CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 luglio 2022, n. 23379

Tributi – IRPEF – Agevolazione in favore dei soggetti colpiti dal sisma in Sicilia del 1990 – Notaio – Diritto al rimborso – Verifica in concreto delle condizioni corrispondenti alla “regola de minimis”

Fatti di causa

1. M.C. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Catania, di cui all’epigrafe, che ha rigettato il ricorso del contribuente per l’ottemperanza dell’Amministrazione finanziaria agli obblighi derivanti dalla sentenza n. 150/7/13 del medesimo organo giudicante.

2. Il contribuente, con istanza depositata il 29 febbraio 2008, in qualità di residente in un Comune della Sicilia colpito dal sisma del 13 dicembre 1990 richiedeva all’Agenzia delle Entrate il rimborso, in misura pari al 90 per cento, dell’irpef già versata in eccedenza negli anni d’imposta 1990, 1991 e 1992, in applicazione dell’art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

Formatosi il silenzio rifiuto sull’istanza, proponeva ricorso (RG 10494/2008) alla C.t.p. di Catania che, con sentenza n. 150/07/2013, accoglieva il medesimo disponendo il rimborso della somma di euro 45.589,19 a titolo irpef ed ilor, relativamente all’annualità 1990, maggiorata di interessi legali.

Detta sentenza veniva impugnata dall’Ufficio, ma il giudizio si concludeva con pronuncia di inammissibilità per tardività resa dalla C.t.r. della Sicilia con sentenza n. 2411/13/18 del 06 giugno 2018.

3. Il contribuente, in assenza di adempimento spontaneo, omesso anche successivamente all’istanza di messa in mora, promuoveva ricorso per ottemperanza innanzi alla medesima C.t.p.

Costituitasi nel giudizio l’Amministrazione deduceva che il rimborso non spettava perché il ricorrente, di professione notaio, titolare di partita iva, sembrava superare la soglia de minimis così come stabilito dalla decisione del 14 agosto 2015 C(2015) 5549 della Commissione Europea.

4. La sentenza impugnata rigettava il ricorso in ottemperanza del contribuente. La C.t.p. evidenziava che spettava al giudice valutare se, nella singola fattispecie, ricorresse l’ipotesi di un aiuto individuale che, al momento della sua concessione, non rispettasse le condizioni previste dai regolamenti UE degli aiuti così detti de minimis; che tale valutazione non era stata compiuta dalla C.t.p., la cui pronuncia era precedente alla decisione della Commissione UE. Aggiungeva che la sentenza passata in giudicato disponeva espressamente il rimborso de quo con l’adozione dei relativi atti amministrativi che pertanto, occorreva vagliare la sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi in sede di ottemperanza. Per l’effetto, concludeva affermando che il contribuente non aveva provato la ricorrenza dei detti requisiti alla data del riconoscimento del beneficio, giacché, anche a voler riconoscere valenza probatoria alle due dichiarazioni sostitutive prodotte, esse facevano riferimento «agli esercizi 2003, e due precedenti, e 2008 e due precedenti».

5. Il ricorrente depositava memoria.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il contribuente denuncia la nullità della sentenza per motivazione meramente apparente e violazione dell’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., dell’ art. 112 cod. proc. civ.

In particolare, assume che la sentenza avrebbe rigettato la richiesta di ottemperanza con motivazione meramente apparente in quanto, accogliendo l’eccezione dell’Ufficio relativa al superamento della soglia de minimis, non aveva spiegato quali fossero le condizioni, soggettiva e ed oggettiva, non adeguatamente provate e non aveva tenuto conto che l’Ufficio non aveva negato il valore probatorio della dichiarazione sostitutiva.

2. Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il contribuente denuncia l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.

