CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 26 novembre 2018, n. 30549
Rapporto di lavoro – Cessazione azienda – Inapplicabilità disciplina ex art. 2112 cc – Accertamento
Fatti di causa
La Corte di appello di Roma con la sentenza n. 7805/2015 aveva parzialmente rigettato il gravame proposto da C.D., D.N.C., G.S., V.G. avverso la decisione con la quale il Tribunale locale aveva rigettato la domanda dagli stessi in origine proposta nei confronti di T.I. Spa e T.I. I.T. srl (già S.S.C. srl), diretta all’accertamento della inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 2112 c.c. alla fattispecie che aveva visto il passaggio dei lavoratori dall’una all’altra società. La Corte territoriale aveva ritenuto che la struttura I.T. Operation, oggetto della cessione in oggetto, avesse le caratteristiche di autonomia funzionale e di identità autonoma necessarie per configurare una legittima cessione regolata dalla disposizione codicistica. In particolare rilevava che la struttura al momento della cessione si configurava provvista di propria identità organizzativa e funzionale tale da consentire alla stessa di operare autonomamente senza la necessaria e determinante integrazione da parte di T. Aveva quindi ritenuto applicabile l’art. 2112 cc. Alla fattispecie in esame e legittimo il rapporto di lavoro instaurato con la società subentrata.
Avverso la decisione proponevano ricorso i lavoratori affidandolo a tre motivi cui resistevano con controricorso sia T.I. I.T. che T.I. spa.
I ricorrenti lavoratori depositavano memoria ex art. 378 c.p.c. con la quale chiedevano dichiararsi cessata la materia del contendere.
Alla pubblica udienza aderiva alla richiesta di cessazione della materia del contendere anche T.I. spa, anche nella qualità di incorporante la società T.I. I.T. (TI.IT).
Ragioni della decisione
Deve in via preliminare darsi atto che a far data dal 1 gennaio 2017 la società Ti.IT, cessionaria del ramo di azienda per cui è causa, è stata incorporata da T.I. spa.
Entrambe le parti hanno concordemente richiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere.
Osserva il Collegio che la cessazione della materia del contendere, richiesta congiuntamente dalle parti, dà luogo all’inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche l’interesse ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione (o l’impugnazione), ma anche al momento della decisione (Cass. 10553/2017 Cass. n. 21951/2013). Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.
Quanto alle spese, la comune richiesta, reiterata in sede di discussione orale, ne giustifica l’integrale compensazione.
Non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, trattandosi di inammissibilità per ragioni sopravvenute, quale il difetto di interesse (in tal senso Cass. n. 13636/2015).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese.
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