CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 febbraio 2019, n. 5622
Licenziamento – Procedura collettiva di messa in mobilità – Criterio di scelta – Accordo sindacale
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza n. 605/2017, ha confermato la pronuncia n. 64/2015 emessa dal Tribunale di Sondrio con la quale era stata respinta la domanda proposta da E. B. nei confronti della D. Italia srl e della Nuovo P. spa diretta alla declaratoria di illegittimità del licenziamento, intimatogli con lettera del 12.2.2014, perché era stato ritenuto che censure mosse dal ricorrente al recesso, incentrate sulla insussistenza di un giustificato motivo oggettivo, non fossero congrue rispetto alla natura collettiva del licenziamento.
2. I giudici di secondo grado hanno precisato, dopo avere richiamato gli atti rilevanti ai fini della decisione, che: a) emergeva con evidenza che l’appellante era stato licenziato in forza di una procedura collettiva di messa in mobilità e non certo in forza di un licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo; b) le censure del B. erano totalmente svincolate da puntuali contestazioni a singoli atti della procedura collettiva, c) in ogni caso anche le mansioni di customer Service rientravano in quelle svolte a supporto della Linea dismessa esplicitamente ricomprese nella procedura di mobilità oggetto di causa e costituente il principale criterio di scelta concordato dalle parti sociali ex art. 5 legge 223 del 1991; d) comunque il B. era un addetto, a prescindere dal profilo professionale, della Linea CNG; e) l’Accordo Sindacale (punto 9) tra le Parti aveva sanato ad ogni effetto di legge ogni vizio di forma degli atti introduttivi; f) nelle procedure di mobilità non si poneva alcun obbligo, per il datore di lavoro, di ricollocazione e non vi era stata censura sui criteri di scelta applicati; g) la censura relativa all’asserita natura discriminatoria del recesso era inammissibile perché tale profilo era stato sollevato per la prima volta in grado di appello; h) la Nuovo P. spa era carente di legittimazione passiva in assenza di domande avanzate nei suoi confronti e di impugnazione avverso il capo della pronuncia di 1° grado che aveva accolto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva.
3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione E. B. affidato a 12 motivi.
4. Hanno resistito con controricorso la Nuovo P. I. srl (già Nuovo P. spa) e la D. Italia srl.
Ragioni della decisione
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c. per motivazione contraddittoria nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riguardo alla corretta lettura del contenuto dell’accordo sindacale del 18.12.2013 e della precedente comunicazione datata 2.12.2013, relativamente all’inserimento di esso B. nella procedura di mobilità, delle mansioni svolte e della mancata impugnazione del suddetto verbale.
3. Con il secondo motivo si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., in relazione all’art. 4 della legge n. 223 del 1991 (violazione dei criteri di scelta ex art. 5 legge n. 223 del 1991) nonché la motivazione contraddittoria e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla ritenuta omissione di impugnazione del licenziamento collettivo, perché, a differenza di quanto ritenuto dai giudici di seconde cure, esso ricorrente aveva impugnato gli Accordi Sindacali che prevedevano il suo licenziamento ovvero nella parte in cui tale licenziamento non fosse contemplato direttamente.
4. Con il terzo motivo si obietta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c. nonché la motivazione contraddittoria e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, relativamente al contenuto della comunicazione di avvio della procedura di mobilità, al contenuto dell’accordo sindacale di chiusura, all’applicazione dei criteri di scelta concordati in tale sede, perché erroneamente la corte di merito ha affermato che esso B. non aveva avanzato censure e impugnazioni in ordine all’Accordo di mobilità e all’Accordo sindacale intervenuto presso il Ministero del Lavoro in data 2.2.2012, quando, invece, ciò risultava dal contenuto dell’atto di appello e dalla documentazione prodotta.
5. Con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., per motivazione contraddittoria e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e, cioè, che diversamente da quanto esposto nella motivazione della sentenza, egli non poteva essere ricompreso in virtù dell’accordo sindacale del 2.2.2012 nel personale del prospetto organico in esubero poiché detto personale ricomprendeva i soli addetti alla produzione mentre, in qualità di impiegato, svolgeva attività di addetto alla vendita e di assistenza alla clientela e, quindi, non poteva essere coinvolto nel licenziamento collettivo di talché il recesso a lui intimato era da considerarsi di natura individuale e in relazione a questa tipologia erano da esaminarsi le verifiche di legittimità, compreso l’obbligo di repechage.