In particolare, censura la sentenza impugnata per aver omesso di considerare che la condizione soggettiva era pacifica e che, quanto a quella oggettiva, provata dalle dichiarazioni sostitutive, la stessa Agenzia delle Entrate aveva affermato che la medesima doveva riguardare gli anni 2001, 2002 e 2003; che l’istanza di rimborso era riferita alle sole imposte Irpef, Ilor e non all’Iva ed ammontava ad € 45.589,19 e non ad euro 123.230,00 somma ritenuta dall’Ufficio superiore alla soglia de minimis.

3. Con il terzo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., il contribuente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., anche in combinato disposto con gli artt. 9, comma 17, legge 2 dicembre 2002 n. 289, dell’art, 2697 cod. civ., degli artt. 107 e 108 T.F.U.E., della decisione della Commissione Europea n. C 2015/5549, del Regolamento europeo n. 1407 del 2013.

In particolare, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto non provati i requisiti de minimis, sebbene non contestati; per non aver posto a fondamento della decisione detti fatti non contestati; per aver ritenuto l’autocertificazione resa non idonee a provare la sussistenza dei requisiti.

4. Con il quarto motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4 cod. proc. civ., il contribuente denuncia la nullità della sentenza per violazione degli art. 51 e 70 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 324 cod. proc. civ., dell’art. 2909 cod. civ. In particolare, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver rigettato l’istanza nonostante il giudicato formatosi sul diritto al rimborso.

5. In via preliminare va richiamato il principio di diritto espresso da questa Corte quanto all’interpretazione dell’art. 70, comma 10, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che limita le censure ammissibili contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza alle sole violazioni di natura procedimentale. Sul punto questa Corte ha chiarito che detta disposizione va interpretata nel senso che è possibile denunciare non soltanto la violazione delle norme disciplinanti il predetto giudizio, ma anche ogni altro error in procedendo in cui sia incorso il giudice dell’ottemperanza, ivi incluso il mancato o difettoso esercizio del potere – dovere di interpretare e eventualmente integrare il dictum costituito dal giudicato cui l’amministrazione non si sia adeguata o l’omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede. (Cass. 19/05/2022, n. 16289, Cass. 28/09/2018, n. 23487, Cass. 16/04/2014, n. 8830, Cass. 08/02/2008, n. 3057, Cass. 01/12/2004, n. 22565).

Nel caso in esame anche il secondo motivo – se pure proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. – in realtà censura l’error in procedendo nel quale sarebbe incorso il giudice dell’ottemperanza e, in particolare, il difettoso esercizio del poteredovere di integrare il dictum costituito dal giudicato cui l’amministrazione non si era adeguata.

6. Il primo motivo è infondato.

La sentenza gravata ha rigettato l’istanza di ottemperanza con motivazione che esplicita compiutamente il ragionamento sotteso. La C.t.p., in particolare, ha preliminarmente richiamato il principio secondo cui è compito del giudice valutare la compatibilità degli aiuti individuali con i così detti requisiti de minimis previsti dai regolamenti UE in materia di aiuti di Stato. Ciò posto, ha interpretato la sentenza di cui si chiedeva l’ottemperanza, affermando che la medesima non conteneva «specifica condanna al pagamento», ma disponeva «il rimborso de quo con l’adozione dei rispettivi atti amministrativi». Di seguito, dopo aver precisato che, quale Giudice dell’ottemperanza, doveva rendere «effettivo» il dictum della sentenza a quo, ha ritenuto di deve tener conto della decisione UE sugli aiuti di Stato in quanto successiva al giudicato (formatosi a seguito della pronuncia di inammissibilità dell’appello) Infine, ha affermato che il contribuente, su cui gravava la relativa prova, non aveva dimostrato la ricorrenza della condizione soggettiva ed oggettiva per ritenere l’aiuto compatibile con requisiti de minimis, non avendo le dichiarazioni sostitutive di notorietà valenza probatoria ed essendo le medesime incomplete. Di qui, il rigetto del ricorso.

Diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente la sentenza esplicita in maniera articolata, logica ed organica tutto il percorso motivazionale sotteso alla pronuncia di rigetto, non ravvisandosi pertanto alcun vizio di motivazione apparente.

7. Il quarto motivo va affrontato in via preliminare, rispetto al secondo ed al terzo, in quanto con il medesimo il ricorrente contesta la sussistenza dei presupposti per il Giudice dell’ottemperanza di compiere un ulteriore accertamento sull’an del diritto al rimborso, in ragione della valutazione di compatibilità con la normativa europea in tema di aiuti di Stato. Il secondo ed il terzo motivo, invece, vertono sulla valutazione fatta dal Giudice in ordine alla sussistenza dei detti presupposti, sicché sono logicamente subordinati.

Il motivo è infondato.

7.1. E’ dato incontroverso che la sentenza della cui ottemperanza si verte – sentenza C.t.p. Catania n. 150/07/2013 – è stata impugnata dall’Ufficio e che il giudizio si è concluso con una pronuncia di inammissibilità dell’appello in quanto tardivamente proposto. La sentenza di inammissibilità è stata notificata all’Ufficio in data 13 marzo 2019 e non gravata.

In presenza di una sentenza di primo grado notificata alla controparte, il passaggio in giudicato della stessa si verifica al momento in cui sono scaduti i termini per la proposizione delle impugnazioni elencate nell’art. 324 cod. proc. civ. La proposizione di un’impugnazione tardiva ai sensi dell’art. 327, comma 2, c.p.c., in tanto è idonea a fare venire meno il giudicato in precedenza formatosi in quanto il giudice del gravame la riconosca ammissibile. (Cass. 14/02/2014, n. 3541, Cass. 04/11/1994, n. 9087).

Nel caso in esame la C.t.r. ha espressamente concluso per l’inammissibilità dell’appello in quanto tardivo. Il giudicato sulla sentenza della C.t.p. – sentenza oggetto del giudizio di ottemperanza – si è, di conseguenza, formato con il decorso del termine per impugnare detta ultima. La statuizione della tardività dell’appello, infatti, si risolve nella intangibilità della sentenza impugnata per il decorso dei termini per impugnarla.

E’ dato ulteriormente incontroverso che il giudizio conclusosi con la sentenza di cui si chiede l’ottemperanza era pendente già dal 2008, come rilevato dallo stesso ricorrente nella parte del ricorso dedicato alla esposizione in fatto.

7.2. Gli aiuti di Stato concessi con le agevolazioni fiscali e contributive connesse con calamità naturali – e, per quel che qui rileva, con il sisma Sicilia del 1990 – sono stati dichiarati incompatibili con il mercato interno dalla Commissione europea con la decisione 14 agosto 2015 C(2015) 5549 final che ha riguardato la legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003) su cui si fonda la richiesta di rimborso alla quale l’Amministrazione non ha dato seguito ed oggetto del giudizio di ottemperanza conclusosi con la sentenza qui gravata.

Sebbene detta decisione sia stata resa nel 2015, la Commissione aveva già avviato la procedura per l’esame dei provvedimenti adottati con la legge n. 289 del 2002 con decisione del 17 ottobre 2012 – Decisione C(2012)7128 final – con la quale aveva, altresì, ingiunto la sospensione di tali aiuti fino al momento della decisione finale. Di tanto ne dà atto lo stesso contribuente nel ricorso per cassazione.

7.3. La fattispecie in esame si caratterizza in ragione del fatto che la sentenza che ha riconosciuto il diritto del contribuente a beneficiare delle agevolazioni fiscali conseguenti al sisma Sicilia del 1990 è stata resa, ed è altresì passata in giudicato, in un momento in cui non vi era ancora la decisione della Commissione che ha qualificato dette agevolazioni come aiuti di Stato; tuttavia, era stata già avviata dalla Commissione stessa la procedura di esame ed emessa l’ingiunzione di sospensione. Quest’ultima, in particolare, interveniva in pendenza del giudizio, pacificamente introdotto nel 2008 e conclusosi nel 2013.

