CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 luglio 2019, n. 20339

Tributi – IRAP – Banche e dalle società finanziarie – Base imponibile – Svalutazione dei crediti alla clientela risultante dal bilancio d’esercizio – Deducibilità – Criteri

Fatti di causa

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso, affidato ad un unico motivo, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 67/34/14, depositata il 20 gennaio 2014, che ha rigettato l’appello del medesimo Ufficio avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Torino, che aveva accolto il ricorso della FGA Capital s.p.a. (già F.G.A.F. Services, ora FCA Bank s.p.a. ) – società finanziaria del Gruppo F. il provvedimento dell’Amministrazione finanziaria di rigetto della sua istanza di rimborso della maggiore IRAP versata dalla società, per l’anno di imposta 2007, quale quota annuale di svalutazione dei crediti verso la clientela, operata negli esercizi precedenti al 2005 e riportata pro quota costante nei nove anni successivi.

2. La FGA Capital s.p.a. si è costituita con controricorso ed ha successivamente depositato memoria.

Ragioni della decisione

1. Con l’unico motivo, il ricorrente Ufficio denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 della legge n. 212 del 2000; 6, comma 1, lett. n), ed 11- bis del d.lgs. n. 446 del 1997; 2, comma 2, del d.l. n. 168 del 2004, convertito nella legge n. 191 del 2004; 106 del d.P.R. n. 917 del 1986, per avere il giudice d’appello ritenuto intangibile la deducibilità, ai sensi dell’ art. 6, comma 1, lett. n), del d.lgs. n. 446 del 1997, dalla base imponibile dell’IRAP dovuta dalle banche e dalle società finanziarie, delle quote di svalutazione dei crediti verso la clientela già appostate (c.d. noni pregressi), nonostante il regime di indeducibilità sopravvenuto con l’ art. 2, comma 2, del d.l. n. 168 del 2004, convertito nella legge n. 191 del 2004, ed applicabile dall’anno d’imposta 2005.

1.1. Il ricorso è infondato.

Infatti sulla questione si è consolidato un orientamento di legittimità, cui si intende dare seguito, per effetto del quale, per l’IRAP degli enti creditizi e finanziari, la svalutazione dei crediti alla clientela risultante dal bilancio d’esercizio determina immediatamente la decurtazione del valore fiscale dei ricavi, poiché ad essa è stata data rilevanza dall’art. 106 (già art. 71) d.P.R. n. 917 del 1986 allo scopo di rendere la disciplina fiscale più adeguata alle esigenze del settore ed assicurare pieno riconoscimento alle svalutazioni imputate al conto economico, e se la relativa deduzione è rinviata per noni agli esercizi successivi ciò  accade solo per evitare il superamento del limite massimo di deducibilità in ciascun esercizio: quindi, l’indeducibilità introdotta dall’art. 2 dl. n. 168 del 2004, conv. l. n. 191 del 2004, non attinge le quote di competenza degli esercizi anteriori (c.d. noni pregressi), in quanto esse sono relative a svalutazioni di crediti operate nei corrispondenti bilanci e oggetto di una situazione giuridica ormai consolidata, non essendo d’altronde giustificabile un’interpretazione in chiave retroattiva, che – in assenza di specifica deroga – si porrebbe in contrasto col canone ermeneutico di cui all’art. 3 l. n. 212 del 2000 (Cass., 04/04/2012, n. 5403).

In modo analogo questa Corte ha poi deciso per il valore della produzione netta delle imprese assicurative ex art. 7 del d.lgs. n. 446 del 1997, sempre in rapporto al regime d’i indeducibilità introdotto dall’art. 6 del d.l. n. 203 del 2005, conv. nella l. n. 248 del 2005 (Cass. 21/01/ 2015, n. 1111).

L’orientamento ha quindi trovato ulteriore conferma con riguardo agli enti creditizi e bancari, essendo stato ribadito da questa Corte che la svalutazione dei crediti risultanti dal bilancio di esercizio determina immediatamente la decurtazione del valore fiscale dei ricavi, la cui deduzione viene solo rinviata, in parte, agli esercizi successivi, per cui l’indeducibilità, introdotta dal dl. n. 168 del 2004, conv., con modif., dalla l. n. 191 del 2004, non attinge le quote (cosiddetti noni pregressi) di competenza degli esercizi anteriori, oggetto di una situazione giuridica sostanziale ormai già consolidata in forza della normativa antecedente (Cass., 21/12/2016, n. 26547.Conformi Cass.,21 febbraio 2018, n. 4165; Cass., 21 dicembre 2018, n. 33245; Cass., 15/01/2019, n. 773; Cass., 07703/2019, n. 6639).

Le critiche mosse dall’Ufficio ricorrente alla pronuncia di legittimità (Cass., 04/04/2012, n. 5403) che ha inaugurato l’orientamento appena esposto si basano, sostanzialmente, sulla differenza tra i criteri posti a fondamento della base imponibile ai fini delle imposte sul reddito, rispetto a quella ai fini Irap. Ma tale argomento è stato già ritenuto (Cass., 21/01/2015, n. 1111) insufficiente ad escludere la deduzione per noni negli esercizi successivi, considerata solo una modalità di deduzione di valori già riconosciuti come fiscalmente rilevanti a far data dall’esposizione nel bilancio di esercizio, e quindi operante indipendentemente dalla natura oggettiva e reale dell’Irap.

2. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

3. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 percento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.