6. Con il quinto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., per motivazione contraddittoria e per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in quanto la Corte di merito aveva erroneamente interpretato il dato letterale contenuto nell’accordo sindacale del 2.2.2012, nella parte in cui era stato ritenuto che la soppressione per quanto atteneva il sito di Talamona (SO) a cui era adibito il B. riguardasse non solo la linea di produzione di CNG, ma anche quella relativa alla attività di supporto ad essa e, quindi, giungendo a ritenere, in modo difforme dal suo contenuto letterale, che l’accordo predetto contemplava lavoratori differenti da quelli addetti alla produzione.
7. Con il sesto motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c. per motivazione contraddittoria e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Corte territoriale correttamente valutato la documentazione in atti, attestante il licenziamento di n. 10 lavoratori della società GE D. e la loro ricollocazione presso la società GE Nuova P. spa, che dimostrava la presenza di un accordo simulatorio diretto alla cessazione di rapporti lavorativi presso la prima società e la successiva riassunzione presso la seconda.
8. Con il settimo motivo si sostiene la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., in relazione alla legge n. 92 del 2012, per motivazione contraddittoria perché la Corte di appello, nell’interpretare in modo erroneo l’accordo sindacale del 2.2.2012, non aveva considerato che le attività di assistenza tecnica e postvendita di supporto alla linea dismessa si intendevano riferite al sito di Firenze e non già, come ritenuto dai giudici di merito, al sito di Talamona (SO).
9. Con l’ottavo motivo il ricorrente denunzia la falsa applicazione delle norme di diritto di cui all’art. 2119 cc e sulla violazione dell’obbligo di repechage, per motivazione contraddittoria, per non avere considerato la Corte territoriale che, anche in ipotesi di licenziamento collettivo, la società datrice di lavoro avrebbe comunque dovuto rispettare l’obbligo di ricollocazione, soprattutto con riguardo alla situazione di invalidità civile in cui egli si trovava e che era nota alla direzione dell’azienda.
10. Con il nono motivo si censura la violazione ed erronea qualificazione del licenziamento quale licenziamento collettivo e la mancata istruttoria e valutazione della ricorrenza degli elementi a supporto del licenziamento individuale, sotto il profilo della giusta causa, del giustificato motivo oggettivo e sull’adempimento dell’obbligo di repechage: afferma il ricorrente che la corretta interpretazione dell’Accordo Sindacale del 2.2.2012 aveva condotto la Corte di merito a ritenere coinvolta dalla procedura di licenziamento anche le attività dell’Ufficio vendita cui era addetto presso lo stabilimento di Talamona, attraverso una lettura errata del dato letterale, della mancata contestazione sull’avvio della procedura in CIGS e delle motivazioni rese in sede di interrogatorio libero circa il fatto di essere addetto al custode service per i compressori di metano oltre che per i distributori di benzina e per i sistemi di automazione.
11. Con il decimo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., in relazione alla carenza di legittimazione passiva della società Nuovo P., per motivazione contraddittoria, in quanto la Corte di appello non aveva tenuto conto delle risultanze documentali da cui emergeva che la Nuova P. spa, la società D. Italia srl e la società Nuovo P. International srl facevano parte del medesimo Gruppo General Electric in Italia e che rappresentavano, nella sostanza, una unica identica entità economico-imprenditoriale ed erano localizzate nel medesimo sito fisico.
12. Con l’undicesimo motivo si eccepisce la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c. nonché la contraddittoria e carente motivazione, in relazione alla mancata ammissione delle prove orali dedotte da parte del B. e la richiesta di espletamento delle prove, fondata sul presupposto che non erano determinanti perché i verteva in ipotesi di licenziamento collettivo e non individuale.
13. Con il dodicesimo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c. nonché la contraddittoria e carente motivazione in relazione alla condanna alle spese del giudizio perché le argomentazioni molteplici di contestazione del licenziamento non avrebbero mai potuto e dovuto condurre i giudici di merito alla condanna del B. alle spese processuali di lite.