7.4. La questione va affrontata sotto una duplice prospettiva, dovendosi tener conto, oltre che degli effetti della ingiunzione di sospensione, anche delle caratteristiche proprie del giudizio di ottemperanza.

7.5. E’ principio consolidato quello secondo cui l’efficacia diretta delle norme comunitarie nell’ordinamento interno si estende anche alle decisioni con cui la Commissione, nell’esercizio del controllo sulla compatibilità degli aiuti di stato con il mercato comune, disponga la sospensione di una misura di aiuto, ne dichiari l’incompatibilità o ne ordini la restituzione, e comporta l’invalidità e/o l’inefficacia delle norme di legge e degli atti amministrativi o negoziali in forza dei quali la misura di aiuto è stata erogata (Cass. 22/11/2021, n. 35984, Cass. 03/11/2010, n. 22318).

Attribuire effetti alla sola decisione definitiva anche nell’ipotesi in cui la Commissione, pur non essendosi ancora espressa sulla compatibilità dell’aiuto di Stato, ne abbia disposto la sospensione, di fatto ne vanificherebbe la competenza esclusiva. L’ingiunzione di sospensione – adottata con decisione del 17 ottobre 2012 -era obbligatoria anche per gli organi giurisdizionali, tenuti a conformarsi alla medesima ed a garantirne l’esecuzione immediata ed effettiva (cfr. Corte giust. 21/11/2013, C-284/12, Deutsche Lufthansa).

Va aggiunto, in proposito, che nemmeno una decisione definitiva della Commissione che riconosca la compatibilità di un aiuto illegale dopo la sua concessione può avere l’effetto di regolarizzare le misure di esecuzione adottate in violazione della clausola di sospensione (Corte giustizia, 23/01/2019, C-387/17, Fallimento Traghetti del Mediterraneo, Corte giustizia 19/03/ 2015, C-627/13 OTP Bank; Corte giustizia, 12/02/2008, C-199/06 CELF et Ministre de la Culture et de la Communication).

L’ingiunzione di sospensione, risalente al 17 ottobre 2012 imponeva l’obbligo di astenersi dall’erogazione di aiuti di Stato; la successiva decisione del 14 agosto 2015 disponeva l’annullamento di tutti i pagamenti degli aiuti. Per l’effetto della precedente sospensione, deve ritenersi che questa disposizione abbia ad oggetto tutte le somme non ancora versate e, più in generale, tutte le agevolazioni che alla data del 17 ottobre 2012 non erano ancora divenute definitive.

Pertanto, nella fattispecie in esame, deve affermarsi che, i giudici nazionali erano tenuti ad osservare i limiti imposti dalla Commissione con la decisione del 17 ottobre 2012 e ad impedire l’erogazione delle agevolazioni – nel caso in esame mediante accoglimento dell’istanza di rimborso – senza previa verifica della compatibilità con il diritto unionale. (cfr. Corte giustizia. 18/07/2007, C-392/04, Lucchini).

7.6. Sul versante del diritto interno nulla osta alla verifica in sede di ottemperanza della compatibilità del dictum contenuto nella sentenza passata in giudicato con la Decisione della Commissione in ragione della peculiare natura «attuativa» del giudizio di ottemperanza, ed in particolare di quello tributario; questo, infatti, presenta connotati del tutto diversi rispetto al corrispondente giudizio esecutivo civile dal quale si differenzia perché il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione passata in giudicato, quanto piuttosto quello di dare concreta attuazione a quel comando, anche se questo non contenga un precetto dotato dei caratteri propri del titolo esecutivo (Cass. 20/06/2019, n. 16569, in motivazione).

