi detratto indebitamente l’IVA ad essi relativa.
Avverso la sentenza della CTR le summenzionate società hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Considerato che
1. Con il primo motivo le società ricorrenti denunciano nullità della sentenza e del procedimento, in relazione all’art. 360, comma 1, n.4, cod. proc. civ., per violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 36 del d. lgs. n. 546/1992, lamentando la carenza della sentenza impugnata in relazione ai requisiti di cui ai numeri 2 e 3 del comma 2 del citato art. 36 del d. lgs. n. 546/1992.
La sentenza impugnata, secondo quanto dedotto dalle ricorrenti, avrebbe omesso di dar conto, tanto nella parte relativa allo “svolgimento del processo” quanto in quella concernente i “motivi della decisione”, delle argomentazione svolte dalla società a sostegno delle ragioni dell’effettività della prestazione di consulenza svolta da società del gruppo, D. Consulting S.p.A. (di seguito D. Consulting) in favore di D. XBS, quale oggetto della fatturazione contestata dall’Ufficio, dando luogo altrimenti il rilievo degli accertatori, in assenza del riconoscimento di un minore ricavo in capo alla società prestatrice dei servizi di consulenza, ad un chiaro fenomeno di doppia imposizione.
2. Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. relativo alla cessione del ramo d’azienda, avvenuto con scrittura privata autenticata del 22 maggio 2007, da D. XBS (all’epoca denominata D. Outsourcing S.r.l.) a Key Partners S.p.A., altra società del gruppo D., del ramo d’azienda denominato BPO (Business Process Outsourcing), che aveva comportato non solo il trasferimento dei rapporti contrattuali con clienti e fornitori ad esso inerenti, ma anche dei contratti di lavoro in essere relativi ad ottantuno dipendenti e diciotto collaboratori a progetto, cessione che rientrava nell’ambito di una più complessa riorganizzazione che, mantenendo in capo a D. XBS l’attività di Information Technology, separandola da quella di BPO ceduta a Key Partners S.p.A., era destinata a concludersi l’anno successivo con la cessione da parte di D. Consulting S.p.A. della partecipazione pari al 99% detenuta in D. XBS in favore della società del gruppo XBSFIN S.r.l. In tale contesto maturava quindi l’accordo tra D. XBS e D. Consulting del 2 agosto 2007 in virtù del quale la seconda s’impegnava a fornire in favore della prima i servizi «Consulenza, assistenza e supporto al governo del business allo scopo di mantenere le relazioni con i clienti esistente.
3. Con il terzo motivo, infine, le ricorrenti lamentano violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., nonché degli artt. 109 del d.P.R. n. 917/1986, 5 del d. lgs. n. 446/1997 e 19 del d.P.R. n. 633/1972, atteso che l’onere di dimostrare l’inesistenza delle operazioni riferite alla fattura contestata dai verificatori incombeva all’Amministrazione, che non ne aveva dato prova in corso di giudizio al fine di sostenere la legittimila della ripresa a tassazione degli importi richiesti in relazione ai tributi di cui ai succitati atti impositivi.
4. Il primo motivo è infondato.
Questa Corte ha chiarito che «In forza del generale rinvio materiale alle norme del codice di procedura civile compatibili, contenuto nell’art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 546 del 1992, è applicabile al rito tributario, come disciplinato dal citato decreto, il principio desumibile dalle norme di cui agli artt. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e 118, disp, att. cod. proc. civ. come novellati entrambi dalla l. n. 69 del 2009, secondo il quale la mancata esposizione dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione delle ragioni giuridiche della decisione, determinano la nullità della sentenza soltanto ove rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo» (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 18 aprile 2017, n. 9745; Cass. sez. 5, 22 settembre 2003, n. 13990).
4.1. Nella fattispecie in esame la sentenza impugnata, quantunque in maniera succinta, consente l’esatta individuazione del thema decidendum ed il controllo sul percorso logico – giuridico sotteso alla ratio decidendi, in relazione al quale parte ricorrente formula poi gli ulteriori motivi di censura come innanzi indicati.
5. Il secondo motivo è fondato.
5.1. Deve in primo luogo escludersi che con esso le parti ricorrenti abbiano in realtà inteso sollecitare alla Corte un non consentito riesame del fatto, così come invece eccepito dall’Amministrazione finanziaria, essendone invece ammissibile lo scrutinio, secondo i principi affermati da Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053 e successiva giurisprudenza conforme, in relazione all’ambito devoluto al sindacato della Corte nei limiti del novellato art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. Civ.
5.2. In effetti, ricostruito nei suoi termini essenziali come sub 2 il complesso quadro fattuale sotteso alla relativa censura, resta effettivamente evidenziato che la decisione impugnata, a fondamento della legittimità dell’operato dell’Amministrazione, è basata sull’unico rilievo che negli anni precedenti al c.d. periodo di transizione sopra indicato non vi è traccia di costi fatturati di consulenza, ciò che ha indotto la CTR a ritenere plausibile che i servizi inerenti allo sviluppo ed al mantenimento dei clienti siano sempre stati svolti con le risorse proprie di D. XBS, senza necessità di assistenza o collaborazione esterna se non nei limiti del normale rapporto tra società del medesimo gruppo e, di conseguenza, a ritenere non provata da parte della contribuente, l’effettività dei costi di cui alla fattura emessa da D. Consulting in relazione all’accordo del 2 agosto 2007.
5.3. Ebbene, risulta chiaramente dal dato testuale della sentenza impugnata, così come alla stregua degli ulteriori elementi extratestuali menzionati in ricorso ai fini dell’autosufficienza, in particolare la perizia di parte del prof. R. P., pure allegata in copia come n. 22 dell’indice dei documenti riprodotti in allegato al ricorso per cassazione, che del fatto storico della cessione del ramo d’azienda riguardo al settore BPO, intervenuta nel maggio 2007 tra D. XBS e Key Partners S.p.A. con il rilevante impatto sotto il versante occupazionale sopra indicato, è stato omesso ogni esame da parte della decisione impugnata.
5.4. Quest’ultima – che si limita nel resto ad affermare, senza precisarne il contenuto, la non rilevanza sul piano probatorio della pur «enorme quantità dei documenti» prodotti dalle ricorrenti, finisce dunque con il basarsi esclusivamente sul raffronto del periodo in contestazione con la non onerosità dei costi di detti servizi per gli anni precedenti, o perché svolti con risorse proprie di D. XBS o giovandosi, ove necessario, di assistenza o collaborazione esterna, «nei limiti del normale rapporto tra società facenti parte del medesimo gruppo».
5.5. Deve ritenersi pertanto che l’oggetto della cessione del ramo d’azienda, con il rilevante depauperamento sul piano delle risorse umane disponibili da parte della cedente, che però conservava il pur rilevante settore di Information Technology, ove debitamente esaminato, avrebbe avuto esito decisivo per il giudizio, ponendo la situazione in concreto oggetto di valutazione da parte della CTR per il periodo in contestazione, in ragione della specificità della medesima, come non omologabile a quella degli anni precedenti, così come ricostruita dalla CTR medesima.
6. Il ricorso va pertanto accolto in relazione al secondo motivo, risultando assorbito il terzo e la causa rimessa per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione al secondo motivo, rigettato il primo ed assorbito il terzo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
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