14. I primi sette motivi sono inammissibili.
15. Invero, a prescindere dalla mancata indicazione dei parametri di censura espressamente e tassativamente previsti dall’art. 360 comma 1 c.p.c., le doglianze si risolvono: a) in un riesame delle questioni in fatto in una fattispecie di “doppia conforme” ex art. 348 ter c.p.c. (appello proposto nel 2016 e pronuncia impugnata in questa sede, pubblicata il 16.3.2017) che rende inammissibile l’esame dei punti denunziati come omessi; b) nella contestazione circa una motivazione contraddittoria, non più prospettabile come censura ai sensi del novellato art. 360 n. 5 c.p.c. se non quale anomalia motivazionale che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili nella motivazione perplessa od obiettivamente incomprensibile (cfr. Cass. SSUU. n. 8053/2014): ipotesi queste non ravvisabili nella sentenza gravata; c) in un vizio di omesso esame di fatti controversi da indagare che, però, sono stati manifestamente presi in esame dalla Corte milanese: sicché non di omesso esame si tratta, ma di accoglimento di una tesi diversa da quella sostenuta dalla parte odierna ricorrente; d) nel sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiedere un nuovo apprezzamento nel merito, non consentita in sede di legittimità; e) in una censura riguardante l’interpretazione di atti di natura privatistica (accordi aziendali che differiscono per natura da quelli collettivi nazionali – cfr. ex aliis Cass. n. 20075/2010; Cass. n. 26738/2014) senza l’indicazione di quali criteri legali di ermeneutica contrattuale siano stati violati (cfr. ex aliis Cass. n. 4178/2007; Cass. n. 2465/2015).
16. L’ottavo motivo è infondato.
17. Correttamente la Corte di merito ha ritenuto non compatibile con la procedura di mobilità ex art. 223 del 1991, la questione di un obbligo di ricollocazione, dovendosi avere riguardo, nella individuazione dei lavoratori, ai criteri di scelta legali e convenzionali concordati tra le parti.
18. Peraltro i giudici di seconde cure correttamente hanno sottolineato che non era pertinente il richiamo al precedente di questa Corte (sent. n. 203 del 2015), che regolava una fattispecie diversa, e che nessuna allegazione in ordine alla contestazione del profilo comparativo tra i vari lavoratori vi era stata atteso che tutte le doglianze dell’odierno ricorrente, nei gradi di merito, erano state impostate sull’erroneo presupposto dell’adozione nei suoi confronti di un licenziamento individuale.
19. Il nono, decimo ed undicesimo motivo sono inammissibili perché si sostanziano in una denunzia del cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito che non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione (cfr. Cass. Cass. 10.6.2016 n. 11892).
20. Infatti, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità (cfr. Cass. 12.10.2017 n. 23940).
21. Quanto, poi, alla dedotta “unicità” economico-imprenditoriale tra la Nuova P. spa, la società D. srl e la Nuovo P. srl, deve rilevarsi la novità della questione dedotta in questa sede e in relazione alla quale non è stato specificato il “dove” ed il “quando” la tematica sia stata specificamene sottoposta ai giudici del merito nel rispetto degli oneri di allegazione e prova.
22. Il dodicesimo motivo è, infine, infondato.
23. La Corte territoriale ha applicato correttamente il principio della soccombenza, secondo la regola della causalità in relazione al processo e alla sua protrazione (ex plurimis Cass. n. 7625/2010).
24. In tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di Cassazione è, pertanto, limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia di provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti (Cass. 4.8.2017 n. 19613).
25. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
26. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
27. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie della misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 2117 depositata il 24 gennaio 2023 - Al licenziamento per giustificato motivo oggettivo trova applicazione l'art. 7 della legge n. 604 del 1966, nel testo modificato dalla legge n. 92 del 2012 e ratione temporis…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 settembre 2019, n. 23789 - In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il lavoratore ha l'onere di dimostrare il fatto costitutivo dell'esistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato così…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 novembre 2022, n. 33477 - Il requisito dell'immediatezza del provvedimento espulsivo rispetto alla contestazione degli addebiti applicabile con riferimento al licenziamento individuale per giusta causa o giustificato…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 dicembre 2019, n. 31521 - L'obbligo di repechage costituisce una creazione giurisprudenziale ed inoltre non è applicabile a tutte le tipologie di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e nel licenziamento per…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 749 depositata il 12 gennaio 2023 - In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, incombono sul datore di lavoro gli oneri di allegazione e di prova dell'esistenza del giustificato motivo oggettivo, che…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28 gennaio 2020, n. 1889 - In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, incombono sul datore di lavoro gli oneri di allegazione e di prova dell'esistenza del giustificato motivo oggettivo, che include…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- E’ onere del notificante la verifica della c
E’ onere del notificante la verifica della correttezza dell’indirizzo del destin…
- E’ escluso l’applicazione dell’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9759 deposi…
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…
- Processo Tributario: il principio di equità sostit
Il processo tributario, costantemente affermato dal Supremo consesso, non è anno…
- Processo Tributario: la prova testimoniale
L’art. 7 comma 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 (codice di procedura tributar…