Questa Corte ha, altresì, affermato che, se da un lato il potere del giudice dell’ottemperanza sul comando definitivo inevaso non può che essere esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita con il giudicato, non potendo essere attribuiti alle parti diritti nuovi ed ulteriori rispetto a quelli riconosciuti con la sentenza da eseguire (cd. «carattere chiuso del giudizio di ottemperanza»), dall’altro lato, può – e deve – essere enucleato e precisato da quel giudice il contenuto degli obblighi scaturenti dalla sentenza da eseguire, chiarendosene il reale significato (Cass. 29/7/2016, n. 15827, Cass. 25/5/2011, n. 11450, Cass. 10/12/2008 n. 28944 n. 28944, Cass. 24/11/2004 n. 22188).

Il giudice dell’ottemperanza, pertanto, al fine di assicurare la piena attuazione del giudicato, può enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla sentenza passata in giudicato. In tale contesto dell’attività cognitiva e ricostruttiva degli obblighi sanciti dalla sentenza, ormai definitiva, il giudice dell’ottemperanza ha in ogni caso il potere ed il dovere di compiere gli accertamenti indispensabili a delimitare l’effettiva portata precettiva della decisione da attuare, che nel caso di specie si estendono alla verifica di tutti i presupposti e di tutte le condizioni che determinano il rimborso da erogare (cfr. Cass. 19/05/2022, n. 16289).

7.7. La valutazione delle compatibilità della singola agevolazione concessa con la Decisione della Commissione, pertanto ben può essere compiuta in sede di ottemperanza in ragione delle caratteristiche specifiche di questo giudizio.

7.8. Tale interpretazione è conforme alla costante giurisprudenza della Corte di Giustizia.

Quest’ultima ha sempre riconosciuto l’importanza che riveste, sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali, il principio dell’autorità di cosa giudicata al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici sia una buona amministrazione della giustizia (Corte giustizia, 11/11/2015, C505/14, Klausner Holz Niederschsen; Corte giustizia 03/09/2009, C2/08 Fallimento Olimpiclub). Ha, altresì precisato che le modalità di attuazione del principio dell’autorità di cosa giudicata rientrano nell’ordinamento giuridico nazionale degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi. Tuttavia tali norme procedurali devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività (Corte giustizia, 10/07/2014, C-213/13 Impresa Pizzarotti, Corte giustizia 03/09/2009, C-2/08 Fallimento Olimpiclub).

La medesima Corte ha, altresì, affermato che il diritto dell’Unione non impone sempre al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata a una decisione, anche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una violazione del diritto dell’Unione da parte di tale decisione (Corte giustizia, 10/07/2014, C-213/13 Impresa Pizzarotti; Corte giustizia, 22/12/2010, C-507/08 Repubblica slovacca; Corte giustizia 03/09/2009, C-2/08 Fallimento Olimpiclub; Corte giustizia, 16/03/2006, C-234/04 Kapferer). Ha aggiunto, inoltre, che il principio d’interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio, nei limiti delle loro competenze, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultimo (v., in tal senso, Corte giustizia, 11/11/2015, C-505/14, Klausner Holz Niedersachsen, Corte giustizia, 24/01/2012, C-282/10, Maribel Dominguez).

Infine, ha statuito che una norma nazionale la quale impedisca al giudice nazionale di trarre tutte le conseguenze della violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, T.F.U.E., a causa di una decisione giurisdizionale nazionale, passata in giudicato, emessa con riferimento a una controversia che non ha lo stesso oggetto e che non ha riguardato il carattere di aiuto di Stato dei contratti di cui trattasi, deve essere considerata incompatibile con il principio di effettività (Corte giustizia, 11/11/2015, Klausner Holz Niedersachsen, C-505/14).

7.9. La sentenza gravata, nella parte in cui ha ritenuto che fosse suo compito, in sede di ottemperanza, verificare la compatibilità del beneficio con il diritto unionale ha fatto corretta applicazione dei detti principi, sebbene vada chiarito che nella fattispecie in esame, rileva non la sola decisione resa dalla Commissione nel 2015, bensì, quest’ultima in relazione alla precedente decisione del 2012 che conteneva l’ingiunzione di sospensione. Non si pone, pertanto, questione della resistenza del giudicato formatosi in data antecedente, non solo alla decisione finale, ma anche all’avvio della procedura di indagine formale e all’ingiunzione di sospensione.

8. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.

8.1. La decisione della Commissione del 17 ottobre 2015 stabiliva, altresì, che una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sé aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perché il beneficio, individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese, oppure perché il beneficio individuale è in linea con il regolamento de minimis applicabile, oppure perché il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esenzione).

Diventa, pertanto, dirimente accertare se il contribuente abbia i requisiti soggettivi ed oggettivi per ritenere il beneficio concesso in linea con detto regolamento.

8.2. La C.t.p., che pure si è fatta carico di detta valutazione, ha ritenuto che il contribuente non avesse adeguatamente provato la condizione soggettiva ed oggettiva ed ha testualmente affermato che «anche a voler dare valenza probatoria alle due dichiarazioni sostitutive di notorietà prodotte esse fanno riferimento agli esercizi 2003, e due precedenti, e 2008, e due precedenti».

8.3. Sebbene la sentenza impugnata abbia fatto riferimento anche alla condizione soggettiva, la motivazione è incentrata sulla mancanza di prova dei requisiti oggettivi. Va rilevato, in ogni caso, che in ragione di quanto riportato nella sentenza impugnata i requisiti soggettivi non erano stati contestati in quanto le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate erano incentrate sulla verifica in concreto di condizioni corrispondenti alla «regola de minimis».

8.4. Quanti ai requisiti oggettivi questa Corte ha ritenuto che, una volta accertato che il contribuente svolge un’attività economica professionale, – nella specie quella di notaio – il giudice del merito dovrà, di conseguenza, verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile. A tal fine, egli dovrà: i) non arrestarsi all’importo del rimborso che si domanda, essendo indispensabile richiedere al contribuente l’ulteriore e necessaria autocertificazione (dichiarazione di responsabilità) di non avere usufruito di altri aiuti ed agevolazioni nell’anno cui si riferisce la richiesta di rimborso e nei due precedenti; tenere presente che la regola de minimís, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, T.F.U.E., può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza; iii) tenere conto, infine, del fatto che, per il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. 21/11/2019 n. 30373).

8.5. La C.t.r., disattendendo questi principi, si è limitata a dire che le autocertificazioni erano incomplete e non avevano valenza probatoria, così disattendendo la verifica demandata al giudice di merito.

8.6. A ciò deve aggiungersi, come di recente chiarito da questa Corte, che nel giudizio tributario di ottemperanza, di cui all’art. 70 del d.lgs. n. 546 del 1992, il giudice, adito dal contribuente per l’esecuzione del giudicato sul diritto al rimborso d’imposte per effetto di benefici fiscali accordati in conseguenza di eventi calamitosi, deve accertare la disponibilità degli appositi fondi stanziati ai sensi dell’art. 1, comma 665, della l. n. 190 del 2014, come modificato dall’art. 16- octies del d.l. n. 91 del 2017 e dall’art. 29 del d.l. n. 162 del 2019, e, in caso di verificata incapienza, attivare, con determinazioni specifiche, anche tramite la nomina di un commissario ad acta, le procedure particolari previste dalla normativa di contabilità pubblica per dare completa esecuzione alla decisione del giudice di merito, compresa l’emissione dello speciale ordine di pagamento in conto sospeso, non essendo desumibile dalla normativa di riferimento, interpretata alla luce dei principi costituzionali e convenzionali, una falcidia di diritti patrimoniali del contribuente giudizialmente accertati (Cass. 19/05/2022, n. 16289).

9. In conclusione, il ricorso va accolto, nei termini sinora precisati, e la sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio al giudice a quo affinché provveda in conformità ai predetti principi.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria provinciale di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.